lunedì 19 settembre 2016

In Belgio un minore è stato ucciso con eutanasia, ai sensi della legge vigente dal 2014

E’ di questi giorni la notizia che in Belgio un minore - non se ne conosce né il nome né il sesso – è stato ucciso con eutanasia, ai sensi della legge vigente in quel Paese dal 2014. Una notizia che suscita orrore e raccapriccio: lo scempio del diritto e della pietas per un figlio che è stato consegnato al gelo dell’iniezione letale da genitori che non hanno saputo o voluto accompagnarlo all’ultimo giorno, privandolo di quanto più umano possa rendere sopportabile il dolore e l’avvicinarsi della fine, il senso appunto di quel soffrire e la speranza che la vita continui altrove.
La notizia viaggia sul web, dove un delirante sondaggio M5s sta tentando di accreditare l’opinione di una larga maggioranza favorevole a tale pratica, e sui giornali. Si leggono indignazione e sconcerto da parte di alcuni, ma, tutto sommato, sembrano prevalere, oltre alle dichiarazioni e ai commenti che esprimono aperta soddisfazione - come quelli dell’ associazione radicale Coscioni, sempre pronta a gettarsi sul caso disperato per farne una bandiera – le opinioni di quanti, anche solo in filigrana, fatto salvo il lacrimoso pietismo per il presente caso, finiscono con il considerare la pratica eutanasica una scelta di civiltà che esalta l’autodeterminazione dell’individuo e che è lecito poter compiere in determinate situazioni sotto l’ombrello di una legge che ne normi le procedure.
Nel nostro Paese la corsa all’eutanasia è per il momento ferma: le cinque proposte di legge presentate da parlamentari M5s, Pd e Sel e la legge di iniziativa popolare sottoscritta dalle firme raccolte dall’associazione Coscioni, sono quiescenti nelle Commissioni Giustizia e Affari sociali alla Camera.
 Ma anche se per ora non se ne parla, e l’eutanasia sembra lontana, il pericolo è vicino, tanto più grande perché mascherato e perciò più insidioso, in quanto meno percepibile.
 Infatti in Commissione Affari sociali alla Camera è in discussione proprio in questi giorni il testo unificato dal titolo Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento DAT.
Il Testamento biologico si ripresenta così, dopo che tre anni fa, quasi in dirittura di arrivo, la fine della legislatura l’aveva fatto decadere stornando in tal modo tutti i concreti approdi verso l’eutanasia che conteneva e che il Comitato Verità e Vita aveva puntualmente evidenziato.
Oggi il rischio non è minore. Che tra i firmatari dei progetti che hanno portato alla stesura del testo unificato e di quanti partecipano alle discussioni in Commissione siano annoverati nomi come quelli di Binetti, Buttiglione, Di Virgilio, Roccella, contribuisce senz’altro a creare tranquillità e fiducia che la legge verrà contenuta in limiti accettabili e che saranno indubbiamente posti paletti adeguati perché non si scivoli verso derive eutanasiche.
Ma sappiamo bene per esperienza quanto facilmente cadano i paletti sotto i colpi di magistrati creativi e di sentenze della corte d’Europa.
La legge del piano inclinato è ineluttabile
Belgio e Olanda docent.

MARISA ORECCHIA

domenica 29 maggio 2016

Cure inutili?

Dalla sentenza con la quale la Corte di appello di Brescia ha
confermato le condanne dei responsabili dell'allevamento di cani "Green Hill" alla pena della reclusione di anni uno e mesi sei:
"rispondeva ad una precisa scelta aziendale quella di praticare l’eutanasia in modo disinvolto, preferendo sopprimere il cane piuttosto che curarlo adeguatamente così risparmiando i costi di cure lunghe e incerte, che avrebbero magari reso difficile la vendibilità del "prodotto""

Articolo 1 progetto di legge sul consenso informato approvato da Senato e Camera dei Deputati nella precedente legislatura e quasi diventato legge dello Stato:
"La presente legge … garantisce che in casi di pazienti in stato di fine vita o in condizione di morte prevista come imminente, il medico debba astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura"

Un disegno di legge analogo è in discussione in Parlamento.

