martedì 30 dicembre 2008

Schizofrenia?

Un milione di persone in piazza a Madrid per la festa della famiglia. L'arcivescovo di Madrid, informa Avvenire di oggi "ha anche condannato con forza l'aborto, "una delle piaghe più terribili del nostro tempo", e ha definito "i nuovi santi innocenti" i piccoli non nati per l'interruzione della gravidanza.
La giornalista chiosa: "Un messaggio di grande attualità in un momento in cui la Spagna discute un progetto di riforma della legge sull'aborto - fortemente voluta dal PSOE - che dovrebbe prevedere la sua liberalizzazione fino alla dodicesima o quattordicesima settimana".

La legge attuale sull'aborto in Spagna prevede la possibilità di ricorrervi: a) fino alla dodicesima settimana, in caso di gravidanza frutto di violenza sessuale; b) fino alla 22a settimana in caso di malformazione del bambino; c) senza limiti di tempo in caso di pericolo di vita o di grave pericolo per la salute psichica della donna, attestata da un certificato medico. Il risultato? L'esplosione recente del numero degli aborti per motivi di salute psichica della donna (ovviamente certificata da medici compiacenti), anche al settimo mese di gravidanza, con relativi scandali.

Quale è l'idea del governo Zapatero? Permettere l'aborto senza alcuna motivazione nelle prime dodici - quattordici settimane di gravidanza e tentare di limitare gli aborti tardivi.
Si tratta del nucleo essenziale della legge 194 italiana: nei primi tre mesi di gravidanza (13 settimane) l'aborto è assolutamente libero, successivamente si pongono "paletti" che, quando è necessario (ad esempio in caso di esito infausto di una diagnosi prenatale tardiva) vengono facilmente aggirati (e non abbiamo alcun dubbio che anche la legge spagnola fisserà paletti altrettanto fragili).

Tra i tanti interventi dei vescovi, quello durissimo di qualche mese fa dell'arcivescovo di Pamplona, mons. Fernando Sebastiàn: «La permissività di fronte all’aborto sta facendo di noi una Nazione degradata e corrotta. Non possiamo essere complici in questa corsa per la distruzione morale della Spagna e degli Spagnoli». «Vogliamo che l’aborto sia considerato per quello che è, un crimine disumano e distruttore, anziché essere presentato come un diritto e una soluzione».
E ancora: «Il vero punto di vista per valutare umanamente l’aborto è quello del bambino abortito. Se non è lecito uccidere un bambino appena nato, perché sarebbe lecito ucciderlo qualche settimana prima della sua nascita? Solo per la convenienza dei più forti».

Chissà: forse qualche anno dopo l'approvazione della legge, anche in Spagna i vescovi chiederanno di applicarla integralmente soprattutto nelle sue parti buone?

Giacomo Rocchi

domenica 28 dicembre 2008

Testamento biologico: chi decide davvero?

Medicina e Persona, associazione fra operatori sanitari di ispirazione cattolica, ha sempre contrastato le dichiarazioni anticipate di trattamento, osservando, in un recente comunicato, che esse "esprimono una concezione che riduce la relazione di cura, cioè il rapporto tra medico e Paziente, ad un livello meramente contrattualistico e rischiano di indurre (come già accaduto in diversi Paesi) atteggiamenti rinunciatari da parte dei professionisti e dei sistemi sanitari, soprattutto nei confronti di malati più deboli e fragili ... Si rischia di produrre un mostro burocratico che solo renderà più legalistica la relazione di cura, senza nessun beneficio per i Pazienti".

Sarebbe facile contrapporre questa posizione, che afferma "la responsabilità sulla situazione clinica del Paziente è di fatto affidata al Medico, la cui azione è orientata esplicitamente alla tutela della vita e della dignità della persona (Art. 13 – 17 – 20 del Codice Deontologico), e che dalla esperienza del rapporto medico-paziente dipendono i giudizi sulla proporzionalità delle terapie e dei trattamenti" a quella di un Veronesi che inserisce nel suo progetto di legge il principio secondo cui "medici e operatori sanitari sono tenuti a rispettare le volontà espresse anticipatamente dalla persona", spiegando che "il principio dell'autodeterminazione è l'unico che garantisce il rispetto della globalità della persona" e affermando solennemente: "Noi pensiamo che nessuno debba decidere per noi": Medicina e Persona erede del "paternalismo medico" e Umberto Veronesi limpido esempio del medico "democratico", a servizio del paziente e della sua volontà, disposto a ritirarsi di fronte al rifiuto della cura, anche contro le proprie convinzioni scientifiche?


Qualcuno è disposto a credere a questa favole?

