mercoledì 18 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?/4




“Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti”(Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, 3).
Continuiamo a commentare i numeri dell'aborto in Italia, stimolati dall'intervento di Piero Gheddo che, escludendo ogni abolizione della legge 194 e auspicando la sua "rigorosa applicazione", sostiene che "all'estero stanno molto peggio" e che "gli aborti sono in diminuzione". Abbiamo visto che Gheddo sposa la tesi secondo cui con l'aiuto economico e quello psicologico gli aborti diminuirebbero.


Dopo aver parlato dell'aborto delle minorenni, parliamo, allora, dell'aborto eugenetico, motivato dalla malattia o dalle malformazioni (effettive o temute) del bambino. Abbiamo già menzionato il bellissimo articolo di Carlo Valerio Bellieni sull'eliminazione delle bambine con sindrome di Turner: la motivazione di quegli aborti è lucidamente indicata dall'Autore: "quanto è fragile l’uomo della società post-moderna, tutto infervorato nel culto della perfezione fisica e nella fobia delle malattie".
Vediamo allora un po' di numeri: nel 1983 la percentuale di aborti volontari eseguiti oltre le 12 settimane era pari allo 0,7% del totale, oggi la percentuale giunge al 2,9% (quattro volte di più); il Ministro della Salute osserva che "a differenza delle interruzioni di gravidanza entro i 90 giorni, quelle effettuate dopo tale termine riguardano nella gran parte dei casi gravidanze interrotte in seguito a risultati sfavorevoli delle analisi prenatali".


La legge 194 in questo caso risulta particolarmente "moderna": già nel 1978 - quando le tecniche di diagnosi prenatale erano molto meno sviluppate - prevedeva come possibile l'uccisione del bambino dopo i novanta giorni "quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". Suggeriva, quindi, che la malattia (reale o temuta) del bambino comportasse un pericolo per la madre; e soprattutto, che la "soluzione" fosse l'uccisione del bambino malato (o temuto tale). D'altro canto, ad essere messa in pericolo poteva essere anche la "salute psichica" (e cioè, il completo benessere fisiopsichico). Che voi sappiate, a qualche donna che, conosciuta la malattia del figlio ha chiesto di abortire, è stato risposto negativamente perché non c'era pericolo per la sua salute psichica?


Bellieni fa cultura ed educazione, e fa bene; ma non pensa che una legge che vietasse l'aborto eugenetico aiuterebbe la sua opera? Non è che - come sembra ritenere Benedetto XVI - "le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili ... si oppongono all'educazione dei giovani e al futuro dell'umanità"? E Gheddo, che pensa di questa parte della legge: non dobbiamo abolire nemmeno questa?


Le cosa da dire non sono finite.


