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martedì 17 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?/3



“Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti” (Gaudium et spes, n. 51).
Da "Il Sussidiario" leggiamo: "Il governo spagnolo di Mariano Rajoy introdurrà limiti più restrittivi alla legge sull’aborto voluta dal suo predecessore José Luis Rodriguez Zapatero. Al centro della riforma, annunciata dalla vicepremier Soraya de Santamaria (nella foto), ci sarà il passaggio che attualmente consente alle ragazze spagnole tra i 16 e i 18 anni di abortire senza che ne siano informati i genitori. L’ex governo socialista aveva deciso che qualsiasi minorenne potesse abortire senza nessun limite nelle prime 14 settimane dal concepimento. Mentre tra la 14esima e la 22esima settimana, la sola clausola prevista da Zapatero era che la donna indicasse le motivazioni della scelta. Tra le opzioni che consentivano di interrompere la gravidanza c’erano lo stupro, il rischio per la salute della madre, la malformazione ma anche il rischio psicologico. Un’opzione, quest’ultima, estremamente vaga e che in un anno è stata indicata dal 95% delle donne che hanno abortito. Ora il Partito Popolare intende invece fare sì che tutte le minorenni che decidono di interrompere la gravidanza debbano prima ottenere l’autorizzazione del padre o del tutore".
Il prof. Alberto Gambino commenta positivamente la notizia, anche se mette le mani avanti: "Le mie considerazioni non vogliono né rilanciare indebitamente il tema della revisione della legge sull’interruzione di gravidanza in Italia, né apparire come un’accettazione nei confronti di una legge che resta moralmente inaccettabile" (Pare che il tabù della revisione della legge 194 all'interno del mondo cattolico ufficiale sia sempre più saldo: abbiamo già visto che anche Piero Gheddo allontanava esplicitamente l'ipotesi).
Eppure, proseguendo nell'analisi dei numeri sull'aborto in Italia su cui, a nostro parere Gheddo ha sragionato, vale la pena di approfondire proprio il tema che il nuovo governo spagnolo ha annunciato di voler modificare: l'aborto delle minorenni. Difficile negare che - oltre che con l'uccisione di bambini - esso non abbia a che fare con il tema dell'educazione dei giovani (che, ricordiamo, Papa Benedetto XVI ritiene ostacolata dalle leggi di aborto); sì, perché la malvagità della legge di cui abbiamo parlato - quella di attribuire alla madre la decisione se uccidere o meno il figlio innocente - diventa, se possibile, ancora maggiore quando si tratta di minorenni, quindi personalità ancora in crescita e non compiute.
Quali sono i numeri in Italia? Nel 2009 hanno abortito 3.719 ragazze minorenni: nel 73% dei casi l'aborto è stato autorizzato dai genitori della ragazza; nel 27% dei casi è stato autorizzato dal Giudice tutelare. Sì, perché in Italia tutte le minorenni possono abortire senza che ne siano informati i genitori: non solo le ragazze con più di 16 anni.
Dalla Relazione del Ministro della Giustizia scopriamo quale età hanno queste ragazze che hanno abortito senza avvisare i genitori (si suppone amorosamente aiutate dai Consultori familiari che le hanno portate dal Giudice tutelare, il quale ha concesso l'autorizzazione nel 98% dei casi ... come si vede, quando vuole, lo Stato funziona): nel 2005 erano 15 le ragazze sotto i 14 anni, 55 di loro avevano 14 anni, 185 avevano 15 anni, 398 avevano 16 anni.
Sono dati che dovrebbero far riflettere - per dirla con Bellieni - sul deficit di capacità educativa non solo dei Consultori familiari, ma anche di quelle 2.700 coppie di genitori che, conosciuta la gravidanza della figlia minorenne, hanno ritenuto più utile per lei uccidere il figlio che aveva in grembo (il loro nipote).
Ma, mi chiedo: la legge 194 con questi numeri non ha niente a che fare?
Sentiremo qualche politico che dichiara di voler cambiare la legge di aborto almeno su questo punto?
Chissà se Piero Gheddo conosce queste cifre; chissà se ritiene se anche su questo aspetto la legge 194 debba essere "applicata con rigore"; chissà se rifletterà che quelle 2.700 coppie di genitori non erano affatto tra coloro che "concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato".
Giacomo Rocchi

