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giovedì 11 settembre 2014

Cosa serve davvero la legge sulla fecondazione eterologa?

La telenovela sulla legge da approvare a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che ha eliminato il divieto di fecondazione artificiale eterologa si arricchisce di una nuova puntata, davvero sorprendente.

Abbiamo più volte osservato che il mondo cattolico e prolife ufficiale, all'unisono, fin dal giorno in cui la Corte Costituzionale comunicò la sua decisione, ha esclamato: "ci vuole una legge!". Ora scopriamo che, dietro questo coro unanime, le intenzioni erano diverse.

Ricordate la lettera dell'on. Roccella ai colleghi parlamentari con l'individuazione delle questioni da risolvere? Francesco Agnoli aveva sintetizzato la proposta in due punti importanti, che avrebbero potuto ottenere l'effetto di "riduzione del danno da Corte Costituzionale": l'obbligo di gratuità della donazione dei gameti e il divieto di anonimato dei donatori.

Ora scopriamo che il "vero" obiettivo di alcuni politici sedicenti cattolici era quello accennato en passant da Carlo Casini, "per conservare nel massimo possibile la logica dell'articolo 1 della legge 40 che fissa il diritto al figlio": l'utilizzo degli embrioni soprannumerari congelati ed "abbandonati" nei congelatori dai loro genitori.
La proposta di legge Fioroni, Valiante e Gigli prevede proprio questo: "La PMA eterologa è consentita anche ricorrendo all’uso di gameti femminili o di embrioni soprannumerari resi disponibili da coppie che abbiano precedentemente fatto ricorso alla PMA omologa"

Niente di nuovo: l'Adozione per la Nascita è un argomento che circola nell'ambiente cattolico da alcuni anni ed è stato sostenuto esplicitamente da Scienza e Vita, nonostante la Dignitas Personae la qualificasse come soluzione moralmente illecita, sulla base dell'insegnamento di Giovanni Paolo II.

Quello che colpisce è la rapida "capacità di adattamento" alla nuova situazione creatasi: la sentenza della Corte Costituzionale, in fondo, forse non è un fatto così negativo, perché permette di fare quello che da tempo sostenevamo ...
E' la logica della fecondazione in vitro in cui, chi ha inventato la legge 40, è evidentemente immerso: gli embrioni devono "servire" a qualcosa, perché non utilizzarli per tentare una nuova gravidanza?
La soluzione, poi, serve a completare il quadro di autoassoluzione per gli autori della legge 40.
Ricordate? Gli embrioni trasferiti nel corpo materno dopo la fecondazione in vitro e morti per mancato attecchimento, secondo il Movimento per la Vita, non vengono uccisi, ma "affidati alla natura": a ciascuno di essi è stata data la chance di nascere. La loro morte non è colpa di nessuno!

E gli embrioni congelati? Ecco, diamo loro la possibilità di essere trasferiti nel corpo di una donna diversa dalla loro madre! Moriranno? E' la natura ... non è colpa di nessuno ...

Giacomo Rocchi

giovedì 19 luglio 2012

Comitato permanente unitario


Marcia per la vitaLeggo sulla pagina Vita di Avvenire del 5 luglio che il Movimento per la Vita propone la costituzione di un comitato unitario permanente per l’organizzazione di una manifestazione pro life per il maggio del prossimo anno. Tale comitato dovrebbe prendere gli opportuni contatti con i Movimenti che hanno promosso la marcia del 13 maggio 2012. Si eviterebbe in questo modo di organizzare due eventi, come è successo quest’anno e si punterebbe tutto su di uno. Cercare di fare unità è importante, va sempre bene, e poi è apprezzato da tutti.
Sembrerebbe, tutto sommato, una buona idea. Ma qualcosa non mi torna.
Ripenso alla lunga querelle che in questi ultimi due anni ha opposto il Movimento per la Vita italiano a Federvita Piemonte e che si è conclusa con la costituzione, da parte di Carlo Casini, di una nuova Federazione piemontese antagonista di Federvita Piemonte. Solo perché, tra i membri del direttivo, Federvita Piemonte annovera alcuni appartenenti al Comitato Verità e Vita.
Per questo oggi in Piemonte ci sono due Federazioni di MpV e di CAV.
In nome dell’unità?
Ripenso ai MpV e ai CAV piemontesi espulsi dal Movimento per la Vita nazionale, solo per aver rifiutato di prendere la distanze da Verità e Vita.
In nome dell’unità?
Oggi quei CAV, che continuano come sempre a strappare bambini all’aborto, alla richiesta di un Progetto Gemma per una mamma a rischio di aborto, si sentono rispondere, senza nessuna considerazione per la gravità e l’urgenza del caso, che, in quanto espulsi, fanno parte di una lista speciale e riceveranno qualcosa se e quando saranno evase tutte le richieste della lista ufficiale.
In nome dell’unità?
Grosso problema si pone poi per lo stesso Comitato Verità e Vita. Alla marcia del 13 maggio ha aderito entusiasticamente ed ha partecipato in gran numero. Potrà mai, secondo il concetto di unità di Carlo Casini, far parte del costituendo comitato unitario permanente per l’iniziativa del prossimo anno, stante il proclama che il Nostro, sempre nel corso della vicenda su citata, ha lanciato, chiedendo agli associati del Movimento per la Vita italiano “di fare attenzione ai rapporti che Verità e Vita volesse proporre”. Di starne alla larga, insomma?
Marisa Orecchia
Presidente di Federvita Piemonte
Vice presidente del Comitato Verità e Vita

