sabato 30 aprile 2011

Da "testamento biologico" a "Dichiarazioni antipate": un trucco?





Qualche settimana fa abbiamo segnalato la nascita del nuovo blog di Scienza e Vita (http://www.blogscienzaevita.org/) e ci siamo chiesti se avrebbe davvero dato spazio e dibattiti aperti che - molti ritengono - nel mondo cattolico, sul tema del progetto di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, mancano (e spesso sono soffocati).

Ebbene, il blog ha pubblicato tre commenti ad un pezzo di Lucio Romano, Copresidente Nazionale dell'Associazione Scienza e Vita: e il risultato è davvero interessante.


Il pezzo si intitolava: "DAT, non testamento biologico: una precisazione". Romano sosteneva che "la differenza non è formale, ma sostanziale". Infatti "il testamento biologico è un documento che esprime una volontà vincolante “ora per allora”, che presuppone la disponibilità della vita e riduce la dimensione della persona a cosa di cui disporre", mentre "Con le Dat, opportunamente normate, si offre una protezione al paziente o al grave disabile, assicurando quanto possibile e proporzionato in riferimento alla situazione clinica, attualizzata".

La vera differenza, quindi, è la vincolatività delle dichiarazioni che "distruggerebbe la relazione di cura medico-paziente".

Il Direttore di Avvenire, Marco Tarquinio lo ribadiva ieri: "La legge all'esame della Camera e in via di perfezionamento e approvazione non sarà una legge sul testamento biologico, ma sulle dichiarazioni anticipate di trattamento ... giocare così con i concetti significa confondere le acque per confondere la gente".


Tre commenti al pezzo di Lucio Romano mettevano in dubbio che si tratti di una reale differenza: davvero le DAT non sono vincolanti nella parte in cui il dichiarante rinuncia ai trattamenti salvavita (chiede, cioè, di essere lasciato morire)? Come si spiega la controversia che il fiduciario può instaurare contro il medico davanti all'apposito collegio?


Sorpresa! Lucio Romano, nella sua lunga risposta, dopo aver ribadito la differenza, osserva:


"...nelle DAT non sarebbe opportuno ratificare “la rinuncia da parte
del soggetto ad ogni o ad alcune forme particolari di trattamenti sanitari”
perché si rischierebbe di configurare la c.d. eutanasia passiva. Sarebbe
auspicabile, invece, la manifestazione di espressioni e informazioni utili al
medico per evitare trattamenti terapeutici sproporzionati. In questo
senso appare in effetti opportuna una rivisitazione dell’art.
3
."
E ancora:


"Il dibattito sul DDL alla Camera, che sembra iniziare a breve, rappresenta
una buona occasione per dettagliare ulteriormente l’articolato e armonizzarlo
con i principi di riferimento enunciati
".


In parole povere: il Senato della Repubblica ha approvato un progetto in forza del quale le DAT, nel loro contenuto essenziale - rifiuto di tutte le terapie, anche salvavita - sono vincolanti e permettono l'eutanasia per omissione di cure!

E questa è una notizia: il Copresidente nazionale di Scienza e Vita ritiene che il testo debba essere cambiato!



Ma insomma, Direttore: chi è che "gioca con i concetti" e "confonde le acque per confondere la gente"?



Giacomo Rocchi

venerdì 29 aprile 2011

Teologia parlamentare



Nel nostro Paese, la formazione delle leggi è fondata sul sistema del bicameralismo perfetto: la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (articolo 70 della Costituzione) e, fino a quando entrambe le Camere non approvano il medesimo testo, nessuna legge viene in essere. Di qui la "navetta", vale a dire i progetti di legge che si trasferiscono dalla Camera al Senato o dal Senato alla Camera e continuano questo trasferimento fino a quando si raggiunge l'approvazione definitiva.

Perché questo sistema? Evidentemente i nostri Padri Costituenti ritenevano che esso fosse la garanzia di una deliberazione più meditata e, quindi, potesse aiutare ad approcvare leggi migliori e più giuste.


Credo che essi non immaginassero che, diversi decenni dopo, sarebbe stato teorizzato l'obbligo morale per i parlamentari di una Camera di non modificare il testo approvato dall'altro ramo del Parlamento.

Mauro Cozzoli, ordinario di Teologia Morale nella Pontificia Università Lateranense, approfondendo l'attacco ai "supercattolici" sferrato da Domenico Delle Foglie, teorizza proprio questo (su Avvenire del 28/4/2011): dando atto che si diffondono "dichiarazioni, più insistenti che convincenti, avverse alla legge", stigmatizza la logica ispiratrice del "tutto o niente": "o una legge del parlamento garantisce in modo casistico e massimalistico il bene, o a essa è da preferire il vuoto legale, la non legge".