giovedì 21 maggio 2009

Se questo è un uomo




Hanno fatto scalpore le dichiarazioni che il Ministro dell'Uguaglianza spagnolo, Bibiana Aido, ha effettuato nel corso di una trasmissione radiofonica:
Un feto di 13 settimane è «un essere vivente, chiaro», ma «non possiamo parlare di essere umano, perché questo non ha nessuna base scientifica».
«Non c’è prova scientifica per dire che» un feto di 13 settimane «è un essere umano né per non dirlo, mi baso sul manifesto che hanno elaborato gli scienziati», ha chiarito più tardi Aído.
Il ministro fa riferimento al documento che un folto gruppo di scienziati ha approvato in contrapposizione alla Dichiarazione di Madrid.
Conosciamo già la Dichiarazione di Madrid che riaffermava con forza la realtà dell'essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale e ribadiva una constatazione: l'aborto è l'uccisione di un uomo.

Erano affermazioni false?
Vediamo come gli altri "scienziati" hanno risposto (nella foto Juan Lerma, promotore del documento):
"I dati scientifici disponibili sulle fasi dello sviluppo embrionale sono dati oggettivi la cui interpretazione e la diffusione devono essere esenti da influenze ideologiche o credenze religiose. Pertanto, denunciamo l'uso ripetuto del termine "scientifico", con riferimento a pareri in cui né la genetica né la biologia cellulare né l'embriologia hanno da proporre argomenti decisivi.
Il momento in cui un essere può essere considerato un essere umano non può stabilirsi mediante criteri scientifici: la conoscenza scientifica può chiarire determinate caratteristiche funzionali ma non può affermare o negare se queste caratteristiche conferiscono all’embrione la condizione di essere umano così come essa si applica alle persone sviluppate della specie umana.
Questo rientra nell’ambito delle convinzioni personali, ideologiche o religiose
".
Ecco che, improvvisamente, gli scienziati che pretendono da tempo di dirci ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come devono essere fatte le leggi, come si dovrebbero comportare le persone, diventano timidi: "noi vi diamo solo delle conoscenze, ma non possiamo dire nulla ..."
Si suppone che una posizione del genere possa applicarsi anche alle idee naziste, o ai sostenitori della legittimità della schivitù per gli uomini di colore ...
Giacomo Rocchi





sabato 9 maggio 2009

Come è difficile essere pro-life/ Spagna 2

Abbiamo parlato della Dichiarazione di Madrid, sottoscritta da oltre 2.000 medici, professori universitari, scienziati, alti funzionari, nella quale vengono proclamate realtà che molti non vorrebbero sentire: che un embrione è un uomo fin dal momento del concepimento, che l'aborto è l'uccisione crudele di un bambino e non solo l'interruzione di una gravidanza, che esso lascia una sofferenza indelebile sulla madre, che la sua legalizzazione corrompe l'intera società: come vorremmo che affermazioni analoghe venissero sottoscritte e proclamate nel nostro Paese!

Abbiamo però visto come siano sorte difficoltà da parte di "intransigenti", accusati di aver frainteso alcuni passaggi della Dichiarazione.

Vediamoli:
"È essenziale che la donna che intende abortire adotti liberamente la sua decisione dopo una conoscenza informata e accurata del procedimento e delle sue conseguenze";

"È necessario che le donne che scelgono l'aborto siano consapevoli delle conseguenze psicologiche di un tale atto e, in particolare, della sindrome psicopatologica conosciuta come la "sindrome postaborto";

"L'aborto è particolarmente difficile per una ragazza di 16-17 anni, per la quale si pretende di privarla della presenza, del consiglio e del sostegno dei suoi genitori rispetto alla decisione di proseguire con la gravidanza o di abortire. Obbligare una giovane a decidere da sola ad una età così tenera è irresponsabile ed è una chiara forma di violenza contro le donne."

