domenica 31 maggio 2009

"Ampliare i punti di incontro"


Abbiamo visto come il Card. Bagnasco rifletta sulla necessità per la Chiesa di continuare a parlare di bioetica.

Il Presidente della CEI osserva: "...la vicenda dell'umanità rivela come la persistenza di un amore effettivamente altruista sia in realtà condizionata dall'annuncio della misura intera dell'umano. Fraintendimenti e deviazioni restano incombenti, se non si è costantemente richiamati al valore incomparabile della dignità umana, che è minacciata dalla miseria e dalla povertà almeno quanto è minacciata dal disconoscimento del valore di ogni istante e di ogni condizione della vita"

Siamo d'accordo: ma perché, allora "frenare" nel momento in cui ci si riferisce a leggi approvate o da approvare?

Nel discorso del card. Bagnasco non vi è cenno alla legge sull'aborto e alla strage quotidiana di bambini. Certo: il discorso non aveva la pretesa di essere un catalogo di tutti i problemi, ma se (con riferimento al tema dell'immigrazione) si ribadisce "il valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili", perché non accennare ad un ambito in cui la vita, la sua dignità e i suoi diritti vengono quotidianamente negati con il sigillo dello Stato?

Nessun cenno si trova anche con riferimento all'uccisione di Eluana Englaro: eppure ciò che le è stato fatto - la morte procurata mediante inedia e disidratazione - è presente nelle parole del Presidente della CEI: "Non c'è contraddizione tra mettersi il grembiule per servire le situazioni più esposte alla povertà e rivolgere ai responsabili della democrazia un rispettoso invito affinché in materia di fine vita non si autorizzi la privazione dell'acqua e del nutrimento vitale a chi è in stato vegetativo".

Ecco: piuttosto che denunciare l'omicidio volontario di una disabile, si preferisce rivolgere "rispettosi inviti" al Parlamento?
Ci sono stati inviti non rispettosi?
Chi avanza inviti rispettosi cosa fa quando il Parlamento non li accoglie? Ringrazia rispettosamente?
Il caso Englaro è stato ormai "archiviato"?
Ma soprattutto: i soggetti in stato vegetativo sono in stato di fine vita?
E la privazione dell'acqua e del nutrimento vitale ai soggetti in stato vegetativo che ne provochi la morte, come la definiamo? Cambia la definizione se essa è autorizzata da un Giudice o dal Parlamento?

Il cardinale, comunque, ribadisce che "il morire non può diventare un diritto che taluno invoca per sé o per altri. Se una tale pretesa infatti dovesse approdare nella legislazione e da qui attecchire nella mentalità corrente, le conseguenze sarebbero fatali anzitutto sul piano di quegli autentici diritti umani che costituiscono il portato di una intera civiltà. Tra il cosiddetto "diritto a morire" e gli altri diritti non vi è infatti alcuna omogeneità ontologica. E' semmai la teoria dell'autodeterminazione che funge in questo caso da dottrina qualificante il discutibile diritto a morire ..."
Non si può che concordare: ma senza rinunciare a porre qualche domanda e riflessione.
In primo luogo chi "invoca il diritto a morire per altri", in realtà rivendica il proprio diritto ad uccidere altri: non si deve dimenticarlo; e d'altro canto, il primo caso - appunto quello di Eluana Englaro - non è stato forse quello di una uccisione nemmeno richiesta dalla vittima?
Ma soprattutto: il cardinal Bagnasco è sicuro che quella legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento cui egli stesso, la scorsa estate, dette il "via libera" (che oggi non rinnega affatto) altro non sia che lo strumento per introdurre quel diritto a morire (e quel diritto ad uccidere) che egli respinge?
E' davvero sicuro che quella sottile distinzione - posso decidere per un futuro incerto di rifiutare certe terapie ma non posso decidere per lo stesso futuro di farmi uccidere - non diventerà nella pratica tanto sottile da svanire?
Non è che, fra qualche anno, il Presidente della CEI lamenterà di "interpretazioni della legge forzosamente avanzate sul piano della prassi e su quello giurisprudenziale"?
Giacomo Rocchi

sabato 30 maggio 2009

Una buona legge interpretata male?

