mercoledì 6 maggio 2009

Come è difficile essere prolife/2 Spagna



Abbiamo già parlato in un precedente post (Schizofrenia?) della battaglia in corso in Spagna per fermare la riforma della legge sull'aborto voluta da Zapatero; abbiamo visto come, in realtà, la maggioranza socialista punti ad approvare una legge sostanzialmente analoga alla legge 194 italiana (in particolare: piena libertà di aborto nei primi tre mesi di gravidanza) e come coloro che si oppongono alla riforma si trovano a difendere una legge già molto permissiva, che ha prodotto anch'essa centinaia di migliaia di bambini uccisi nel grembo materno.

Recentemente una novità importante è venuta dalla "Dichiarazione di Madrid" (http://www.hazteoir.org/node/18344), sottoscritta da oltre 2.000 professori universitari, scienziati, medici, alti funzionari.
Molto bello - e tipicamente pro-life - è l'approccio: guardare alla realtà dei fatti, a ciò che avviene nell'aborto procurato: "esiste un evidenza scientifica che la vita inizia dal momento del concepimento ... Le conoscenze attuali lo dimostrano: la Genetica segnala che la fecondazione è il momento in cui si costituisce la identità genetica singola; la biologia cellulare spiega che gli esseri pluricellulari sono costituiti da una singola cellula iniziale, lo zigote, nel cui nucleo si trova la informazione genetica che si conserva in tutte le cellule ... la Embriologia descrive lo sviluppo e rivela come esso si svolge senza soluzione di continuità" (il documento prosegue sottolineando la individualità dell'embrione rispetto al corpo della madre).

L'affermazione centrale - che sembra scontata, ma dimostra la consapevolezza dell'impossibilità di restare in silenzio - cade quindi come una conseguenza di una realtà indiscutibile e scientificamente accertata: "Un aborto non è soltanto l' interruzione volontaria della gravidanza, ma piuttosto un atto semplice e crudele di interruzione di una vita umana".
Non vengono taciute altre verità scomode.
La donna soffre: "L'aborto è un dramma, con due vittime: uno muore e l’altra sopravvive e soffre ogni giorno le conseguenze di una decisione così tragica e irreparabile. Chi abortisce è sempre la madre che soffre anche delle conseguenze, anche se sono il risultato di un atto consapevole e volontario" (viene poi descritta la sindrome post aborto); ella non viene affatto liberata da una legge liberalizzatrice dell'aborto: "Lungi dal ritenere che sia la conquista di un diritto per le donne, una legge sull’aborto senza limitazioni renderà la donna l’unica responsabile di un atto di violenza contro la vita del proprio figlio"; ancora più drastico il giudizio sulla liberalizzazione dell'aborto delle minorenni: "Obbligare una giovane a decidere da sola ad una età così tenera è irresponsabile ed è una chiara forma di violenza contro le donne".
L'obiezione di coscienza è un diritto inviolabile: "è necessario rispettare la libertà di obiezione di coscienza in questa materia, dato che non può costringere qualcuno ad agire contro detta coscienza".

La liberalizzazione dell'aborto corrode il tessuto sociale: "L'aborto è un dramma per la società. Una società indifferente all’uccisione (“matanza”) di circa 120.000 bambini all’anno è una società distrutta e malata".

Il documento ha fatto scandalo e, ovviamente, un contromanifesto ha sostenuto l'obbligo della neutralità della scienza nei confronti dell'aborto: come se i fatti naturali, scientifici, dovessero essere taciuti dagli stessi scienziati per convenienza politica.
Un grande successo del movimento pro-life, quindi?
Non è esattamente così, come dimostra l'articolo apparso su Il Sussidiario il 28/4/2009 a firma Nicolás Jouve de la Barreda, primo firmatario della Dichiarazione (http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=18475).
L'autore scrive: "Rispetto all’appoggio ricevuto, è evidente che il nostro bilancio è molto positivo, data la quantità e la tipologia di adesioni ricevute. Tuttavia sarebbero potute essere di più se persone di buona volontà che, come noi, si oppongono al tremendo problema dell’aborto in Spagna non avessero fatto degli errori di interpretazione. Mi riferisco alla delirante interpretazione secondo cui il manifesto contiene alcune dosi di relativismo morale, tesi non meno pericolosa di quella che ci vede favorevoli all’aborto con dei limiti temporali."
De la Barreda ribadisce la limpidezza dell'ispirazione del documento nella chiusura dell'articolo: "Abbiamo detto al ministro che stiamo parlando della vita e della morte. Che occorre sostenere e aiutare l’adozione. Che bisogna aiutare la donna incinta a essere madre. Che l’aborto non è la soluzione, ma una pratica insensata che deve essere abolita e che al momento deve restare fuori da qualsiasi confronto politico e attenersi al campo del significato biologico, della dignità della vita umana nascente, della prassi medica e delle conseguenze per il non nato, la madre e la società.
Tutto quello detto sopra si riassume in un grande Sì alla vita e in un No all’aborto
".

Chi sono coloro che hanno fatto un "errore di interpretazione"? Fanatici, integralisti, deliranti?
Possibile che anche in un momento come questo in cui la battaglia per la vita infuria sia inevitabile dividersi?
(nella foto la manifestazione oceanica per la vita e contro la riforma Zapatero)

Ma la Dichiarazione di Madrid è stata davvero mal interpretata?
Lo vedremo fra qualche giorno.

Giacomo Rocchi

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