"(la proposta socialista) peggiora la situazione attuale e disegna una società che, piuttosto che desiderare una nuova legge per legittimare un violento atto per il nascituro e sua madre, reclama una regolamentazione per fermare le frodi e gli abusi messi in atto dai centri in cui vengono eseguiti aborti".

Salta agli occhi, in primo luogo, ciò che manca: la richiesta di vietare l'aborto volontario. L'unico accenno ad una legislazione auspicata riguarda la repressione delle "frodi e degli abusi" messi in atto dalle cliniche che eseguono gli aborti (che, pare, falsifichino la settimana di gravidanza o i motivi per cui si procede all'aborto).
Come mai questa mancanza? Eppure le solenni - ed esatte - affermazioni sulla realtà cruenta dell'aborto inducono inevitabilmente a questa richiesta.
Nicolas Jouve de la Barreda, nell'articolo su Il Sussidiario che abbiamo già menzionato, in una sorta di excusatio non petita, scrive: "Per noi che abbiamo promosso il manifesto è implicita l’abolizione dell’aborto in Spagna".
La richiesta è rimasta, quindi, inespressa.

De la Barreda scrive ancora: "Coloro che hanno incontrato in questo punto una difficoltà per aderire al manifesto, sbagliano ad interpretarlo come un’accettazione della legge attuale quale “male minore”. (...) Occorre ricordare che la situazione attuale è quella che è e che può diventare decisamente peggiore, come sembrerebbe emergere dalla legge che sta preparando il ministero dell’Uguaglianza. Siamo convinti che informare una donna per cercare di dissuaderla dall’abortire sia più realista e pratico che dire un semplice no all’aborto. Quel che facciamo è denunciare l’inosservanza della legge attuale in qualcosa di così elementare come l’obbligo di avere il consenso informato, come deriva dalla Dichiarazione dei diritti umani e dal Trattato di Helsinki. La realtà è che oggi molte donne sono ingannate, spinte o forzate all’aborto, fondamentalmente vittime di una bugia e ignare del fatto che quel che faranno è niente meno che uccidere il proprio figlio.(...) Per tutto questo ci è sembrato ragionevole ricordare nel manifesto che nell’attuale legge sull’aborto vi è una prescrizione che non viene osservata e che, se venisse rispettata, salverebbe molte vite".

"Nel manifesto è implicita la nostra posizione antiabortista anche quando ci opponiamo all’assurdo ed egoista slogan “noi partoriamo, noi decidiamo”, poiché in nessun caso abortire equivale a togliersi un neo o un dente."

"Occorre promuovere la protezione e l’aiuto alle donne incinte perché portino avanti la vita dei propri figli. Se non possono mantenere il figlio, occorre promuovere leggi che aiutino l’adozione. Una donna non è libera quando è condizionata dal fatto di non avere una famiglia che accolga la gravidanza, o dal fatto che quando nascerà il bambino non potrà lasciarlo in un asilo o che non troverà un posto di lavoro. Con tutti questi condizionamenti una donna non può scegliere liberamente."

Riferendo del colloquio avuto con il Ministro proponente, De la Barreda riferisce:
"Abbiamo detto al ministro che stiamo parlando della vita e della morte. Che occorre sostenere e aiutare l’adozione. Che bisogna aiutare la donna incinta a essere madre. Che l’aborto non è la soluzione, ma una pratica insensata che deve essere abolita e che al momento deve restare fuori da qualsiasi confronto politico e attenersi al campo del significato biologico, della dignità della vita umana nascente, della prassi medica e delle conseguenze per il non nato, la madre e la società.
Tutto quello detto sopra si riassume in un grande Sì alla vita e in un No all’aborto"

Davvero la Dichiarazione di Madrid era stata equivocata?

