mercoledì 24 giugno 2009

L’ultima violenza su Eluana Englaro





In un’indagine per omicidio volontario a cosa serve l’autopsia compiuta sul cadavere della vittima?
La risposta pare banale: a verificare se la condotta degli indagati abbia in qualche modo cagionato la morte del soggetto.

Quando – come nel caso dell’indagine riguardante la morte di Eluana Englaro – gli inquirenti sospettano che la morte sia stata procurata dall’azione (o dalle omissioni) di coloro che avevano la cura e la custodia della giovane – che era disabile e si trovava in stato di incoscienza – la risposta diventa più articolata: l’autopsia dovrà accertare se la morte della donna è stata cagionata dalla somministrazione di medicinali o sostanze oppure se essa è conseguenza della omissione della alimentazione e dell’idratazione cui, come tutti sanno, Beppino Englaro era stato autorizzato.

Insomma: Eluana Englaro sarebbe morta nello stesso modo e nello stesso tempo se fosse rimasta a Lecco, presso le Suore che la accudivano da tanti anni? Si trattava di una malata morente che lo spostamento ha solo fatto sì che ella morisse a Udine anziché a Lecco?
Tutti sanno che non è così: ma, appunto, la autopsia dovrebbe confermarlo scientificamente; dovrebbe anche togliere dubbi forti che sono sorti in conseguenza della rapidità della morte della giovane donna, dopo che erano state sospese l’alimentazione e l’idratazione: tre giorni invece dei quindici previsti.

A leggere le notizie di stampa, pare invece, che il quesito posto ai periti dal Procuratore della Repubblica di Udine sia principalmente quello del “rispetto del protocollo”, stilato dalla stessa associazione che aveva in “cura” Eluana Englaro: quasi che l’alto Magistrato già avesse deciso che quelle persone avevano il diritto ad uccidere la giovane disabile, purché lo facessero rispettando determinate procedure.
L’esito dell’autopsia, comunque, sembra rispondere alle domande fondamentali: se sarà confermato che “la morte di Eluana e' riconducibile ad un arresto cardiaco causato dalla disidratazione, dalla pneumopatia osteoplastica racenosa e dalla disreattivita' del controllo simpatico verso-motore del tetraplegico” (così avrebbe riferito il perito) si concluderebbe che la Englaro è morta di sete e che la morte non è sopraggiunta velocemente in conseguenza di sostanze somministrate allo scopo di accelerarla.

D’altro canto, nel cuore molti sono convinti che le vere cause della rapidità della morte di Eluana sono state il senso di abbandono, l’assenza improvvisa di chi aveva cura di lei, il lungo e faticoso viaggio in ambulanza, il trovarsi in un luogo sconosciuto e ostile: ma è ovvio che nessuna autopsia potrà fare emergere questi fattori.

Preoccupa e stupisce, piuttosto, la notizia di un ulteriore incarico peritale conferito dal Procuratore di Udine a due illustri clinici, i professori Fabrizio Tagliavini e Raffaele De Caro, avente ad oggetto l’esame dell’encefalo della giovane donna.
Da quanto emerge dalle notizie apparse sugli organi di stampa tale analisi è stata giustificata “per il totale completamento delle informazioni medico-legali”: ma i dubbi sono legittimi.

L’esame dell’encefalo era compreso nel “protocollo” che l’associazione i cui componenti sono oggi indagati per omicidio volontario avevano stilato autonomamente (il decreto della Corte d’appello di Milano non faceva alcun cenno ad un’analisi del genere). A cosa dovrebbe servire questo esame? Non certo a cambiare l’esito dell’autopsia (come lo stesso legale di Beppino Englaro ha esplicitamente affermato).
Serve piuttosto a “stabilire se la figlia di Beppino Englaro era in grado di sentire e avere delle funzioni”.

Attenzione! Nell’affidare questo incarico – i cui costi saranno a carico della collettività – il Procuratore rischia di prestarsi ad un’operazione mediatica ben precisa: Eluana poteva – doveva? – essere uccisa perché “non sentiva niente, non aveva funzioni”: era inutile, era “sostanzialmente morta”.

Leggiamo quanto disse qualche anno fa il (purtroppo) noto medico Silvio Viale: “Dopo 15 anni di stato vegetativo l'encefalo di Eluana, come ha confermato l'autopsia su Terry Schiavo, pesa meno della metà del normale, essendo in grave atrofia cerebrale irreversibile. Non ha alcun fondamento scientifico la affermazione che se venisse staccato il sondino, la ragazza sarebbe lasciata morire tra dolori atroci (…). Purtroppo Eluana non c'è più da tempo e quella non è più vita, poiché ella non ha più coscienza di se stessa” e, più recentemente: "Dopo 17 anni Eluana ha ancora una vita biologica, ma non ha più alcuna parvenza di vita relazionale: è un corpo senza più anima".

Terry Schiavo ed Eluana Englaro: due donne disabili uccise in ragione del loro stato, senza che nessuno abbia potuto davvero difenderle; due vittime oltraggiate anche dopo la morte, le cui salme sono esposte al mondo come oggetti di studio per far passare nell’opinione pubblica una sola idea: che altri disabili come loro possono essere uccisi senza problemi, senza sofferenze e senza rimorsi.

Prima che l’esito di questa nuova analisi venga resa pubblica stiano in guardia tutti coloro che hanno a cuore il bene della società e dell’umanità: lasciamo a Beppino Englaro e ai suoi compagni il disprezzo e lo scempio verso la povera Eluana, e ricordiamo che ogni vita umana, soprattutto la più debole e la più “inutile” è degna di essere difesa e protetta.

Giacomo Rocchi

sabato 20 giugno 2009

A bheil Gàidhlig agad?





