sabato 7 agosto 2010

Un'Agenda bioetica o le solite bufale?


Come fa un Governo a scrivere la propria “agenda bioetica” utilizzando dati falsi?

E’stata presentata l’agenda bioetica del Governo, un documento nel quale si rivendica una linea costante dell’esecutivo e si indicano delle linee di azione per il futuro.
Sembrerebbe una buona notizia (anche se i politici sono soliti proclamare pubblicamente le proprie ottime intenzioni per il futuro e i cittadini hanno imparato che i proclami sono una cosa, ma le effettive realizzazioni sono un’altra …).
Ma la lettura del documento fa scoprire come questa “linea di azione” si fondi su affermazioni false e così, giunga a propositi non condivisibili.

Sentiamo cosa dice il governo:
La legge 194 che consente, a certe condizioni, l’interruzione della
gravidanza, non considera l’aborto come diritto ma come estrema e dolorosa
ratio, da evitare, ove possibile, con interventi di prevenzione a favore della
vita
”.
L’affermazione è gravemente falsa: la legge 194, nei primi novanta giorni dal concepimento, riconosce l’aborto come un diritto individuale assoluto della donna, che può interrompere la gravidanza sulla base della sola volontà e per qualunque motivo; nei mesi successivi la legge permette, per di più, l’aborto eugenetico, menzionando le possibili malattie o malformazioni del bambino come causa di ricorso ad esso.
Gli “interventi di prevenzione a favore della vita” sono facoltativi (non è nemmeno obbligatorio il passaggio in un consultorio) e resi vani dal previo riconoscimento alla donna di abortire se lo vuole.

In questo senso, vogliamo scongiurare l’eventualità che l’introduzione di nuove tecniche (ad esempio il metodo farmacologico) porti a una concezione dell’aborto non come problema sociale ma come diritto privato, approdando
all’aborto a domicilio
”.
L’aborto è già un “diritto privato”, tanto che i Giudici civili risarciscono le donne che sono state impedite ad esercitare questo diritto. Quella che viene chiamata “privatizzazione dell’aborto” è già stata attuata con la contraccezione abortiva, con la cd. “pillola del giorno dopo” e lo sarà ancor di più con la cd. “pillola dei cinque giorni dopo”: tutte pratiche capaci di uccidere l’embrione già formato e che la legge 194, insieme con il Governo, si guardano bene dal vietare, fingendo che, se non vi è “gravidanza” non vi possa essere “interruzione di gravidanza”, anche se un embrione viene ucciso impedendogli di essere accolto nel corpo della madre.

Proponiamo un Piano federale per la vita, da costruire nella collaborazione tra il Ministero e le Regioni, che finalmente dia piena applicazione alla parte finora meno considerata della legge 194, quella della tutela della maternità e della prevenzione.”


Non esiste una “parte buona” della legge 194 e il fatto che quegli ipocriti
articoli che parlano di prevenzione non abbiano trovato attuazione è inevitabile conseguenza della natura della legge: davvero pensiamo che la “tutela della maternità” possa venire da una legge che legittima l’uccisione dei bambini non ancora nati?


Siamo un paese “modello” per la battaglia contro l’aborto: abbiamo tassi di
abortività tra più bassi in Europa, in costante diminuzione dagli anni
ottanta
”.
Il sottosegretario Roccella si è dimenticata dei cinque milioni di bambini uccisi in questi trent’anni? E di tutti quelli soppressi con la contraccezione abortiva e le “pillole che uccidono”? Si è forse dimenticata delle donne straniere che, negli ultimi anni, sono venute nel nostro paese e che, in forza della assoluta libertà di abortire, hanno ripetuto l’uccisione del bambino tre, quattro, cinque volte? Si è dimenticata degli aborti clandestini, la cui sparizione era un obbiettivo sbandierato all’epoca di approvazione della legge, che sono sempre decine di migliaia ogni anno?