Giacomo Rocchi

martedì 17 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?/3



“Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti” (Gaudium et spes, n. 51).
Da "Il Sussidiario" leggiamo: "Il governo spagnolo di Mariano Rajoy introdurrà limiti più restrittivi alla legge sull’aborto voluta dal suo predecessore José Luis Rodriguez Zapatero. Al centro della riforma, annunciata dalla vicepremier Soraya de Santamaria (nella foto), ci sarà il passaggio che attualmente consente alle ragazze spagnole tra i 16 e i 18 anni di abortire senza che ne siano informati i genitori. L’ex governo socialista aveva deciso che qualsiasi minorenne potesse abortire senza nessun limite nelle prime 14 settimane dal concepimento. Mentre tra la 14esima e la 22esima settimana, la sola clausola prevista da Zapatero era che la donna indicasse le motivazioni della scelta. Tra le opzioni che consentivano di interrompere la gravidanza c’erano lo stupro, il rischio per la salute della madre, la malformazione ma anche il rischio psicologico. Un’opzione, quest’ultima, estremamente vaga e che in un anno è stata indicata dal 95% delle donne che hanno abortito. Ora il Partito Popolare intende invece fare sì che tutte le minorenni che decidono di interrompere la gravidanza debbano prima ottenere l’autorizzazione del padre o del tutore".
Il prof. Alberto Gambino commenta positivamente la notizia, anche se mette le mani avanti: "Le mie considerazioni non vogliono né rilanciare indebitamente il tema della revisione della legge sull’interruzione di gravidanza in Italia, né apparire come un’accettazione nei confronti di una legge che resta moralmente inaccettabile" (Pare che il tabù della revisione della legge 194 all'interno del mondo cattolico ufficiale sia sempre più saldo: abbiamo già visto che anche Piero Gheddo allontanava esplicitamente l'ipotesi).
Eppure, proseguendo nell'analisi dei numeri sull'aborto in Italia su cui, a nostro parere Gheddo ha sragionato, vale la pena di approfondire proprio il tema che il nuovo governo spagnolo ha annunciato di voler modificare: l'aborto delle minorenni. Difficile negare che - oltre che con l'uccisione di bambini - esso non abbia a che fare con il tema dell'educazione dei giovani (che, ricordiamo, Papa Benedetto XVI ritiene ostacolata dalle leggi di aborto); sì, perché la malvagità della legge di cui abbiamo parlato - quella di attribuire alla madre la decisione se uccidere o meno il figlio innocente - diventa, se possibile, ancora maggiore quando si tratta di minorenni, quindi personalità ancora in crescita e non compiute.
Quali sono i numeri in Italia? Nel 2009 hanno abortito 3.719 ragazze minorenni: nel 73% dei casi l'aborto è stato autorizzato dai genitori della ragazza; nel 27% dei casi è stato autorizzato dal Giudice tutelare. Sì, perché in Italia tutte le minorenni possono abortire senza che ne siano informati i genitori: non solo le ragazze con più di 16 anni.
Dalla Relazione del Ministro della Giustizia scopriamo quale età hanno queste ragazze che hanno abortito senza avvisare i genitori (si suppone amorosamente aiutate dai Consultori familiari che le hanno portate dal Giudice tutelare, il quale ha concesso l'autorizzazione nel 98% dei casi ... come si vede, quando vuole, lo Stato funziona): nel 2005 erano 15 le ragazze sotto i 14 anni, 55 di loro avevano 14 anni, 185 avevano 15 anni, 398 avevano 16 anni.
Sono dati che dovrebbero far riflettere - per dirla con Bellieni - sul deficit di capacità educativa non solo dei Consultori familiari, ma anche di quelle 2.700 coppie di genitori che, conosciuta la gravidanza della figlia minorenne, hanno ritenuto più utile per lei uccidere il figlio che aveva in grembo (il loro nipote).
Ma, mi chiedo: la legge 194 con questi numeri non ha niente a che fare?
Sentiremo qualche politico che dichiara di voler cambiare la legge di aborto almeno su questo punto?
Chissà se Piero Gheddo conosce queste cifre; chissà se ritiene se anche su questo aspetto la legge 194 debba essere "applicata con rigore"; chissà se rifletterà che quelle 2.700 coppie di genitori non erano affatto tra coloro che "concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato".
Giacomo Rocchi

