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martedì 25 febbraio 2014

UN DECENNALE DI VERITA’ E VITA

Alla luce dei dati che ogni anno puntualmente fornisce il Ministro della Sanità, che confermano quanto da noi ripetutamente e con forza sostenuto fin dalle prime volte che si è parlato di fecondazione in vitro all'interno del MpV ITALIANO, e delle promesse fatte durante la campagna referendaria (marzo/aprile) 2005 dai vertici della CEI “Stiamo inquadrando il referendum in un più ampio lavoro formativo che dovrà andare oltre quella scadenza dopo la quale certe semplificazioni oggi “necessarie” per non confondere la nostra gente dovranno lasciare il posto ad una più puntuale presentazione del pensiero della Chiesa non tanto sul referendum ma sulla fecondazione medicalmente assistita”, auspicavamo un decennale totalmente diverso all'insegna della verità e dell’unità nel giudizio negativo sulla legge 40 e nell'impegno di tutti e di tutti i mezzi a disposizione per far conoscere i mortiferi effetti di queste tecniche di riproduzione umana, che le rendono inaccettabili umanamente ed ancor più cristianamente. 

Leggendo, però i comunicati stampa dell’Associazione SCIENZA E VITA e del MOVIMENTO PER LA VITA ITALIANO e l’articolo di Assuntina Morresi su AVVENIRE del 16 febbraio e la sua perentoria e magisteriale reprimenda su LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA del 21 febbraio u.s. dobbiamo, purtroppo, constatare che le centinaia di migliaia di embrioni sacrificati (479.293 negli anni 2006-2011 per far nascere 41.495 bambini) in questi dieci anni non sono bastati a far prendere coscienza a chi ha proposto questa legge e continua a difenderla a spada tratta elencandone le virtù che spendere tante energie e soldi per arrivare all'approvazione di una tale iniqua legge è stato un gravissimo errore in tutti i sensi. 

In questi dieci anni abbiamo dovuto costituire un’altra Associazione il “COMITATO VERITÀ E VITA” per poter continuare a dire tutta la verità sulla fecondazione in vitro e su altri disegni di legge “di compromesso”, che hanno visto ergersi a protagonisti alcuni esponenti provenienti da associazioni cattoliche con l’intento di ridurre i danni, di perseguire il “male minore”. 
Per poter esprimere un giudizio sui fatti bisogna conoscerli ed a noi sembra che nella seconda metà degli anni novanta Assuntina Morresi fosse in tutt'altre faccende affaccendata per poter essere informata su quanto accadeva nel MpV Italiano e nel laicato cattolico vicino ai vertici della CEI. 
Per capire come è nata la proposta di legge del NUOVO MILLENNIO, che i Consiglieri Nazionali del MpV Italiano trovarono nella cartellina del Consiglio Direttivo del 29-30 novembre 1997 e che già era stata pubblicata nel n.12 di SÌ ALLA VITA di dicembre 1997, bisogna leggere il n. 25 di SANARE INFIRMOS del 1996 alle pagg. 37-40, poiché la proposta di legge del Novo Millennio non è altro che la fotocopia di quanto già veniva fatto nell’Ospedale San Raffaele di Milano facendolo passare per conforme “agli insegnamenti complessivi del magistero ecclesiale, interpretati e applicati secondo i criteri generali e comunemente proposti dai  moralisti  cattolici. …” con il silenzio assenso degli Ordinari ambrosiani nonostante i ripetuti richiami della Congregazione della dottrina della Fede a rispettare il magistero della Chiesa cattolica. 
La totale sordità di Carlo Casini all'ANNUNCIO DOVEROSO fatto da 19 Consiglieri Nazionali e la spudorata difesa fatta sul supplemento di Sì alla Vita n.3 di marzo 1998 della fivet omologa facendola addirittura passare per terapia della sterilità ci ha spinti – dopo che uno di noi ha chiesto il parere autorevole di Docenti di Teologia Morale altamente qualificati – di rivolgerci alla Congregazione della Dottrina della Fede ottenendo un’udienza l’8 febbraio 2000 durante la quale abbiamo appurato che l’iter di questa proposta di legge è nato da un’interpretazione errata o compiacente del n. 73 dell'EVANGELIUM VITAE fatta da un porporato specialista in teologia morale, ed è stato ribadito che gli interventi di fecondazione in vitro fatti all'Ospedale San Raffaele di Milano erano contrari al Magistero della Chiesa Cattolica, che 
considera sempre la fecondazione in vitro – omologa ed eterologa – illecita e disumana. 
Nonostante questi pareri sono stati portati a conoscenza del Direttivo e dell’Assemblea del MpV Italiano, dei vertici della CEI e dell’Ordinario Ambrosiano l’iter della proposta di legge di Casini/Ruini è continuato approdando all'approvazione della legge 40 del 19 febbraio 2004. 
In occasione del referendum peggiorativo della legge 40/2004 del 2005 interpretando correttamente il n. 73 di E.V. come legislatori abbiamo cercato d’impedire il peggioramento – non consentendo l’istituto del referendum di poterla migliorare od abolire! - di una legge già esistente invitando ad astenersi ma utilizzando materiale illustrativo da noi prodotto con lo scopo di far conoscere tutta la verità scientifica sulla fecondazione in vitro e mettendo in evidenza la disumanità di una legge che riduce l’uomo ad oggetto nelle mani dei biologi e che permette il sacrificio di 9 embrioni per ottenere un bambino in braccio. 
In estrema sintesi abbiamo riportato solo alcuni passi della via dolorosa che ha portato all'approvazione di questa legge gravemente ingiusta, scandalosa dal punto di vista teologico e pedagogicamente devastante. 
Tutti gli interventi giustificativi di questo assurdo operato, specialmente quelli successivi all'approvazione della legge ed alla sua conferma col referendum sono assurdi ed incomprensibili specialmente se pubblicati sul quotidiano dei Vescovi Italiani, che è letto prevalentemente da praticanti che sono indotti a credere che gli effetti della legge 40 sono positivi visto che aumenta il numero delle coppie che vi fanno ricorso e non viene mai sottolineato abbastanza l’altissimo prezzo in vite umane indifese ed innocenti che si paga per avere un figlio in braccio! Sorprende che né la Morresi né altri abbiano citato l’istruzione della CDF DIGNITAS PERSONAE del dicembre 2008, che più ampiamente della Donum Vitae tratta della fecondazione in vitro a 30 anni dalla nascita della prima bambina in provetta. 
Non è mai troppo tardi per i credenti e siamo certi che questa via crucis dei pro life italiani si concluderà con il trionfo della Verità e della Vita. 