Vogliamo difendere la legge italiana sulla Pma, approvata dal Parlamento, confermata da un referendum, e sostanzialmente riconfermata dall’intervento della Corte costituzionale che ne ha lasciato invariato l’impianto. La nostra legge non consente pratiche di selezione eugenetiche, e lega l’accesso alla Pma all’infertilità.”
Che una legge sia approvata dal Parlamento pare scontato; che sia confermata da un referendum non la rende di per sé una legge giusta (fu confermata da un referendum anche la legge sull’aborto). Il sottosegretario finge che la legge permetta l’accesso alle sole coppie infertili e, soprattutto, finge che essa non permetta pratiche di selezione eugenetica: la selezione eugenetica degli embrioni è insita nelle stesse tecniche di fecondazione in vitro, che lo considerano un prodotto, una cosa senza alcuna dignità; come la Corte Costituzionale ha sancito (e prima della Corte i giudici civili), la legge permette la produzione di un numero di embrioni indefinito, permette che alcuni siano congelati (ovviamente dopo essere stati selezionati) e non vengano trasferiti nel corpo della madre, permette la diagnosi genetica preimpianto, permette l’accesso alle tecniche a coppie che non sono sterili, non impedisce l’accesso ai singoli, mediante trucchi facilissimi e non puniti, rende di fatto possibile la fecondazione eterologa.
Soprattutto quella legge permette che ogni anno 70.000 – 80.000 embrioni (un numero che cresce ogni anno) vengano prodotti con la certezza della loro morte, così sommandosi questo enorme numero a quello dei bambini abortiti.

Il caso Englaro, pur nella tragica conclusione, meglio di ogni altro ha indicato le priorità del Governo riguardo al valore indiscusso della vita. Si
conferma il principio di precauzione e un no fermo a ogni forma di eutanasia.
L’impegno del Governo per arrivare a una legge nazionale che stabilisca il
principio del consenso informato e assicuri l’attuazione dell’articolo 32 della
Costituzione e la libertà di scegliere le terapie è stato, in questi mesi,
costante
.”

L’uccisione volontaria di Eluana Englaro non ha niente a che vedere con il principio del consenso informato e con la libertà di scegliere le terapie: è stata – il Sottosegretario Roccella sembra non accorgersene – l’eutanasia praticata su una disabile incosciente in ragione dell’inaccettabilità per gli altri del suo stato.
Il problema non è, quindi, quello di permettere a tutti di esprimere la propria volontà di essere ucciso in un futuro incerto, ma quello di impedire che disabili come Eluana Englaro, bambini prematuri, anziani dementi, pazienti gravi, vengano fatti morire negando loro le cure necessarie.
La legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, invece, permette proprio queste pratiche, sia pure nascondendole sotto la falsa rivendicazione secondo cui “nessuno può decidere per te!”.

Diffidiamo di “agende bioetiche”, soprattutto se basate sulla preventiva accettazione che leggi ingiuste siano buone e che progetti su cui si sta formando un consenso in Parlamento siano destinati a produrre leggi buone.
Il dovere della verità impone di guardare con realismo a quello che succede davvero: ai bambini e agli embrioni che vengono uccisi, alle donne lasciate sole nella desolazione dell’aborto, ai vecchi, disabili e deboli cui verrà presto prospettato un “dovere di morire”.


Giacomo Rocchi

9 commenti:

  1. Sarà!
    Ma io - allora - mi interrogo:
    Quando chiedo alla madre che manifesta l'intento di abortire di leggerci insieme l’articolo 4 della legge 22 maggio 1978 n. 194 ...
    ”Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un

    serio pericolo per la sua salute fisica o psichica,

    in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.”

    ... perchè capita di frequente che la donna non si riconosce nella situazione prevista dalla legge e decide di proseguire la sua gravidanza?

    Sentiamo cosa dice il governo:
    “La legge 194 che consente, a certe condizioni, l’interruzione della
    gravidanza, non considera l’aborto come diritto ma come estrema e dolorosa
    ratio, da evitare, ove possibile, con interventi di prevenzione a favore della
    vita”.

    L’affermazione - vista la mia esperienza - non è, per me, gravemente falsa (come lo è per Giacomo Rocchi)?

    La mia personale esperienza sul campo e la mia personale coscienza mi obbliga a non poter condividere il parere di Giacomo Rocchi in relazione - per ora - al solo argomento specifico fin quì dibattuto, pur condividendo con lui tanti aspetti del suo lucido pensiero.

