sabato 9 maggio 2009

Come è difficile essere pro-life/ Spagna 2

Abbiamo parlato della Dichiarazione di Madrid, sottoscritta da oltre 2.000 medici, professori universitari, scienziati, alti funzionari, nella quale vengono proclamate realtà che molti non vorrebbero sentire: che un embrione è un uomo fin dal momento del concepimento, che l'aborto è l'uccisione crudele di un bambino e non solo l'interruzione di una gravidanza, che esso lascia una sofferenza indelebile sulla madre, che la sua legalizzazione corrompe l'intera società: come vorremmo che affermazioni analoghe venissero sottoscritte e proclamate nel nostro Paese!

Abbiamo però visto come siano sorte difficoltà da parte di "intransigenti", accusati di aver frainteso alcuni passaggi della Dichiarazione.

Vediamoli:
"È essenziale che la donna che intende abortire adotti liberamente la sua decisione dopo una conoscenza informata e accurata del procedimento e delle sue conseguenze";

"È necessario che le donne che scelgono l'aborto siano consapevoli delle conseguenze psicologiche di un tale atto e, in particolare, della sindrome psicopatologica conosciuta come la "sindrome postaborto";

"L'aborto è particolarmente difficile per una ragazza di 16-17 anni, per la quale si pretende di privarla della presenza, del consiglio e del sostegno dei suoi genitori rispetto alla decisione di proseguire con la gravidanza o di abortire. Obbligare una giovane a decidere da sola ad una età così tenera è irresponsabile ed è una chiara forma di violenza contro le donne."

"(la proposta socialista) peggiora la situazione attuale e disegna una società che, piuttosto che desiderare una nuova legge per legittimare un violento atto per il nascituro e sua madre, reclama una regolamentazione per fermare le frodi e gli abusi messi in atto dai centri in cui vengono eseguiti aborti".

Salta agli occhi, in primo luogo, ciò che manca: la richiesta di vietare l'aborto volontario. L'unico accenno ad una legislazione auspicata riguarda la repressione delle "frodi e degli abusi" messi in atto dalle cliniche che eseguono gli aborti (che, pare, falsifichino la settimana di gravidanza o i motivi per cui si procede all'aborto).
Come mai questa mancanza? Eppure le solenni - ed esatte - affermazioni sulla realtà cruenta dell'aborto inducono inevitabilmente a questa richiesta.
Nicolas Jouve de la Barreda, nell'articolo su Il Sussidiario che abbiamo già menzionato, in una sorta di excusatio non petita, scrive: "Per noi che abbiamo promosso il manifesto è implicita l’abolizione dell’aborto in Spagna".
La richiesta è rimasta, quindi, inespressa.

De la Barreda scrive ancora: "Coloro che hanno incontrato in questo punto una difficoltà per aderire al manifesto, sbagliano ad interpretarlo come un’accettazione della legge attuale quale “male minore”. (...) Occorre ricordare che la situazione attuale è quella che è e che può diventare decisamente peggiore, come sembrerebbe emergere dalla legge che sta preparando il ministero dell’Uguaglianza. Siamo convinti che informare una donna per cercare di dissuaderla dall’abortire sia più realista e pratico che dire un semplice no all’aborto. Quel che facciamo è denunciare l’inosservanza della legge attuale in qualcosa di così elementare come l’obbligo di avere il consenso informato, come deriva dalla Dichiarazione dei diritti umani e dal Trattato di Helsinki. La realtà è che oggi molte donne sono ingannate, spinte o forzate all’aborto, fondamentalmente vittime di una bugia e ignare del fatto che quel che faranno è niente meno che uccidere il proprio figlio.(...) Per tutto questo ci è sembrato ragionevole ricordare nel manifesto che nell’attuale legge sull’aborto vi è una prescrizione che non viene osservata e che, se venisse rispettata, salverebbe molte vite".

"Nel manifesto è implicita la nostra posizione antiabortista anche quando ci opponiamo all’assurdo ed egoista slogan “noi partoriamo, noi decidiamo”, poiché in nessun caso abortire equivale a togliersi un neo o un dente."