lunedì 25 aprile 2011

E' davvero necessaria una nuova legge?



C. Casini, M. Casini, E. Traisci, M. L. Di Pietro, Il decreto della corte di Appello di Milano sul caso Englaro e la richiesta di una legge sul c.d. testamento biologico, In Medicina e Morale, 2008/4, 723:745


La sentenza sul caso Englaro impone l'adozione di una legge?
“Consideriamo l’argomento che accosta le decisioni dei giudici alla disciplina legislativa: bisogna sottolineare che il ruolo e la portata della giurisprudenza sono diversi da quelli della legge. Infatti, da un lato abbiamo una decisione che: a) per chi è veramente interessato (e solo per costui) presuppone l’attivazione talvolta faticosa e dispendiosa della “macchina giudiziaria”; b) vale concretamente per il singolo caso per il quale è richiesta; c) non incide sull’organizzazione sociale e di conseguenza non incide in modo determinante sulle relazioni giuridiche tra i consociati.
Dall’altro, invece, abbiamo una disciplina che: a) presuppone un dibattito parlamentare – un dibattito cioè che si svolge tra tutti i rappresentanti del popolo – la cui conclusione, pertanto, ha un’autorevolezza di gran lunga maggiore di quella di una decisione giudiziaria; b) vale per tutti: infatti la legge per sua natura è generale e astratta; c) incide sul tessuto sociale e relazionale in modo consistente. Non solo, ma se è vero che il giudice è soggetto solo alla legge, allora la legge incide in modo significativo anche sull’orientamento giurisprudenziale ...

E' necessaria una legge per evitare altri "casi Englaro"?

“Nella prospettiva di chi ritiene ingiusta la decisione di far morire Eluana di fame e di sete, è sicuramente necessaria una legge che tuteli in modo incondizionato il principio di indisponibilità della vita umana non solo dell’altrui, ma anche della propria se è ad altri che si chiede di porvi fine. Ebbene, questa legge c’è già: gli articoli 575, 579 e 580 del Codice Penale sanzionano rispettivamente l’omicidio, l’omicidio del consenziente e l’istigazione e l’aiuto al suicidio.”



Esiste un vuoto legislativo che una legge deve colmare?

“Si sente ripetere spesso che in materia vi è un “vuoto legislativo”. L’affermazione è falsa se vuol significare che nessuna norma giuridica regola i comportamenti collegati con la fine della vita. Su questo punto, non solo esistono già alcune leggi di riferimento, come quella sull’accertamento della morte (1993), sul trapianto di organi (1999), sull’amministrazione di sostegno (2004), ma la norma – di legge – c’è ed è chiara: è il divieto di cagionare (cosa, ovviamente diversa dall’accettare) la morte anche quando questa è richiesta e a prescindere dalle condizioni del richiedente (art. 579 del Codice Penale), perché la vita umana è un bene indisponibile”.





giovedì 4 novembre 2010

Citazioni


“Nella prospettiva di chi ritiene ingiusta la decisione di far morire Eluana di fame e di sete, è sicuramente necessaria una legge che tuteli in modo incondizionato il principio di indisponibilità della vita umana non solo dell’altrui, ma anche della propria se è ad altri che si chiede di porvi fine. Ebbene, questa legge c’è già: gli articoli 575, 579 e 580 del Codice Penale sanzionano rispettivamente l’omicidio, l’omicidio del consenziente e l’istigazione e l’aiuto al suicidio.”