Insomma: ai cani malati è obbligatorio prestare "cure lunghe e incerte", per i pazienti umani ci si deve astenere da trattamenti straordinari ...

Giacomo Rocchi

lunedì 23 maggio 2016

Il bilancio di una vita di un medico non obiettore

Praticare un aborto significa uccidere un bambino. 
Questa è la semplice realtà di un atto che i medici conoscono bene, che siano obiettori o non obiettori, così come la conoscono tutte le persone, che siano donne che si sottopongono all'intervento o meno.

La legalizzazione dell'aborto volontario permette queste uccisioni, ma deve anche "educare" la popolazione, far sparire quel senso di orrore istintivo - e giusto - che si prova di fronte alla volontaria uccisione di un essere umano. 

Occorre, quindi, creare degli "eroi buoni", da contrapporre ai "cattivi". Come sappiamo, i cattivi per definizione sono gli obiettori di coscienza - quelli che si ricordano del giuramento di Ippocrate - mentre gli eroi buoni sono i medici che uccidono i bambini (a proposito: senza mai dire la parola bambino ...).

L'intervista al dr. Maurizio Bini apparsa sul blog del Corriere della Sera "La 27a ora" appartiene al genere letterario della creazione dell'eroe buono. 
Partiamo subito con una vita "faticosa, dolorosa e perfino pericolosa" - aggettivi buttati là senza nulla spiegare. Certo, lavorare stanca (il dr. Bini lavora da 33 anni all'ospedale Niguarda), ma questo non vale solo per i medici che praticano gli aborti ...
Quanto agli aggettivi "dolorosa" e "pericolosa", viene da chiedersi se non siano meglio riferibili ai bambini uccisi e alle madri alle quali il dr. Bini ha prestato il suo servizio ...

La vita dell'eroe buono - come da genere letterario - deve registrare specifici episodi in cui la virtù si mostra nel suo massimo fulgore. Il dr. Bini ne ricorda due. 
Il primo: 
"Maurizio Bini, 58 anni, non ha potuto essere presente alla morte del padre: «Era programmata una seduta di interruzioni di gravidanza proprio quel giorno. Quale altra scelta avevo?»
Quale altra scelta aveva? Le donne che avevano deciso di far uccidere i loro figli sarebbero morte se avessero aspettato qualche giorno?
Insomma - come lo stesso articolo annota subito dopo - "la famiglia è finita in secondo piano" per eseguire aborti. 
Il secondo episodio: 
 "in un indimenticabile 2 giugno: «Sono ritornato dalle vacanze apposta, perché una ragazza albanese giovanissima non era riuscita a trovare in tutta la Lombardia qualcuno che la aiutasse ad abortire prima che scadessero i termini di legge, nonostante il feto avesse una grave malformazione»
Eccolo qui l'eroe: che corre per riuscire ad uccidere un bambino in tempo (guai che riesca a nascere!), con due "medaglie" in più: avere "servito" una minorenne - si sa, per una ragazza è sempre un bene giungere alla maggiore età con un aborto alle spalle ... - e averlo fatto con una ragazza extracomunitaria - benvenuti in Italia!

Una vita votata a permettere sempre e più rapidamente possibile l'uccisione dei bambini: il dr. Bini si vanta, infatti, di aver "tolto ogni limitazione di accesso al servizio", lamentandosi che ora, invece, gli aborti vengono programmati "solo" in due sessioni alla settimana. 
Insomma: quale bilancio? A parte "la famiglia in secondo piano", 
"sacrifici in termini di progressione di carriera, considerazione sociale e quantità di energia sottratta ad altre ben più gratificanti attività professionali". 
Caro dr. Bini, se non va in pensione anticipata, ha ancora tempo per cambiare: smetta di uccidere bambini ...
Giacomo Rocchi