Cozzoli - come ormai da tempo si usa fare contro i "supercattolici" - brandisce l'insegnamento della Chiesa, nel caso specifico una Nota dottrinale della Congregazione per la dottrina della Chiesa del 2002. Vediamo il passaggio citato e la lettura che ne dà l'illustre teologo:


"L'insegnamento della Chiesa rileva che ci sono esigenze etiche
fondamentali e irrinunciabili
e, al tempo stesso, considera la loro
mediazione nella concretezza della realizzazione e nella diversità
delle circostanze operative
, con esplicito riferimento alla mediazione
legislativa. In tali esigenze è in gioco l'essenza dell'ordine morale, che
riguarda il bene integrale della persona
. Come tali non ammettono
deroghe, eccezioni o compromesso alcuno.
Nel contempo la loro codificazione
in legge dello Stato è suscettibile di una molteplicità di enunciazioni e
accentuazioni, più o meno inclusive di casi, aspetti e variabili, con cui la
mediazione al concreto dei beni più elevati, soprattutto in politica, deve
misurarsi. Le attività politiche - osserva la Nota - mirano volta
per volta alla realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale
in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben
determinato
."

Fin qui tutto bene: non si ricava certo da questi passaggi la difesa delle "leggi che producono il danno minore" fatta da Delle Foglie una settimana orsono! Nessuna deroga, nessuna eccezione, nessun compromesso!

Ma i teologi moralisti sanno leggere tra le righe! E così Cozzoli, dall'ultima frase della Nota citata, accusa quelli che Delle Foglie definisce "supercattolici" di "arretrare in una difesa astorica e apolitica di beni e valori", astraendosi dal contesto, rifuggendo dalla complessità e dalle sfide del reale concreto" e (ovviamente!) richiudendosi in un "fortino".

Da questo "fortino" questi sventurati non fanno altro che denunciare i "buoni" (in questi articoli ci sono sempre i buoni e i cattivi): coloro che "nell'agone della politica cercano pazientemente, giorno dopo giorno, di ottenere la migliore copertura legale possibile di beni inalienabili, come la vita di una persona. Con questo non si toglie nulla all'inviolabilità del bene, ma lo si rende concretamente esigibile e tutelabile".


Fermiamoci qui e torniamo al bicameralismo perfetto: un progetto di legge è stato approvato da un ramo del Parlamento, il Senato, dopo una lunga gestazione. Che devono fare i deputati? E il cittadino cattolico che assiste al dibattito parlamentare? E' permesso criticare questo progetto (che attualmente, non ha nessuna efficacia né valore) e chiederne la modifica? E' permesso "volere di più dalla legge"? è permesso richiamare, per sostenere la necessità di modifiche, il bene del diritto alla vita? Oppure questa è una "difesa oltranzista" (supercattolica?) del bene e, per di più, "indice di insipienza illusoria"?

E ancora: i politici impegnati nelle mediazioni dell'agone della politica, non li abbiamo eletti noi? Abbiamo il diritto di giudicarli e indirizzarli? O ci dobbiamo fidare di loro (o meglio: per Cozzoli ci dobbiamo fidare dei Senatori ...) e stare zitti?


Il messaggio dell'illustre teologo morale è chiaro: "accontentiamoci!", perché "la legge (in realtà il progetto di legge approvato al Senato) tutela sufficientemente i due beni in atto: la vita dell'ammalato e la libertà di questi e del medico".

Ancora una volta abbiamo letto bene: il progetto non tutela quei beni senza "deroghe, eccezioni o compromesso alcuno"; li tutela "sufficientemente" (altri direbbero: "produce il danno minore"...).


Ma cosa vogliamo di più? Cosa importa se, nello stesso numero di Avvenire il professor Alberto Gambino, proseguendo nella critica del progetto di legge approvato al Senato, indica diverse "zone grigie, senza tutela effettiva"? E se tra queste, ad esempio, indica l'inserimento della categoria dei soggetti "in stato di fine vita", che rischia di "disattendere la motivazione più profonda della legge: evitare che le persone in stato di lunga e, forse, irreversibile degenza postulino minori esigenze di cura rispetto a quelle degli altri paziente"?

Che importa - in definitiva - all'illustre teologo moralista se la legge produrrà effetti diversi - addirittura opposti - da quelli proclamati? Se anziani disabili, pazienti in stato di incoscienza, neonati prematuri non saranno curati in forza delle regole dettate da quella legge?

