lunedì 28 luglio 2014

Il post eterologa

Elisabetta Frezza interviene nel dibattito sorto nel mondo cattolico e in quello pro life dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha cancellato il divieto di fecondazione eterologa presente nella legge 40 del 2004. 
Senza dubbio, cadendo quel "paletto" ha fatto rumore: ha, infatti, colpito al cuore la scelta che lo stesso mondo cattolico e prolife ufficiale fece per giungere all'approvazione della legge, vale a dire permettere la fecondazione in vitro omologa e vietare solo quella eterologa. 
Se quel "paletto" era importante e simbolico, conviene fermarsi a riflettere un attimo, senza reagire meccanicamente in conseguenza della "sindrome del paletto" che pare piuttosto diffusa. 
Aspettiamo altri contributi. 

Giacomo Rocchi


1. LA REAZIONE DEL MONDO PRO LIFE ALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Nel leggere i vari commenti alla sentenza della Corte Costituzionale 162/2014 - che ha legalizzato la fecondazione eterologa abbattendo il divieto originariamente previsto dalla legge 40 - mi sono sorte spontanee alcune riflessioni.
Si fa un gran discutere, all'interno del fronte pro life, sulla opportunità di un intervento legislativo orientato a "limitare i danni", immani, derivabili dalla situazione normativa venutasi a creare a seguito dell'ultima declaratoria parziale di incostituzionalità della legge sulla procreazione medicalmente assistita. La più parte dei commentatori giudica favorevolmente le proposte in tal senso e si spinge sino a ipotizzarne il tenore. Pur manifestando, taluno, qualche scrupolo di opportunità. Soltanto Tommaso Scandroglio si dichiara sulla Bussola recisamente contrario a iniziative siffatte e motiva con dovizia di argomentazioni la propria posizione "oltranzista".
Premetto che nella sostanza concordo convintamente con lui, ritenendo che qualsiasi tentativo di temperamento normativo della pratica ora liberalizzata sia, in realtà, foriero di danni ben maggiori.

2. IL RICHIAMO AL PARAGRAFO 73 DELL'EVANGELIUM VITAE
Come sempre, l'appiglio magisteriale su cui si pretende di fare leva per giustificare questo genere di interventi lenitivi è quel paragrafo 73 dell'Evangelium Vitae che è diventato inopinatamente la bandiera di ogni impresa politica compromissoria in tema di principii non negoziabili, e - a tal fine - oggetto di una strumentale inversione logica del rapporto da regola a eccezione nell'ambito del contesto "normativo" in cui si inquadra.
Il dettato del 73 è formulato quale espressa riserva rispetto al principio generale stabilito nella enciclica: il principio, cioè, per cui i temi legati alla vita umana devono per loro natura essere sottratti alla negoziazione politica perché non suscettibili di subire compromessi. Tutti i paragrafi antecedenti e successivi del documento, infatti, sono improntati sul criterio della inderogabilità della legge morale naturale e della legge divina fondamentale. 
La stessa istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede, di alcuni anni successiva all'enciclica, ribadisce questo concetto cardine e contribuisce a spiegare il portato della riserva ex 73 E.V. con una sorta di interpretazione autentica: "la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti".
Ponendosi in evidente contraddizione con il quadro complessivo di riferimento, pare logico che la disposizione del 73 sia stata escogitata per casi del tutto particolari: che la sua applicazione vada quindi calibrata sulla singola fattispecie e implichi un vaglio circostanziato sulle caratteristiche del caso concreto, in nessun modo potendo comunque, da essa, discendere un principio guida.
Agli antipodi dell'interpretazione (sistematica) restrittiva che qui si sostiene, si pone quella di chi - come fa padre Giorgio Carbone sempre sulla Bussola - pretende di leggere nel 73 cit. nientemeno che il "principio etico generale" consistente nel dovere di agire per contenere i danni a terzi indifesi (disattendendo il quale dovere ci si renderebbe colpevoli per omissione).
Per concludere sul punto, nell'opinione di chi scrive il 73 E.V., usato e abusato quale fondamento legittimante la sempreverde teoria del male minore nelle sue contingenti articolazioni (rivelatesi peraltro tutte fallimentari all'atto pratico) va ricondotto nell'alveo che gli compete: quello, circoscritto, di eccezione alla regola generale e astratta, armonizzata quest'ultima con la Legge Divina e con la Tradizione della Chiesa.

