domenica 31 maggio 2009

"Ampliare i punti di incontro"


Abbiamo visto come il Card. Bagnasco rifletta sulla necessità per la Chiesa di continuare a parlare di bioetica.

Il Presidente della CEI osserva: "...la vicenda dell'umanità rivela come la persistenza di un amore effettivamente altruista sia in realtà condizionata dall'annuncio della misura intera dell'umano. Fraintendimenti e deviazioni restano incombenti, se non si è costantemente richiamati al valore incomparabile della dignità umana, che è minacciata dalla miseria e dalla povertà almeno quanto è minacciata dal disconoscimento del valore di ogni istante e di ogni condizione della vita"

Siamo d'accordo: ma perché, allora "frenare" nel momento in cui ci si riferisce a leggi approvate o da approvare?

Nel discorso del card. Bagnasco non vi è cenno alla legge sull'aborto e alla strage quotidiana di bambini. Certo: il discorso non aveva la pretesa di essere un catalogo di tutti i problemi, ma se (con riferimento al tema dell'immigrazione) si ribadisce "il valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili", perché non accennare ad un ambito in cui la vita, la sua dignità e i suoi diritti vengono quotidianamente negati con il sigillo dello Stato?

Nessun cenno si trova anche con riferimento all'uccisione di Eluana Englaro: eppure ciò che le è stato fatto - la morte procurata mediante inedia e disidratazione - è presente nelle parole del Presidente della CEI: "Non c'è contraddizione tra mettersi il grembiule per servire le situazioni più esposte alla povertà e rivolgere ai responsabili della democrazia un rispettoso invito affinché in materia di fine vita non si autorizzi la privazione dell'acqua e del nutrimento vitale a chi è in stato vegetativo".

Ecco: piuttosto che denunciare l'omicidio volontario di una disabile, si preferisce rivolgere "rispettosi inviti" al Parlamento?
Ci sono stati inviti non rispettosi?
Chi avanza inviti rispettosi cosa fa quando il Parlamento non li accoglie? Ringrazia rispettosamente?
Il caso Englaro è stato ormai "archiviato"?
Ma soprattutto: i soggetti in stato vegetativo sono in stato di fine vita?
E la privazione dell'acqua e del nutrimento vitale ai soggetti in stato vegetativo che ne provochi la morte, come la definiamo? Cambia la definizione se essa è autorizzata da un Giudice o dal Parlamento?

Il cardinale, comunque, ribadisce che "il morire non può diventare un diritto che taluno invoca per sé o per altri. Se una tale pretesa infatti dovesse approdare nella legislazione e da qui attecchire nella mentalità corrente, le conseguenze sarebbero fatali anzitutto sul piano di quegli autentici diritti umani che costituiscono il portato di una intera civiltà. Tra il cosiddetto "diritto a morire" e gli altri diritti non vi è infatti alcuna omogeneità ontologica. E' semmai la teoria dell'autodeterminazione che funge in questo caso da dottrina qualificante il discutibile diritto a morire ..."
Non si può che concordare: ma senza rinunciare a porre qualche domanda e riflessione.
In primo luogo chi "invoca il diritto a morire per altri", in realtà rivendica il proprio diritto ad uccidere altri: non si deve dimenticarlo; e d'altro canto, il primo caso - appunto quello di Eluana Englaro - non è stato forse quello di una uccisione nemmeno richiesta dalla vittima?
Ma soprattutto: il cardinal Bagnasco è sicuro che quella legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento cui egli stesso, la scorsa estate, dette il "via libera" (che oggi non rinnega affatto) altro non sia che lo strumento per introdurre quel diritto a morire (e quel diritto ad uccidere) che egli respinge?
E' davvero sicuro che quella sottile distinzione - posso decidere per un futuro incerto di rifiutare certe terapie ma non posso decidere per lo stesso futuro di farmi uccidere - non diventerà nella pratica tanto sottile da svanire?
Non è che, fra qualche anno, il Presidente della CEI lamenterà di "interpretazioni della legge forzosamente avanzate sul piano della prassi e su quello giurisprudenziale"?
Giacomo Rocchi

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