Il card. Bagnasco, nella Prolusione all'Assemblea Generale dei Vescovi Italiani, non ha eluso il tema della bioetica.

Secondo il Presidente della CEI, "avere a cuore i temi della bioetica è un modo, non l'ultimo, per avere a cuore l'uguaglianza di tutti gli esseri umani. Non si può assolutizzare una situazione di povertà a discapito delle altre; ma non si può nemmeno distinguere tra vita degna e vita non degna".

Quale è il compito della Chiesa? "La sua iniziativa non ha mai come scopo una qualche egemonia, non usa l'ideale della fede in vista di un potere. Le interessa piuttosto ampliare i punti di incontro perché la razionalità sottesa al disegno divino sulla vita umana sia universalmente riconosciuta nel vissuto concreto di ogni esistenza e per una società veramente umana".

Ampliare i punti di incontro ... Cosa comporta questo obbiettivo in una società in cui, appunto, qualcuno - molti, ormai - distingue tra vite degne e vite non degne? Oppure - il che è lo stesso - sostiene che l'uomo in certi stadi della sua esistenza non è uomo oppure non è veramente vivo?
Il cardinal Bagnasco troverebbe punti di incontro con chi fosse schiettamente razzista? o con chi affermasse il diritto della società ad eliminare i disabili?

Vediamo intanto in che modo questo obbiettivo, questa metodologia, influisce sulle prese di posizione sui singoli problemi.
Vediamo, ad esempio, il tema della fecondazione extracorporea:
"In questa chiave, e a proposito di un ambito delicatissimo come quello della fecondazione artificiale, non possiamo tacere il rischio strisciante di eugenetica che potrebbe insinuarsi nel nostro costume a causa di interpretazioni della legge 40/2004, che forzosamente vengono avanzate sul piano della prassi come su quello giurisprudenziale".

Qualche riflessione:
Perché quello della fecondazione artificiale è un ambito delicatissimo? I vescovi non dovrebbero avere particolari difficoltà: la Chiesa Cattolica ha sempre respinto ogni ipotesi di separazione tra unione fisica e generazione (e tra matrimonio e generazione) e, visti gli orrori che la fecondazione in vitro ha prodotto (clonazione, soppressione di innumerevoli embrioni, eugenetica, confusione tra semi umani e animali ecc.), potrebbero tranquillamente affermare che abbandonare il disegno divino sulla vita umana e la sua razionalità significa cadere in questi misfatti.
Forse l'ambito è diventato delicatissimo perché i vescovi italiano hanno sostenuto una legge che autorizza e finanzia la fecondazione extracorporea?
E ancora: il cardinal Bagnasco è sicuro che il rischio strisciante di eugenetica derivi solo da interpretazioni e prassi forzate della legge 40? Davvero ignora che la fecondazione in vitro - che nega in radice la dignità dell'embrione, ridotto a mero prodotto - ha in sé il germe - per niente strisciante, ma esplicito - dell'eugenetica? Non sa, ad esempio, che le banche del seme (con i cataloghi: biondo, alto, intelligente ...) esistono da decine di anni? O che la diagnosi genetica preimpianto non è stata certamente inventata due anni fa in Italia, ma è tecnica che da tempo fa parte delle procedure (con selezione dei gameti, sovrapproduzione degli embrioni, scelta degli embrioni da impiantare, aborti eugenetici ecc.)?
Ma soprattutto: al cardinal Bagnasco interessano soltanto gli embrioni che vengono soppressi per motivi eugenetici o tutti gli embrioni che muoiono (70.000 ogni anno in Italia)? L'accettazione di questa strage da parte del popolo italiano (così come l'accettazione della strage di bambini abortiti) non incide forse sul nostro costume?
Un'ultima domanda: al Presidente della CEI è venuto qualche dubbio che la legge 40 non fosse un primo passo nella giusta direzione?
Giacomo Rocchi