(Articolo non firmato)

domenica 5 febbraio 2012

LEGGI INIQUE: tutela della razza - "tutela della maternità"

Tra il settembre e il novembre del 1938, lo stato unitario italiano, si dotò di leggi sulla tutela della razza, escludendo dalla vita pubblica tutti gli ebrei, decretandone di fatto la morte civile. Quella fisica sarebbe venuta poco dopo per mano tedesca, attraverso l'apparato nazista. Quelle leggi rappresentano per lo stato unitario, a 150 anni dalla sua fondazione, un abominio; sono la prova idelebile di un atto infamante.

Nel maggio del 1978, lo stato unitario divenuto repubblicano si è dotato di una legge che discrimina gli uomini sulla base del loro svilpuppo fisico, nonché in ragione delle malattie di cui sono portatori. Questa legge si chiama 194/78 ed ha introdotto quello che, dotta giurisprudenza, individua come diritto all'aborto.

E' un dato non contestato, presso i biologi, che la vita dell'uomo inizia con il concepimento e seguendo un ritmo costante passa attraverso diverse fasi di sviluppo che si susseguono, sino alla morte.

Lo Stato che autorizza la madre a sopprimere la vita del bimbo che è in lei entro il terzo mese di gravidanza e in caso di malformazioni del piccolo entro il sesto mese di gravidanza, opera una chiara discriminazione nella tutela della vita umana. Sino al sesto mese di vita intrauterina è possibile sopprimere una vita umana senza patire alcuna conseguenza, anzi è lo stato che finanzia la soppressione della vita.

Di quale colpa si è macchiata quella vita umana che ha iniziato il suo sviluppo nel grembo materno, a seguito di un atto d'amore, per essere eliminata ?

Nessuna colpa, così come non avevano colpe gli ebrei, gli zingari, i minorati mentali e fisici e gli omosessuali che il nazonalsocialismo ha sterminato, se non quella di non essere ritenuti degni di vivere dal potere del momento. La morte dell'innocente per mano del violento pare essere una costante nella storia dell'uomo, ciò che sorprende, però, è il fatto che, come all'epoca delle leggi raziali in pochi si opposero all'abominio, anche oggi pochi sono coloro che si oppongono alla violenza dell'atto abortivo, per tutelare la vita di quei figli rifiutati dalle loro madri.