Il Comitato Nazionale di Bioetica, nel parere sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento del 18/12/2003, menzionava un caso di induzione a redigere le dichiarazioni: quello del celebre ospedale londinese che, nel ricoverare pazienti al di là della soglia dei 75 anni, proponeva loro la firma di dichiarazioni di rinuncia a terapia di sostegno vitale, nel caso che nel corso del trattamento sopravvenissero eventi infausti, anche se non estremi, quali la perdita della vista o della mobilità.
Il Comitato esplicitamente si chiedeva se si trattasse di una proposta o di una imposizione, osservando che essa giungeva in un momento di particolare fragilità dei pazienti, sia fisica, "sia, soprattutto, psichica". Il parere evidenziava "il rischio che sotto il pretesto di implementazione delle dichiarazioni anticipate si cerchi surrettiziamente di favorire nei pazienti, e soprattutto in quelli più anziani, un atteggiamento di resa nei confronti della morte, che potrebbe tragicamente e indegnamente trasformare l'assistenza ai pazienti terminali in una burocratica accelerazione del processo del morire".

Ebbene sì: sono proprio i medici - alcuni medici - a spingere per l'introduzione del testamento biologico; sono loro quelli che mettono sotto gli occhi ai ragazzi il modulo già pronto per essere firmato "nel caso succedesse un incidente"; sono gli stessi che da una parte esaltano il potere e il progresso della scienza, dall'altra pretendono di suggerirci che lo stato vegetativo persistente è una non-vita e che sono fondamentali anche i problemi di distribuzione delle risorse sanitarie (Veronesi sottolinea come il problema maggiore deriva dall'essere i soggetti in SVP giovani e, quindi, dal prolungarsi il "problema" del loro mantenimento in vita per decenni).

Del resto ci siamo abituati a conoscerli, questi "sacerdoti" della vita e della morte, che distribuiscono saggezza in televisione o sulle rubriche dei giornali, se possibile nascondendo gli intrighi accademici, le guerre tra bande, le truffe, i fallimenti.

Pensiamo davvero che questi medici siano disposti a far decidere noi?

Giacomo Rocchi

venerdì 26 dicembre 2008

Cattivi maestri

Emile-Etienne Baulieu, inventore della RU486 (su Repubblica):
Monsieur Ru486 non porta sulla coscienza il peso di milioni di "bambini mai nati". "Anche gli spermatozoi sono vivi eppure ne vanno persi milioni senza nessun problema etico".

Quando un ovulo fecondato diventa un bambino? L'anziano medico risponde senza esitazioni. In automatico. "Ho due risposte. La prima è a partire dal momento in cui gli altri cominciano a riconoscerlo come tale. Nel caso della società a partire dalla sua nascita. Tuttavia, la seconda risposta mi sembra più precisa: tutto dipende dalla donna, dal momento in cui la donna comincia a sentire questo embrione come un nuovo essere. Quando una donna ha un ritardo, lo esprime giustamente così: "Ho un ritardo". Alcune settimane dopo, comincia a dire: "Sono incinta". Però ha bisogno di un tempo considerevole per dire: "Aspetto un bambino".

E' soggettivo. E' tutta una questione psicologica".

Forse anche la schiavitù del negri in America era tutta una questione psicologica, perché gli uomini di colore non erano riconosciuti come persone dagli altri ...

Giacomo Rocchi

mercoledì 24 dicembre 2008

Testamento biologico: la trappola

Capita nella vita di qualcuno l'irrompere di un rovescio di carattere economico: la perdita del lavoro, ingenti spese impreviste; spesso, nell'affannosa ricerca di denaro, si mette in vendita l'immobile di proprietà, acquistato con i risparmi di tutta una vita, soprattutto se non c'è qualche familiare disposto a soccorrere il parente in difficoltà. Quale è il rischio? Che il potenziale acquirente si renda conto delle difficoltà e della fretta di chi pone in vendita l'immobile e ne approfitti per abbassare drasticamente la sua offerta.
Quando il venditore si troverà a sottoscrivere il contratto di compravendita ad un prezzo stracciato, il notaio attesterà la sua piena capacità di intendere e di volere e la sua effettiva volontà di vendere l'immobile a quel prezzo: ma si può dire che, in quell'occasione, il venditore è stato veramente libero, ha esercitato pienamente la sua autodeterminazione?

Coloro che propongono il testamento biologico si disinteressano della questione: non solo - come si è visto in precedenti post - rendono possibili abusi (testamenti fatti sottoscrivere con inganno o con la forza), ma adottano un modello contrattuale - la volontà scritta e firmata è valida, purché chi redige l'atto non sia incapace di intendere e di volere - che la pratica di tutti i giorni dimostra che raramente ha a che fare con l'effettiva libertà della persona.