giovedì 21 maggio 2009

Se questo è un uomo




Hanno fatto scalpore le dichiarazioni che il Ministro dell'Uguaglianza spagnolo, Bibiana Aido, ha effettuato nel corso di una trasmissione radiofonica:
Un feto di 13 settimane è «un essere vivente, chiaro», ma «non possiamo parlare di essere umano, perché questo non ha nessuna base scientifica».
«Non c’è prova scientifica per dire che» un feto di 13 settimane «è un essere umano né per non dirlo, mi baso sul manifesto che hanno elaborato gli scienziati», ha chiarito più tardi Aído.
Il ministro fa riferimento al documento che un folto gruppo di scienziati ha approvato in contrapposizione alla Dichiarazione di Madrid.
Conosciamo già la Dichiarazione di Madrid che riaffermava con forza la realtà dell'essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale e ribadiva una constatazione: l'aborto è l'uccisione di un uomo.

Erano affermazioni false?
Vediamo come gli altri "scienziati" hanno risposto (nella foto Juan Lerma, promotore del documento):
"I dati scientifici disponibili sulle fasi dello sviluppo embrionale sono dati oggettivi la cui interpretazione e la diffusione devono essere esenti da influenze ideologiche o credenze religiose. Pertanto, denunciamo l'uso ripetuto del termine "scientifico", con riferimento a pareri in cui né la genetica né la biologia cellulare né l'embriologia hanno da proporre argomenti decisivi.
Il momento in cui un essere può essere considerato un essere umano non può stabilirsi mediante criteri scientifici: la conoscenza scientifica può chiarire determinate caratteristiche funzionali ma non può affermare o negare se queste caratteristiche conferiscono all’embrione la condizione di essere umano così come essa si applica alle persone sviluppate della specie umana.
Questo rientra nell’ambito delle convinzioni personali, ideologiche o religiose
".
Ecco che, improvvisamente, gli scienziati che pretendono da tempo di dirci ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come devono essere fatte le leggi, come si dovrebbero comportare le persone, diventano timidi: "noi vi diamo solo delle conoscenze, ma non possiamo dire nulla ..."
Si suppone che una posizione del genere possa applicarsi anche alle idee naziste, o ai sostenitori della legittimità della schivitù per gli uomini di colore ...
Giacomo Rocchi





sabato 16 maggio 2009

La salute delle donne uccide le bambine

Secondo un servizio della televisione svedese, le autorità sanitarie della Svezia hanno stabilito che l'aborto motivato dal sesso del nascituro non è illegale e pertanto non può essere impedito. La statuizione era stata sollecitata da un medico al quale si era rivolta una donna, che già due volte in precedenza aveva abortito in conseguenza del sesso del bambino, e che aveva chiesto un'amniocentesi sia per accertare eventuali anomalie del feto, sia per conoscere se si trattava di maschio o di femmina. Il medico ha chiesto al Dipartimento Nazionale della Salute di indicare delle linee guida per sapere come comportarsi nel futuro di fronte a richieste di conoscere il sesso del feto senza che vengano addotte motivi di carattere medico; il Dipartimento ha risposto che queste richieste e i conseguenti aborti non possono essere rifiutati e che non è possibile negare ad una donna l'aborto fino alla diciottesima settimana di gestazione, anche se il sesso del nascituro è la base della richiesta.

Fin qui la notizia.

La prima riflessione è che questa statuizione dimostra che "la salute della donna" (o più semplicemente: la salute) è uno schermo che nasconde la pura e semplice volontà dell'adulto, sganciata da ogni limite: con il paradosso che è il Dipartimento della Salute a statuire che, nel permettere l'aborto volontario, la salute non c'entra nulla ...

Ci si può chiedere, poi, in cosa differisca l'aborto delle bambine deciso ed attuato per il solo fatto che si tratta appunto di femmine dalla soppressione in Cina delle neonate in conseguenza della famigerata legge che rende obbligatorio il figlio unico: l'uccisione è semplicemente avvenuta prima ... gli strumenti tecnologici avanzati del Nord Europa - l'amniocentesi - portano allo stesso orrore ... e chissà se qualche donna sente su di sé l'obbligo sociale di fare pochi figli, magari non più di uno ...

