venerdì 6 luglio 2012

La Corte Costituzionale e il pendio scivoloso

Abbiamo affermato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 27 del 1975 sull'aborto, etichettando il nascituro con il marchio di "non ancora persona, persona che deve ancora diventare", fu il primo giudice in Italia a negare l'uguaglianza tra tutti gli uomini e la dignità di ogni essere umano: in questo seguendo la Corte Suprema americana che, due anni prima, aveva affermato che, in mancanza di vitalità del feto - cioè di capacità autonoma di sopravvivenza al di fuori del corpo materno - esso non era ancora persona e, quindi, la donna aveva il diritto di ucciderlo in nome della suaprivacy.

Quali conseguenze sono derivate da questa pronuncia? Poiché essa proveniva proprio dal Giudice supremo, posto dalla Costituzione a tutela dei diritti inviolabili, ad essere stato spazzato via è proprio il presupposto su cui un Paese civile pretende di fondarsi. Nel passato vi erano stati altri "uomini non persone": gli schiavi, in alcuni luoghi le donne o i bambini, nell'epoca buia del nazismo ebrei e altre "categorie" di uomini ... pensavamo di esserne usciti, credevamo che l'umanità avesse fatto un passo in avanti dopo avere sofferto le atrocità della seconda guerra mondiale.
Quella sentenza - quelle poche parole - dimostrava il contrario; dimostrava, fra l'altro, che la distinzione degli uomini tra persone e non-persone è strettamente legata alla morte procurata di questi ultimi: sono non-persone, quindi possono essere uccisi ...

Ma se questo ha detto e fatto la Corte Costituzionale, le applicazioni non potevano che estendersi ad altri casi. Si pensi alla legge 194: si sa che rende l'aborto nei primi 90 giorni assolutamente libero e condiziona l'aborto nel periodo successivo al rilascio (che nei fatto avviene sempre) di un certificato medico. Perché questa distinzione? Forse che nel bambino che cresce nel grembo della madre avviene qualcosa allo scoccare di novanta giorni? E perché 90 e non 120? Il criterio è assolutamente arbitrario, così come la decisione della Corte Costituzionale non si giustificava in nessun modo.

E così, in questi 35 anni, abbiamo assistito all’ipocrita, continuo, richiamo da parte di leggi e Giudici ai diritti fondamentali dell’uomo, richiamo effettuato proprio per ottenere l’effetto opposto: negarli.

Quindi: se la legge 194 proclama di “tutelare la vita umana dal suo inizio”, ma ne permette la soppressione, la legge 40 sulla fecondazione artificiale addirittura riconosce il concepito come “soggetto di diritti”, ma insieme ne permette la produzione in serie, la “cosificazione”, la morte prevista e pianificata, il congelamento.
E ancora una volta nessun limite o paletto è effettivo: che senso ha produrre al massimo tre embrioni – e con questo limite già muoiono, certificati dalla Relazione Ministeriale, almeno 70.000 embrioni l’anno – se il benessere psicofisico della donna può essere meglio soddisfatto? E perché limitare i casi di congelamento: se si introduce il principio che, di per sé, l’embrione si può congelare (principio esplicitamente affermato dalla legge 40: sempre con il solito metodo dell’eccezione: è vietato il congelamento, salvo che…), vuol dire che congelare gli embrioni non è un male. Come stupirsi che la stessa Corte Costituzionale abbia permesso nuovamente la sovrapproduzione degli embrioni e il congelamento degli embrioni in eccesso?