L'uomo che redige la dichiarazione anticipata di trattamento è solo: isolato rispetto ai suoi familiari, ai suoi amici, ai suoi medici; è sufficiente che firmi l'atto, tutto il resto non conta.

A ben pensarci è la stessa situazione della donna incinta di fronte all'aborto: non a caso anche nel testamento biologico si parla di autodeterminazione; ma la pratica di questi trent'anni di aborto legale dimostra chiaramente che l'attribuire esclusiva rilevanza alla volontà della donna fa sì che ella spesso rimanga davvero sola! E' proprio la legge sull'aborto che permette al padre del bambino di lavarsene le mani - e magari scomparire - dicendo alla madre: "decidi tu, non sei obbligata a proseguire la gravidanza".

Ricordiamo allora le statistiche olandesi sui motivi che inducevano i malati a chiedere il suicidio assistito: le richieste aumentavano enormemente in presenza di una legge che lo consentiva!
In altre parole: la comparsa all'orizzonte di una opzione in ordine al proseguimento delle cure e della vita, opzione che prima non esisteva, si trasforma inevitabilmente in una domanda per ogni soggetto: in che modo devo disporre? Una risposta diventa di fatto inevitabile, anche se il testamento biologico non viene reso obbligatorio.

Quali saranno i motivi della risposta? Dipenderà dalla situazione concreta in cui si trova il soggetto (esattamente come nell'esempio della vendita dell'immobile): se anziano, magari in una casa di cura, abbandonato dai familiari o con la percezione di essere un peso per loro; o se malato e dipendente da altre persone ma non circondato da amore e affetto, il soggetto si sentirà in dovere di scegliere per l'interruzione delle cure, perché percepirà la prosecuzione della sua vita come senza significato, inutile, di peso agli altri: ricordiamo quanto ha affermato a chiare lettere la baronessa Warnock (di cui abbiamo parlato in precedenti post): "se qualcuno vuole assolutamente, disperatamente morire perché è un fardello per la propria famiglia e per lo Stato, penso che anche a lui dovrebbe essere permesso di morire ... non c'è nulla di veramente sbagliato nel sentire il dovere di farlo tanto nell'interesse degli altri quanto nell'interesse proprio".

Ecco che il testamento biologico mostra il suo vero volto: una trappola tesa nei confronti degli anziani soli e poveri o dei malati gravi o inguaribili o dei disabili.

La legge è per loro (per noi se saremo in quelle condizioni): che si sentano liberi di farsi uccidere!

Ma se quelle espressioni anticipate di volontà non saranno in realtà frutto dell'autodeterminazione del soggetto, chi avrà davvero deciso al suo posto?

Giacomo Rocchi

venerdì 19 dicembre 2008

L'eccezionalismo italiano e Avvenire

Su Avvenire del 16 dicembre un editoriale non firmato - e quindi attribuibile al Direttore - risponde a Giuliano Ferrara e contesta la nostalgia che il Direttore de Il Foglio mostra rispetto alla vocazione umanistica dell'Italia e alla sua capacità di resistere all'onda "del secolarismo mortificante la vita umana".
L'editoriale di Avvenire si mostra certo "per la conoscenza che abbiamo del nostro entroterra cattolico, che nulla è cambiato dell'antico intendimento. Ciò che era, è. Ciò che è stato, continua ad essere". L'articolo prosegue ammettendo che "sensibilità diverse si sono sempre registrate, anche in passato, all'interno dell'area cattolica, ma questo non autorizza alcuno a trarre per tutti conclusioni sconfortanti".
Arriviamo al punto, alla dichiarazione programmatica: "In questo tempo, come già nei giorni dell'impegno contro il far west della procreazione artificiale e per la difesa di un'idea naturale e costituzionale della famiglia, la capacità di laici e cattolici di fare squadra sarà ancora cruciale e probabilmente decisiva". E infine:
"Considerare l'opportunità, in materia di fine vita, di costruire un argine legislativo a cattive pratiche e a rischiose derive non significa acconsentire in alcun modo alle une o alle altre. Così come non significa essere poi, esentati da un esigente dovere di testimonianza culturale e di vigilanza umana e politica. E' proprio la vicenda della legge 40 che lo ricorda a tutti noi".

Come vogliamo interpretare le ultime frasi?
Avanti con una legge di compromesso sull'eutanasia (leggi: dichiarazioni anticipate di trattamento); meglio riuscire ad approvare a larga maggioranza una legge imperfetta che però ponga paletti (o argini) che essere sconfitti su una proposta di legge che affermi: "Nessuno può essere ucciso in ragione della sua disabilità o malattia, neppure se lo chiede!". Iniziamo nel frattempo a chiamare cattive pratiche e rischiose derive ciò che dovrebbe essere chiamato uccisione di essere umano ...
Nessun problema di coscienza: Avvenire ci assolve in anticipo; saranno gli altri, i cattivi a prendersi la colpa.

