domenica 30 ottobre 2011

Il cardinale Bagnasco e il "diritto di tutti alla vita"\4


Come non rallegrarsi di quanto insegnato dal card. Bagnasco all'incontro di Todi, in un luogo e in un'occasione in cui molti si aspettavano di sentire parole diverse?
L'allarme: "La nostra Europa, come l’intero Occidente segnato da una certa cultura radicale fortemente individualista, si trova da tempo sullo spartiacque tra l’umano e il suo contrario".
L'analisi: "Sono in gioco le sorgenti stesse dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Proprio perché sono “sorgenti” dell’uomo, questi principi sono chiamati “non negoziabili”. Quando una società s’ incammina verso la negazione della vita, infatti, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono”.
Lo smascheramento di certe linee di pensiero: "Senza un reale rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità. Ogni altro valore necessario al bene della persona e della società, infatti, germoglia e prende linfa dai primi, mentre staccati dall’accoglienza in radice della vita, potremmo dire della “vita nuda”, i valori sociali inaridiscono".
La tutela delle persone deboli e senza voce come criterio per giudicare una società: "Ma, ci chiediamo, chi è più debole e fragile, più povero, di coloro che neppure hanno voce per affermare il proprio diritto, e che spesso nemmeno possono opporre il proprio volto?...Vittime invisibili ma reali! E chi è più indifeso di chi non ha voce perché non l’ha ancora o, forse, non l’ha più? E, invero, la presa in carica dei più poveri e indifesi non esprime, forse, il grado più vero di civiltà di un corpo sociale e del suo ordinamento?"
Il tentativo (anche all'interno della Chiesa?) di tacere sui valori non negoziabili: "A volte si sente affermare che di questi valori non bisognerebbe parlare perché “divisivi” e quindi inopportuni e scorretti, mentre quelli riguardanti l’etica sociale avrebbero una capacità unitiva generale. L’invito, non di rado esplicito, sarebbe quello di avvolgerli in un cono d’ombra e di silenzio, relegarli sempre più sullo sfondo privato di ciascuno, come se fossero un argomento scomodo, quindi socialmente e politicamente inopportuno. L’invito è spesso di far finta di niente, di “lasciarli al loro destino”, come se turbassero la coscienza collettiva. Tuttalpiù si vorrebbe affidarli all’opera silenziosa e riservata della burocrazia tecnocratica".
La scelta opposta: non si può tacere, bisogna dire tutta la verità: "Ma è possibile perseguire il bene comune tralasciandone il fondamento stabile, orientativo e garante? Il bene è possibile solo nella verità e nella verità intera".
Le conclusioni del Presidente della CEI non sembrano dare spazio ad equivoci od interpretazioni: nessun compromesso è possibile su questi valori, nessuna mediazione! Soprattutto occorre perseguire la loro tutela effettiva, che leggi di compromesso non garantiscono affatto: "Per questa ragione non sono oggetto di negoziazione: su molte questioni, infatti, si deve procedere attraverso mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori che, per il contenuto loro proprio, difficilmente sopportano mediazioni per quanto volenterose, giacché, questi valori, non sono né quantificabili né parcellizzabili, pena trovarsi di fatto negati".

Il valore della vita umana - la vita umana di ciascun uomo - non è né quantificabile, né parcellizzabile; una legge che facesse ciò inevitabilmente produrrebbe di fatto la sua negazione!



Quali sono - è lecito chiedersi - le "mediazioni volenterose" che sono state fatte o che vengono tentate su valori non negoziabili? E' arbitrario pensare all'esito disastroso della legge 40 sulla fecondazione artificiale che - anche se proclama l'embrione "soggetto di diritto", di fatto (per usare le parole del card. Bagnasco) nega il loro diritto a vivere, a non essere congelati o sezionati, ad esser concepiti nel luogo naturale del grembo materno, a nascere in una famiglia?

O - quanto ai tentativi ancora in corso - come non valutare il progetto di legge sulle DAT - a voler essere benevoli - una "volenterosa mediazione" che rischia di permettere l'uccisione di persone senza più voce?



Giacomo Rocchi

domenica 9 ottobre 2011

Il cardinale Bagnasco e il "diritto di tutti alla vita"/3




Perché il cardinal Bagnasco ribadisce l'auspicio per l'approvazione rapida del progetto di legge sulle DAT? E questo progetto, cosa "salvaguarda" davvero? La risposta alla prima domanda sta nelle parole che in un'altra Prolusione, quella del 22/9/2008, lo stesso porporato pronunciò. In quell'occasione egli incoraggiò l'approvazione di una legge con un determinato contenuto: evidentemente il progetto che sta per essere approvato corrisponde a quanto allora auspicato. Vale davvero la pena di rileggere le parole pronunciate tre anni fa.