Un'ultima domanda: ma una cosa del genere sarebbe possibile in Italia?
Assolutamente si: in Italia la donna deve solo "accusare" i motivi di salute che la inducono ad abortire; nessuno ha il diritto di sindacare questi motivi.
Quando si stabilisce che un uomo qualche volta può essere ucciso, in realtà si permette di ucciderlo in ogni caso: non esistono leggi sull'aborto migliori o peggiori, ma solo leggi sull'aborto che devono essere abolite.
Giacomo Rocchi

venerdì 15 maggio 2009

La legge 40 ed il suo vizio di origine

Lascia perplessi la conclusione cui giunge Francesco D’Agostino nell’editoriale di Avvenire 12/5 dal titolo “La Consulta non rinnega i principi della legge 40”. Annota infatti con una certa soddisfazione, in merito alla motivazione sulla sentenza della Corte Costituzionale a proposito della legge 40, che abbattendo il limite dei tre embrioni e l’obbligo di un unico impianto degli stessi, la Consulta affida la tutela dei diritti del concepito “più che a norme vincolanti della legge stessa”, ai principi della buona clinica, ai medici, insomma, che “se percepiranno fino in fondo che con questa sentenza la loro autonomia e la loro responsabilità scientifica e deontologica hanno ricevuto un sincero omaggio da parte della Corte (…) e se soprattutto si comporteranno conseguentemente ne conseguirà che ben poco dovrebbe avere di che lamentarsi il fautore della tutela della vita embrionale”.

Allegria! Forse l’illustre filosofo del diritto ha dimenticato che la legge 40 è stata voluta e difesa a oltranza dai suoi promotori proprio per arginare il far west procreatico, quella corsa ai risultati nella quale medici in vena di protagonismo e di guadagno, ricorrevano ad ogni mezzo, anche il più aberrante, pur di accontentare il cliente.

Sarà forse la fiducia ne “ l’autonomia e la responsabilità del medico” (6.1.) dimostrata in questa sentenza dalla Corte Costituzionale a far nascere nei fautori ad oltranza della fivet una nuova consapevolezza del diritto alla vita dell’embrione?

Un po’ patetici questi tentativi di salvare la legge 40 nonostante tutto, autoconvincendosi e cercando di convincere che questa sentenza sia solo un incidente di percorso che non ne “ne rinnega i principi costitutivi

Il fatto è che, come ha già avuto occasione di ribadire il Comitato Verità e Vita nel comunicato stampa n.75, la legge 40 non perde occasione per mostrare a tutti il suo vizio di origine:quello di privare l’embrione della tutela pur proclamata all’art. 1, dal momento che consente e regolamenta la fivet, pratica di per sé disumana e occisiva, seppure con qualche paletto. Che giurisprudenza e prassi hanno buon gioco ad abbattere.

Quando si alzerà finalmente qualcuno da qualche autorevole cattedra per gridare finalmente che il re è nudo?
Marisa Orecchia

sabato 9 maggio 2009

Come è difficile essere pro-life/ Spagna 2

Abbiamo parlato della Dichiarazione di Madrid, sottoscritta da oltre 2.000 medici, professori universitari, scienziati, alti funzionari, nella quale vengono proclamate realtà che molti non vorrebbero sentire: che un embrione è un uomo fin dal momento del concepimento, che l'aborto è l'uccisione crudele di un bambino e non solo l'interruzione di una gravidanza, che esso lascia una sofferenza indelebile sulla madre, che la sua legalizzazione corrompe l'intera società: come vorremmo che affermazioni analoghe venissero sottoscritte e proclamate nel nostro Paese!

Abbiamo però visto come siano sorte difficoltà da parte di "intransigenti", accusati di aver frainteso alcuni passaggi della Dichiarazione.