Pietro Brovarone

mercoledì 1 febbraio 2012

Quale battaglia contro la legge 194? Abrogazione e battaglia culturale



Riceviamo e pubblichiamo:


Anche se mi ha sorpreso l’autorevolezza e il prestigio delle firme cattoliche che hanno recentemente sostenuto, commentando gli effetti perversi della abominevole eversiva legge 194 sull’aborto libero, una sua non ben definita “integrale applicazione” quale alternativa preferibile ad una azione di abrogazione, non posso tuttavia dimenticare che una proposta del genere non è nuova. Già nel 2008 la prospettò l’allora Segretario della CEI, e ne dette notizia persino l’OSSERVATORE ROMANO.
Mi limito qui ad osservare che una richiesta di applicare finalmente una legge dopo trent’anni di funzionamento è quantomeno, come dire? tardiva. Nessuno ha mai protestato? E chi avrebbe dovuto – e dovrebbe – applicarla e non lo ha fatto? Siamo seri! La proposta, in realtà, ha un solo significato: raccomandare la rinuncia ad una iniziativa di tipo politico-legislativo, cioè ad un confronto nell’agone della politica. Discutibile, come qualunque scelta di tattica politica. Mi sembra incontestabile che se una legge è integralmente iniqua sarebbe giusto che venisse integralmente abrogata. Il disegno che circola in questi giorni, di un referendum abrogativo è quindi comprensibile, e apprezzabile proprio perché fa diretto appello al popolo sovrano, alla gente. Secondo me, però, non basta: ci vuole anche, al posto della legge abortista, una normativa che nei confronti del gesto abortivo tuteli sapientemente anche e soprattutto il diritto alla vita.
Forse qualcuno ricorda che un tentativo del genere fu attuato durante la discussione e subito dopo l’approvazione della legge. A quella che fu una battaglia gestita praticamente da partiti e schieramenti politici, non ha fatto seguito in tutti questi anni un continuo e robusto impegno culturale dello stesso tipo, mirato agli stessi obiettivi. Forse il tempo è venuto per una presa di coscienza?
Perché allora non rivisitare il clima di quella battaglia per la vita e la giustizia? Ecco un piccolo repertorio. Chi c’era, ricorda.
1. “La legge 22 maggio 1978 n. 194, introduttiva dell’aborto in Italia, nega (…) in radice i principi fondamentali su cui si regge il sistema costituzionale italiano. Essa infatti (…) nella sostanza nega la vita umana negando il diritto alla vita del nascituro, e nega il valore sociale della maternità subordinandola a una scelta privata, individuale, insindacabile di una persona sola: la gestante.” (Gianfranco Garancini . Su: OSSERVATORE ROMANO, 11/10/1978). Essa attribuisce “alla libertà della donna l’aberrante facoltà di decidere in termini unicamente individualistici, al di fuori e contro ogni responsabilità verso il ‘diritto’ del nascituro”. (Istruzione pastorale della CEI 16/12/1978: LA COMUNITA’ CRISTIANA E L’ACCOGLIENZA DELLA VITA UMANA NASCENTE. .Par.III 17.). Una attribuzione – a ben vedere – gravemente ingiuriosa verso la superiore dignità della personalità femminile.
2. “Diritto di aborto. Negato a parole e con foga dagli abortisti, esso emerge con assoluta chiarezza da una lettura seria della legge. (…) nei primi tre mesi di gravidanza ogni donna può abortire a sua volontà. Nessun controllo è possibile.” (Contributo del MOVIMENTO PER LA VITA. Carlo CASINI (Magistrato), Francesco CIERI (Avvocato).).
3. “Dunque la legge ha introdotto un diritto di aborto che prima non esisteva”. (Carlo CASINI. Diritto alla vita e ricomposizione civile. Ed. ARES, Milano.2001, Pag. 297).
4. “Consapevoli della loro responsabilità, i legislatori non devono sentirsi dispensati dal dovere morale (…) sopratutto di spingere verso un suo (della legge abortista) superamento. Ciò è tanto più urgente quanto più manifestamente ingiusta è la legge emanata”. (Istruzione pastorale CEI: Par. 52).
5. “Rientra nell’impegno più propriamente politico dei cristiani (…): c) operare per un superamento della legge attuale (…) con norme totalmente rispettose del diritto alla vita”. (Ivi Par. 51).
6. Per quanto riguarda la tesi secondo la quale “il consultorio e la struttura socio-sanitaria devono aiutare la donna ”, ecco una risposta autorevole: dal momento che “tutte le attività previste dagli artt. 4 e 5 della legge possono essere svolte da consultori e strutture socio-sanitarie soltanto se la gestante si rivolge a loro, risulta chiaro che si rivolgerà loro soltanto chi non vuole abortire: chi vuole abortire mette fuori giuoco tutto l’apparato predisposto per la tutela sociale (…) ricorrendo al medico di fiducia”. (G. Garancini: C.S.).
7. “… ogni convinto difensore dell’uomo, ogni comunità di accoglienza non può rassegnarsi di fronte ad una legge che tradisce così profondamente i valori su cui tutto l’ordinamento poggia. Di conseguenza l’obiettivo di eliminare la legge abortista (…) deve proporsi come espressione di amore per l’uomo.” (Cfr. Contributo MOVIMENTO PER LA VITA; C.Casini).