Prendendo lo spunto dalla vicenda di Eluana Englaro (che sarà fatta morire pochi mesi dopo), il card. Bagnasco sollecitava il Parlamento a "varare, si spera con il concorso più ampio, una legge sul fine vita che – questa l’attesa – riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito – fuori da gabbie burocratiche – di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza. Dichiarazioni che, in tale logica, non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione, universalmente riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie. Una salvaguardia indispensabile, questa, se non si vuole aprire il varco a esiti agghiaccianti anche per altri gruppi di malati non in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi. Quel che in ultima istanza chiede ogni coscienza illuminata, pronta a riflettere al di fuori di logiche traumatizzanti indotte da casi singoli per volgersi al bene concreto generale, è che in questo delicato passaggio – mentre si evitano inutili forme di accanimento terapeutico - non vengano in alcun modo legittimate o favorite forme mascherate di eutanasia, in particolare di abbandono terapeutico, e sia invece esaltato ancora una volta quel favor vitae che a partire dalla Costituzione contraddistingue l’ordinamento italiano. La vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che poggia sulla irriducibile dignità di ogni persona, dignità che non viene meno, quali che siano le contingenze o le menomazioni o le infermità che possono colpire nel corso di un’esistenza".
Avevamo davvero compreso quale regolamentazione auspicava il Presidente della CEI? Partiamo proprio dal caso Englaro: benché esso non avesse in alcun modo a che fare né con dichiarazioni anticipate della giovane (la sentenza della Cassazione aveva, in realtà, attribuito al padre/tutore il potere di esprimere la volontà della disabile, sia pure agganciando la sua decisione ad una volontà presunta della figlia interdetta) e tanto meno con un accanimento terapeutico operato su di essa (le suore misericordine forse si accanivano su di lei, dandole da mangiare e da bere e curandola amorevolmente?), esso era il punto di partenza del discorso per dare indicazioni al legislatore.

Insomma: Eluana Englaro veniva strumentalizzata per finalità politiche.

Cosa proponeva il card. Bagnasco? Dichiarazioni anticipate rese in forma scritta aventi efficacia giuridica in base alle quali coloro che le avevano fatte potessero essere lasciati morire per omesse terapie. L'indicazione è chiarissima: solo le dichiarazioni riguardanti la sospensione di alimentazione e idratazione non potevano essere consentite, tutte le altre invece dovevano essere permesse ed avere efficacia.


Notiamo il riferimento alle altre persone che si trovavano nella condizione di Eluana Englaro (il cardinale indicava in 2000 il numero delle persone che si trovavano allora in "stato vegetativo"); quale è l'esito agghiacciante che il cardinal Bagnasco temeva? Il fatto che essi non fossero stati messi "in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi": non la possibilità che essi fossero uccisi (a meno che lo fossero mediante sospensione dell'alimentazione e idratazione)! Sì, perché ciò che conta è "il rapporto fiduciario tra il malato e il medico": formula bellissima, ma che - quando si adottano dichiarazioni aventi valore legale - altro non significa che "consenso informato" e, quindi, possibilità di rifiutare terapie, anche salvavita.

Iniziamo, allora, a comprendere perché, pochi giorni orsono, il Presidente della CEI ha affermato che il progetto di legge "salvaguarda il diritto di tutti alla vita" e non "salvaguarda la vita di tutti". La differenza non sembra più così sottile ... Del resto, come non notare che, per definire l'ordinamento italiano contraddistinto dal favor vitae, il Presidente della CEI dimenticava i milioni di bambini uccisi in forza di una legge dello Stato? Il presule tralasciava quanto i vescovi italiani avevano scritto nel 1978: "quando autorizza l'aborto lo Stato contraddice radicalmente il senso stesso della sua presenza e compromette in modo gravissimo l'intero ordinamento giuridico, perché introduce in esso il principio che legittima la violenza contro l'innocente indifeso".

Cercheremo di scendere più a fondo nel prossimo post.



Giacomo Rocchi

Il cardinale Bagnasco e il "diritto di tutti alla vita"/2

Torniamo a riflettere su quanto il Presidente della C.E.I. ha esternato con riferimento al progetto di legge sulle Dichiarazioni Anticipate di trattamento.
Come già riportato, il cardinale manifestava l'auspicio di una rapida approvazione del testo di legge, esprimendo la "persuasione" che "si tratta di un provvedimento oggi necessario per salvaguardare il diritto di tutti alla vita".
Due riflessioni preliminari.