Vediamoli:
"È essenziale che la donna che intende abortire adotti liberamente la sua decisione dopo una conoscenza informata e accurata del procedimento e delle sue conseguenze";

"È necessario che le donne che scelgono l'aborto siano consapevoli delle conseguenze psicologiche di un tale atto e, in particolare, della sindrome psicopatologica conosciuta come la "sindrome postaborto";

"L'aborto è particolarmente difficile per una ragazza di 16-17 anni, per la quale si pretende di privarla della presenza, del consiglio e del sostegno dei suoi genitori rispetto alla decisione di proseguire con la gravidanza o di abortire. Obbligare una giovane a decidere da sola ad una età così tenera è irresponsabile ed è una chiara forma di violenza contro le donne."

"(la proposta socialista) peggiora la situazione attuale e disegna una società che, piuttosto che desiderare una nuova legge per legittimare un violento atto per il nascituro e sua madre, reclama una regolamentazione per fermare le frodi e gli abusi messi in atto dai centri in cui vengono eseguiti aborti".

Salta agli occhi, in primo luogo, ciò che manca: la richiesta di vietare l'aborto volontario. L'unico accenno ad una legislazione auspicata riguarda la repressione delle "frodi e degli abusi" messi in atto dalle cliniche che eseguono gli aborti (che, pare, falsifichino la settimana di gravidanza o i motivi per cui si procede all'aborto).
Come mai questa mancanza? Eppure le solenni - ed esatte - affermazioni sulla realtà cruenta dell'aborto inducono inevitabilmente a questa richiesta.
Nicolas Jouve de la Barreda, nell'articolo su Il Sussidiario che abbiamo già menzionato, in una sorta di excusatio non petita, scrive: "Per noi che abbiamo promosso il manifesto è implicita l’abolizione dell’aborto in Spagna".
La richiesta è rimasta, quindi, inespressa.

De la Barreda scrive ancora: "Coloro che hanno incontrato in questo punto una difficoltà per aderire al manifesto, sbagliano ad interpretarlo come un’accettazione della legge attuale quale “male minore”. (...) Occorre ricordare che la situazione attuale è quella che è e che può diventare decisamente peggiore, come sembrerebbe emergere dalla legge che sta preparando il ministero dell’Uguaglianza. Siamo convinti che informare una donna per cercare di dissuaderla dall’abortire sia più realista e pratico che dire un semplice no all’aborto. Quel che facciamo è denunciare l’inosservanza della legge attuale in qualcosa di così elementare come l’obbligo di avere il consenso informato, come deriva dalla Dichiarazione dei diritti umani e dal Trattato di Helsinki. La realtà è che oggi molte donne sono ingannate, spinte o forzate all’aborto, fondamentalmente vittime di una bugia e ignare del fatto che quel che faranno è niente meno che uccidere il proprio figlio.(...) Per tutto questo ci è sembrato ragionevole ricordare nel manifesto che nell’attuale legge sull’aborto vi è una prescrizione che non viene osservata e che, se venisse rispettata, salverebbe molte vite".

"Nel manifesto è implicita la nostra posizione antiabortista anche quando ci opponiamo all’assurdo ed egoista slogan “noi partoriamo, noi decidiamo”, poiché in nessun caso abortire equivale a togliersi un neo o un dente."

"Occorre promuovere la protezione e l’aiuto alle donne incinte perché portino avanti la vita dei propri figli. Se non possono mantenere il figlio, occorre promuovere leggi che aiutino l’adozione. Una donna non è libera quando è condizionata dal fatto di non avere una famiglia che accolga la gravidanza, o dal fatto che quando nascerà il bambino non potrà lasciarlo in un asilo o che non troverà un posto di lavoro. Con tutti questi condizionamenti una donna non può scegliere liberamente."