Giacomo Rocchi

mercoledì 6 maggio 2009

Come è difficile essere prolife/2 Spagna



Abbiamo già parlato in un precedente post (Schizofrenia?) della battaglia in corso in Spagna per fermare la riforma della legge sull'aborto voluta da Zapatero; abbiamo visto come, in realtà, la maggioranza socialista punti ad approvare una legge sostanzialmente analoga alla legge 194 italiana (in particolare: piena libertà di aborto nei primi tre mesi di gravidanza) e come coloro che si oppongono alla riforma si trovano a difendere una legge già molto permissiva, che ha prodotto anch'essa centinaia di migliaia di bambini uccisi nel grembo materno.

Recentemente una novità importante è venuta dalla "Dichiarazione di Madrid" (http://www.hazteoir.org/node/18344), sottoscritta da oltre 2.000 professori universitari, scienziati, medici, alti funzionari.
Molto bello - e tipicamente pro-life - è l'approccio: guardare alla realtà dei fatti, a ciò che avviene nell'aborto procurato: "esiste un evidenza scientifica che la vita inizia dal momento del concepimento ... Le conoscenze attuali lo dimostrano: la Genetica segnala che la fecondazione è il momento in cui si costituisce la identità genetica singola; la biologia cellulare spiega che gli esseri pluricellulari sono costituiti da una singola cellula iniziale, lo zigote, nel cui nucleo si trova la informazione genetica che si conserva in tutte le cellule ... la Embriologia descrive lo sviluppo e rivela come esso si svolge senza soluzione di continuità" (il documento prosegue sottolineando la individualità dell'embrione rispetto al corpo della madre).

L'affermazione centrale - che sembra scontata, ma dimostra la consapevolezza dell'impossibilità di restare in silenzio - cade quindi come una conseguenza di una realtà indiscutibile e scientificamente accertata: "Un aborto non è soltanto l' interruzione volontaria della gravidanza, ma piuttosto un atto semplice e crudele di interruzione di una vita umana".
Non vengono taciute altre verità scomode.
La donna soffre: "L'aborto è un dramma, con due vittime: uno muore e l’altra sopravvive e soffre ogni giorno le conseguenze di una decisione così tragica e irreparabile. Chi abortisce è sempre la madre che soffre anche delle conseguenze, anche se sono il risultato di un atto consapevole e volontario" (viene poi descritta la sindrome post aborto); ella non viene affatto liberata da una legge liberalizzatrice dell'aborto: "Lungi dal ritenere che sia la conquista di un diritto per le donne, una legge sull’aborto senza limitazioni renderà la donna l’unica responsabile di un atto di violenza contro la vita del proprio figlio"; ancora più drastico il giudizio sulla liberalizzazione dell'aborto delle minorenni: "Obbligare una giovane a decidere da sola ad una età così tenera è irresponsabile ed è una chiara forma di violenza contro le donne".
L'obiezione di coscienza è un diritto inviolabile: "è necessario rispettare la libertà di obiezione di coscienza in questa materia, dato che non può costringere qualcuno ad agire contro detta coscienza".

La liberalizzazione dell'aborto corrode il tessuto sociale: "L'aborto è un dramma per la società. Una società indifferente all’uccisione (“matanza”) di circa 120.000 bambini all’anno è una società distrutta e malata".

Il documento ha fatto scandalo e, ovviamente, un contromanifesto ha sostenuto l'obbligo della neutralità della scienza nei confronti dell'aborto: come se i fatti naturali, scientifici, dovessero essere taciuti dagli stessi scienziati per convenienza politica.
Un grande successo del movimento pro-life, quindi?
Non è esattamente così, come dimostra l'articolo apparso su Il Sussidiario il 28/4/2009 a firma Nicolás Jouve de la Barreda, primo firmatario della Dichiarazione (http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=18475).
L'autore scrive: "Rispetto all’appoggio ricevuto, è evidente che il nostro bilancio è molto positivo, data la quantità e la tipologia di adesioni ricevute. Tuttavia sarebbero potute essere di più se persone di buona volontà che, come noi, si oppongono al tremendo problema dell’aborto in Spagna non avessero fatto degli errori di interpretazione. Mi riferisco alla delirante interpretazione secondo cui il manifesto contiene alcune dosi di relativismo morale, tesi non meno pericolosa di quella che ci vede favorevoli all’aborto con dei limiti temporali."
De la Barreda ribadisce la limpidezza dell'ispirazione del documento nella chiusura dell'articolo: "Abbiamo detto al ministro che stiamo parlando della vita e della morte. Che occorre sostenere e aiutare l’adozione. Che bisogna aiutare la donna incinta a essere madre. Che l’aborto non è la soluzione, ma una pratica insensata che deve essere abolita e che al momento deve restare fuori da qualsiasi confronto politico e attenersi al campo del significato biologico, della dignità della vita umana nascente, della prassi medica e delle conseguenze per il non nato, la madre e la società.
Tutto quello detto sopra si riassume in un grande Sì alla vita e in un No all’aborto
".