3. LA "SINDROME DEL PALETTO"
Ciò premesso, e per tornare alla questione iniziale, è necessario allargare il più possibile la visuale per cogliere della situazione attuale, oltre agli aspetti "tecnici", l'enormità umana.
Il rischio sempre in agguato in casa pro life, infatti, è quello di perdere di vista la realtà con tutto il suo carico di vite distrutte, per lasciarsi troppo facilmente imbrigliare in un meccanismo speculativo ormai semi-automatico: un vero e proprio riflesso condizionato ad alzare le mani e disporsi sulla difensiva ogni volta che la fervida cultura della morte avanza di un passo. In attesa di battere in ritirata. Un fenomeno, questo, tanto sociologicamente interessante, quanto culturalmente devastante.
Ci si chiede come sia possibile che, il giorno dopo l'abbattimento dell'ennesimo paletto ad opera del giudice costituzionale (alacre legislatore di sostegno), tutti si affannino forsennatamente a fabbricare nuovi paletti e a pensare dove piantarli.
La sindrome del paletto, evidentemente molto contagiosa, colpisce con sempre maggiore anticipo. Nemmeno il tempo di accusare il colpo dell'avversario, che il bravo cattolico si lancia in ardite fughe in avanti, convinto di realizzare un astuto programma di prevenzione al peggio.
È così che, di fronte al supermarket legalizzato di creature innocenti, di fronte a bambini prodotti, selezionati, congelati, scambiati, scartati, ci si mette a discutere senza colpo ferire di etichette sulle provette di sperma (divieto di anonimato), di tetto massimo di cessioni di gameti per ogni donatore (5? 10? Una via di mezzo?), di retribuibilità o meno del materiale genetico (obbligo di gratuità) e di altre - si fa per dire - "amenità".

4. COME AGIRE PER COMBATTERE IL MALE?
Ecco. Al di là anche del doveroso approfondimento delle ragioni morali per le quali non si può mai collaborare al male, nemmeno quando si intende perseguire il bene (e Scandroglio dipana la questione e la spiega con chiarezza), la dissonanza tra la strategia del pompiere - che si prodiga a sopire qualche tizzone - e la enormità della posta in gioco emerge, anzitutto, in via intuitiva.

L'immettersi, con subitaneo spirito di adattamento, nella logica perversa di un apparato normativo intrinsecamente iniquo non può non generare un danno culturale enorme. Perché dimostra senza tema di smentita che si è disposti ad entrare nell'ingranaggio della produzione di esseri umani in laboratorio e, quindi, della loro reificazione e mercificazione. Si favorisce così l'assuefazione delle coscienze, già abbondantemente suggestionate, a una mostruosità conclamata. 
Vero è che, per salvare la faccia, e sempre in omaggio al 73, si continua a emettere, sulla carta, qualche rantolo contro la fecondazione tout court, anche omologa: ma, a fronte dell'attivismo interventista messo in campo in contemporanea, esso non può che ridursi a mero flatus vocis.
Non va trascurato poi che, con l'eterologa, si è oramai giunti ad una fase assai avanzata del viaggio prometeico dell'uomo onnipotente. E quindi: contrattando limiti convenzionali a quest'ultima specie di produzione umana, si accetta, per tacita acquiescenza, il genere cui essa appartiene: si consacra definitivamente la fabbricazione di esseri umani in laboratorio. La discussione si sposta sui soli epigoni di una pratica che è in toto antiumana.

5. LA NECESSITA' DI DENUNCIARE LA LEGGE CHE PERMETTE LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE
Il fatto è proprio questo. 
La progressiva liberalizzazione della fecondazione artificiale è la logica, naturale, prevista e prevedibile conseguenza della sua legalizzazione. Il vizio sta alla radice, è insito nella legge 40. È solo combattendo quello, col tenere vigili le coscienze anche approfittando dello scenario sconvolgente che ci si para ora davanti, che si può avere qualche speranza nel tempo di risalire la corrente.