E così ancora non suona sinistro il richiamo all’articolo 2 della Costituzione presente nella proposta di legge sul testamento biologico approvato dalla Camera? “La presente legge, tenendo conto dei principi di cui agli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione … riconosce e tutela la vita umana, quale diritto inviolabile ed indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell’esistenza e nell’ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere …”.
Non sembra quasi una excusatio non petita? Ecco due categorie di uomini da sistemare: i pazienti terminali e i soggetti non più in grado di intendere e di volere …
Puntuali, emergono limiti alle cure che possono essere prestate, poteri attribuiti ai tutori o ai genitori di minori di rifiutare per loro conto le cure, anche salvavita, introduzione del testamento biologico senza nessuna garanzia di una effettiva libertà di scelta da parte del soggetto, norme di salvaguardia per i medici che vogliono avere le mani pulite e di minaccia nei confronti di quelli che vogliono rispettare il Giuramento di Ippocrate …

E, per scendere alle pronunce giudiziarie, come sorprendersi dell'ipocrisia della sentenza della Cassazione del 2007 che permise la successiva uccisione di Eluana Englaro, che si giustificava sulla base di un’istanza personalistica? L’attribuzione al tutore del potere di morte sull’interdetta costituiva, secondo quella pronuncia, “estremo gesto di rispetto del malato in stato vegetativo permanente”!
E i giudici, per mettersi in pace la coscienza, chiudevano quella sentenza ribadendo il principio generale della “incondizionata prevalenza del diritto alla vita, indipendentemente dal grado di salute, di autonomia, di capacità di intendere e di volere del soggetto interessato e dalla percezione che altri possano avere della qualità della vita”, ben sapendo che Beppino Englaro avrebbe ucciso la figlia proprio per la percezione che aveva della qualità della vita di Eluana ("mia figlia è morta il giorno dell'incidente")!

Ecco che - seguendo l'oscuro esempio della Corte Costituzionale - i principi affermati diventano pura forma e vengono invocati per ottenere l'esatto contrario di quanto affermano. La legge e il giudizio diventano, così, arma nelle mani dei soggetti forti che vogliono schiacciare quelli più deboli: gli embrioni, i soggetti incoscienti, non li difende nessuno, non hanno voce in capitolo, non ci sono; la loro uccisione è diventata una questione privata.

Siamo giunti al fondo? Non credo davvero. 
Si pensi ai tentativi, anche a livello ministeriale, di introdurre regole che permettano - o impongano - di non curare i neonati disabili; o agli attacchi sempre più forti e aspri contro l'obiezione di coscienza dei professionisti sanitari che non vogliono uccidere ("Facciano un altro mestiere!").  
La Corte Costituzionale riuscirà a comprendere la responsabilità che grava su di essa e il compito che le viene chiesto?

Giacomo Rocchi

2 commenti:

  1. Non illudiamoci! La Corte Costituzionale, come gli altri organi istituzionali, specie quelli più importanti e potenti, non è libera, non è laica, ma è in mano al fondamentalismo dominante, una delle cui componenti che hanno più peso è quella femminista. Anche se si cambiasse la Costituzione e si inserisse la proclamazione esplicita che ogni essere umano è una persona titolare dei diritti inviolabili [ma sarebbe fantascienza allo stato puro!], ci penserebbero loro, i Giudici Costituzionali, a trovare l’escamotage per aggirare questa regola, tanto più che le loro sentenze non sono soggette ad impugnazione. Come c’insegna la storia, le più bieche dittature hanno sempre indossato la maschera della democrazia. E questo processo si è andato sempre affinando, con il risultato che le dittature sono diventate sempre più feroci, ma sono riuscite ad apparire sempre più democratiche. Come, ad esempio, sta accadendo ora qui da noi.
    Domenico Ferro

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  2. Io non mi illudo ...
    Nonostante tutto, però, le cose vanno in un modo o nell'altro per le scelte che le singole persone fanno e, quindi, non è inutile - almeno penso - richiamare la responsabilità della Corte.
    Non solo: è importante - visto che viviamo in una società "democratica e occidentale" mettere in evidenza come essa si stia trasformando, appunto in dittature mascherate.
    In sostanza: dobbiamo agire e parlare sia dentro che fuori la società, con le sue regole, le sue leggi, i suoi giudici.

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