SI’ dunque alla abrogazione e sostituzione della legge infame. Con ogni mezzo legittimo, referendum incluso. Ma nella consapevolezza che l’obiettivo di superare la “accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge, segno evidente di una pericolosa crisi morale”, richiede, dopo trent’anni di dilagante cultura di morte, un profondo, vasto, ostinato impegno culturale, che coinvolga tutte le realtà e forze sociali. Mi sembrano perciò validissime e promettenti le proposte portate recentemente all’attenzione dell’opinione pubblica, che sollecitano appunto, in vari modi, quella che da alcuni viene definita “una battaglia culturale contro l’aborto”. Una “battaglia” che alla valorizzazione delle meraviglie della vita umana pensata, accolta, accompagnata nel fertile ambito di una stabile famiglia, non manchi di aggiungere, nel quadro di una lungimirante educazione delle giovani generazioni, la denunzia e la stigmatizzazione di tutto l’orrore disumano della legalizzazione del massacro dei non nati e delle sue conseguenze sociali.
Una “battaglia” che riguarda tutti e ciascuno. Il mondo cattolico in particolare, laici e vescovi. Non è priva di rilievo la sollecitazione all’impegno rivolta in particolare a questi ultimi su di una rivista di area cattolica, con i toni di una malinconica constatazione che trenta anni di “giornate per la vita” non abbiano avuto “alcuna incidenza culturale nella Chiesa e nella società”. Troppo severi e pessimisti?
Una “battaglia culturale” che non può evitare il coinvolgimento della politica, da subito. Sono perfettamente consapevole che “spesso, in politica, si sceglie la strada possibile, anziché la migliore, ma che ci vuole il coraggio di non imboccare tutte le strade teoricamente percorribili”, come osserva il Card. Bertone. E sono convinto che è indispensabile resistere all’inevitabile tentativo di sequestro politico e dei partiti su temi scottanti; come questo, che coinvolge il cuore stesso del patto costituzionale. Perché, con le parole dello stesso card. Bertone, è urgente “superare la logica dell’utile e dell’immediato, (…) nonché il pragmatismo oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso su valori umani essenziali, quale inevitabile accettazione di un presunto male minore”.
SPERIAMO!!!


Battista Di Venta
Sollicciano (FI)

mercoledì 18 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?/4




“Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti”(Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, 3).
Continuiamo a commentare i numeri dell'aborto in Italia, stimolati dall'intervento di Piero Gheddo che, escludendo ogni abolizione della legge 194 e auspicando la sua "rigorosa applicazione", sostiene che "all'estero stanno molto peggio" e che "gli aborti sono in diminuzione". Abbiamo visto che Gheddo sposa la tesi secondo cui con l'aiuto economico e quello psicologico gli aborti diminuirebbero.


Dopo aver parlato dell'aborto delle minorenni, parliamo, allora, dell'aborto eugenetico, motivato dalla malattia o dalle malformazioni (effettive o temute) del bambino. Abbiamo già menzionato il bellissimo articolo di Carlo Valerio Bellieni sull'eliminazione delle bambine con sindrome di Turner: la motivazione di quegli aborti è lucidamente indicata dall'Autore: "quanto è fragile l’uomo della società post-moderna, tutto infervorato nel culto della perfezione fisica e nella fobia delle malattie".
Vediamo allora un po' di numeri: nel 1983 la percentuale di aborti volontari eseguiti oltre le 12 settimane era pari allo 0,7% del totale, oggi la percentuale giunge al 2,9% (quattro volte di più); il Ministro della Salute osserva che "a differenza delle interruzioni di gravidanza entro i 90 giorni, quelle effettuate dopo tale termine riguardano nella gran parte dei casi gravidanze interrotte in seguito a risultati sfavorevoli delle analisi prenatali".