lunedì 16 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto? /2



Nel suo intervento circa la vita nascente, la comunità politica non può restringersi all'emanazione di una legge, peraltro necessaria, che proibisca come reato l'aborto, da punirsi tuttavia con giustizia ed equità, tenendo conto delle situazioni concrete in cui é stato commesso (…) L'applicazione del principio della tolleranza civile all'aborto legalizzato è illegittima e inaccettabile perché lo Stato non é la fonte originaria dei diritti nativi ed inalienabili della persona, né il creatore e l'arbitro assoluto di questi stessi diritti, ma deve porsi al servizio della persona e della comunità mediante il riconoscimento, la tutela e la promozione dei diritti umani. Così quando autorizza l'aborto lo Stato contraddice radicalmente il senso stesso della sua presenza e compromette in modo gravissimo l'intero ordinamento giuridico, perché introduce in esso il principio che legittima la violenza contro l'innocente indifeso" (Conferenza Episcopale Italiana, La Comunità cristiana e l’accoglienza della vita umana nascente, 16/12/1978).
Nel post precedente ci siamo spinti a dire che Piero Gheddo, accettando la logica dell'applicazione integrale della legge 194 sull'aborto, abbia inevitabilmente sragionato anche sui numeri. Sia ben chiaro: dovremmo avere timore a ragionare in termini di numeri sull'uccisione cruenta di bambini innocenti; i numeri servono, ma rischiano di nascondere la realtà cruenta di ciascun aborto volontario. Rischiamo di dimenticare il nome di quel bambino che quel giorno è stato ucciso.
Fatta questa premessa, affrontiamo ugualmente la questione: quanti sono gli aborti in Italia? Restiamo, per ora, al dato riportato da Gheddo: 117.000 nel 2009 e chiediamoci: a cosa serviva la legge 194 approvata nel 1978? Beh, qualche Ministro della Sanità si era spinto a dire: "L’obbiettivo che tutti ci prefiggiamo è quello di debellare l’aborto ...(l'obbiettivo è) cancellare l’aborto dalla nostra realtà sociale" (Ministro Aniasi, Relazione al Parlamento 1980; Aniasi nella foto). E allora: dopo 34 anni, dopo 6.000.000 (sei milioni) di bambini uccisi legalmente in Italia, dovremmo esultare perché quelli eliminati ufficialmente in un anno sono solo 117.000 (320 al giorno, 13 all'ora ...)? Dovremmo rallegrarci che quest'anno ne hanno uccisi 4.000 in meno dell'anno scorso?
Perché non dire che - se quella era la finalità della legge 194 - quella legge ha clamorosamente fallito? O, piuttosto, perché non prendere atto che la finalità della legge 194 (quella che Gheddo vuole "applicata integralmente") era sicuramente un'altra? Davvero "la Legge afferma e tutti concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato", come scrive Gheddo?
Ma torniamo ai numeri. La lettura della Relazione del Ministro della Salute già fornisce un ulteriore dato (che Gheddo non menziona): una stima di 15.000 aborti clandestini. (117.000 + 15.000 = 132.000). Non solo: il Ministro precisa che si tratta di una stima limitata agli aborti clandestini compiuti dalle donne italiane. Quanti sono gli aborti clandestini compiuti dalle donne straniere? Il Ministro della Salute non si azzarda a stimarli. Dalla Relazione del Ministro della Giustizia emerge che il 55% delle prsone indagate per aborto clandestino sono straniere, contro il 45% di italiane. Applicando (in via di stima) la stessa percentuale, si ricava la cifra di 18.300 aborti clandestini compiuti dalle straniere (132.000 + 18.300 = 150.300).

Gheddo pare dimenticarsi degli aborti precoci provocati dalle "pillole che uccidono": tra i tanti dati, come non ricordare le oltre 1.000 confezioni di "pillola del giorno dopo" vendute ogni giorno in Italia? Davvero è prudente calcolare almeno 30.000 embrioni uccisi ogni anno con le sostanze criptoabortive (150.300 + 30.000 = 180.300).

Fermiamoci qui (ma dovremmo ricordare anche gli embrioni uccisi con la fecondazione in vitro): almeno 180.000 bambini uccisi ogni anno.

Quanti erano gli aborti (ovviamente tutti clandestini) prima del 1978 (quando ancora la "pillola del giorno dopo non era in commercio)? Una stima attendibile - come suppongo Gheddo sappia benissimo - li quantificava nel massimo in 90.000 all'anno.

Davvero "si è registrato un calo degli aborti nel nostro Paese"? Davvero "L'Italia ha i valori tra i più bassi tra i paesi europei"? Dobbiamo davvero compiacerci di questi dati?
Vedremo, nei prossimi post, quali altri numeri siano significativi per comprendere come è fatta la legge 194 "da applicare integralmente".

Giacomo Rocchi

mercoledì 11 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?