"Si sente ripetere spesso che in materia vi è un “vuoto legislativo”. L’affermazione è falsa se vuol significare che nessuna norma giuridica regola i comportamenti collegati con la fine della vita. Su questo punto, non solo esistono già alcune leggi di riferimento, come quella sull’accertamento della morte (1993), sul trapianto di organi (1999), sull’amministrazione di sostegno (2004), ma la norma – di legge – c’è ed è chiara: è il divieto di cagionare (cosa, ovviamente diversa dall’accettare) la morte anche quando questa è richiesta e a prescindere dalle condizioni del richiedente (art. 579 del Codice Penale), perché la vita umana è un bene indisponibile”.

"È evidente ... il pericolo di un più vasto e duraturo indebolimento del principio di indisponibilità della vita umana, a seguito di una legge che in qualche modo ne riduca la portata nei confronti dei malati, dei disabili. Per il momento il veicolo è quello del rifiuto delle cure (attuale o anticipato), ma la strada imboccata può portare molto oltre."

“Chi esclude che il rifiuto delle cure possa mascherare una forma di eutanasia, evidentemente pensa all’eutanasia come alla “tecnica” con cui si somministrano sostanze letali; ogni altro comportamento (omissione/sospensione/interruzione di un trattamento proporzionato o dell’alimentazione e idratazione artificiali) viene fatto rientrare nella categoria del rifiuto delle cure. In questo modo viene cancellata completamente la dimensione c.d. “omissiva” dell’eutanasia. Soprattutto non si può ignorare che eutanasica non è solo la “tecnica”, ma anche la “logica” che accompagna i comportamenti”.

(C. Casini, M. Casini, E. Traisci, M. L. Di Pietro, Il decreto della corte di Appello di Milano sul caso Englaro e la richiesta di una legge sul c.d. testamento biologico, In Medicina e Morale, 2008/4, 723:745)


"È stato necessario ricordare l’origine del­la proposta legislativa per non dimenti­carne lo scopo: evitare che in futuro si concludano nello stesso tragico modo di Eluana le vite di persone che si trovano nella più grave forma di disabilità: uno stato di persistente incoscienza.Bisogna tenere presente che l’ordina­mento risulta modificato dalla giuri­sprudenza sul caso Eluana. Gli articoli del Codice penale 579 (omicidio del con­senziente) e 580 (istigazione e aiuto al suicidio) e articolo 5 del Codice civile (di­vieto di atti di disposizione del proprio corpo) non affermano più che il diritto alla vita è indisponibile. Dicono – oggi a differenza di ieri – che il diritto alla vita è indisponibile salvo il caso in cui vi sia una perdita definitiva di coscienza e u­na volontà del malato di non vivere in tale condizione manifestata anche sol­tanto indirettamente con il pregresso «stile di vita».

Solo una legge può cor­reggere l’errore giurisprudenziale che è stato commesso, ristabilendo in tutta la sua estensione e in tutte le loro implica­zioni il principio di indisponibilità della vita umana."

Carlo Casini, Avvenire, 4/11/2010

martedì 9 febbraio 2010

Chi ha scritto davvero il progetto Calabrò?/1


“Il progetto Calabrò è una buona proposta”: così, abbiamo visto, il Presidente del Movimento per la Vita giudica il progetto di legge approvato dal Senato della Repubblica e attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, auspicandone la rapida approvazione senza alcuna modifica, per evitare la necessità di un ritorno del testo al Senato.

Nel Manifesto Appello, il Comitato Verità e Vita, in modo puntuale, indica quelle norme del progetto che, di fatto e di diritto, introducono – almeno in parte – l’eutanasia nel nostro sistema giuridico; sottolinea, soprattutto che – contrariamente a quanto viene fatto trasparire a livello di mass media – il progetto non riguarda soltanto le dichiarazioni anticipate di trattamento, ma tocca questioni del tutto diverse e, in definitiva, permette ai sani di decidere della vita e della morte dei malati e degli incapaci, esattamente come accadde quanto alla decisione del padre – tutore di Eluana Englaro.
Preoccupa constatare che di queste previsioni il mondo prolife e il mondo cattolico tace, ignorandole: come se l’unico punto su cui combattere fosse quello concernente l’inserimento nel testamento biologico dell’interruzione della nutrizione e idratazione artificiale; con il rischio di scoprire che si tratta poco più che uno specchietto per le allodole, mentre i nemici della vita e fautori dell’eutanasia ottengono il risultato sperato inserendo ben altre previsioni.

Ripercorriamo le norme che il Comitato stigmatizza nel Manifesto Appello per scoprire, in primo luogo, chi le ha scritte davvero.