Il modello - richiamato espressamente - è quello dell'approvazione della legge 40 sulla fecondazione artificiale: che importa all'illustre teologo moralista se centinaia di migliaia di embrioni sono morti e moriranno nell'applicazione di quella legge?

I cattivi sono quelli che vogliono "dichiararsi immuni da complicità con la legge e accusare di correità chi l'appoggi"!



Giacomo Rocchi


P.S. Non sono un esperto ... ma mi chiedo: che lavoro è quello del teologo moralista?

lunedì 25 aprile 2011

E' davvero necessaria una nuova legge?



C. Casini, M. Casini, E. Traisci, M. L. Di Pietro, Il decreto della corte di Appello di Milano sul caso Englaro e la richiesta di una legge sul c.d. testamento biologico, In Medicina e Morale, 2008/4, 723:745


La sentenza sul caso Englaro impone l'adozione di una legge?
“Consideriamo l’argomento che accosta le decisioni dei giudici alla disciplina legislativa: bisogna sottolineare che il ruolo e la portata della giurisprudenza sono diversi da quelli della legge. Infatti, da un lato abbiamo una decisione che: a) per chi è veramente interessato (e solo per costui) presuppone l’attivazione talvolta faticosa e dispendiosa della “macchina giudiziaria”; b) vale concretamente per il singolo caso per il quale è richiesta; c) non incide sull’organizzazione sociale e di conseguenza non incide in modo determinante sulle relazioni giuridiche tra i consociati.
Dall’altro, invece, abbiamo una disciplina che: a) presuppone un dibattito parlamentare – un dibattito cioè che si svolge tra tutti i rappresentanti del popolo – la cui conclusione, pertanto, ha un’autorevolezza di gran lunga maggiore di quella di una decisione giudiziaria; b) vale per tutti: infatti la legge per sua natura è generale e astratta; c) incide sul tessuto sociale e relazionale in modo consistente. Non solo, ma se è vero che il giudice è soggetto solo alla legge, allora la legge incide in modo significativo anche sull’orientamento giurisprudenziale ...

E' necessaria una legge per evitare altri "casi Englaro"?

“Nella prospettiva di chi ritiene ingiusta la decisione di far morire Eluana di fame e di sete, è sicuramente necessaria una legge che tuteli in modo incondizionato il principio di indisponibilità della vita umana non solo dell’altrui, ma anche della propria se è ad altri che si chiede di porvi fine. Ebbene, questa legge c’è già: gli articoli 575, 579 e 580 del Codice Penale sanzionano rispettivamente l’omicidio, l’omicidio del consenziente e l’istigazione e l’aiuto al suicidio.”



Esiste un vuoto legislativo che una legge deve colmare?

“Si sente ripetere spesso che in materia vi è un “vuoto legislativo”. L’affermazione è falsa se vuol significare che nessuna norma giuridica regola i comportamenti collegati con la fine della vita. Su questo punto, non solo esistono già alcune leggi di riferimento, come quella sull’accertamento della morte (1993), sul trapianto di organi (1999), sull’amministrazione di sostegno (2004), ma la norma – di legge – c’è ed è chiara: è il divieto di cagionare (cosa, ovviamente diversa dall’accettare) la morte anche quando questa è richiesta e a prescindere dalle condizioni del richiedente (art. 579 del Codice Penale), perché la vita umana è un bene indisponibile”.





venerdì 22 aprile 2011

Il realismo che tutela la vita



Domenico Delle Foglie invoca il "realismo" e, citando Sant'Agostino, alimenta "la consapevolezza dell'antiperfettismo che dovrebbe guidare come una stella polare chiunque occupi un seggio in Parlamento ma anche una cattedra pubblicam o uno spazio giornalistico", difendendo, quindi, "norme laiche che producono il danno minore".


Abbiamo letto bene: "leggi che producono il male minore".


Nella nostra ignoranza teologica, pensavamo che il legislatore dovesse approvare leggi che producono il bene e che evitano il male (maggiore o minore che sia)... Ma Delle Foglie ha pronta la risposta: "Non esistono leggi cattoliche, ma solo leggi fatte dagli uomini e perciò perfettibili".


In sostanza il ragionamento di Delle Foglie è il seguente: nessuna legge è stata ancora approvata, il progetto che si sta per approvare produce un male, approviamolo ("qui e ora")!

Sommessamente proponiamo un percorso logico diverso: nessuna legge è stata approvata, il progetto che si sta per approvare produce un male, non approviamolo!

Se davvero una legge è necessaria, approviamo una legge che produca il bene!