Abbiamo visto che Benedetto XVI ritiene che la permanenza delle leggi che legalizzano l'aborto ostacoli l'educazione dei giovani e, quindi, il futuro dell'umanità. Non si tratta certo di una posizione nuova del Papa che, ad esempio, nella Messa Crismale del 1/4/2010, aveva affermato: “La lotta dei cristiani consisteva e consiste non nell’uso della violenza, ma nel fatto che essi erano e sono tuttora pronti a soffrire per il bene, per Dio. Consiste nel fatto che i cristiani, come buoni cittadini, rispettano il diritto e fanno ciò che è giusto e buono. Consiste nel fatto che rifiutano di fare ciò che negli ordinamenti giuridici in vigore non è diritto, ma ingiustizia. (…) Anche oggi è importante per i cristiani seguire il diritto, che è il fondamento della pace. Anche oggi è importante per i cristiani non accettare un’ingiustizia che viene elevata a diritto – per esempio, quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati
Pensavo questo discorso nel leggere l'articolo di Piero Gheddo apparso sulla Bussola Quotidiana e su Zenit, in cui, commentando alcuni dati sull'aborto in Italia, egli si premura così di precisare il senso delle sue osservazioni: "Negli ultimi tempi è venuto sempre più alla ribalta dell’informazione il problema degli aborti, non direttamente per abolire la Legge 194, ma almeno per applicarla con rigore, visto che la Legge afferma e tutti concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire". Quindi Gheddo si allinea al tabù che, in questo periodo, circola nel mondo cattolico italiano: "la legge 194 non si tocca, si applica"; unisce la sua voce ad altre, facendo intuire che il Comitato per l'abrogazione della legge 194 inizia a creare qualche timore.

Ma "applicare integralmente la legge 194" significa, in primo luogo, accettarne la logica: considerarla, inevitabilmente, una legge "buona"; significa, per Gheddo, cadere nella trappola delle statistiche e del linguaggio dei fautori dell'aborto libero e pagato dallo Stato.
Partiamo dal linguaggio: se è vero che - per fortuna! - Gheddo parla di "bambini", per riferirsi a quelli abortiti egli dice: "bambini che non hanno potuto vedere la luce". Il problema è perché quella luce quei bambini non l'hanno vista: e forse sarebbe stata più aderente alla realtà dei fatti parlare di "bambini che vivevano tranquillamente nel grembo delle loro madri e che sono stati raggiunti da lame appuntite che li hanno fatti a pezzi e uccisi per essere poi risucchiati via" (oppure di "bambini che sono stati avvelenati e sono morti tra atroci dolori"). Parole dure, certo: ma corrispondenti a quanto avviene davvero.

Ancora più sorprendenti sono le parole usate da Gheddo per riferirsi al soggetto che ha deciso l'uccisione del bambino: la madre. Sì, perché - davvero vogliamo negarlo? - nel sistema della legge 194 che Gheddo vorrebbe applicata integralmente, è la donna che decide: e, su 117.000 aborti legali eseguiti nel 2009 (in seguito vedremo quanti sono davvero gli aborti volontari in Italia), solo 2 (due) riguardavano donne interdette (dati Ministero della Giustizia), per le quali la decisione era stata presa dal tutore. Gli altri aborti volontari sono stati decisi da donne pienamente capaci di intendere e di volere. La malvagità di questa legge - come di tutte le leggi di aborto - si vede anche da qui: è la madre (e non una commissione medica) incaricata di decidere che il proprio figlio innocente debba morire atrocemente; e quindi il dato - che ha ovviamente a che fare anche con l'educazione del popolo - è questo, ed è tremendo: nel 2009 117.000 donne hanno scelto di uccidere il loro figlio.
Nell'articolo Gheddo parla sì, di scelta, ma solo per rimarcare i danni subiti dalla donna: "Le donne che hanno scelto di abortire, nella grande maggioranza dei casi subiscono un forte o anche fortissimo trauma fisico e psicologico, del quale spesso non si liberano più del tutto"; e, se questo è vero, risulta evidente nel parlare di Gheddo che le donne sono esclusivamente vittime: "l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire". Sì, perché - intende Gheddo - se si fornissero soldi alle famiglie in difficoltà e psicologi alle donne incinte, l'aborto volontario scomparirebbe ...

Leggiamo la chiusa dell'articolo: Gheddo critica il Presidente Napolitano perché "Non ha parlato della vita che deve nascere e non può per mancanza di solidarietà umana e di sostegno da parte dello Stato italiano". Vedete? La responsabilità non è mai delle donne, è colpa della Stato che non fornisce il denaro e gli psicologi di sostegno ...
Lo Stato, quindi, non è responsabile perché ha reso un diritto assoluto l'uccisione dei bambini non ancora nati; è responsabile perché non dà soldi e aiuto psicologico.