Come è nato infatti il progetto Calabrò? Il sen. Calabrò era relatore del progetto di legge alla Commissione Igiene e Sanità del Senato che ha per prima esaminato il testo di numerose proposte di legge: la sua prima opera è stata quella di collazionare il testo di tutte le proposte, verificarne le coincidenze e le divergenze, proporre un testo base unitario su cui discutere per giungere ad un progetto da proporre all’Assemblea.
Come si vede, quindi, proprio da come si è avviata la discussione parlamentare – molti progetti di segno nettamente diverso di cui, in prima battuta, doveva essere fatto una sorta di collage – era del tutto prevedibile che nel progetto approvato definitivamente dal Senato (e che ora si cerca di approvare senza modificazioni alla Camera) si potessero rintracciare brani presenti nell’uno o nell’altro progetto.

Ma, siccome l’attività parlamentare non è semplice combinazione di proposte diverse ma, piuttosto, contrapposizione – a volte accesa – tra ideologie e opinioni politiche, morali e sociali del tutto diverse, sotto questo collage sta un braccio di ferro: lo avrà vinto chi, a progetto definitivo approvato, sarà riuscito a far transitare nel testo della legge quelle previsioni che qualificavano il proprio disegno.
E allora: chi ha vinto il braccio di ferro conclusosi al Senato?

Partiamo dalle norme che attribuiscono ai tutori degli incapaci, agli amministratori di sostegno e ai genitori dei figli minori il potere di decidere le terapie mediche da erogare o da non erogare – o da interrompere – agli interdetti, agli assistiti e ai figli minori.

Parliamo dell’ipotesi “classica” di eutanasia: ad una persona viene attribuito il potere di decidere la vita e la morte di un’altra persona che non può farlo autonomamente e la decisione viene presa in ragione delle condizioni di salute della vittima; o meglio: i motivi della decisione di uccidere – o di lasciar morire mediante l’omissione di terapie o alimentazione – sono lasciati a colui che deve decidere, cui viene attribuito il diritto di vita e di morte.

Nel prossimo post vedremo come il progetto Calabrò regola questa ipotesi e chi ne è l'ispiratore.

Giacomo Rocchi

sabato 30 gennaio 2010

Fare presto ... per non far capire?


"Roma Sette", giornale on line della Diocesi di Roma, riporta l'intervento di Carlo Casini alla tavola rotonda del 27 gennaio scorso sulle problematiche del fine vita all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma:


"Sul fine vita ci vuole una legge rapida. Sono molto preoccupato per i
ritardi nell’approvazione della legge Calabrò in discussione in questi
giorni alla Camera. Fate presto ..."


Così l'on. Casini ha riproposto il motivo dell'intervento legislativo:


"Prima della morte di Eluana contrastavamo ogni intervento legislativo sul
fine vita, perché la Costituzione già sanciva il principio di indisponibilità
della vita. Con la sua morte il nostro ordinamento è
cambiato.
Auspichiamo la rapida approvazione di una legge".

L'articolo riporta il giudizio sintetico sulla proposta in discussione alla Camera dei Deputati:


"Il testo Calabrò è una buona proposta, in caso da
blindare in Senato"


Perché questa fretta? Quale risultato si vuole raggiungere?

Tre risposte possibili:

- per evitare che altre persone in stato vegetativo persistente possano essere lasciate morire come Eluana Englaro. Per questo risultato bastava la proposta Sacconi che la maggioranza - dopo che il Presidente Napolitano aveva rifiutato la propria firma sul decreto -legge - aveva promesso di approvare in pochi giorni ... Come mai la proposta di legge Calabrò è tutta diversa da quel decreto -legge?


- per motivi strettamente politici: le elezioni sono vicine e nessun politico vuole farsi trascinare su queste questioni in campagna elettorale. Comunque sarebbe un successo approvare in fretta una legge per poi lamentarsi delle sentenze dei giudici "cattivi" o della Corte Costituzionale o, meglio ancora, per poi convincere i cattolici ad astenersi sul prossimo referendum ("sempre meglio che nulla ... è il primo passo")


- per impedire che la gente capisca fino in fondo.


Noi, invece, vogliamo ragionare e discutere e le questioni vere le abbiamo messe nero su bianco nel nostro Manifesto - appello.


Vorremmo che l'on. Casini - pubblicamente - rispondesse alle domande sul contenuto della proposta di legge in discussione alla Camera e non si limitasse a manifestare la fretta:

- è vero che il progetto di legge permette ai genitori dei minori e ai tutori degli interdetti (come Beppine Englaro era della figlia) di impedire terapie salvavita?