La legge 194 in questo caso risulta particolarmente "moderna": già nel 1978 - quando le tecniche di diagnosi prenatale erano molto meno sviluppate - prevedeva come possibile l'uccisione del bambino dopo i novanta giorni "quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". Suggeriva, quindi, che la malattia (reale o temuta) del bambino comportasse un pericolo per la madre; e soprattutto, che la "soluzione" fosse l'uccisione del bambino malato (o temuto tale). D'altro canto, ad essere messa in pericolo poteva essere anche la "salute psichica" (e cioè, il completo benessere fisiopsichico). Che voi sappiate, a qualche donna che, conosciuta la malattia del figlio ha chiesto di abortire, è stato risposto negativamente perché non c'era pericolo per la sua salute psichica?


Bellieni fa cultura ed educazione, e fa bene; ma non pensa che una legge che vietasse l'aborto eugenetico aiuterebbe la sua opera? Non è che - come sembra ritenere Benedetto XVI - "le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili ... si oppongono all'educazione dei giovani e al futuro dell'umanità"? E Gheddo, che pensa di questa parte della legge: non dobbiamo abolire nemmeno questa?


Le cosa da dire non sono finite.


Giacomo Rocchi

martedì 17 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?/3



“Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti” (Gaudium et spes, n. 51).
Da "Il Sussidiario" leggiamo: "Il governo spagnolo di Mariano Rajoy introdurrà limiti più restrittivi alla legge sull’aborto voluta dal suo predecessore José Luis Rodriguez Zapatero. Al centro della riforma, annunciata dalla vicepremier Soraya de Santamaria (nella foto), ci sarà il passaggio che attualmente consente alle ragazze spagnole tra i 16 e i 18 anni di abortire senza che ne siano informati i genitori. L’ex governo socialista aveva deciso che qualsiasi minorenne potesse abortire senza nessun limite nelle prime 14 settimane dal concepimento. Mentre tra la 14esima e la 22esima settimana, la sola clausola prevista da Zapatero era che la donna indicasse le motivazioni della scelta. Tra le opzioni che consentivano di interrompere la gravidanza c’erano lo stupro, il rischio per la salute della madre, la malformazione ma anche il rischio psicologico. Un’opzione, quest’ultima, estremamente vaga e che in un anno è stata indicata dal 95% delle donne che hanno abortito. Ora il Partito Popolare intende invece fare sì che tutte le minorenni che decidono di interrompere la gravidanza debbano prima ottenere l’autorizzazione del padre o del tutore".
Il prof. Alberto Gambino commenta positivamente la notizia, anche se mette le mani avanti: "Le mie considerazioni non vogliono né rilanciare indebitamente il tema della revisione della legge sull’interruzione di gravidanza in Italia, né apparire come un’accettazione nei confronti di una legge che resta moralmente inaccettabile" (Pare che il tabù della revisione della legge 194 all'interno del mondo cattolico ufficiale sia sempre più saldo: abbiamo già visto che anche Piero Gheddo allontanava esplicitamente l'ipotesi).
Eppure, proseguendo nell'analisi dei numeri sull'aborto in Italia su cui, a nostro parere Gheddo ha sragionato, vale la pena di approfondire proprio il tema che il nuovo governo spagnolo ha annunciato di voler modificare: l'aborto delle minorenni. Difficile negare che - oltre che con l'uccisione di bambini - esso non abbia a che fare con il tema dell'educazione dei giovani (che, ricordiamo, Papa Benedetto XVI ritiene ostacolata dalle leggi di aborto); sì, perché la malvagità della legge di cui abbiamo parlato - quella di attribuire alla madre la decisione se uccidere o meno il figlio innocente - diventa, se possibile, ancora maggiore quando si tratta di minorenni, quindi personalità ancora in crescita e non compiute.
Quali sono i numeri in Italia? Nel 2009 hanno abortito 3.719 ragazze minorenni: nel 73% dei casi l'aborto è stato autorizzato dai genitori della ragazza; nel 27% dei casi è stato autorizzato dal Giudice tutelare. Sì, perché in Italia tutte le minorenni possono abortire senza che ne siano informati i genitori: non solo le ragazze con più di 16 anni.
Dalla Relazione del Ministro della Giustizia scopriamo quale età hanno queste ragazze che hanno abortito senza avvisare i genitori (si suppone amorosamente aiutate dai Consultori familiari che le hanno portate dal Giudice tutelare, il quale ha concesso l'autorizzazione nel 98% dei casi ... come si vede, quando vuole, lo Stato funziona): nel 2005 erano 15 le ragazze sotto i 14 anni, 55 di loro avevano 14 anni, 185 avevano 15 anni, 398 avevano 16 anni.
Sono dati che dovrebbero far riflettere - per dirla con Bellieni - sul deficit di capacità educativa non solo dei Consultori familiari, ma anche di quelle 2.700 coppie di genitori che, conosciuta la gravidanza della figlia minorenne, hanno ritenuto più utile per lei uccidere il figlio che aveva in grembo (il loro nipote).
Ma, mi chiedo: la legge 194 con questi numeri non ha niente a che fare?
Sentiremo qualche politico che dichiara di voler cambiare la legge di aborto almeno su questo punto?
Chissà se Piero Gheddo conosce queste cifre; chissà se ritiene se anche su questo aspetto la legge 194 debba essere "applicata con rigore"; chissà se rifletterà che quelle 2.700 coppie di genitori non erano affatto tra coloro che "concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato".
Giacomo Rocchi