giovedì 19 maggio 2016

L’omosessualità è diventata un bene giuridico

http://www.retiunificate.it/2016/05/lomosessualita-e-diventata-un-bene.html

Approvata la legge sulle Unioni civili, l’omosessualità è diventata un bene giuridico. Il primo effetto, da cui promanano tutti gli altri, è proprio questo: l’omosessualità e le condotte che la esprimono non sono più rispettivamente una condizione e comportamenti privati scevri di rilievo e interesse pubblico, ma la prima diventa uno status giuridico e le seconde veri e propri diritti. Sia tale status che i diritti sono dunque da oggi meritevoli di riconoscimento e tutela da parte dello Stato. Quest’ultimo, anche nella prospettiva liberista che lo permea, considerava sino a ieri l’omosessualità come fenomeno sociale indifferente al bene comune. Ma proprio a motivo di questa prospettiva libertaria il nostro ordinamento giuridico si è trovato costretto ad elevare a diritto il mero “affetto” (così come la legge 40 eleva a diritto il mero desiderio del figlio), privo di suo di ricadute positive per la collettività ed anzi – come ricorda la famosa Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003 – foriero di danni per il bene comune.
La Cirinnà dunque prima di legittimare il “matrimonio” omosessuale, ha legittimato l’omosessualità, condizione che nella prospettiva giusnaturalista potrebbe essere tuttalpiù tollerata e non certo elevata a status giuridico. Se la stessa omosessualità non fosse riconosciuta come bene giuridico non si potrebbe logicamente nemmeno legittimare il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Tale legittimazione, che ha fatto uscire la condizione omosessuale dal cono d’ombra dell’insignificanza giuridica, porta con sé alcune conseguenze giuridiche rilevanti che vanno ben oltre l’ambito di applicazione della stessa Cirinnà.
La prima: l’omosessualità è un bene giuridico proprio della persona e dunque assimilabile a condizioni quali l’etnia, la razza, l’appartenenza religiosa, il sesso di appartenenza che sono tutti status naturali del soggetto perché aspetti identitari dell’uomo. L’omosessualità diventa variabile identitaria qualificata dell’ordinamento, condizione naturale e categoria antropologica fondamentale che lo Stato, seppur in ritardo, ha riconosciuto e che forse dovrà trovare una propria collocazione addirittura in seno alla Costituzione, accanto agli articoli che tutelano la famiglia, la libertà religiosa, l’etnia, etc. Ne discende l’obbligo in capo alle istituzioni di attivarsi per approntare tutti quegli strumenti di garanzia indispensabili affinchè il cittadino possa pienamente vivere la propria omosessualità.
Ecco allora concretarsi due ipotesi. O si tirerà fuori dal cassetto il Ddl Scalfarotto sulla cosiddetta omofobia - che appunto sanzionava atti di discriminazione “omofobi” al pari di quelli commessi per motivi di ordine razziale, religioso, etc. – oppure, ma molto più in subordine, non servirà nemmeno una legge Scalfarotto dal momento che qualsiasi giudice potrà ricavare dalla legge sulle Unioni civili il diritto della persona omosessuale di vedersi tutelato il suo particolare status giuridico.
Una seconda conseguenza sarà il varo di leggi ad hoc che assegneranno rilevanza giuridica alle peculiarità dell’omosessualità in alcuni ambiti sociali. Come oggi abbiamo ad esempio leggi che tutelano la maternità e la paternità in ambito lavorativo, o norme sulla disabilità, o una disciplina giuridica sulla libertà di culto, così domani avremo leggi che privilegiano la condizione omosessuale nelle professioni, che incentivano massmediaticamente la promozione dell’omosessualità, che prevedono quote arcobaleno in Parlamento e così via.
Una terza ricaduta della legge Cirinnà riguarderà l’educazione nelle scuole, ambito già ampiamente interessato dall’ideologia gender. La nuova antropologia giuridica soggiacente alla Cirinnà afferma che è un bene per la società anche l’orientamento omosessuale e il gender. Un dato rivoluzionario che non potrà non entrare ora nei piani formativi  di ogni scuola di qualsiasi grado con un peso assai maggiore rispetto al passato. Ai bambini verrà insegnato che persone dello stesso sesso hanno diritto a “sposarsi” tra loro ed ad avere figli, che l’identità di genere – la percezione di sé come appartenente al mondo maschile e femminile – può lecitamente svincolarsi dall’identità sessuale – l’appartenenza al sesso genetico – che la scelta del proprio orientamento sessuale e del proprio sesso psicologico è espressione di una libertà presidiata dalle leggi, che il riconoscimento dell’omosessualità e del gender come diritti civili è stato storicamente l’esito felice di una lotta di una minoranza contro il conservatorismo dominante per l’affermazione di una propria identità specifica, così come avvenuto nel passato per i poveri, i neri e le donne (si entrerà in una narrativa epica).
Quarta conseguenza: se omosessualità e gender sono stati civili giuridicamente tutelati e quindi beni che si inseriscono legittimamente nel corpus di principi chiamato “ordine pubblico”, la dottrina della Chiesa entrerà in rotta di collisione con tale ordine pubblico. Il Magistero e tutti coloro che lo rispettano diventeranno nemici potenziali non solo della singola persona omosessuale in quanto omosessuale – ben prima perciò che ci sia una concreta e attuale condotta discriminatoria – ma anche dello Stato italiano proprio perché il portato culturale e dottrinale cattolico va a minare alla base quel plesso di principi su cui si fonda la convivenza civile, al cui interno – come appuntavamo – ora bisogna annoverare anche l’omosessualità e il gender. Il cattolico potrà sempre più essere percepito come cittadino infedele, come nemico pubblico.
In sintesi: andare a legittimare il “matrimonio” omosessuale di necessità significa a monte, seppur implicitamente, considerare l’omosessualità come bene giuridico, la persona omosessuale come nuova categoria giuridica e le condotte omosessuali come diritti soggettivi. Legittimare gli effetti comporta legittimare le cause.