    Con viva cordialità.
    Rino Privitera

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  2. Credo invece che Giacomo Rocchi abbia centrato con assoluta chiarezza il punto. Gravemente, o pesantemente falsa, in quanto l'aborto -nei primi 3 mesi di gravidanza- è totalmente e irrevocabilmente legittimato dalla legge 194. E' la realtà che lo conferma, non possiamo in nessun modo legittimo impedire che una donna abortisca, qualora lo voglia fare. Ossia la vita o la morte del bimbo è totalmente nelle mani della madre che può disporne anche la morte, senza doverne rispondere ad alcuno -se non alla propria coscienza e a Dio-. L'aborto è un 'servizio pubblico' obbligatorio, tanto che viene finanziato, e si garantisce continuità di 'servizio' anche in reparti composti totalmente da obiettori. Il genocidio dei piccoli è totalmente garantito, finanziato, sostenuto, purtroppo anche a seguito di agende di governo che non riconoscono l'intangibilità assoluta di ogni bimbo in grembo materno.
    Giovanni Ceroni

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  3. Per quanto riguarda cosa prevede la legge 194 oltre il terzo mese mi limito a riportarne il testo:

    Articolo 6

    L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:

    a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna [alla luce dell'art. 7 qui si tratta del tentativo di salvare il feto evitando di farlo morire inutimente dentro l'utero di una madre altrimenti prossimo cadavere (annotazione personale); eticamente è un aborto indiretto e - come tale - non è un omicidio];

    b) quando siano accertati [ACCERTATI (annotazione personale)] processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti [RILEVANTI (annotazione personale)] anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna [trattasi qui di aborto terapeutico - per la malattia fisica o psichica della donna - non eugenetico (annotazione personale); eticamente è un omicidio, ma la motivazione consentita è teapeutica e non eugenetica].

    Articolo 7

    I processi patologici che configurino i casi previsti dall'articolo precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica l'esistenza.

    Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente.

    Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale.

    Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.

    Capita di frequente che le certificazioni mediche previste siano rilasciate non coerentemente con il codice deontologico? E' compito delle autorità preposte stabilirlo! E nostro - questo si - denunciarlo.
    Sentiamo cosa dice il governo:
    “La legge 194 che consente, a certe condizioni, l’interruzione della
    gravidanza, non considera l’aborto come diritto ma come estrema e dolorosa
    ratio, da evitare, ove possibile, con interventi di prevenzione a favore della
    vita”.

    L’affermazione - vista la mia esperienza - NON è, per me, gravemente falsa (come la percepisce invece Giacomo Rocchi).

    Se insistiamo con pervicace ostinazione a dare ogni responsabilità alla legge 194 temo che otterremo (come - l'esperienza insegna - abbiamo ottenuto in questi 32 anni) la deresponsabilizzazione degli operatori preposti alla corretta applicazione degli articoli 4, 5, 6 e 7 della 194/78 e delle autorità preposte a vigilare sulla correta applicazione della legge.

    Così facendo abbiamo salvato e salveremo vite umane?

    Con viva cordialità.
    Rino Privitera

    Dott. Cirino Privitera
    GINECOLOGO Asp Catania
    & Asp Caltanissetta

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  4. Credo che la legge sull'aborto sarebbe ingiusta anche se permettesse l'uccisione di un solo innocente, ma così non è. La legge 194, ha legittimato l'uccisione violenta di milioni di bambini innocenti.

    Certo la responsabilità non è solo della legge e di chi la sostiene...; medici, legislatori, famiglie, educatori sono corresponsabili, nella misura in cui non si sono battuti per ogni singolo bambino.

    Devo ammetterlo! Ci siamo dentro tutti, io sicuramente non faccio abbastanza.

    La prima menzogna da smascherare è oggi (a mio avviso) la giustificazione dell'aborto.

    Oggi il gesto più abominevole, ossia l'eliminazione volontaria, premeditata e violenta del bimbo nel grembo è perpetrata in forza di legge, nel silenzioso scorrere del sangue innocente nei luoghi dove si dovrebbe curare.

    Continuare a voler salvare la legge che giustifica, legittima, finanzia l'aborto è un'operazione priva di verità.