Ora, è comprensibile che chi questa legge ha prima concepito e poi partorito stenti a riconoscerne la mostruosità. Già più difficile capire come possa definirla a tutt'oggi un capolavoro. Ma tant'è.
Resta invece inspiegabile come chi non ne abbia la paternità non veda come anche l'ultima pronuncia della Corte Costituzionale (un saggio di analfabetismo giuridico di ritorno, tutto volto a recepire il conformismo popolare) non costituisca affatto un cambio di rotta, ma sia conforme e consequenziale alla ratio della normativa già in vigore e al suo spirito progressivo.
Certo, con l'eterologa si apre la strada alla perdita totale della identità, delle radici, della memoria di queste schiere di nati dal nulla. Ci si trova di fronte, d'improvviso, ad aberrazioni inedite quanto eclatanti: a proliferazioni di figure lato sensu genitoriali, a scambi intergenerazionali, a combinazioni incestuose.

Dinanzi a questo passaggio ulteriore nel senso dell'orrore legalizzato cosa è giusto che facciano i pro life?
Che si industrino a fabbricare ridicoli paletti, servendo così alla gente un efficace digestivo per inghiottire i rospi più grossi, o che - al contrario - gridino alla follia, ne spieghino la genesi, se ne chiamino fuori e inducano a fare altrettanto?
La nuova modalità di produrre la vita, e manipolarla, negli alambicchi di chi si atteggia a medico ma pratica di fatto l'antico mestiere dello stregone, e poi di comprarla e venderla al supermercato, merita solo ed esclusivamente di essere denunciata e combattuta con tutte le forze a disposizione.
Anche e soprattutto se coperta dal crisma della legalità.
Questo il compito del difensore della vita.

Sulla figura del pro life mimetico, colpito dal tarlo vorace del positivismo, grava la responsabilità di confondere le acque e contribuire ad abbassare le difese naturali di una società già deprivata dei retti criteri di giudizio. Magari con l'aggravante di presentarsi sotto l'egida, sempre rassicurante, del cattolicesimo: un cattolicesimo divenuto nel frattempo - per analogo fenomeno mimetico – sempre meno cattolico e sempre più terribilmente mondano.


Elisabetta Frezza

venerdì 18 luglio 2014

Colpa degli obiettori di coscienza? /3

Come avevamo previsto, l'arresto di due medici non obiettori che praticavano l'aborto nell'ospedale di Cerignola e si facevano pagare per ogni intervento 100 euro con la minaccia, implicita o esplicita, di lasciare decorrere il termine di 90 giorni dall'inizio della gravidanza, viene strumentalizzato come caso che dimostrerebbe che gli obiettori di coscienza sono troppi, impediscono un regolare servizio e che - in sostanza - il loro numero provoca quegli episodi.
Insomma: la colpa, anche questa volta - soprattutto questa volta! - è degli obiettori di coscienza.

Il Parlamentare Europeo Elena Gentile - che lavorava nello stesso ospedale e che, da Assessore Regionale alla Sanità della Puglia, aveva minacciato di "stanare" i falsi obiettori - ne sembra convinta: prendendo spunto dai due arresti, afferma: 
"La Legge 194 ha consentito alle donne di conquistare il diritto alla autodeterminazione rispetto a una scelta sempre e comunque difficile e dolorosa anche quando ineluttabile. Oggi però questa grande legge deve fare necessariamente i conti con le molteplici difficoltà di applicazione, con il malcostume delle baronie che mortificano quei professionisti eroici che subiscono, a causa della loro scelta, il calvario della marginalizzazione. Con la conseguenza di un aumento del numero dei medici obiettori che si registra non solo in Puglia, ma anche in tutte le regioni italiane, compresa la civilissima Emilia Romagna".
Pensate: di fronte a due medici arrestati perché facevano la "cresta" minacciando le donne che volevano abortire, l'on. Gentile presenta un solo modello di medico che uccide i bambini: il "professionista eroico" (!). I due medici arrestati avevano subito "il calvario della marginalizzazione" perché facevano aborti? Hanno raccolto il denaro mentre procedevano nel loro calvario?
E l'on. Gentile non si rende conto che, se anche nella "civilissima" Emilia Romagna tanti medici hanno sollevato obiezione di coscienza, forse questo deriva proprio dall'essere l'Emilia Romagna "civilissima"?