Mentre Delle Foglie si esercita su Sant'Agostino, dando per ammesso che "certe cose non si possono cambiare", nello stesso numero di Avvenire il prof. Alberto Gambino esercita davvero il realismo invocato da Delle Foglie.

In "Vite da tutelare. Anche per i minori", punta l'attenzione sulla tutela dei minori e degli incapaci, evidenziando "zone grigie, senza tutela effettiva" e giungendo alla conclusione che


"occorre allora prevedere che in casi di minore età incapace di
rappresentare desideri e scelte, non sia richiesto il consenso informato dei
genitori per attivare una terapia necessaria".

Il professor Gambino cita espressamente il tema dei neonati prematuri: non è difficile cogliere nelle sue argomentazioni alcune di quelle che, fin dal gennaio 2010, il Comitato Verità e Vita ha proposto nel "Manifesto Appello contro la legge sul testamento biologico e contro ogni eutanasia".


E allora, Delle Foglie: vogliamo davvero "fare i conti con il dato di realtà"? Le interessa o no salvare i neonati ("qui e ora") da chi vuole lasciarli morire?



Giacomo Rocchi

giovedì 21 aprile 2011

Dalla parte della realtà, semplicemente per difendere la vita



Domenico Delle Foglie, nell'editoriale su Avvenire di oggi 21/4/2011, se la prende con i "supercattolici": usa questa espressione in modo dispregiativo (si sa, Avvenire è un quotidiano di ispirazione cattolica, non "supercattolica" ...) e, subito dopo li accusa di usare i propri argomenti come "armi contundenti":

"Non si contano ormai le colonne (una volta si sarebbe detto di piombo),
scritte dagli "intransigenti", spesso "supercattolici", rivolte di solito come armi contundenti contro credenti e non credenti che in parlamento e nello spazio pubblico, sostengono che una legge sul fine-vita, qui e ora, si è resa necessaria".

Non vogliamo insegnare a Delle Foglie come si fa il giornalista, ma forse bastava dire: "sono numerosi coloro, cattolici e non cattolici, che sono contrari al progetto di legge sulle DAT".
(Ovviamente senza menzionarli espressamente! Non sia mai!).


Lasciamo perdere queste quisquilie: ognuno ha il suo stile. Andiamo al merito.
L'accusa di Delle Foglie contro coloro che non concordano con il progetto è quella di mancanza di realismo:

"Chi si rifugia nelle affermazioni ideali e nelle intransigenze religiose, e chi
invece si lascia guidare dal dubbio che una legge possa aprire spiragli ad un
nuovo infinito contenzioso giudiziario, sembra non voler fare i conti con il
dato di realtà"

Il dato di realtà - qui sintetizziamo - è la morte procurata di Eluana Englaro. Sì, perché:

"Forse oggi nessuno di noi, ragionevolmente, invocherebbe una legge dello Stato
sul fine-vita se una volontà privata non avesse mosso un tribunale a esprimersi
e non avesse ottenuto quanto era considerato impossibile, inopportuno e illegale: interrompere l'alimentazione e l'idratazione di una persona in condizione di gravissima disabilità, sulla base di una sua volontà presunta e discutibilmente ricostruita in un'aula di tribunale".


Delle Foglie - che fa il "realista" - si guarda bene, però, dall'affrontare davvero il merito della legge. Dice: dopo l'uccisione di Eluana Englaro una legge è necessaria.
Ma la domanda è: è davvero necessaria questa legge?
Forse che questa legge si limita soltanto a dire: "è vietato interrompere alimentazione e idratazione alle persone in stato di disabilità"?

"Senza eccessi di isteria", ma anche "senza inopportune e antieroiche fughe dalla realtà", Delle Foglie ci dica se:
- il progetto permette ai tutori (come Beppino Englaro) di rifiutare o di far interrompere terapie salvavita per gli interdetti (come Eluana Englaro);
- il progetto permette ai genitori di rifiutare o interrompere terapie salvavita ai figli minori;
- il progetto permette di non attivare o interrompere la respirazione artificiale;
- il progetto impedisce ai medici di attivarsi senza un consenso preventivo scritto del paziente, del tutore o del genitore;
- il progetto permette ai medici di ritenere "spoporzionato" l'utilizzo di nutrizione e idratazione artificiale anche per persone che non stanno morendo, e quindi di interromperle;
- il progetto permette che il dichiarante con le DAT possa rifiutare terapie salvavita;
- il progetto permette che le volontà sulle terapie da erogare in un prossimo futuro possano essere espresse con solo una firma in calce a un modello prestampato, dopo un colloquio di cinque minuti con il medico di famiglia ...
Si potrebbe continuare.