- è vero che i medici non potranno fare nulla di fronte al rifiuto dei genitori o dei tutori?

- è vero che i medici non avranno più l'obbligo di tentare di salvare la vita dei pazienti?

- è vero che le Direzioni Sanitarie potranno impedire terapie "sproporzionate", discriminando tra i ricoverati in base alle loro condizioni di vita e all'età?

- è vero che per fare testamento biologico basterà una firma su un modulo?

- è vero che nessuno potrà valutare se colui che aveva firmato il modulo si trovava in piena libertà od era stato pienamente informato?


Aspettiamo risposte.


Giacomo Rocchi

lunedì 18 gennaio 2010

"Perché non ci sia più un'altra Eluana Englaro"






Questo è lo slogan che campeggia nella home page del Movimento per la Vita che, ripetutamente, ha chiesto che la Camera dei Deputati approvi senza ritardo il progetto di legge Calabrò nel testo uscito dal Senato.

Nel sito del Movimento per la Vita è presente anche una documentazione ampia che contiene anche l'ultimo contributo inviato ai Deputati il 14/12/2009: "La legge sul fine vita dopo il caso Eluana. Un contributo di riflessione". Ognuno può accedere a questi documenti.

Non siamo d'accordo e il nostro Manifesto Appello spiega ampiamente i motivi: quella legge - a prescindere dalla buona fede o dalle ottime intenzioni di chi l'ha confezionata e di chi la sostiene, è un "secondo passo" (il primo è stato la morte procurata di Eluana Englaro) nella direzione dell'eutanasia.
Sappiamo bene - lo abbiamo visto proprio con la legge 40 sulla fecondazione artificiale - che il danno che può fare un "legislatore distratto" o, peggio ancora, un legislatore disposto a scendere a compromessi (espliciti oppure taciti) su questioni non negoziabili è un danno enorme: in una clamorosa eterogenesi dei fini, la legge 40 ha autorizzato e finanziato (quasi) tutto ciò che i legislatori dicevano di volere vietare e limitare.
Un po' di diffidenza è quindi giustificata ...

A leggere i testi del MpV sembra che la legge Calabrò sia fatta soltanto di poche norme: la proclamazione della inviolabilità e indisponibilità della vita umana e la regolamentazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento, non vincolanti per il medico e che non possono contenere il rifiuto di alimentazione e idratazione.
Perché, allora, giustificare questa normativa con la morte procurata di Eluana Englaro? "... solo la legge può assicurare che in altre situazioni simili non si pervenga ad un identico esito ... dopo la morte di Eluana la legge è divenuta indispensabile per riparare la falla ... un rinvio al Senato con conseguenti ritardi che potrebbero consentire la morte di altre persone in condizioni paragonabili a quella di Eluana".

Qualcosa non torna: il caso Englaro non è quello di una donna le cui dichiarazioni anticipate di trattamento non erano state rispettate (non le aveva fatte); piuttosto è il caso in cui ad una persona, il padre - tutore, è stato attribuito il potere di decidere della morte della figlia - interdetta.
Allo stesso modo le "altre persone" in stato vegetativo che la normativa dovrebbe salvare non hanno fatto testamento biologico.

Ma la legge prevede qualcosa sul potere dei tutori sulle cure salvavita degli interdetti?
On. Casini: In base alla legge Calabrò, Beppino Englaro avrebbe potuto rifiutare per la figlia l'inserimento del sondino artificiale che l'ha tenuta in vita per molti anni?
In base alla legge Calabrò, Beppino Englaro avrebbe potuto rifiutare di curare una polmonite alla figlia in stato vegetativo ritenendo la terapia "di carattere sproporzionato"?
In base alla legge Calabrò, i genitori di un neonato prematuro a rischio di disabilità possono rifiutare le terapie intensive che "rischiano" di mantenerlo in vita?
In base alla legge Calabrò, un amministratore di sostegno di un anziano colpito da demenza senile può negare il consenso ad una terapia oncologica?
E rispetto al rifiuto di tutori, genitori, amministratori di sostegno, i medici possono curare ugualmente i pazienti? Sono obbligati a rivolgersi al giudice o possono astenersi da qualunque intervento?
Parliamo davvero di tutta la legge!

Giacomo Rocchi

































sabato 16 gennaio 2010

Giudici cattivi e buona legge ... siamo proprio sicuri?