Vista l'aria che tira, l'avvocato di uno dei due medici si adegua: alla stampa, infatti, l'avv. Farina dichiara che 
"I casi contestati al mio assistito (Belpiede, NdR) sono soltanto 6 con dazioni di 50 euro. In totale, parliamo di 300 euro. Complessivamente, l’indagine ha riguardato 20 casi, di cui 14 imputati al dottor Bettarino. I due facevano tre interruzioni volontarie di gravidanza ad ogni seduta, due a settimana: praticamente si tratta di sei casi. (...) In ogni caso si dovrebbe aprire un dibattito serio sulla opportunità della scelta degli obiettori di coscienza, forse spinti più dalla volontà di non addossarsi possibili rogne che dalla presa di posizione etica”.
Siamo al grottesco: si tratterebbe solo di 20 interventi (tempo massimo per ciascun aborto: 20 minuti; tempo totale: 6 - 7 ore): quindi nessun professionista costretto a dedicare tutto il suo tempo a questa attività ... insomma: nessun "professionista eroico", solo due medici che arrotondavano (sempre che le accuse siano confermate) ...

E la famosa minaccia di lasciare decorrere il termine di 90 giorni dall'inizio della gravidanza? Non dimostra forse che l'alto numero degli obiettori impedisce di eseguire rapidamente l'intervento abortivo?
Peccato che la Relazione Ministeriale sull'attuazione della legge 194, nel riferire sui tempi di attesa dal certificato all'esecuzione dell'intervento (tab. 21), indica la Puglia come una Regione efficientissima: il 70,9% (sette aborti su dieci) del totale degli interventi è effettuato entro 14 giorni dal rilascio del certificato: un dato nettamente migliore della media nazionale, che è pari 59,6% del totale; l'88,7% del totale degli interventi (quasi nove su dieci) viene effettuato entro tre settimane dal rilascio del certificato: anche questo è un dato superiore alla media nazionale, pari all' 84,3% del totale.

Colpa anche questa degli obiettori di coscienza della Regione Puglia?
Giacomo Rocchi

giovedì 17 luglio 2014

Riflesso condizionato? Mons. Crepaldi, Domenico Delle Foglie e la battaglia contro la fecondazione artificiale

Lo hanno fatto di nuovo!

Il Servizio di Informazione Religiosa diretto da Domenico Delle Foglie, così riassume l'intervento di mons. Crepaldi sulle azioni da intraprendere dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha fatto cadere il divieto di fecondazione eterologa:
"È “sul piano culturale” che “va combattuto questo processo di eliminazione della natura e della natura umana”. Da qui la richiesta di “una grande mobilitazione”, poiché “l’opposizione culturale alla fecondazione sia omologa sia eterologa, la proposta di una visione bella e libera della sessualità, della vita coniugale, della famiglia naturale, di un modo umano di amarsi, di accogliere la vita e provvedere ad essa, di educare i figli per introdurli nel mondo consapevoli della loro dignità, devono diventare di massa”. E “alla lotta culturale - prosegue - deve aggiungersi un forte impegno collettivo, da parte di singoli e gruppi associati”, da condursi “nella scuola, nelle strutture sanitarie, nelle amministrazioni locali”, nonché un impegno politico e legislativo. “Governo e parlamento - chiede mons. Crepaldi - devono prendere in mano l’intera questione”, impegnandosi “contro la fecondazione eterologa anche nella forma di approvazione di leggi che ne riducano sul piano pratico gli effetti negativi”.
Vedete? L'opposizione alla fecondazione omologa deve essere "culturale", mentre sul piano legislativo Governo e Parlamento devono "impegnarsi" contro la fecondazione eterologa, anche nella formazione di leggi che ne riducano sul piano pratico gli effetti negativi".
Quindi: il vescovo di Trieste avrebbe dato un'indicazione chiara ai politici "amici": concentrarsi solo sull'azione per ridurre i danni derivanti dalla sentenza della Corte Costituzionale; lasciar perdere le azioni contro la legge 40 - che, di per sé, non produce "effetti negativi" - perché, per contrastare la fecondazione artificiale omologa l'unica battaglia è quella di "opposizione culturale".
(Insomma: mons. Crepaldi avrebbe benedetto le iniziative dell'on. Roccella.)