Aspettiamo fiduciosi che Delle Foglie si dimostri realista e affronti davvero il merito del progetto di legge.
Non vorrà mica rifugiarsi su un "improvvisato Aventino"?

Giacomo Rocchi

mercoledì 20 aprile 2011

Ecco il nuovo blog di Scienza e Vita!



Avvenire del 19 aprile 2011 annuncia la nascita del nuovo blog di Scienza e Vita: "Scienza e Vita apre il suo blog bioetico".


L'indirizzo del blog è http://www.blogscienzaevita.org/



Molto stimolante la presentazione:

"Uno spazio a disposizione di tutti per esprimere le proprie idee, postare commenti e avviare dibattiti"

e ancora:

"Il tutto con la possibilità di confrontarsi e scambiarsi idee, opinioni ed esperienze"



Sarà vero?

Non resta che attendere. Per il momento, dei tre commenti ai post che ho inviato, il "moderatore" ha ritenuto di non pubblicarne nessuno.


Ma no! Forse sono troppo diffidente! Forse il moderatore è impegnato altrove e non ha pubblicato nessun commento ...


Veramente no: due commenti sono stati pubblicati. Vediamoli.


Il primo è di Carlo:


"Ottima iniziativa, i cui contenuti consiglio di diffondere anche
attraverso altre piattaforme digitali, in particolare FB e Twitter.
Vi seguirò con interesse. Buon lavoro!"
Il secondo è di Padre Francois:


"Seguo con molta attenzione questa nuova iniziativa di Scienza & Vita.
E’ un aiuto indispensabile per me, per i miei parrocchiani e per i miei alunni
qui in Camerun dove mi trovo, dopo i miei studi di bioetica a Roma. Auguri al
Professore Lucio Romano, uno dei miei ex prof"

Certo, in questo modo i "dibattiti" non saranno particolarmente vivaci ...



Giacomo Rocchi

venerdì 1 aprile 2011

Verso l'eutanasia legale/I timori di Domenico Delle Foglie


Su Avvenire del 31/3/2011 Domenico Delle Foglie esprime i timori che potrebbero conseguire all'approvazione del progetto di legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento:


"Una legge "buona e giusta" quella sulle Dat? Si è lavorato al Senato e si sta lavorando alla Camera perché sia così. Ricordiamoci, però, che ogni legge è sottoposta al vaglio delle maggioranze – a volte trasversali, come in questo caso, e comunque transitorie in un regime di alternanza politica. E per tutte le maggioranze, presenti e future, dovrebbe valere il criterio di garantire, a ogni singola legge, una volta approvata, un periodo di rodaggio. È civile e necessario, insomma, che a queste disposizioni non venga riservato il trattamento ostile e la propaganda deformante già riservati, ad esempio, alla legge 40 sulla fecondazione artificiale, altra normativa "non cattolica" ma accettata dai credenti per chiudere l’era di "provetta selvaggia". Abbiamo già visto una parte dell’opinione pubblica, più ideologizzata e meno disponibile ad accettare il voto (trasversale, torniamo a ricordarlo) di un libero Parlamento, allearsi con una frazione della magistratura per tentare di demolire o, comunque, manomettere la legge sin dal giorno seguente la sua entrata in vigore"


La tesi è sempre quella: la legge 40 sulla fecondazione artificiale era "buona e giusta", ma un manipolo di "cattivi" (composta dalle minoranze battute in Parlamento e da magistrati ideologizzati), l'ha demolita e manomessa.

Insomma: i risultati devastanti della legge "buona, ma non cattolica"? Non è colpa nostra!


Ma è soltanto una questione di "colpa"?

Cosa insegna l'esperienza della legge 40? Che i "paletti" messi all'interno di una legge di compromesso su "diritti non negoziabili" vengono divelti!


Cosa deve fare, allora il legislatore?

Delle Foglie mostra di non aver capito: sostiene che la legge deve essere ugualmente approvata e che i "cattivi" devono essere ammoniti della necessità di un "periodo di rodaggio" ...


A noi, invece, sembra di aver capito: Delle Foglie sa che i "paletti" (apparenti) verranno divelti a partire dal "giorno seguente della sua entrata in vigore"; sa, quindi, che la legge verrà utilizzata per realizzare l'eutanasia su incoscienti, disabili, anziani ...; prevede che la "norma simbolo", quella che stabilisce il divieto di sospensione di alimentazione e idratazione artificiale, verrà quanto meno aggirata (la Camera ha già approvato un'eccezione, così vaga da poter essere allargata a dismisura) ...

Delle Foglie sa tutto questo ... e si prepara a gridare: "Non è colpa nostra!"


Giacomo Rocchi