Chi sono coloro che hanno fatto un "errore di interpretazione"? Fanatici, integralisti, deliranti?
Possibile che anche in un momento come questo in cui la battaglia per la vita infuria sia inevitabile dividersi?
(nella foto la manifestazione oceanica per la vita e contro la riforma Zapatero)

Ma la Dichiarazione di Madrid è stata davvero mal interpretata?
Lo vedremo fra qualche giorno.

Giacomo Rocchi

martedì 30 dicembre 2008

Schizofrenia?

Un milione di persone in piazza a Madrid per la festa della famiglia. L'arcivescovo di Madrid, informa Avvenire di oggi "ha anche condannato con forza l'aborto, "una delle piaghe più terribili del nostro tempo", e ha definito "i nuovi santi innocenti" i piccoli non nati per l'interruzione della gravidanza.
La giornalista chiosa: "Un messaggio di grande attualità in un momento in cui la Spagna discute un progetto di riforma della legge sull'aborto - fortemente voluta dal PSOE - che dovrebbe prevedere la sua liberalizzazione fino alla dodicesima o quattordicesima settimana".

La legge attuale sull'aborto in Spagna prevede la possibilità di ricorrervi: a) fino alla dodicesima settimana, in caso di gravidanza frutto di violenza sessuale; b) fino alla 22a settimana in caso di malformazione del bambino; c) senza limiti di tempo in caso di pericolo di vita o di grave pericolo per la salute psichica della donna, attestata da un certificato medico. Il risultato? L'esplosione recente del numero degli aborti per motivi di salute psichica della donna (ovviamente certificata da medici compiacenti), anche al settimo mese di gravidanza, con relativi scandali.

Quale è l'idea del governo Zapatero? Permettere l'aborto senza alcuna motivazione nelle prime dodici - quattordici settimane di gravidanza e tentare di limitare gli aborti tardivi.
Si tratta del nucleo essenziale della legge 194 italiana: nei primi tre mesi di gravidanza (13 settimane) l'aborto è assolutamente libero, successivamente si pongono "paletti" che, quando è necessario (ad esempio in caso di esito infausto di una diagnosi prenatale tardiva) vengono facilmente aggirati (e non abbiamo alcun dubbio che anche la legge spagnola fisserà paletti altrettanto fragili).

Tra i tanti interventi dei vescovi, quello durissimo di qualche mese fa dell'arcivescovo di Pamplona, mons. Fernando Sebastiàn: «La permissività di fronte all’aborto sta facendo di noi una Nazione degradata e corrotta. Non possiamo essere complici in questa corsa per la distruzione morale della Spagna e degli Spagnoli». «Vogliamo che l’aborto sia considerato per quello che è, un crimine disumano e distruttore, anziché essere presentato come un diritto e una soluzione».
E ancora: «Il vero punto di vista per valutare umanamente l’aborto è quello del bambino abortito. Se non è lecito uccidere un bambino appena nato, perché sarebbe lecito ucciderlo qualche settimana prima della sua nascita? Solo per la convenienza dei più forti».

Chissà: forse qualche anno dopo l'approvazione della legge, anche in Spagna i vescovi chiederanno di applicarla integralmente soprattutto nelle sue parti buone?

Giacomo Rocchi