Su Tempi e La Nuova Bussola Quotidiana (e poi sul sito dell'Osservatorio Van Thuan) abbiamo potuto leggere il testo integrale dell'intervento di Mons. Crepaldi. Riporto il passo finale:
Governo e Parlamento devono prendere in mano l’intera questione della fecondazione eterologa dopo la sentenza della Corte costituzionale, come si evince, tra l’altro, da alcuni passaggi della stessa motivazione della Corte e da alcuni obblighi che derivano dall’Unione europea. Se l’obiettivo finale di tale impegno deve essere il divieto legislativo di ogni tipo di fecondazione artificiale, sia omologa che eterologa, a fronte della situazione venutasi a creare è opportuno far tesoro di quanto insegnato dall’enciclica Evangelium vitae di San Giovanni Paolo II, che giustifica le iniziative intraprese per ridurre gli effetti negativi sul piano pratico. Come afferma il paragrafo 73 dell’enciclica, infatti, quando sia pubblicamente nota l’opposizione del parlamentare ad una legge, sia nel suo spirito che nella sua lettera, e garantito l’impegno personale a lottare contro i suoi presupposti culturali e i sui contenuti materiali, egli può dare il suo assenso ad una legge che, pur non essendo soddisfacente in quanto ancora impregnata di elementi eticamente non giustificabili, riduca gli effetti negativi di una legge precedente. Questo è il contesto dottrinale e pratico che motiva in questo momento un impegno in Parlamento contro la fecondazione eterologa anche nella forma di approvazione di leggi che ne riducano sul piano pratico gli effetti negativi. Nonostante le diversità culturali delle forze politiche e nonostante molte di esse abbiano espresso una posizione consenziente rispetto ad alcuni aspetti della deriva in atto, è possibile ed auspicabile, con la buona volontà di tutti e con l’uso del buon senso, intervenire con una legislazione correttiva e di contenimento, in attesa che l’impegno generale per una rinnovata responsabilità politica renda possibile in futuro una legge giusta in materia e senza minimamente diminuire – anzi! – l’impegno nel Paese perché questo avvenga.
Ognuno confronti il testo e la sintesi fattane da S.I.R. e tragga le conclusioni.
Io mi limito a notare che la sintesi non riporta né il passaggio secondo cui "l’obiettivo finale di tale impegno deve essere il divieto legislativo di ogni tipo di fecondazione artificiale, sia omologa che eterologa", sia quello che definisce la legislazione "correttiva e di contenimento" come provvisoria ("in attesa che ..."), sia, infine il riferimento ad una "legge giusta", che evidentemente è quella che impedisce ogni fecondazione, eterologa od omologa che sia.
Il S.I.R. censura il Vescovo di Trieste e riporta solo i passi che dimostrano la bontà della battaglia politica qui ed ora ...

Nessuno stupore! Vi ricordate? Già nel dicembre 2008 la sintesi della Dignitas Personae presente nel sito internet del Movimento per la Vita si "dimenticava" di vari passaggi tra cui i seguenti: "Alla luce di tale criterio sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell'atto coniugale" oppure "L'esperienza successiva ha dimostrato invece che tutte le tecniche di fecondazione in vitro si svolgono di fatto come se l'embrione umano fosse un semplice ammasso di cellule che vengono usate, selezionate e scartate". 