C'è un però: non c'è un dovere di sostenere una legge intransigente sulla vita, ma piuttosto un dovere di testimonianza culturale e di vigilanza umana e politica.
Il luminoso esempio? La legge 40 sulla fecondazione artificiale ...

Mi chiedo se la testimonianza culturale di Avvenire sulla fecondazione artificiale fosse quella di intervistare la d.ssa Eleonora Porcu, esperta nel congelamento di ovociti ("la crioconservazione di ovociti in ordine al processo di procreazione artificiale è da considerare moralmente inaccettabile") o altri illustri sanitari che effettuano fecondazione in vitro come i drr. Claudio Manna e Licinio Contu ("tutte le tecniche di fecondazione in vitro si svolgono di fatto come se l'embrione umano fosse un semplice ammasso di cellule che vengono usate, selezionate e scartate"); o quello di enfatizzare i "successi" della legge 40 sulla base dell'aumento degli interventi ("La legge 40 funziona. Raddoppiati i risultati", Avvenire, 23/9/2006: "considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero degli embrioni sacrificati è altissimo (al di sopra dell'80% nei maggiori centri di fecondazione artificiale").


O se ancora, all'interno del mondo cattolico, abbiano contribuito alla testimonianza culturale sulle fecondazione artificiale considerazioni come queste: "È ben vero che anche se tutti gli embrioni artificialmente generati sono trasferiti in utero le percentuali di nascite sono così modeste da poter far giudicare le intere tecniche, in quanto tali, poco attente al valore della vita nel momento stesso in cui si autorappresentano come un servizio alla vita. Ma una volta che gli embrioni sono trasferiti in utero essi sono affidati alla natura. Molti muoiono anche nel caso di fecondazione naturale e comunque manca una programmazione diretta e premeditata della distruzione di nuovi esseri umani" (Movimento per la Vita, Primo Rapporto al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 40/04: "Spesso si obietta che tali perdite di embrioni sarebbero il più delle volte preterintenzionali, o avverrebbero addirittura contro la volontà dei genitori e dei medici. Si afferma che si tratterebbe di rischi non molto diversi da quelli connessi al processo naturale della generazione ... E' vero che non tutte le perdite di embrioni nell'ambito della procreazione in vitro hanno lo stesso rapporto con la volontà dei soggetti interessati. Ma è anche vero che in molto casi l'abbandono, la distruzione o le perdite di embrioni sono previsti e voluti").

La vicenda della legge 40 ricorda a tutti noi che, quando si tenta un compromesso su materie non negoziabili, i valori non vengono difesi per nulla e, velocemente, si perde la capacità di riconoscere le azioni che li violano ...

Giacomo Rocchi

Dignitas personae: sine glossa/2

Oggi (19/12/2008) ho rilevato che nel sito del Mpv accanto alla sintesi della Dignitas personae è presente anche il testo completo dell'Istruzione che, inizialmente, mancava.

Giacomo Rocchi

lunedì 15 dicembre 2008

Fivet inaccettabile per il credente? E' solo questione di fede?

Roberto Colombo, Direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare e Genetica Umana, Università Cattolica Milano, professore di Bioetica alla Pontificia Università Lateranense, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e della Pontificia Accademia per la Vita.

Nell'intervista rilasciata su Il Suddidiario.net Risponde alla domanda:

<<Secondo alcuni commentatori, il documento Dignitas personae, a differenza di Donum vitae, direbbe sì alla procreazione medicalmente assistita. E’ vero?
Si tratta di una lettura superficiale e distratta dei due testi della Congregazione per la Dottrina della Fede. Le “tecniche di aiuto alla fertilità” (o “cura dell’infertilità”, come le chiama anche Dignitas personae al n. 12 della Parte II) sono di diversa natura clinica. La medicina e la chirurgia non offrono solo la possibilità della fecondazione in vitro con trasferimento in utero degli embrioni (FIVET, ICSI ed altre procedure di manipolazione dei gameti e fecondazione extracorporea).
Come già Donum vitae aveva fatto, il nuovo documento distingue accuratamente tra «interventi che mirano a rimuovere ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale» (Parte II, n. 13: terapie farmacologiche, interventi di microchirurgia, ecc.), al fine di consentire una fecondazione nella sue sede fisiologica attraverso l’incontro dei gameti, dalle tecniche di fecondazione al di fuori del corpo femminile, quelle di cui si occupa estesamente - tra l’altro - le legge italiana n. 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Queste ultime, per il credente, restano moralmente inaccettabili, perché - come già aveva messo in luce Donum vitae - comportano «la dissociazione della procreazione dal contesto integralmente personale dell’atto coniugale»
>>
Sembrerebbe che la produzione di esseri umani in provetta sia inaccettabile solo dai credenti..
Ma possibile?