    Continuare a 'ricercare' le parti buone, le parti da difendere, ciò che si può salvare in una legge perversa, ha come effetto che molti sicuramente perirebbero per quel sottile inganno della coscienza che rafforza la 'libertà di scegliere la morte' ovvero il pensiero pro-choice (pensiero che giustifica il male in nome di una falsa libertà).

    Possano cadere i muri di inganni, possano aprirsi gli occhi e le orecchie al nostro futuro!
    Grazie al Signore, si costruirebbe la vera pace!

    Giovanni Ceroni

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  5. Gentilissimo dr. Privitera,
    rispondo al primo dei suoi commenti. Quello che Lei scrive purtroppo conferma quanto scrivevo io: basta comprendere la diversa ottica con cui ci poniamo. L'ottica del documento governativo e del mio scritto era di tipo giuridico. Io scrivevo: l'aborto nei primi 90 giorni, al contrario di quanto sostiene il Governo, è sempre permesso, e non solo in determinate occasioni; tutto dipende dalla decisione della donna. Lei osserva che, se riesce a far riflettere la donna che intende abortire, alcune di esse decidono di proseguire la gravidanza. Io le chiedo: quelle che, invece, decidono di abortire, lo fanno sempre in presenza di seri pericoli per la salute derivanti dalla prosecuzione della gravidanza, oppure lo fanno per motivi che non hanno niente a che fare con quelli relativi alla salute? E le donne che abortiscono senza parlare con Lei, potrebbe garantire che lo fanno per i motivi indicati dalla legge? Questo significa, appunto, che, anche nella sua esperienza, l'aborto nei primi 90 giorni è un diritto assoluto: le donne forse parleranno con persone come Lei e rifletterano su cosa stanno per fare: ma, in ogni caso, se deciderano di uccidere il bambino potranno farlo, per qualunque motivo, e nessuno potrà impedirglielo.
    Giacomo Rocchi

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  6. Gentilissimo dr. Privitera,
    ad aggiunta della mia prima risposta, non posso che chiedere a Lei: nonostante la sua buona volontà, è davvero sicuro che, di fatto, Lei non contribuisca a far funzionare il meccanismo disegnato dalla Legge 194 che ha permesso l'uccisione di oltre cinque milioni di bambini in trent'anni? L'opera di prevenzione che Lei compie, in realtà, funziona come una conferma dell'autodeterminazione della donna, del principio secondo cui una madre, nei primi novanta giorni, per qualunque motivo può uccidere il figlio che ha nel grembo.
    Molto meglio - Le esprimo il mio parere - l'obiezione di coscienza (magari accompagnata da un volontariato pro life): l'alto numero di medici che sollevano obiezione e il loro crescente numero, quello sì che è un fenomeno che fa pensare e che, in un modo o nell'alro, può fare breccia nella mentalità abortista ormai diffusa nella popolazione.
    Giacomo Rocchi

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  7. Per quanto concerne gli aborti dopo i novanta giorni, Le segnalo un dato presente ormai da anni nelle Relazioni Ministeriali: i Ministri dela Salute affermano a chiare lettere che TUTTI gli aborti compiuti dopo i 90 giorni conseguono ad un esito sfavorevole di una diagnosi prenatale: quindi in quel periodo, l'unico aborto praticato è quello eugenetico, compiuto in ragione di una malattia o di una malformazione (accertata o temuta) del bambino.
    Chiediamoci perché la legge, nell'art. 6 che Lei ha citato, ha trovato questa applicazione assolutamente univoca nel 100 per 100 dei casi. La risposta è che, se una legge viene applicata per molti anni in un certo modo, ciò consegue a quella che è l'effettiva "volontà del legislatore".
    E, infatti, il legislatore del 1978 voleva proprio quello: perché, altrimenti, menzionare espressamente, tra le cause di grave pericolo per la salute della madre, le malformazioni del concepito? E perché menzionare anche la "salute psichica" come potenzialmente messa in pericolo dalla conoscenza delle malattie del bambino? Le conseguenze sono ovvie: se "salute psichica" corrisponde (OMS docet) a "completo benessere psicofisico", la conoscenza di malformazioni o malattie del bambino da parte della madre comporterà sempre un pericolo per la sua salute psichica!
    Mi viene, quindi, da credere che i suoi colleghi che attestano l'esistenza di questo pericolo non violino affatto la legge, ma la applichino: perché quella è una legge che, in fondo, voleva permettere sempre l'aborto a richiesta (fino alla possibilità di vita autonoma del feto).
    Quindi sì: è proprio colpa della legge 194 e dei medici che, tradendo il Giuramento di Ippocrate, praticano aborti o emettono certificati che li rendono possibili!
    Giacomo Rocchi

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  8. Stimatissimo dr. Giacomo Rocchi,
    il Suo pensiero (che riporto) ...