Riferendo del colloquio avuto con il Ministro proponente, De la Barreda riferisce:
"Abbiamo detto al ministro che stiamo parlando della vita e della morte. Che occorre sostenere e aiutare l’adozione. Che bisogna aiutare la donna incinta a essere madre. Che l’aborto non è la soluzione, ma una pratica insensata che deve essere abolita e che al momento deve restare fuori da qualsiasi confronto politico e attenersi al campo del significato biologico, della dignità della vita umana nascente, della prassi medica e delle conseguenze per il non nato, la madre e la società.
Tutto quello detto sopra si riassume in un grande Sì alla vita e in un No all’aborto"

Davvero la Dichiarazione di Madrid era stata equivocata?

Giacomo Rocchi

mercoledì 6 maggio 2009

Come è difficile essere prolife/2 Spagna



Abbiamo già parlato in un precedente post (Schizofrenia?) della battaglia in corso in Spagna per fermare la riforma della legge sull'aborto voluta da Zapatero; abbiamo visto come, in realtà, la maggioranza socialista punti ad approvare una legge sostanzialmente analoga alla legge 194 italiana (in particolare: piena libertà di aborto nei primi tre mesi di gravidanza) e come coloro che si oppongono alla riforma si trovano a difendere una legge già molto permissiva, che ha prodotto anch'essa centinaia di migliaia di bambini uccisi nel grembo materno.

Recentemente una novità importante è venuta dalla "Dichiarazione di Madrid" (http://www.hazteoir.org/node/18344), sottoscritta da oltre 2.000 professori universitari, scienziati, medici, alti funzionari.
Molto bello - e tipicamente pro-life - è l'approccio: guardare alla realtà dei fatti, a ciò che avviene nell'aborto procurato: "esiste un evidenza scientifica che la vita inizia dal momento del concepimento ... Le conoscenze attuali lo dimostrano: la Genetica segnala che la fecondazione è il momento in cui si costituisce la identità genetica singola; la biologia cellulare spiega che gli esseri pluricellulari sono costituiti da una singola cellula iniziale, lo zigote, nel cui nucleo si trova la informazione genetica che si conserva in tutte le cellule ... la Embriologia descrive lo sviluppo e rivela come esso si svolge senza soluzione di continuità" (il documento prosegue sottolineando la individualità dell'embrione rispetto al corpo della madre).

L'affermazione centrale - che sembra scontata, ma dimostra la consapevolezza dell'impossibilità di restare in silenzio - cade quindi come una conseguenza di una realtà indiscutibile e scientificamente accertata: "Un aborto non è soltanto l' interruzione volontaria della gravidanza, ma piuttosto un atto semplice e crudele di interruzione di una vita umana".
Non vengono taciute altre verità scomode.
La donna soffre: "L'aborto è un dramma, con due vittime: uno muore e l’altra sopravvive e soffre ogni giorno le conseguenze di una decisione così tragica e irreparabile. Chi abortisce è sempre la madre che soffre anche delle conseguenze, anche se sono il risultato di un atto consapevole e volontario" (viene poi descritta la sindrome post aborto); ella non viene affatto liberata da una legge liberalizzatrice dell'aborto: "Lungi dal ritenere che sia la conquista di un diritto per le donne, una legge sull’aborto senza limitazioni renderà la donna l’unica responsabile di un atto di violenza contro la vita del proprio figlio"; ancora più drastico il giudizio sulla liberalizzazione dell'aborto delle minorenni: "Obbligare una giovane a decidere da sola ad una età così tenera è irresponsabile ed è una chiara forma di violenza contro le donne".
L'obiezione di coscienza è un diritto inviolabile: "è necessario rispettare la libertà di obiezione di coscienza in questa materia, dato che non può costringere qualcuno ad agire contro detta coscienza".

La liberalizzazione dell'aborto corrode il tessuto sociale: "L'aborto è un dramma per la società. Una società indifferente all’uccisione (“matanza”) di circa 120.000 bambini all’anno è una società distrutta e malata".