Eppure la Dignitas Personae, oggetto dell'intervista a Colombo, si rifà a tre principi naturali (e non a questioni dogmatiche o di credo religioso):
a) il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale; b) l'unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro; c) i valori specificamente umani della sessualità, che «esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore tra gli sposi»
Non basta quindi in primo luogo la ragione per riconoscere che l'80-90% di embrioni umani vengano sacrificati nei laboratori?
Non è sufficiente la ragione per vedere un immenso business sulle spalle delle madri e famiglie illuse?

Roccella: di lotta e di governo

È questione di poco tempo l'introduzione in Italia della Ru486, la pillola abortiva. Questa settimana il Consiglio di amministrazione dell'Aifa, l'Agenzia del farmaco, potrebbe dare il via libera definitivo alla pasticca che ha consentito a milioni di donne in tutto il mondo di interrompere la gravidanza senza entrare in sala operatoria. E il governo non può fare niente, ammette Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare. (...)
«Noi non possiamo fare più niente per bloccare un farmaco che a nostro parere espone a molti rischi. Ma è una truffa dire alle donne che è sicuro e che rende l'aborto facile», contesta Eugenia Roccella, impegnata a denunciare con Assuntina Morresi (ora sua collaboratrice al ministero) i pericoli della Ru486. «Poi questo farmaco ha ancora molti lati oscuri. Ha provocato almeno 16 morti», sottolinea. «E verrà somministrata in ospedale solo in teoria. Nella pratica le donne firmeranno il registro delle dimissioni e torneranno a casa, senza neppure una notte di ricovero, come è avvenuto nel 90% delle volte nel corso della sperimentazione a Torino. E questo è un rischio», aggiunge il sottosegretario.(...)
Eugenia Roccella però vuole continuare la sua battaglia: «Le donne devono sapere che l'aborto chimico non è una passeggiata».

Certo: se si dice pubblicamente che "la legge 194 non deve essere modificata e deve essere applicata integralmente", difficile opporsi all'introduzione della RU486 ...

Ma, verrebbe da chiedere al Sottosegretario: l'aborto chimico non è una passeggiata ... l'aborto chirurgico lo è?

"Noi non possiamo fare più niente ...". Tre suggerimenti:
a) una proposta di legge che vieti l'aborto volontario
b) un decreto leggi che vieti l'introduzione della RU486

oppure - con molta classe e coerenza: DIMISSIONI!

Giacomo Rocchi

domenica 14 dicembre 2008

Dignitas personae: sine glossa!

Nel sito del Movimento per la Vita Italiano è presente una "sintesi del testo della Dignitas personae". Ecco come viene sintetizzata la seconda parte del documento ("Nuovi problemi riguardanti la procreazione").

Dapprima si propone un elenco delle tecniche di aiuto alla fertilità: tecniche di fecondazione artificiale eterologa, tecniche di fecondazione artificiale omologa, tecniche che si configurano come un aiuto all'atto coniugale e alla sua fecondità, interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale, la procedura dell'adozione.


I passi relativi alla "fecondazione in vitro ed eliminazione volontaria degli embrioni" (paragrafo 14 - 16 del documento) vengono così sintetizzati:
"L'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che nel contesto delle tecniche di fecondazione in vitro 'il numero degli embrioni sacrificati è altissimo': al di sopra dell'80% nei centri più sviluppati" "Gli embrioni prodotti in vitro che presentano difetti vengono direttamente scartati"; molte coppie "ricorrono alle tecniche di procreazione artificiale con l'unico scopo di poter operare una selezione genetica dei loro figli"; tra gli embrioni prodotti in vitro "un certo numero è trasferito nel grembo materno e gli altri vengono congelati"; la tecnica del trasferimento multiplo, cioè "di un numero maggiore di embrioni rispetto al figlio desiderato, nella previsione che alcuni vengano perduti ... comporta di fatto un trattamento strumentale degli embrioni".
Si riporta, poi, un altro brano: "La pacifica accettazione dell'altissimo tasso di abortività delle tecniche di fecondazione in vitro dimostra eloquentemente che la sostituzione dell'atto coniugale con una procedura tecnica ... contribuisce ad indebolire la consapevolezza del rispetto dovuto ad ogni essere umano ..."