lunedì 16 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto? /2



Nel suo intervento circa la vita nascente, la comunità politica non può restringersi all'emanazione di una legge, peraltro necessaria, che proibisca come reato l'aborto, da punirsi tuttavia con giustizia ed equità, tenendo conto delle situazioni concrete in cui é stato commesso (…) L'applicazione del principio della tolleranza civile all'aborto legalizzato è illegittima e inaccettabile perché lo Stato non é la fonte originaria dei diritti nativi ed inalienabili della persona, né il creatore e l'arbitro assoluto di questi stessi diritti, ma deve porsi al servizio della persona e della comunità mediante il riconoscimento, la tutela e la promozione dei diritti umani. Così quando autorizza l'aborto lo Stato contraddice radicalmente il senso stesso della sua presenza e compromette in modo gravissimo l'intero ordinamento giuridico, perché introduce in esso il principio che legittima la violenza contro l'innocente indifeso" (Conferenza Episcopale Italiana, La Comunità cristiana e l’accoglienza della vita umana nascente, 16/12/1978).
Nel post precedente ci siamo spinti a dire che Piero Gheddo, accettando la logica dell'applicazione integrale della legge 194 sull'aborto, abbia inevitabilmente sragionato anche sui numeri. Sia ben chiaro: dovremmo avere timore a ragionare in termini di numeri sull'uccisione cruenta di bambini innocenti; i numeri servono, ma rischiano di nascondere la realtà cruenta di ciascun aborto volontario. Rischiamo di dimenticare il nome di quel bambino che quel giorno è stato ucciso.
Fatta questa premessa, affrontiamo ugualmente la questione: quanti sono gli aborti in Italia? Restiamo, per ora, al dato riportato da Gheddo: 117.000 nel 2009 e chiediamoci: a cosa serviva la legge 194 approvata nel 1978? Beh, qualche Ministro della Sanità si era spinto a dire: "L’obbiettivo che tutti ci prefiggiamo è quello di debellare l’aborto ...(l'obbiettivo è) cancellare l’aborto dalla nostra realtà sociale" (Ministro Aniasi, Relazione al Parlamento 1980; Aniasi nella foto). E allora: dopo 34 anni, dopo 6.000.000 (sei milioni) di bambini uccisi legalmente in Italia, dovremmo esultare perché quelli eliminati ufficialmente in un anno sono solo 117.000 (320 al giorno, 13 all'ora ...)? Dovremmo rallegrarci che quest'anno ne hanno uccisi 4.000 in meno dell'anno scorso?
Perché non dire che - se quella era la finalità della legge 194 - quella legge ha clamorosamente fallito? O, piuttosto, perché non prendere atto che la finalità della legge 194 (quella che Gheddo vuole "applicata integralmente") era sicuramente un'altra? Davvero "la Legge afferma e tutti concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato", come scrive Gheddo?
Ma torniamo ai numeri. La lettura della Relazione del Ministro della Salute già fornisce un ulteriore dato (che Gheddo non menziona): una stima di 15.000 aborti clandestini. (117.000 + 15.000 = 132.000). Non solo: il Ministro precisa che si tratta di una stima limitata agli aborti clandestini compiuti dalle donne italiane. Quanti sono gli aborti clandestini compiuti dalle donne straniere? Il Ministro della Salute non si azzarda a stimarli. Dalla Relazione del Ministro della Giustizia emerge che il 55% delle prsone indagate per aborto clandestino sono straniere, contro il 45% di italiane. Applicando (in via di stima) la stessa percentuale, si ricava la cifra di 18.300 aborti clandestini compiuti dalle straniere (132.000 + 18.300 = 150.300).

Gheddo pare dimenticarsi degli aborti precoci provocati dalle "pillole che uccidono": tra i tanti dati, come non ricordare le oltre 1.000 confezioni di "pillola del giorno dopo" vendute ogni giorno in Italia? Davvero è prudente calcolare almeno 30.000 embrioni uccisi ogni anno con le sostanze criptoabortive (150.300 + 30.000 = 180.300).