La sentenza di Salerno sulla fecondazione in vitro è stata commentata dal Presidente del Movimento per la Vita:
si tratta di una decisione che ancora una volta fa carta straccia del principio di uguale dignità di ogni essere umano e del principio della solidarietà verso i più piccoli e più fragili. Una deriva che era già cominciata con l‘annullamento da parte della Corte Costituzionale di quella disposizione che vieta la produzione sovrannumeraria di embrioni”.
“La legge 40 afferma fin dal suo primo articolo che anche il figlio è soggetto titolare di diritti fin dalla fecondazione. Gravissima è dunque da parte del giudice la disapplicazione della norma. Una disapplicazione che suona come rivolta contro il legislatore che ha approvato la legge 40 e contro la volontà popolare che quella legge ha difeso con maggioranze plebiscitarie”.
“Contro questo atteggiamento che non è nasce e rischia di non fermarsi a Salerno, non c’è che un solo rimedio: proclamare con forza legislativa non ignorabile e sottratta alla libera interpretazione dei magistrati che tutti gli esseri umani sono uguali fin dal concepimento. Questo è il senso e lo scopo della modifica dell’articolo 1 del Codice Civile che è stata già proposta alla Camera ed al Senato. Auspico che le forze politiche trovino la compattezza per farla mettere presto in discussione e sostenerla
”.
Sappiamo che l'on. Casini è uno dei "padri" della legge 40 ed ha condotto la battaglia per l'astensione al referendum; comprendiamo, quindi, che le vicende che si sono susseguite negli ultimi tempi - che hanno dimostrato quale sia il reale contenuto della legge 40 - lo inquietino: nel 2005 agli elettori cattolici fu spiegato che far fallire il referendum era una battaglia per la vita, che difendeva una legge "imperfetta", ma che "funzionava" nell'eliminare il "far west della provetta".
Egli sa, però, che mettere insieme Corte Costituzionale e giudici di primo grado è scorretto; e, soprattutto, che dar la colpa ai giudici "cattivi" (qualcuno potrebbe definirlo una "sport nazionale") spesso è un espediente che nasconde altro ...
Qualche esempio? La legge non prevede nessuna sanzione per il medico che applichi le tecniche di fecondazione assistita alle coppie fertili ed affida agli stessi medici dei centri la certificazione dell'infertilità: come stupirsi se un Giudice ritenga che la sterilità della coppia non sia un requisito particolarmente importante?
La legge vieta la fecondazione eterologa e quella alle donne singole, ma permette di accedere alle tecniche coppie conviventi non sposate ed affida a loro l'autocertificazione sulla convivenza: come stupirsi se i centri (come ha documentato "Tempi") tranquillizzano le donne dicendo loro: "basta una firma, non importa se non convivete davvero"?
Potremmo continuare: ma non si tratta soltanto di un "legislatore distratto" o maldestro; è un legislatore che nella dignità umana dell'embrione non ci crede affatto!
La legge, nel dichiarare lecita la fecondazione in vitro, nega in radice "il principio di uguale dignità di ogni essere umano e il principio di solidarietà verso i più piccoli e i più fragili": l'embrione è un prodotto destinato a soddisfare i desideri degli adulti e, quindi, di per sé, non ha nessuna dignità!
Si pensi all'orrore verso la pratica del congelamento degli embrioni, una pratica disumana, quasi una tortura. Ma cosa pensereste di una legge sulla tortura che dicesse: "la tortura nei confronti degli esseri umani è vietata, salvo casi particolari"? Eppure la legge 40 prevede casi particolari (che ovviamente sono stati estesi nella loro applicazione) in cui quel tipo di tortura verso gli embrioni è ammessa.
E ancora: cosa possiamo pensare di una legge che vieta la soppressione degli embrioni, "salvo quanto previsto dalla legge 194 sull'aborto"? E' come se l'articolo del codice penale sull'omicidio dicesse: "è vietato uccidere un essere umano, salvo i casi in cui qualcuno voglia ucciderlo" (perché - tutti lo sanno - l'aborto volontario è permesso sempre).
Qualche giorno fa ha impressionato un giornale laico la notizia di un aborto selettivo compiuto su uno dei tre gemelli concepito da fecondazione in vitro: ma è un caso che la legge 40 autorizza espressamente!
On. Casini: davvero crede che la riforma dell'articolo 1 del codice civile cambierà le cose?
Spiegherà a coloro che espressero "la volontà popolare con maggioranze plebiscitarie" che stavano difendendo una legge ingiusta?
Per quanto tempo ancora sarà possibile nascondersi dietro la necessità di eliminare il "far west della provetta"? Perché: quello di ora cosa è?
Giacomo Rocchi