    "Molto meglio - Le esprimo il mio parere - l'obiezione di coscienza (magari accompagnata da un volontariato pro life): l'alto numero di medici che sollevano obiezione e il loro crescente numero, quello sì che è un fenomeno che fa pensare e che, in un modo o nell'alro, può fare breccia nella mentalità abortista ormai diffusa nella popolazione." ...

    perchè non possiamo insieme vederlo potersi coniugare con un altro suo pensiero (che anche riporto) ...


    "Quello che Lei scrive purtroppo conferma quanto scrivevo io: basta comprendere la diversa ottica con cui ci poniamo. L'ottica del documento governativo e del mio scritto era di tipo giuridico."?

    Perchè sarà "purtroppo" se due volontari pro life - come Lei e me - si scopre che si confermano a vicenda lottando per strappare bimbi alla morte da due profili diversi ma convegergenti e sinergici?

    Perchè si ritiene (o almeno così io ho percepito, ma posso sbagliarmi) che le riflessioni da "altra" angolazione siano incompatibili con la mia personale formalizzata obiezione di coscienza, accompagnata da un volontariato pro life e da una personale campagna di sensibilizzazione che scaturisce dalla personale convinzione che l'alto numero di medici che sollevano obiezione e il loro crescente numero è un fenomeno che fa pensare e che, in un modo o nell'alro, può contribuire a fare breccia nella mentalità abortista ormai diffusa nella popolazione?

    Io rifletterei ... su questi perchè?

    Su quale è il genere di comunicazione che stimola questo...

    ... il separare il grano dalla zizzania, ora; non facciamo che (si sbagliò? relativismo?) per togliere la zizzania ... si strappa anche...

    ... non si tratta di essere grigi; ma personalmente ho preso coscienza che il grigio è fatto di bianco e di nero...

    ... se giudichiamo... stimoliamo una comunicazione che...

    ... credo (ma so di potermi sbagliare) che siamo solo chiamati - nel volontariato pro life (ma non solo) - a sforzarci di fare il bene.

    Con immensa gratitudine per gli stimoli di riflessione indotti.
    Rino Privitera

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  9. Non conoscendoLa ho equivocato il suo ruolo, leggendo i suoi commenti: me ne scuso e mi rallegro per la sua obiezione di coscienza.
    Chi scrive ha un evidente limite: il giurista vede e commenta le norme e, appunto, coglie - forse in modo troppo deciso - il bianco e il nero.
    Certo è che la riflessione sulla legge è importante, anche se talvolta un po' "ostica": perché sono state le leggi (divorzio, aborto, fecondazione assistita e, in futuro, DAT) a cambiare la mentalità di tante persone.
    Questo non significa negare l'importanza dell'intervento diretto sulla donna che intende abortire: ma, piuttosto, segnala come, tenuto conto che le difficoltà legate alla gravidanza sono sempre esistite, una legge che rende lecito sempre l'aborto costituisce una difficoltà enorme per coloro che vogliono aiutare la donna a non abortire e salvare lei e il bambino.
    Quanto alla certificazione dopo il terzo mese: non c'è dubbio che una forzatura della situazione come quella che ho descritto (o meglio: un'interpretazione della legge nel senso di allargare la possibilità dell'aborto eugenetico) è stata resa possibile per mano dei medici non obbiettori che non si preoccupano della morte del bambino o, addirittura, ritengono che sia un bene, un dovere eliminare i bambini malati prima della nascita. Quindi la responsabilità è della legge, ma anche di quei medici. In piccolo ho vissuto l'ossessione dei ginecologi per la diagnosi prenatale esasperata, chiaramente diretta a suggerire, nel caso di risultati non favorevoli, l'aborto.
    La saluto,
    Giacomo Rocchi

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