E, del resto, la espressione "legge giusta" forse è un po' troppo "dura" per chi, quale portavoce di Scienza e Vita, esaltava la legge 40, il suo "sano trasversalismo che aveva portato alla riduzione del danno", il clima "propositivo e costruttivo che aveva portato alla sua approvazione" ...

Qualche considerazione da parte di chi, come chi scrive, non è mai voluto entrare in questioni strettamente ecclesiali: 
1. Mons. Crepaldi - la cui autorevolezza è indiscussa e che qui ribadiamo! - stia attento ad interpreti interessati. 
2. La posizione di chi - come il Comitato Verità e Vita - da sempre sostiene che l'unica legge "giusta" sulla fecondazione artificiale è quella che vieta ogni tipo di fecondazione in vitro, sia omologa che eterologa, trova un'ulteriore conferma. Questa è la vera battaglia! Una battaglia culturale e legislativa per vietare queste tecniche antiumane che trasformano il figlio in un diritto e portano inevitabilmente con sé il ricorso all'eterologa, la morte di innumerevoli embrioni, la selezione eugenetica, gli esperimenti sull'uomo!
3. Se qualche politico è interessato a ridurre gli effetti negativi della legge 40 e della sentenza della Corte Costituzionale: buon lavoro! Se, però, vorrà richiamarsi alle parole di Mons. Crepaldi e all'Evangelium Vitae n. 73, ci aspettiamo di sentirlo proclamare pubblicamente e ad alta voce "la sua opposizione alla legge 40, sia nel suo spirito che nella sua lettera, l'affermazione che essa  è impregnata di elementi eticamente non giustificabili e il suo impegno per l'approvazione di una legge giusta in materia che vieti ogni tipo di fecondazione in vitro".

Giacomo Rocchi

lunedì 14 luglio 2014

Colpa degli obiettori di coscienza? /2

Nel post precedente abbiamo iniziato a commentare la vicenda dell'arresto di due medici a Cerignola per concussione: dalle indagini (e quindi fatta salva ogni emergenza contraria) pare che i due professionisti pretendessero 100 euro ad aborto, minacciando di lasciar trascorrere il termine di novanta giorni dall'inizio della gravidanza, con tutti i problemi conseguenti.

La vicenda tocca due aspetti della legge di aborto (la legge 194 del 1978): la gratuità dell'intervento e la fissazione di un termine intermedio (90 giorni), decorso il quale la disciplina cambia. 

Affrontiamo il primo.
Perché l'aborto deve essere gratuito e a carico della collettività? Lo stabilisce l'art. 10 della legge 194.

La norma presuppone che l'intervento sia davvero eseguito in presenza di un "serio pericolo per la salute della donna", quando è assolutamente pacifico - e si ricava, del resto, dal testo dell'art. 5 della legge - che l'aborto nei primi novanta giorni è un diritto assoluto, pieno, della donna, alla quale la legge permette di abortire in ogni caso.

Se si tratta, allora, di esercizio dell'autodeterminazione, perché non distinguere tra i vari casi, ad esempio prevedendo la gratuità per le donne rimaste incinte dopo una violenza sessuale e, quindi, non "responsabili" della gravidanza in corso?
Lo Stato fornisce un servizio specialistico a semplice richiesta? Perché l'utente non dovrebbe pagare?

Forse è stato questo il ragionamento che ha mosso i due medici: 100 euro sono troppi per un "servizio" rapido, sicuro e senza complicazioni?

Il fatto è che l'aspetto economico è sempre stato presente per i medici che praticano gli aborti: come dimenticare che la LAIGA - la Libera Associazione Italiana Ginecologi per l'applicazione della legge 194 del 1978 - che, insieme alla Consulta di Bioetica, promuove la campagna "Il buon medico non obietta", tra i suoi obbiettivi statutari indica il seguente: 
"ottenere un aumento dei giorni di ferie e della retribuzione a favore degli operatori legge 194 poiché sopportano un carico psicologico maggiore rispetto agli obiettori".
Forse i due medici di Cerignola hanno semplicemente precorso i tempi ...