Un dubbio: le tecniche di fecondazione in vitro sono lecite o illecite?
Dalla sintesi non si comprende bene. In effetti il documento si premura di ricordare l'affermazione della liceità di tutte le tecniche che "rispettano il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano", "l'unità del matrimonio ..." e i "valori specificamente umani della sessualità ..." e quindi all'affermazione della liceità delle tecniche che si configurano come un aiuto all'atto coniugale e alla sua fecondità ...", ma si dimentica di riportare un passaggio, piuttosto semplice:
"Alla luce di tale criterio sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell'atto coniugale" (n. 12).


E' strano: manca anche un secondo passaggio, piuttosto "pesante":
"L'esperienza successiva ha dimostrato invece che tutte le tecniche di fecondazione in vitro si svolgono di fatto come se l'embrione umano fosse un semplice ammasso di cellule che vengono usate, selezionate e scartate".


La sintesi collega il concetto di embrioni sacrificati alla diagnosi preimpianto, alla selezione eugenetica, alla tecnica del trasferimento multiplo e al congelamento degli embrioni: si dimentica, però, di citare il passo dell'Istruzione immediatamente successivo alla menzione dell'altissimo numero di embrioni sacrificati:
"Queste perdite sono accettate dagli specialisti delle tecniche di fecondazione in vitro come prezzo da pagare per ottenere risultati positivi. In realtà è assai preoccupante che la ricerca in questo campo miri principalmente ad ottenere migliori risultati in termini di percentuale di bambini nati rispetto alle donne che iniziano il trattamento, ma non sembra avere un effettivo interesse per il diritto alla vita di ogni singolo embrione".
Del resto l'Istruzione immediatamente prima chiariva (in un passo non riportato nella sintesi) cosa intendeva per embrioni sacrificati:
"Occorre tuttavia rilevare che, considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati è altissimo": embrioni sacrificati sono tutti quelli prodotti e non nati.

Viene tralasciato anche un altro duro giudizio sulle tecniche nel loro complesso:
"Le tecniche di fecondazione in vitro in realtà, vengono accettate perché si presuppone che l'embrione non meriti un pieno rispetto, per il fatto che entra in concorrenza con un desiderio da soddisfare"; e un altro:
"Il desiderio di un figlio non può giustificarne la produzione ..."



Quando poi la sintesi riporta il giudizio sull'ICSI, quale variante della fecondazione in vitro, così riporta: "Tale tecnica è moralmente illecita: 'opera una completa dissociazione tra la procreazione e l'atto coniugale ...".
Il testo dell'Istruzione, per la verità, contiene una premessa e utilizza un avverbio, entrambi tralasciati: "Come la fecondazione in vitro, della quale costituisce una variante, l'ICSI è una tecnica intrinsecamente illecita ..."; e infatti non è solo l'ICSI, ma ogni tecnica di fecondazione in vitro ad operare una completa dissociazione tra la procreazione e l'atto coniugale.



Che dire, poi, del passo relativo alla condanna della diagnosi pre-impiantatoria? La sintesi riporta: "La diagnosi preimpiantatoria ... è finalizzata di fatto ad una selezione qualitativa con la conseguente distruzione di embrioni"; i puntini (...) riguardano un inciso piuttosto significativo. L'Istruzione afferma:
"La diagnosi preimpiantatoria - sempre connessa con la fecondazione artificiale, già di per sé intrinsecamente illecita - è finalizzata di fatto ad una selezione qualitativa con conseguente distruzione di embrioni".


Ma anche nel passaggio relativo alla valutazione della terapia genica germinale (n. 26) la sintesi tralascia di menzionare l'ipotesi di applicazione sull'embrione che, sottolinea l'Istruzione, "necessita di essere attuata in un contesto di fecondazione in vitro, andando incontro quindi a tutte le obiezioni etiche relative a tali procedure".



E perfino nella condanna della clonazione umana (n. 28), la sintesi dimentica di riportare l'osservazione secondo cui essa porta "all'estremo la negatività etica delle tecniche di fecondazione artificiale"!

Che succede? L'anonimo estensore della sintesi non vuole credere di avere fino ad oggi sostenuto e difeso una legge che consente e finanzia una tecnica "intrinsecamente illecita" che produce il sacrificio di un altissimo numero di embrioni prodotti?

Giacomo Rocchi

lunedì 8 dicembre 2008

Libertà di testamento biologico?

Se qualcuno, con la minaccia di una pistola, costringesse una persona a redigere una dichiarazione anticipata di volontà (ad esempio il modello proposto da Umberto Veronesi), se ne impossessasse e, nel momento in cui il firmatario fosse in stato di incapacità, la consegnasse ai sanitari chiedendo il rispetto di quanto ivi scritto, l'atto sarebbe valido? Verrebbe da rispondere: no di certo, vi sarà un modo per rendere inefficace l'atto! Nelle proposte di legge Veronesi e Marino, però, il modo per annullare l'atto non è indicato ... certo, è previsto che le dichiarazioni possano essere revocate o modificate in ogni momento, ma bisogna vedere se il soggetto sia nuovamente libero dalle minacce altrui.