Il documento ha fatto scandalo e, ovviamente, un contromanifesto ha sostenuto l'obbligo della neutralità della scienza nei confronti dell'aborto: come se i fatti naturali, scientifici, dovessero essere taciuti dagli stessi scienziati per convenienza politica.
Un grande successo del movimento pro-life, quindi?
Non è esattamente così, come dimostra l'articolo apparso su Il Sussidiario il 28/4/2009 a firma Nicolás Jouve de la Barreda, primo firmatario della Dichiarazione (http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=18475).
L'autore scrive: "Rispetto all’appoggio ricevuto, è evidente che il nostro bilancio è molto positivo, data la quantità e la tipologia di adesioni ricevute. Tuttavia sarebbero potute essere di più se persone di buona volontà che, come noi, si oppongono al tremendo problema dell’aborto in Spagna non avessero fatto degli errori di interpretazione. Mi riferisco alla delirante interpretazione secondo cui il manifesto contiene alcune dosi di relativismo morale, tesi non meno pericolosa di quella che ci vede favorevoli all’aborto con dei limiti temporali."
De la Barreda ribadisce la limpidezza dell'ispirazione del documento nella chiusura dell'articolo: "Abbiamo detto al ministro che stiamo parlando della vita e della morte. Che occorre sostenere e aiutare l’adozione. Che bisogna aiutare la donna incinta a essere madre. Che l’aborto non è la soluzione, ma una pratica insensata che deve essere abolita e che al momento deve restare fuori da qualsiasi confronto politico e attenersi al campo del significato biologico, della dignità della vita umana nascente, della prassi medica e delle conseguenze per il non nato, la madre e la società.
Tutto quello detto sopra si riassume in un grande Sì alla vita e in un No all’aborto
".

Chi sono coloro che hanno fatto un "errore di interpretazione"? Fanatici, integralisti, deliranti?
Possibile che anche in un momento come questo in cui la battaglia per la vita infuria sia inevitabile dividersi?
(nella foto la manifestazione oceanica per la vita e contro la riforma Zapatero)

Ma la Dichiarazione di Madrid è stata davvero mal interpretata?
Lo vedremo fra qualche giorno.

Giacomo Rocchi

domenica 3 maggio 2009

Una legge imperfetta che funziona

Una coppia intenzionata a ricorrere alla fecondazione artificiale si informa su quanto è possibile fare:

La fecondazione in vitro è lecita in Italia? Si
Ogni metodo di fecondazione in vitro è permesso? Si
Per accedere alla fecondazione artificiale dobbiamo essere sposati? No, basta essere conviventi
Da quanto tempo dobbiamo convivere? Non è prevista una durata minima, basta anche solo un giorno
Come facciamo a provare che siamo conviventi? Basta un’autocertificazione
Dobbiamo continuare a convivere anche dopo? No
E i singles e le coppie omosessuali? Trovino un amico che acconsenta ad apparire convivente
Ci sono limiti di età? Basta essere maggiorenni; non vi sono limiti massimi
Ma è vero che le donne con più di 38 anni hanno scarsissime possibilità di avere un bimbo in braccio? Si, ma potete provare lo stesso
Le tecniche sono pericolose per la donna? Si, ma se vuoi puoi rischiare
Come fare se l’uomo è assolutamente sterile? Puoi portare del seme maschile al centro e autocertificare che è quello tuo: nessuno controllerà
E se l’uomo o la donna non possono dare il consenso, ad esempio se sono in coma? Basta nominare un amministratore di sostegno e potrete prelevare i gameti dalla persona in coma
La coppia deve essere sterile? Si, ma è la coppia ad autocertificare di non essere riuscita a concepire naturalmente i figli
Siamo una coppia feconda ma uno dei due è portatore di malattia virale trasmissibile: possiamo ricorrere alla fecondazione in vitro? Si
E se temiamo di trasmettere anomalie genetiche al figlio? In teoria no, in pratica si: si tratta di far redigere allo specialista del centro un certificato adatto
Quante volte possiamo tentare di ricorrere alla fecondazione in vitro? Non vi sono limiti ai tentativi; i primi tre li finanzia il servizio sanitario nazionale
Quanti embrioni possono essere prodotti in ogni ciclo? Non vi sono limiti: quanti ne volete o quanti lo specialista riesce a produrre
Ma dobbiamo trasferire tutti gli embrioni creati nel corpo della donna? No, se cambiate idea anche nessuno
Si può fare diagnosi preimpianto sugli embrioni creati prima del trasferimento? Si
Che succede agli embrioni che non vengono trasferiti? Li potete sopprimere o congelare
Ma siamo obbligati ad un trasferimento degli embrioni congelati in futuro? No
Se inizia una gravidanza ma vi sono problemi psicologici? La donna può abortire
Se la gravidanza è gemellare? Si può ricorrere all’aborto selettivo: si uccide un solo bambino
Se il bambino ha malattie o malformazioni? La donna può decidere di abortirlo
Ma è vero che le tecniche aumentano le percentuali di malformazioni o malattie congenite? Si
Vi sono problemi per i genitori e per i figli generati con la fecondazione in vitro? Si, ma ora non ci pensate …