domenica 16 agosto 2009

Aborto: qualcosa è cambiato? /7



Non aveva forse ragione Carlo Casini quando, mentre era in corso la battaglia per l’approvazione della legge che legalizzava l’aborto, osservava: “Uno Stato che si fa distributore di morte, lungi dal combattere per rimuovere le cause dell’aborto, crea un ulteriore e gravissimo incentivo ad esso. (…) Il monopolio dell’aborto è davvero un antidoto all’aborto? Checché se ne dica, la principale causa che spinge molte donne ad interrompere la gravidanza è il diminuito senso del valore del nascituro nella coscienza sociale così come nella mente e nel cuore delle mamma. Uno Stato che si offra come “braccio secolare”, come esecutore di morte (boia? killer?), non contribuisce forse ad aumentare il peso della più importante causa dell’aborto? (…) Ma è poi errata – a mio giudizio – l’affermazione che l’indigenza sia la principale causa dell’aborto. In questi ultimi due anni la professione mi ha fatto incontrare centinaia di donne che hanno abortito o avevano intenzione di abortire. (…) E’ mio dovere però dire che quasi mai sono state addotte ragioni di indigenza. Molte erano le donne sposate con due figli, che non volevano il terzo, molte le studentesse universitarie. Nessuna, comunque, era più povera della mia poverissima madre. Mi è apparso chiaro, allora, che la principale causa dell’aborto è quella che ho già indicato: l’illanguidirsi nella coscienza sociale del valore del concepito come individuo della specie umana”.

Non avevano forse ragione i Vescovi italiani (nella foto il card. Antonio Poma) che, subito dopo l’approvazione della legge 194, ribadivano che “nel suo intervento circa la vita nascente, la comunità politica non può restringersi all'emanazione di una legge, peraltro necessaria, che proibisca come reato l'aborto, da punirsi tuttavia con giustizia ed equità, tenendo conto delle situazioni concrete, in cui é stato commesso” e aggiungevano che “quando autorizza l'aborto lo Stato contraddice radicalmente il senso stesso della sua presenza e compromette in modo gravissimo l'intero ordinamento giuridico, perché introduce in esso il principio che legittima la violenza contro l'innocente indifeso”, definendo così la legge che autorizzava l’aborto “legge intrinsecamente e gravemente immorale”?

A quel tempo non si aveva timore di indicare il dovere politico dei cristiani di “richiamare, con coraggio e con metodi democratici, il dovere di rispettare la vita umana sin dal suo inizio, denunciando di conseguenza l'iniquità della legge abortista; di operare una lettura critica dell'attuale normativa sull'aborto e di rilevare le profonde contraddizioni che essa presenta con la Costituzione e all'interno dei suoi stessi articoli; e di operare per un superamento della legge attuale, moralmente inaccettabile, con norme totalmente rispettose del diritto alla vita"; e si sottolineava il particolare dovere dei politici cristiani, “più direttamente responsabili di leggi che incidono sul costume dei cittadini”, di non “sentirsi dispensati dal dovere morale di lavorare per contenere il più possibile gli effetti negativi della legge abortista vigente e soprattutto di spingere verso un suo superamento. Ciò é tanto più urgente quanto più manifestamente ingiusta é la legge emanata”.

Buttiglione queste cose le sa: ma non rinuncia a proporre la favola (non solo sua) secondo cui la coscienza sociale nei riguardi dell’aborto sta cambiando, anche per merito di iniziative come la sua: “Tutti siamo cambiati. Chi volle la 194 oggi riconosce, grazie pure alle scoperte scientifiche su embrione e DNA, che il feto non è un grumo di sangue nel corpo della donna: il feto è una vita”.
Si tratta di una ricostruzione contraria alla storia e alla verità: da una parte la maggioranza che approvò la legge 194 non negava affatto che il bambino (giustamente Bellieni mette in guardia dall’utilizzo dell’espressione feto per indicare il bambino prima di nascere: è un bambino!) fosse una vita, tanto da inserire (ipocritamente) la norma della “tutela della vita umana fin dal suo inizio”; la posizione prevalente era esattamente quella espressa dalla Turco (la libertà della donna è la migliore garanzia per il bambino); ma soprattutto, questi trent’anni hanno dimostrato una progressiva e inarrestabile scomparsa del bambino: la banalizzazione dell’aborto è ormai avvenuta, si ignora l’uccisione di un bambino, le sue modalità cruente e crudeli.

