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giovedì 21 maggio 2009

Se questo è un uomo




Hanno fatto scalpore le dichiarazioni che il Ministro dell'Uguaglianza spagnolo, Bibiana Aido, ha effettuato nel corso di una trasmissione radiofonica:
Un feto di 13 settimane è «un essere vivente, chiaro», ma «non possiamo parlare di essere umano, perché questo non ha nessuna base scientifica».
«Non c’è prova scientifica per dire che» un feto di 13 settimane «è un essere umano né per non dirlo, mi baso sul manifesto che hanno elaborato gli scienziati», ha chiarito più tardi Aído.
Il ministro fa riferimento al documento che un folto gruppo di scienziati ha approvato in contrapposizione alla Dichiarazione di Madrid.
Conosciamo già la Dichiarazione di Madrid che riaffermava con forza la realtà dell'essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale e ribadiva una constatazione: l'aborto è l'uccisione di un uomo.

Erano affermazioni false?
Vediamo come gli altri "scienziati" hanno risposto (nella foto Juan Lerma, promotore del documento):
"I dati scientifici disponibili sulle fasi dello sviluppo embrionale sono dati oggettivi la cui interpretazione e la diffusione devono essere esenti da influenze ideologiche o credenze religiose. Pertanto, denunciamo l'uso ripetuto del termine "scientifico", con riferimento a pareri in cui né la genetica né la biologia cellulare né l'embriologia hanno da proporre argomenti decisivi.
Il momento in cui un essere può essere considerato un essere umano non può stabilirsi mediante criteri scientifici: la conoscenza scientifica può chiarire determinate caratteristiche funzionali ma non può affermare o negare se queste caratteristiche conferiscono all’embrione la condizione di essere umano così come essa si applica alle persone sviluppate della specie umana.
Questo rientra nell’ambito delle convinzioni personali, ideologiche o religiose
".
Ecco che, improvvisamente, gli scienziati che pretendono da tempo di dirci ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come devono essere fatte le leggi, come si dovrebbero comportare le persone, diventano timidi: "noi vi diamo solo delle conoscenze, ma non possiamo dire nulla ..."
Si suppone che una posizione del genere possa applicarsi anche alle idee naziste, o ai sostenitori della legittimità della schivitù per gli uomini di colore ...
Giacomo Rocchi





sabato 9 maggio 2009

Come è difficile essere pro-life/ Spagna 2

Abbiamo parlato della Dichiarazione di Madrid, sottoscritta da oltre 2.000 medici, professori universitari, scienziati, alti funzionari, nella quale vengono proclamate realtà che molti non vorrebbero sentire: che un embrione è un uomo fin dal momento del concepimento, che l'aborto è l'uccisione crudele di un bambino e non solo l'interruzione di una gravidanza, che esso lascia una sofferenza indelebile sulla madre, che la sua legalizzazione corrompe l'intera società: come vorremmo che affermazioni analoghe venissero sottoscritte e proclamate nel nostro Paese!

Abbiamo però visto come siano sorte difficoltà da parte di "intransigenti", accusati di aver frainteso alcuni passaggi della Dichiarazione.

Vediamoli:
"È essenziale che la donna che intende abortire adotti liberamente la sua decisione dopo una conoscenza informata e accurata del procedimento e delle sue conseguenze";

"È necessario che le donne che scelgono l'aborto siano consapevoli delle conseguenze psicologiche di un tale atto e, in particolare, della sindrome psicopatologica conosciuta come la "sindrome postaborto";

"L'aborto è particolarmente difficile per una ragazza di 16-17 anni, per la quale si pretende di privarla della presenza, del consiglio e del sostegno dei suoi genitori rispetto alla decisione di proseguire con la gravidanza o di abortire. Obbligare una giovane a decidere da sola ad una età così tenera è irresponsabile ed è una chiara forma di violenza contro le donne."

"(la proposta socialista) peggiora la situazione attuale e disegna una società che, piuttosto che desiderare una nuova legge per legittimare un violento atto per il nascituro e sua madre, reclama una regolamentazione per fermare le frodi e gli abusi messi in atto dai centri in cui vengono eseguiti aborti".

Salta agli occhi, in primo luogo, ciò che manca: la richiesta di vietare l'aborto volontario. L'unico accenno ad una legislazione auspicata riguarda la repressione delle "frodi e degli abusi" messi in atto dalle cliniche che eseguono gli aborti (che, pare, falsifichino la settimana di gravidanza o i motivi per cui si procede all'aborto).
Come mai questa mancanza? Eppure le solenni - ed esatte - affermazioni sulla realtà cruenta dell'aborto inducono inevitabilmente a questa richiesta.
Nicolas Jouve de la Barreda, nell'articolo su Il Sussidiario che abbiamo già menzionato, in una sorta di excusatio non petita, scrive: "Per noi che abbiamo promosso il manifesto è implicita l’abolizione dell’aborto in Spagna".
La richiesta è rimasta, quindi, inespressa.

De la Barreda scrive ancora: "Coloro che hanno incontrato in questo punto una difficoltà per aderire al manifesto, sbagliano ad interpretarlo come un’accettazione della legge attuale quale “male minore”. (...) Occorre ricordare che la situazione attuale è quella che è e che può diventare decisamente peggiore, come sembrerebbe emergere dalla legge che sta preparando il ministero dell’Uguaglianza. Siamo convinti che informare una donna per cercare di dissuaderla dall’abortire sia più realista e pratico che dire un semplice no all’aborto. Quel che facciamo è denunciare l’inosservanza della legge attuale in qualcosa di così elementare come l’obbligo di avere il consenso informato, come deriva dalla Dichiarazione dei diritti umani e dal Trattato di Helsinki. La realtà è che oggi molte donne sono ingannate, spinte o forzate all’aborto, fondamentalmente vittime di una bugia e ignare del fatto che quel che faranno è niente meno che uccidere il proprio figlio.(...) Per tutto questo ci è sembrato ragionevole ricordare nel manifesto che nell’attuale legge sull’aborto vi è una prescrizione che non viene osservata e che, se venisse rispettata, salverebbe molte vite".

"Nel manifesto è implicita la nostra posizione antiabortista anche quando ci opponiamo all’assurdo ed egoista slogan “noi partoriamo, noi decidiamo”, poiché in nessun caso abortire equivale a togliersi un neo o un dente."

"Occorre promuovere la protezione e l’aiuto alle donne incinte perché portino avanti la vita dei propri figli. Se non possono mantenere il figlio, occorre promuovere leggi che aiutino l’adozione. Una donna non è libera quando è condizionata dal fatto di non avere una famiglia che accolga la gravidanza, o dal fatto che quando nascerà il bambino non potrà lasciarlo in un asilo o che non troverà un posto di lavoro. Con tutti questi condizionamenti una donna non può scegliere liberamente."

Riferendo del colloquio avuto con il Ministro proponente, De la Barreda riferisce:
"Abbiamo detto al ministro che stiamo parlando della vita e della morte. Che occorre sostenere e aiutare l’adozione. Che bisogna aiutare la donna incinta a essere madre. Che l’aborto non è la soluzione, ma una pratica insensata che deve essere abolita e che al momento deve restare fuori da qualsiasi confronto politico e attenersi al campo del significato biologico, della dignità della vita umana nascente, della prassi medica e delle conseguenze per il non nato, la madre e la società.
Tutto quello detto sopra si riassume in un grande Sì alla vita e in un No all’aborto"

Davvero la Dichiarazione di Madrid era stata equivocata?

Giacomo Rocchi