Fermiamoci qui (ma dovremmo ricordare anche gli embrioni uccisi con la fecondazione in vitro): almeno 180.000 bambini uccisi ogni anno.

Quanti erano gli aborti (ovviamente tutti clandestini) prima del 1978 (quando ancora la "pillola del giorno dopo non era in commercio)? Una stima attendibile - come suppongo Gheddo sappia benissimo - li quantificava nel massimo in 90.000 all'anno.

Davvero "si è registrato un calo degli aborti nel nostro Paese"? Davvero "L'Italia ha i valori tra i più bassi tra i paesi europei"? Dobbiamo davvero compiacerci di questi dati?
Vedremo, nei prossimi post, quali altri numeri siano significativi per comprendere come è fatta la legge 194 "da applicare integralmente".

Giacomo Rocchi

mercoledì 11 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?



Abbiamo visto che Benedetto XVI ritiene che la permanenza delle leggi che legalizzano l'aborto ostacoli l'educazione dei giovani e, quindi, il futuro dell'umanità. Non si tratta certo di una posizione nuova del Papa che, ad esempio, nella Messa Crismale del 1/4/2010, aveva affermato: “La lotta dei cristiani consisteva e consiste non nell’uso della violenza, ma nel fatto che essi erano e sono tuttora pronti a soffrire per il bene, per Dio. Consiste nel fatto che i cristiani, come buoni cittadini, rispettano il diritto e fanno ciò che è giusto e buono. Consiste nel fatto che rifiutano di fare ciò che negli ordinamenti giuridici in vigore non è diritto, ma ingiustizia. (…) Anche oggi è importante per i cristiani seguire il diritto, che è il fondamento della pace. Anche oggi è importante per i cristiani non accettare un’ingiustizia che viene elevata a diritto – per esempio, quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati
Pensavo questo discorso nel leggere l'articolo di Piero Gheddo apparso sulla Bussola Quotidiana e su Zenit, in cui, commentando alcuni dati sull'aborto in Italia, egli si premura così di precisare il senso delle sue osservazioni: "Negli ultimi tempi è venuto sempre più alla ribalta dell’informazione il problema degli aborti, non direttamente per abolire la Legge 194, ma almeno per applicarla con rigore, visto che la Legge afferma e tutti concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire". Quindi Gheddo si allinea al tabù che, in questo periodo, circola nel mondo cattolico italiano: "la legge 194 non si tocca, si applica"; unisce la sua voce ad altre, facendo intuire che il Comitato per l'abrogazione della legge 194 inizia a creare qualche timore.

Ma "applicare integralmente la legge 194" significa, in primo luogo, accettarne la logica: considerarla, inevitabilmente, una legge "buona"; significa, per Gheddo, cadere nella trappola delle statistiche e del linguaggio dei fautori dell'aborto libero e pagato dallo Stato.
Partiamo dal linguaggio: se è vero che - per fortuna! - Gheddo parla di "bambini", per riferirsi a quelli abortiti egli dice: "bambini che non hanno potuto vedere la luce". Il problema è perché quella luce quei bambini non l'hanno vista: e forse sarebbe stata più aderente alla realtà dei fatti parlare di "bambini che vivevano tranquillamente nel grembo delle loro madri e che sono stati raggiunti da lame appuntite che li hanno fatti a pezzi e uccisi per essere poi risucchiati via" (oppure di "bambini che sono stati avvelenati e sono morti tra atroci dolori"). Parole dure, certo: ma corrispondenti a quanto avviene davvero.

Ancora più sorprendenti sono le parole usate da Gheddo per riferirsi al soggetto che ha deciso l'uccisione del bambino: la madre. Sì, perché - davvero vogliamo negarlo? - nel sistema della legge 194 che Gheddo vorrebbe applicata integralmente, è la donna che decide: e, su 117.000 aborti legali eseguiti nel 2009 (in seguito vedremo quanti sono davvero gli aborti volontari in Italia), solo 2 (due) riguardavano donne interdette (dati Ministero della Giustizia), per le quali la decisione era stata presa dal tutore. Gli altri aborti volontari sono stati decisi da donne pienamente capaci di intendere e di volere. La malvagità di questa legge - come di tutte le leggi di aborto - si vede anche da qui: è la madre (e non una commissione medica) incaricata di decidere che il proprio figlio innocente debba morire atrocemente; e quindi il dato - che ha ovviamente a che fare anche con l'educazione del popolo - è questo, ed è tremendo: nel 2009 117.000 donne hanno scelto di uccidere il loro figlio.
Nell'articolo Gheddo parla sì, di scelta, ma solo per rimarcare i danni subiti dalla donna: "Le donne che hanno scelto di abortire, nella grande maggioranza dei casi subiscono un forte o anche fortissimo trauma fisico e psicologico, del quale spesso non si liberano più del tutto"; e, se questo è vero, risulta evidente nel parlare di Gheddo che le donne sono esclusivamente vittime: "l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire". Sì, perché - intende Gheddo - se si fornissero soldi alle famiglie in difficoltà e psicologi alle donne incinte, l'aborto volontario scomparirebbe ...