Giacomo Rocchi

sabato 12 luglio 2014

Colpa degli obiettori di coscienza?


"Io faccio 500 interruzioni all'anno, da 25 anni. 500 all'anno, hai capito?" 
Questa frase, secondo le notizie provenienti dai quotidiani, è stata pronunciata da un medico dell'ospedale di Cerignola parlando al telefono, senza sapere di essere intercettato dagli inquirenti, che l'hanno arrestato perché, per ogni aborto eseguito, pretendeva la somma di 100 euro con la minaccia di lasciare superare il termine di 90 giorni dall'inizio della gravidanza.
Secondo Repubblica (la notizia è ripresa da molti altri organi di informazione), "le indagini hanno accertato che sussisteva un vero e proprio sistema che subordinava la celere interruzione di gravidanza al pagamento di somme di denaro". Il medico dava ai colleghi la disponibilità ad intervenire celermente, anche il giorno successivo alla telefonata, sempre che pagassero la somma richiesta: "se tu vuoi io la posso fare pure domani mattina".

Il dato numerico spinge inevitabilmente ad un calcolo, una banale moltiplicazione. Il fatto è che la parola "interruzione" impedisce di identificare l'oggetto di questa operazione.
Dobbiamo chiederci: è più importante calcolare quanto denaro il medico ha guadagnato illecitamente (sempre che le indagini dimostrino ciò che i giornali danno per provato, questo è ovvio), oppure quanti aborti ha fatto, cioè quanti bambini ha ucciso

500 x 25 ...

Una domanda a me pare inevitabile: come stupirsi che un medico - dimentico del giuramento di Ippocrate e sordo alla propria coscienza - che da 25 anni uccide (eh, sì: l'aborto uccide) due bambini (eh, sì, l'aborto uccide bambini ...) che stanno crescendo felici (qualcuno può negare che il bambino che cresce nel corpo di sua madre sia felice?) ogni giorno lavorativo faccia la "cresta" su questo "servizio" fornito alla collettività?

Sì, perché i commenti sbigottiti dei dirigenti della ASL e dei politici locali parlano di "questione etica". 
Il parlamentare del PD Colomba Mongiello ha commentato pubblicamente: "Mi sento offesa e oltraggiata dal cinismo di due medici che hanno lucrato ignobilmente sulla sofferenza psicologica e fisica di così tante donne, alle quali va tutta la mia solidarietà personale ed istituzionale", aggiungendo: "Mi aspetto che l’ASL e la Regione attivino un’indagine interna per far emergere eventuali collusioni morali e responsabilità deontologiche".

Vi sono, poi, riflessi politici locali davvero significativi. Vi ricordate di Elena Gentile, che minacciava di stanare i falsi obiettori e di scatenare contro di loro la Guardia di Finanza? L'Assessore alla Sanità della Regione Puglia è ora parlamentare europeo, ma, come osserva un assai informato giornale locale, lo scandalo riguarda proprio quello che "è stato per lungo tempo il centro di una fetta importante del potere nella sanità pugliese, fino a qualche settimana fa rappresentato da Elena Gentile, una che si è fatta le ossa proprio nella Pediatria del “Tatarella”".
Insomma: quell'Assessore alla Sanità minacciava i medici obiettori, senza avvedersi che certi traffici avvenivano proprio nell'ospedale in cui lavorava...

Torniamo alle cose importanti. 
Quanto è successo è colpa degli obiettori di coscienza? 
La già menzionata on. Mongiello lo fa intendere: "mi auguro che, anche a partire da questa scandalosa vicenda, si apra una discussione politica e istituzionale seria sull’obiezione di coscienza all’aborto che in alcuni ospedali pugliesi ha perfino messo in discussione l’applicazione di una legge dello Stato".

Ecco: apriamo questa discussione! 
A mettere in discussione una legge dello Stato" sono stati forse i medici obiettori che l'hanno applicata, oppure medici non obiettori che, caduta ogni remora morale, hanno approfittato per guadagnare un po' di denaro in più?

Quali sono le responsabilità morali?
E quali le responsabilità deontologiche?

Giacomo Rocchi