Con una visione così falsata di quanto è permesso dalla legge 194 e di quanto avviene davvero in conseguenza della piena attuazione di quella legge, come stupirsi che Gheddo "sragioni" anche sui numeri? Lo vedremo nel prossimo post.

Giacomo Rocchi

Educazione e leggi sull'aborto



Benedetto XVI, ancora una volta, riprende il tema delle leggi ingiuste che permettono l'aborto. Lo fa nell'ambito di un tema molto sentito in questo periodo nell'ambito del mondo cattolico:
"L’educazione è un tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro di tutta la società. Essa, perciò, costituisce un compito di primaria importanza in un tempo difficile e delicato. Oltre ad un obiettivo chiaro, quale è quello di condurre i giovani ad una conoscenza piena della realtà e quindi della verità, l’educazione ha bisogno di luoghi. Tra questi figura anzitutto la famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo con una donna. Questa non è una semplice convenzione sociale, bensì la cellula fondamentale di ogni società. Pertanto, le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità. Il contesto familiare è fondamentale nel percorso educativo e per lo sviluppo stesso degli individui e degli Stati; di conseguenza occorrono politiche che lo valorizzino e aiutino così la coesione sociale e il dialogo. È nella famiglia che ci si apre al mondo e alla vita e, come ho avuto modo di ricordare durante il mio viaggio in Croazia, «l’apertura alla vita è segno di apertura al futuro». In questo contesto dell’apertura alla vita, accolgo con soddisfazione la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che vieta di brevettare i processi relativi alle cellule staminali embrionali umane, come pure la Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che condanna la selezione prenatale in funzione del sesso.
Più in generale, guardando soprattutto al mondo occidentale, sono convinto che si oppongano all’educazione dei giovani e di conseguenza al futuro dell’umanità le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili."


Se le leggi di aborto si "oppongono all'educazione dei giovani e di conseguenza al futuro dell'umanità", quale è il compito dei prolife? Tentare di abrogare quelle leggi.
Ma quale è lo scopo di questa battaglia?
Evidentemente non solo salvare la vita dei bambini di cui la legge di aborto avrebbe permesso l'uccisione, ma contribuire "all'educazione dei giovani e al futuro dell'umanità".

Chi segue questo post ha conosciuto la "polemichetta" nata dal commento ad articoli di Carlo Valerio Bellieni (Educazione vs. legislazione?). Bellieni, in un bellissimo articolo su Il Sussidiario sull'l'utilizzo a scopo di aborto delle tecniche di diagnosi prenatale, insiste sul tema del deficit della capacità educativa: "Già, perché è vero che gli “strumenti” sono neutri, ma se vengono usati in un momento di fragilità non lo sono più. E quanto è fragile il periodo della gravidanza… e quanto è fragile l’uomo della società post-moderna, tutto infervorato nel culto della perfezione fisica e nella fobia delle malattie. E si noti che ho volutamente usato un esempio “soft”, per non irritare nessuno, ma le conseguenze finali che abbiamo illustrato all’inizio dell’articolo sono ben diverse da un mal di pancia.
Non pensate che, soprattutto chi dà consigli morali e si occupa di etica, magari preoccupato per il numero di aborti, ma purtroppo poco dal clima culturale che precede e circonda gli aborti stessi (dunque in deficit di capacità educativa), dovrebbe riflettere?"


Scrivevo in qualche post precedente: "Non sto sostenendo che l'educazione (soprattutto quella cristiana) non serva: ma che l'esistenza di leggi ingiuste nell'ordinamento civile ostacola e a volte impedisce una corretta educazione".


Benedetto XVI sembra avere una chiara idea della complessità e doverosità dell'azione necessaria: occorre educare - soprattutto tramite la famiglia - e occorre eliminare le leggi diseducative, che "impediscono l'educazione dei giovani e il futuro dell'umanità".



Chissà se l'azione prolife diretta ad abrogare queste leggi (e, quando necessario, ad ostacolare l'approvazione di altre leggi ingiuste) troverà cittadinanza anche nel mondo cattolico ...


Giacomo Rocchi