Non basta: esattamente all’opposto di quanto sostiene Buttiglione, parte della coscienza sociale è ormai disposta a negare la dignità umana – e quindi ad uccidere – anche a persone già nate, sulla base della loro condizione di disabilità, della loro “inutilità”, della malattia: neonati con handicap, pazienti in stato vegetativo e poi, via via, malati di Alzheimer, anziani in stato di demenza ecc.

Non è stata forse la liberalizzazione dell’aborto operata dalla 194 a permettere di far crescere questa mentalità? L’aborto eugenetico “suggerito” esplicitamente per le gravidanze dopo il terzo mese non è stato forse il nucleo fondante di questa sensibilità?

Giacomo Rocchi

sabato 30 maggio 2009

Una buona legge interpretata male?

Il card. Bagnasco, nella Prolusione all'Assemblea Generale dei Vescovi Italiani, non ha eluso il tema della bioetica.

Secondo il Presidente della CEI, "avere a cuore i temi della bioetica è un modo, non l'ultimo, per avere a cuore l'uguaglianza di tutti gli esseri umani. Non si può assolutizzare una situazione di povertà a discapito delle altre; ma non si può nemmeno distinguere tra vita degna e vita non degna".

Quale è il compito della Chiesa? "La sua iniziativa non ha mai come scopo una qualche egemonia, non usa l'ideale della fede in vista di un potere. Le interessa piuttosto ampliare i punti di incontro perché la razionalità sottesa al disegno divino sulla vita umana sia universalmente riconosciuta nel vissuto concreto di ogni esistenza e per una società veramente umana".

Ampliare i punti di incontro ... Cosa comporta questo obbiettivo in una società in cui, appunto, qualcuno - molti, ormai - distingue tra vite degne e vite non degne? Oppure - il che è lo stesso - sostiene che l'uomo in certi stadi della sua esistenza non è uomo oppure non è veramente vivo?
Il cardinal Bagnasco troverebbe punti di incontro con chi fosse schiettamente razzista? o con chi affermasse il diritto della società ad eliminare i disabili?

Vediamo intanto in che modo questo obbiettivo, questa metodologia, influisce sulle prese di posizione sui singoli problemi.
Vediamo, ad esempio, il tema della fecondazione extracorporea:
"In questa chiave, e a proposito di un ambito delicatissimo come quello della fecondazione artificiale, non possiamo tacere il rischio strisciante di eugenetica che potrebbe insinuarsi nel nostro costume a causa di interpretazioni della legge 40/2004, che forzosamente vengono avanzate sul piano della prassi come su quello giurisprudenziale".

Qualche riflessione:
Perché quello della fecondazione artificiale è un ambito delicatissimo? I vescovi non dovrebbero avere particolari difficoltà: la Chiesa Cattolica ha sempre respinto ogni ipotesi di separazione tra unione fisica e generazione (e tra matrimonio e generazione) e, visti gli orrori che la fecondazione in vitro ha prodotto (clonazione, soppressione di innumerevoli embrioni, eugenetica, confusione tra semi umani e animali ecc.), potrebbero tranquillamente affermare che abbandonare il disegno divino sulla vita umana e la sua razionalità significa cadere in questi misfatti.
Forse l'ambito è diventato delicatissimo perché i vescovi italiano hanno sostenuto una legge che autorizza e finanzia la fecondazione extracorporea?
E ancora: il cardinal Bagnasco è sicuro che il rischio strisciante di eugenetica derivi solo da interpretazioni e prassi forzate della legge 40? Davvero ignora che la fecondazione in vitro - che nega in radice la dignità dell'embrione, ridotto a mero prodotto - ha in sé il germe - per niente strisciante, ma esplicito - dell'eugenetica? Non sa, ad esempio, che le banche del seme (con i cataloghi: biondo, alto, intelligente ...) esistono da decine di anni? O che la diagnosi genetica preimpianto non è stata certamente inventata due anni fa in Italia, ma è tecnica che da tempo fa parte delle procedure (con selezione dei gameti, sovrapproduzione degli embrioni, scelta degli embrioni da impiantare, aborti eugenetici ecc.)?
Ma soprattutto: al cardinal Bagnasco interessano soltanto gli embrioni che vengono soppressi per motivi eugenetici o tutti gli embrioni che muoiono (70.000 ogni anno in Italia)? L'accettazione di questa strage da parte del popolo italiano (così come l'accettazione della strage di bambini abortiti) non incide forse sul nostro costume?
Un'ultima domanda: al Presidente della CEI è venuto qualche dubbio che la legge 40 non fosse un primo passo nella giusta direzione?
Giacomo Rocchi