La prima: da come ne parla il card. Bagnasco siamo di fronte ad una legge "giusta", "buona"; non già ad una legge "che funziona e che deve essere integralmente applicata", di cui non viene chiesta né l'abrogazione, né una modifica; e nemmeno di una legge "imperfetta, non cattolica, un nobile compromesso ..." (per chi non l'avesse capito, stiamo parlando delle acrobazie verbali sulle leggi sull'aborto e sulla fecondazione in vitro).
No: questa legge - a sentire le parole del Presidente della CEI - non ha ombre, non presenta compromessi; è integralmente positiva, perché, appunto, "salvaguarda il diritto di tutti alla vita".
I Vescovi italiani, quindi, mettono tutto il loro "peso politico" sul piatto della bilancia: l'hanno fatto - sempre tramite le parole del card. Bagnasco - quando si è trattato di lanciare il dibattito parlamentare; lo fanno nuovamente quando il dibattito è ormai alla fine e c'è il timore che la crisi politica non permetta l'approvazione definitiva del testo, vanificando tutto l'operato di questi anni (quando il Parlamento viene sciolto, le proposte di legge non approvate definitivamente decadono).

Sappiamo bene quanto agli auspici pubblici sia corrisposta un'azione decisa, quasi schiacciante, all'interno del mondo cattolico italiano, "costretto" ad allinearsi o a tacere, senza se e senza ma: con l'autonomia dei laici scomparsa, in un sorprendente clericalismo; sorprendente perché, ad essere "santificato" in anticipo è stato un testo che è stato cambiato più volte nel corso di questi tre anni, ma che doveva essere sempre "approvato quanto prima". Sorprendente, anche, perché si tratta di testo complesso che concerne molti ambiti, fornisce molte definizioni, coinvolge molte situazioni e interroga molte professionalità, e che, quindi, è difficile da imporre "in blocco".
Quindi: una legge buona, giusta, doverosa, urgente.

La seconda riflessione, per entrare nel merito di quanto affermato dal Presidente della CEI: questa legge - attenzione! - non salvaguarda la vita di tutti; piuttosto salvaguarda (secondo l'opinione del porporato) il diritto di tutti alla vita!
Un sofisma? Quando i prolife fanno le loro battaglie, hanno in mente le persone da salvare: i bambini (ciascun bambino!) che rischiano di morire per aborto, gli embrioni che muoiono a grappoli per la fecondazione in vitro, i disabili, gli anziani, i deboli che rischiano di essere uccisi con l'eutanasia.
Certo: uno strumento decisivo è quello legislativo, per abrogare leggi ingiuste e approvare leggi giuste; ma, appunto, affermare un diritto (soprattutto il diritto alla vita) è uno strumento, non è il fine della battaglia.
In altre parole: non ci interessa che una legge proclami di "tutelare la vita dal suo inizio", se poi i bambini vengono uccisi; e nemmeno una legge che attribuisca "diritti" agli embrioni, se poi nemmeno i pochi embrioni sopravvissuti alla fecondazione in vitro possono farli valere!

Così come non ci basta certo che una legge proclami di riconoscere e garantire "la vita umana, quale diritto inviolabile e indisponibile, anche nella fase terminale dell’esistenza e nell’ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere", se poi, in nome di questa legge, certe persone verranno uccise! Anzi: una norma di questo genere fa sorgere dubbi: ma le norme del codice penale che mandano in carcere gli assassini (anche se hanno ucciso su richiesta della vittima) non presuppongono la vita quale "diritto inviolabile e indisponibile"? Perché allora doverlo ribadire?

Le leggi ingiuste spesso sono anche leggi ipocrite! Contengono "norme di principio" (che dovrebbero, piuttosto, essere dettate nelle Costituzioni), ma le rendono prive di efficacia pratica, facendo, invece, operare altre norme, di contenuto opposto.


Questa legge, card. Bagnasco, salvaguarderà la vita di tutti?