Che dire, invece, dell'ipotesi dell'inganno? Potrebbe una persona redigere o firmare un testamento biologico senza rendersene conto? La proposta di legge Marino pone come garanzia di corrispondenza tra quanto scritto e quanto effettivamente voluto il requisito della redazione per intero a mano del documento; Veronesi, invece, richiede solo che l'atto sia "datato e sottoscritto", cosicché può proporre il modulo che abbiamo già mostrato, che potrebbe essere stato compilato per intero da un'altra persona e fatto firmare, senza spiegazioni oppure confuso in altre carte, al destinatario delle cure. Ma non sembra davvero che il requisito preteso di Marino costituisca una garanzia sufficiente: davvero il senatore Marino non sa quante sono e quanto complicate sono le cause ereditarie in cui si contesta la validità di un testamento?

Abbiamo senza dubbio proposto due casi - limite: ma certamente, per come la dichiarazione anticipata di trattamento è disegnata nelle due proposte di legge che abbiamo menzionato, non si può escludere l'ipotesi dell'unico nipote che attende ansioso la morte del vecchio zio ricco e spilorcio, al quale fa firmare le dichiarazioni anticipate di volontà, magari facendosi nominare come fiduciario, per essere sicuro che il "lieto evento" non ritardi ...

Entrambe le proposte, poi, nel regolare il consenso informato, si preoccupano di riconoscere il diritto a "rifiutare ogni informazione sulla propria condizione clinica e sulla natura, portata, effetti e rischi del trattamento sanitario proposto"; in questo caso le informazioni (per entrambe le proposte) e le decisioni sul trattamento sanitario (per il progetto Veronesi) spettano ad una persona di fiducia.
Questa previsione ha un senso nell'ambito di un rapporto medico-paziente in cui il secondo si fida totalmente del primo, perché sa che lo curerà al meglio e, nel caso di malattia grave, non lo lascerà morire cessando le cure; il Codice Deontologico prevede la stessa ipotesi, ma riserva al soggetto delegato la sola informazione sulle condizioni cliniche, non la decisione sulle terapie da effettuare o non effettuare.
Quale garanzia è prevista affinché soggetti anziani o molto malati, comunque timorosi dello sviluppo futuro delle proprie condizioni di salute, non vengano indotti a sottoscrivere un rifiuto a ricevere informazioni, così da mettersi nelle mani delle decisioni altrui? Sapranno questi soggetti che la persona di loro fiducia potrà rifiutare al loro posto cure salvavita? Le proposte di legge non prevedono alcunché ...

Non è sorprendente scoprire queste crepe proprio sul tema della effettiva libertà degli interessati in progetti che si richiamano al principio di autodeterminazione del paziente?
Proseguiremo ancora nei prossimi post.

Giacomo Rocchi

sabato 6 dicembre 2008

Testamento biologico e autodeterminazione/2

La proposta di legge del senatore Umberto Veronesi, recita: "Ogni persona ha il diritto di redigere una dichiarazione, con atto datato e sottoscritto, ovvero con atto ricevuto da notaio o da avvocato, nella quale è espressa la propria volontà di essere o di non essere sottoposto ad alcuna cura, indicando eventualmente quali terapie effettuare e quali non effettuare, incluse l'alimentazione e l'idratazione artificiale, in caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile che costringa ad una esistenza vegetativa dipendente da apparecchiature o sistemi che impediscano una vita di relazione ... Medici e operatori sanitari sono tenuti a rispettare le volontà espresse anticipatamente dalla persona. Qualora il medico non condivida il principio del diritto al rifiuto delle cure, si astiene dal curare il malato, lasciando il compito assistenziale ad altri".

Abbiamo detto che una vera autodeterminazione del soggetto che rifiuta le cure può aversi soltanto se l'interessato: a) è pienamente capace di intendere e di volere e non affetto da alcuna forma di malattia mentale, o anche di patologia quale la depressione; b) è pienamente informato dello stato della sua malattia, delle prospettive di evoluzione, degli effetti prevedibili delle cure proposte e di quelli derivanti dalla mancanza delle cure; c) "sente" sul proprio corpo gli effetti della malattia; d) percepisce che la sua decisione di rifiutare le cure lo porterà a morte; e) è pienamente libero da ogni condizionamento esterno della sua volontà.
Circa quest'ultimo punto, si può forse ritenere che la drammaticità della decisione - "se rifiuto le cure morirò entro poco tempo" - in qualche misura (ma non del tutto) possa aiutare una decisione libera: di fronte all'alternativa tra la vita e la morte si dovrebbero mettere da parte i timori relativi ai rapporti con altre persone; ma questa osservazione, ovviamente, vale solo se la persona è matura, consapevole, non depressa, non dipendente da altri.