La coppia è perplessa: non capisce se c’è qualcosa che viene vietato.
“Ma la legge 40 non era restrittiva, severa e crudele?”
“No, è una legge imperfetta, ma funziona

Giacomo Rocchi

(Fra qualche giorno dimostreremo le risposte)

venerdì 1 maggio 2009

Un Presidente riservato

Il Presidente Napolitano ha scritto una risposta al video di Paolo Ravasin.

Non si capisce come mai una lettera in cui il Presidente si impegna ad un "rigoroso riserbo" venga resa nota dall'Associazione Luca Coscioni ...

"I temi da lei ora evocati, disciplina della fine vita, testamento biologico, trattamenti di alimentazione e idratazione meccanica, continuano a interrogare le coscienze individuali e investono sempre più la responsabilità collettiva. In Parlamento si è infine aperta una discussione che si sta misurando con la complessità e la delicatezza di questioni eticamente sensibili, che incidono sui diritti fondamentali della persona e investono concezioni politiche trasversali agli stessi schieramenti politici".
Sostanzialmente: il Presidente non dice nulla. O meglio: una cosa la fa intendere; che sono in gioco "i diritti fondamentali della persona". Quali? Napolitano non lo precisa, ma è evidente il riferimento non al diritto alla vita (diritto a non essere ucciso), ma al diritto alla morte. Per quale motivo, infatti, i trattamenti di alimentazione e idratazione meccanica dovrebbero investire la responsabilità collettiva? Dovremmo davvero interrogarci se una persona deve essere lasciata morire di fame e di sete dai sanitari?
Il Presidente della Repubblica afferma di sentire "profondamente la responsabilità di ascoltare ogni voce, nel rispetto della natura e dei limiti del ruolo che la Costituzione mi affida".
La voce silenziosa di Eluana Englaro, invece, il Presidente non l'ha ascoltata, non ha voluto ascoltarla; e, nel bloccare il decreto legge che le avrebbe salvato la vita (almeno fino all'approvazione di una legge), è andato ben al di là dei limiti fissati dalla Costituzione.
E tuttavia, "anche e in particolare rispetto al dibattito in corso alle Camere, sono tenuto a un atteggiamento di rigoroso riserbo. ... Posso solo constatare che in Parlamento si è venuto a determinare un clima di grande riflessività e confidare che prevalga l'impegno a individuare soluzioni il più possibile condivise nel dovuto equilibrio tra i diversi beni costituzionali da tutelare".
Il Presidente vuole che l'eutanasia per legge sia introdotta senza fare troppo rumore: le soluzioni siano condivise (la stessa condivisione auspicata dal Cardinal Bagnasco) e sia raggiunto un compromesso: il diritto alla vita non è più assoluto, non è superiore agli altri diritti, ci vuole un equilibrio ...
Ci dovremmo stupire? Abbiamo mai sentito il Presidente piangere i milioni di bambini uccisi dall'aborto? E la sua commozione in occasione della morte di Eluana Englaro, che senso aveva? Eluana Englaro non sarebbe morta se non fosse stata uccisa, e non sarebbe stata uccisa se i Giudici non lo avessero permesso e il decreto legge non fosse stato bloccato ...
Presidente di tutti?
Giacomo Rocchi