Giacomo Rocchi

domenica 2 ottobre 2011

Il cardinale Bagnasco e "il diritto di tutti alla vita"/1

Che funzione ha la Prolusione del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana al Consiglio Permanente? Che natura ha? La domanda può essere posta sia con riferimento alla sua funzione all'interno della Chiesa (italiana e universale) sia con riferimento alla sua funzione sociale e politica all'interno della società italiana.
Sulla natura vaga ed equivoca di questo "discorso" (fatto ai confratelli vescovi, ma reso pubblico e disponibile ai mass media) ha scritto in modo incisivo e impietoso Riccardo Cascioli sulla Bussola Quotidiana del 27/9/2011: "sono decenni che le prolusioni all’Assemblea generale e al Consiglio permanente dei vescovi, a prescindere da chi la pronunci, seguono questo cliché: una carrellata su tutti i problemi dell’Italia e del mondo, che le fa molto più simili al discorso sullo stato dell’Unione che i presidenti americani pronunciano ogni anno in gennaio che non a un richiamo alle cose che contano davanti ai problemi del mondo". L'articolo di Cascioli (che va letto tutto) era precedente alla conferenza stampa del Segretario della CEI, mons. Crociata, che ha confermato quello stile del "dire e non dire", accennare senza scendere a fondo (in altre parole: lanciare il sasso e ritirare la mano ...) con il quale, evidentemente, il Presidente della CEI ha deciso di intervenire nelle vicende politiche: "non siamo noi a far cadere i governi, non intendeva affatto dire a Berlusconi di ritirarsi, non siamo noi vescovi a fondare i partiti politici ...".

Questo è un blog prolife: e non possiamo non notare che una cosa il card. Bagnasco ha detto in maniera chiara, senza possibilità di equivoci e fraintendimenti (e senza mezze smentite di due giorni dopo); un'indicazione netta di natura politico - parlamentare. L'indicazione è giunta al termine della prolusione:"Infine, esprimiamo l’auspicio che la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento possa giungere quanto prima in porto: dopo l’approvazione della Camera dei Deputati, essa attende il secondo passaggio al Senato. La sollecitiamo con rispetto, nella persuasione che si tratta di un provvedimento oggi necessario per salvaguardare il diritto di tutti alla vita." .
Ad essere malevoli si potrebbe pensare che questa indicazione netta sia collegata al severo giudizio morale su certi politici: "Noi non vogliamo buttare giù nessuno dalla poltrona ... intanto, però, approvate questa legge". Un'operazione, cioè, politica, dello stesso stampo di quella che i radicali hanno preso negli stessi giorni ("Noi non votiamo la sfiducia al ministro indagato per mafia ... Ma intanto, Berlusconi, guardaci, potremmo essere utili!").
Ma noi non pensiamo male. Ci interessa il contenuto di quanto detto dal card. Bagnasco. Lo esamineremo nel prossimo post: ma intanto - da convinti prolife - come non osservare che, rispetto all'urgenza manifestata dal Presidente della CEI ("possa giungere quanto prima in porto") per una legge che dovrebbe evitare il ripetersi del caso Englaro (mai ripetutosi dal 2009 ad oggi), nemmeno un accenno viene fatto sulla urgenza di interrompere l'uccisione legale di almeno 317 bambini al giorno? E sulla necessità di interrompere la produzione per la morte e il congelamento di altrettanti embrioni creati con la fecondazione in vitro?
Eppure, nella prolusione, certi passaggi sembravano riguardare proprio queste stragi:
"Quanti oggi, nel mondo che conta, volteggiano come avvoltoi sulle esistenze dei più deboli per cavarne vantaggi ancora maggiori che in altre stagioni? Questo «individualismo esasperato e possessivo» non è forse alla radice di tanti comportamenti rapaci in chi può, o ritiene di potere, a prescindere da ciò che è legittimo, giusto, onesto?" e ancora: "Ci preoccupa come Vescovi l’assenza di un affronto serio e responsabile del generale calo demografico, e quindi del rapporto sbilanciato tra la popolazione giovane e quella matura e anziana"; e soprattutto: "La questione morale, complessivamente intesa, non è un’invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un’evenienza grave,che ha in sé un appello urgente"; e sul severo giudizio intorno ad una cultura radicale che "Muovendo da una concezione individualistica, rinchiude la persona nell’isolamento triste della propria libertà assoluta, slegata dalla verità del bene e da ogni relazione sociale. Per questo, dietro una maschera irridente, riduce l’uomo solo con se stesso, e corrode la società, intessuta invece di relazioni interpersonali e legami virtuosi di dedizione e sacrificio."
Ma, appunto, alle leggi sull'aborto e sulla fecondazione in vitro, la prolusione non fa nessun accenno; tanto meno parla di un'urgenza di modificarle o abrogarle, per interrompere questa strage, che tanto incide, per di più, sulla cultura del nostro popolo.

Quasi che, verrebbe da pensare, "il diritto alla vita" cui si riferisce il card. Bagnasco non riguardi proprio "tutti".

Giacomo Rocchi