"Occorre promuovere la protezione e l’aiuto alle donne incinte perché portino avanti la vita dei propri figli. Se non possono mantenere il figlio, occorre promuovere leggi che aiutino l’adozione. Una donna non è libera quando è condizionata dal fatto di non avere una famiglia che accolga la gravidanza, o dal fatto che quando nascerà il bambino non potrà lasciarlo in un asilo o che non troverà un posto di lavoro. Con tutti questi condizionamenti una donna non può scegliere liberamente."

Riferendo del colloquio avuto con il Ministro proponente, De la Barreda riferisce:
"Abbiamo detto al ministro che stiamo parlando della vita e della morte. Che occorre sostenere e aiutare l’adozione. Che bisogna aiutare la donna incinta a essere madre. Che l’aborto non è la soluzione, ma una pratica insensata che deve essere abolita e che al momento deve restare fuori da qualsiasi confronto politico e attenersi al campo del significato biologico, della dignità della vita umana nascente, della prassi medica e delle conseguenze per il non nato, la madre e la società.
Tutto quello detto sopra si riassume in un grande Sì alla vita e in un No all’aborto"

Davvero la Dichiarazione di Madrid era stata equivocata?

Giacomo Rocchi

3 commenti:

  1. Siamo alle solite.
    Un film già visto in Italia.
    Dopo le dichiarazioni si va a ricercare il male minore, si va a ricercare "...Con tutti questi condizionamenti una donna non può scegliere liberamente."

    E dalle dichiarazioni "Il bimbo non lo si uccide" alla ... mettiamo in grado la donna di scegliere??!!!
    Come è breve il passo da PRO-LIFE a PRO-SCELTA!

    Allo slogan “noi partoriamo, noi decidiamo” occorrerebbe rispondere con altrettanta incisività, efficacia e brevità.
    Ad esempio con "l'aborto non é la soluzione migliore, ... sopratutto per tuo figlio".
    Oppure
    "Si può dare di piú ad un figlio che l'aborto".

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  2. E' esattamente questo - lo scivolamento da una posizione pro life ad una pro choiche - che volevo sottolineare.
    Quello che colpisce è che lo scivolamento avvenga quasi inconsapevolmente: ma è il frutto dell'effetto culturale devastante che ha una legge che consente di uccidere un bambino innocente.
    Il problema è che questo effetto culturale nefasto si può contrastare solo attaccando la legge ingiusta: il lavoro politico è altrettanto importante di quello culturale; anzi se non si afferma che l'abolizione della legge ingiusta è l'obbiettivo politico prioritario, il lavoro culturale rischia di essere vanificato.

    Giacomo Rocchi

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  3. Hai ragione Giacomo.
    Forse stiamo "ammirando" troppo l'efficacia dei nostri avversari.
    Leggevo, in un dosier del timone, un'articolo di M. Palmaro sulla strategia seguita dai pro-choiche: una stategia del continuo spostamento del paletto che delimita il confine tra pro-vita e non.

    Ecco, penso che la stategia dell'MPV via la stessa, ... ri-spostare a piccoli passettini questo limite.
    Ma la veritá é che questa stategia era ottima per il pro-morte che non puó dicchiarare quale sia il suo obiettivo.
    Mentre per noi, pro-vita, dobbiamo trovarci una stategia altrettanto efficace ma che non puó essere la stessa!

    Come dici tu "se non si afferma che l'abolizione della legge ingiusta è l'obbiettivo politico prioritario, il lavoro culturale rischia di essere vanificato."

    Infatti sulla legge 40, se quel limite non fosse stato in precedenza spostato, l'avremmo fatto NOI il referendum, per chiedere che la legge iniziasse con le parole "E' fatto divieto di procreazione extracorporea, un quanto uccide coscientemente esseri umani".
    Mentre ci siamo ritrovati a doverla addirittura difende!

    E' come se i pro-morte facessero un referendum sulla 194 per togliere la tutela dell'obiezione di coscienza. E noi, pro-life, ci trovassimo a dover difendere la 194!!!!

    Come siamo messi male...
    ma é quello che potrebbe succedere se la strategia non dovesse cambiare e continuassimo a non affermare la veritá tutta intera.

    Spero di non dover mai assistere a quel referendum, ne io nei miei figli...

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