Il testamento biologico non rispetta nessuno dei requisiti che abbiamo appena detto.
Quanto alla piena capacità di intendere e di volere della persona che lo redige, Veronesi non ne fa alcun cenno: prevede solo che l'atto sia datato e sottoscritto e propone, come alternativa non vincolante, la redazione davanti ad un avvocato o ad un notaio (modalità che, di per sé, non garantisce affatto una piena capacità); ma anche il progetto del senatore Ignazio Marino non si occupa per niente del problema: tralascia il ricorso ad un avvocato o ad un notaio e si limita a richiedere che l'atto sia "scritto per intero, datato e sottoscritto dal soggetto interessato", precisando che "la data deve contenere l'indicazione del giorno, mese ed anno". Che dire, poi, del progetto (di stampo radicale) della senatrice Poretti? Esso prevede che la dichiarazione anticipata di trattamento possa essere redatta da "ogni persona capace e maggiore di 14 anni", quindi anche da ragazzi adolescenti, limitandosi a pretendere la presenza di due testimoni ...

Non solo, quindi, è del tutto tralasciata la tematica di atti redatti da soggetti incapaci (eppure il codice civile, articolo 591, prevede l'impugnazione di testamenti redatti dai soggetti - anche non interdetti - che erano incapaci di intendere e di volere al momento in cui espressero le volontà testamentarie), ma è omessa del tutto la questione delle condizioni psicologiche - ad esempio: depressione - presenti nel momento in cui le dichiarazioni anticipate di trattamento furono stilate.

Quanto alla effettiva informazione in ordine alla malattia, alle sue conseguenze e a quelle del rifiuto della terapia, manca del tutto: non solo dal punto di vista strettamente intellettuale (non è previsto, fra l'altro, alcun colloquio con un medico: ma è la relazione medico-paziente che pone le basi del consenso informato!), ma soprattutto da quello della effettiva percezione del proprio stato. Riguardiamo il modulo preparato da Umberto Veronesi:

e comprenderemo che la comprensione della situazione futura ed eventuale che viene sollecitata nei confronti di chi dovrebbe firmare l'atto è del tutto superficiale: è un'ipotesi vaga, descritta non scientificamente ("malattia che costringe ...", "sistemi artificiali che impediscono una normale vita di relazione") e molto, molto lontana.
Insomma: è facile firmare un atto di questo genere, perché non si sente sulla propria carne la decisione e l'evento è considerato altamente improbabile.
L'ultima questione - che è davvero preoccupante - è quella della effettiva libertà nel redigere il testamento biologico: la affronteremo nel prossimo post.
Giacomo Rocchi

martedì 2 dicembre 2008

Il "mondo reale" di Carlo Flamigni

Carlo Flamigni:
«Penso sia un diritto umano pianificare la propria famiglia in modo sereno. In un mondo ideale, con una sessualità sempre informata e responsabile, l'interruzione volontaria di gravidanza sarebbe destinata a finire nei libri di storia. Ma in quello reale, in cui le donne sono sottoposte a un'incredibile quantità di violenze, penso che sia inevitabile garantire il diritto all'Ivg ... L'interruzione volontaria di gravidanza è uno strumento per garantire che non ci siano gravidanze indesiderate. Oggi serve a sanare violenze ed errori. Certo, se le madri educassero meglio i propri figli, se gli insegnanti educassero meglio gli alunni, se i medici parlassero ai pazienti di una sessualità libera ma responsabile, l'aborto non servirebbe più. Ma siamo nel mondo reale».

Per farci entrare nella realtà, Flamigni in primo luogo nasconde il bambino; in secondo luogo distribuisce responsabilità a tutti - madri, insegnanti, medici, uomini che usano violenza - ma non alle donne che abortiscono (eterne minorenni ...); infine mostra di credere (e forse - questo sarebbe davvero pazzesco! - ci crede davvero!) che gli aborti riparino solo violenze sessuali e malfunzionamento dei contraccettivi!

Ecco il rimedio: sessualità responsabile - ma, mi raccomando, sempre libera, non siamo mica dei puritani!
Ecco i diritti umani: non il diritto alla vita dei bambini, ma il diritto alla sessualità libera e alla serena (per chi?) pianificazione della famiglia.

Questo sarebbe un luminare ...
Giacomo Rocchi