Tommaso Scandroglio, docente di Etica e bioetica, Università Europea di Roma

domenica 1 maggio 2016

Per la Vita senza compromessi

La partecipazione al Convegno è gratuita. Per poter migliorare l’organizzazione è gradita la comunicazione della partecipazione al Convegno tramite mail alla Segreteria Organizzativa entro il 30 aprile 2016.

PER LA VITA SENZA COMPROMESSI

PROGRAMMA:
14,30 Accoglienza
15,00 Apertura del Convegno e saluti:
Dr. Angelo Francesco Filardo - Presidente del Comitato Verità e Vita
Don Francesco Giordano - Direttore di Vita Umana Internazionale (VUI)
Don Shenan Boquet - Presidente di Human Life International (HLI)
Dr. Joseph Meaney - Direttore del Coordinamento Internazionale  di Human Life International (HLI)

PRIMA SESSIONE 
Moderatore: Don Francesco Giordano - Direttore di Vita Umana Internazionale (VUI)

15:20 Storia ed attualità del curator ventris
Prof.ssa Maria Pia Baccari  
Docente di Diritto Romano presso la “Libera Università Maria Santissima Assunta” di Roma  

15:50 Applicazioni giurisprudenziali in atto sulla vita umana
Dr. Giacomo Rocchi  
Magistrato della Corte di Cassazione  

16:20 Sull’indisponibilità non si può trattare
Dr. Stefano  Fontana   
Giornalista – Direttore Rivista Diocesana    “Vita Nuova”  Trieste, Direttore dell’Osservatorio Internazionale “Card. Van Thuân”

16:50 La dimensione spirituale della persona
Don Stefano Tardani  
Fondatore del Movimento dell’Amore  Familiare

17:20 – 17:40   Pausa caffè

SECONDA SESSIONE
Moderatore: Prof.ssa Marisa Orecchia - Vice Presidente del Comitato Verità e Vita

17:40 Gli attentati alla vita nascente
Dr. Angelo Francesco Filardo 
Ginecologo – Presidente Comitato Verità e Vita, Segretario Naz. Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici (AIGOC)

18:10 Profezia ed attualità della Humanae Vitae quasi 50 anni dopo
Prof. Mons. Livio Melina    
Preside Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia   
                   
18:50 Quale educazione ai principi senza compromessi 
S. E. Mons. Luigi Negri   
Arcivescovo della Diocesi di Ferrara Comacchio e Abate di Pomposa

Domande ai Relatori

CONCLUSIONI

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