Quanto si è visto in questi anni - e in questi giorni - in Italia ha convinto molti che la politica altro non è che ricerca del potere e del denaro, disponibilità ad ogni compromesso, doppiezza, disinvoltura personale, lassismo, mala fede ...


Cosa ci dobbiamo aspettare dai politici italiani?
E, ancora: cosa ci dobbiamo aspettare dai politici europei, dopo quello che il Parlamento Europeo è riuscito ad approvare?

Ebbene: la lettura del Documento ufficiale approvato dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea riuniti a Bruxelles dimostra che esiste anche qualcosa di diverso.
Leggiamo:

DECISIONE DEI CAPI DI STATO E DI GOVERNO DEI 27 STATI MEMBRI DELL'UE
RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO EUROPEO, CONCERNENTE LE PREOCCUPAZIONI
DEL POPOLO IRLANDESE SUL TRATTATO DI LISBONA
I Capi di Stato o di Governo dei 27 Stati membri dell'Unione europea i cui Governi sono firmatari del trattato di Lisbona, prendendo atto dell'esito del referendum irlandese del 12 giugno 2008 sul trattato di Lisbona e delle preoccupazioni del popolo irlandese esposte dal Primo Ministro (Taoiseach), desiderando rispondere a tali preoccupazioni in conformità di detto trattato,viste le conclusioni del Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008, hanno adottato la seguente decisione:

DIRITTO ALLA VITA, ALL'ISTRUZIONE E ALLA FAMIGLIA.
Nessuna disposizione del trattato di Lisbona che attribuisce uno status giuridico alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, o disposizione di tale trattato riguardante lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia pregiudica in alcun modo il campo di applicazione e l'applicabilità della tutela del diritto alla vita di cui all'articolo 40.3.1, 40.3.2 e 40.3.3, la protezione della famiglia di cui all'articolo 41 e la tutela dei diritti in materia di istruzione di cui agli articoli 42, 44.2.4 e 44.2.5 della Costituzione irlandese.

Allora esiste qualche politico che non pensa solo all'inflazione o alle faccende private degli avversari?
Allora la volontà di un piccolo popolo coraggioso conta ancora qualcosa?

Allora esiste ancora un diritto alla vita, esiste ancora la famiglia?
Il Corriere della Sera, nel riferire dell'accordo, menziona il diritto alla vita tra virgolette (cosa sarà mai?) e nella pagina dei Commenti, titola: "UE, troppe concessioni per un sì. Così siamo ostaggi degli irlandesi".

Parli irlandese? Speriamo di impararlo ...

Giacomo Rocchi

giovedì 4 giugno 2009

Nazioni Unite contro la tortura o contro i bambini?


Il Comitato contro la Tortura delle Nazioni Unite (CAT, per la sua sigla in inglese), ha deciso di adottare sedici raccomandazioni nei confronti dello Stato del Nicaragua, che ha sottoscritto la Convenzione contro la Tortura nel 1985 e l'ha ratificata nel 2005.
La sedicesima raccomandazione?
"Il Comitato esprime la sua profonda preoccupazione per il divieto generale dell’aborto negli artt. 143 e 145 del codice penale, compresi i casi di violenza sessuale, incesto o di gravidanza che probabilmente minacciano la vita delle donne, che in molti casi, sono direttamente collegate ai reati di violenza sessuale. Questa situazione significa per i gruppi di donne una costante esposizione a violazioni commesse contro di esse, che producono un grave stress traumatico con il rischio di soffrire prolungati problemi psicologici, come ansia e depressione.
Il Comitato nota con preoccupazione che le donne che chiedono l’aborto per le predette circostanze corrono il rischio di una sanzione penale.
Il comitato è preoccupato che la legge che autorizzava l’aborto terapeutico in queste condizioni era stata abrogata dal Parlamento nel 2006 e che dopo l’adozione di questo divieto sono stati documentati vari casi nei quali la morte di una donna incinta è stata associata alla mancanza di un opportuno intervento medico diretto a salvarle la vita, in chiara violazione delle numerose norme di deontologia medica.
Il Comitato osserva con preoccupazione che il personale medico può essere sottoposto ad indagini e sanzionato penalmente per la pratica dell’aborto terapeutico".

Le "preoccupazioni" del Comitato si traducono in dictat per il piccolo stato che - democraticamente, con una legge del Parlamento - si era permesso di andare contro le potenti Agenzie delle Nazioni Unite:
"Il Comitato esige che lo Stato riveda la sua legislazione in materia di aborto, così come era stato raccomandato dal Consiglio dei Diritti Umani, dal Comitato per la eliminazione della discriminazione contro la donna e dal Comitato dei diritti economici, sociali e culturali nelle sue ultime osservazioni finali, e studi la possibilità di prevedere eccezioni al divieto generale di aborto per i casi di aborto terapeutico e per le gravidanze conseguenti a violenza sessuale o incesto. In conformità alle direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo Stato deve garantire il trattamento immediato e senza condizioni delle persone che richiedono un intervento medico di emergenza. Lo Stato deve evitare di sottoporre a sanzioni i professionisti della medicina nell’esercizio della loro responsabilità professionale".

Si dirà: se il Comitato contro la Tortura fa queste raccomandazioni, evidentemente la Convenzione contro la tortura (approvata dall'ONU nel 1984) vieta la penalizzazione dell'aborto. Vediamo la definizione di "tortura": "qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di
intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate."

Ovviamente la penalizzazione dell'aborto volontario non ha niente a che vedere con la tortura delle donne.
Piuttosto è l'aborto che ha a che fare con la tortura e l'uccisione dei bambini.

Queste sono le Nazioni Unite, quelle che dovevano servire "a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana" (Preambolo allo Statuto dell'ONU) ...

Giacomo Rocchi