Leggiamo la chiusa dell'articolo: Gheddo critica il Presidente Napolitano perché "Non ha parlato della vita che deve nascere e non può per mancanza di solidarietà umana e di sostegno da parte dello Stato italiano". Vedete? La responsabilità non è mai delle donne, è colpa della Stato che non fornisce il denaro e gli psicologi di sostegno ...
Lo Stato, quindi, non è responsabile perché ha reso un diritto assoluto l'uccisione dei bambini non ancora nati; è responsabile perché non dà soldi e aiuto psicologico.

Con una visione così falsata di quanto è permesso dalla legge 194 e di quanto avviene davvero in conseguenza della piena attuazione di quella legge, come stupirsi che Gheddo "sragioni" anche sui numeri? Lo vedremo nel prossimo post.

Giacomo Rocchi

Educazione e leggi sull'aborto



Benedetto XVI, ancora una volta, riprende il tema delle leggi ingiuste che permettono l'aborto. Lo fa nell'ambito di un tema molto sentito in questo periodo nell'ambito del mondo cattolico:
"L’educazione è un tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro di tutta la società. Essa, perciò, costituisce un compito di primaria importanza in un tempo difficile e delicato. Oltre ad un obiettivo chiaro, quale è quello di condurre i giovani ad una conoscenza piena della realtà e quindi della verità, l’educazione ha bisogno di luoghi. Tra questi figura anzitutto la famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo con una donna. Questa non è una semplice convenzione sociale, bensì la cellula fondamentale di ogni società. Pertanto, le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità. Il contesto familiare è fondamentale nel percorso educativo e per lo sviluppo stesso degli individui e degli Stati; di conseguenza occorrono politiche che lo valorizzino e aiutino così la coesione sociale e il dialogo. È nella famiglia che ci si apre al mondo e alla vita e, come ho avuto modo di ricordare durante il mio viaggio in Croazia, «l’apertura alla vita è segno di apertura al futuro». In questo contesto dell’apertura alla vita, accolgo con soddisfazione la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che vieta di brevettare i processi relativi alle cellule staminali embrionali umane, come pure la Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che condanna la selezione prenatale in funzione del sesso.
Più in generale, guardando soprattutto al mondo occidentale, sono convinto che si oppongano all’educazione dei giovani e di conseguenza al futuro dell’umanità le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili."


Se le leggi di aborto si "oppongono all'educazione dei giovani e di conseguenza al futuro dell'umanità", quale è il compito dei prolife? Tentare di abrogare quelle leggi.
Ma quale è lo scopo di questa battaglia?
Evidentemente non solo salvare la vita dei bambini di cui la legge di aborto avrebbe permesso l'uccisione, ma contribuire "all'educazione dei giovani e al futuro dell'umanità".

Chi segue questo post ha conosciuto la "polemichetta" nata dal commento ad articoli di Carlo Valerio Bellieni (Educazione vs. legislazione?). Bellieni, in un bellissimo articolo su Il Sussidiario sull'l'utilizzo a scopo di aborto delle tecniche di diagnosi prenatale, insiste sul tema del deficit della capacità educativa: "Già, perché è vero che gli “strumenti” sono neutri, ma se vengono usati in un momento di fragilità non lo sono più. E quanto è fragile il periodo della gravidanza… e quanto è fragile l’uomo della società post-moderna, tutto infervorato nel culto della perfezione fisica e nella fobia delle malattie. E si noti che ho volutamente usato un esempio “soft”, per non irritare nessuno, ma le conseguenze finali che abbiamo illustrato all’inizio dell’articolo sono ben diverse da un mal di pancia.
Non pensate che, soprattutto chi dà consigli morali e si occupa di etica, magari preoccupato per il numero di aborti, ma purtroppo poco dal clima culturale che precede e circonda gli aborti stessi (dunque in deficit di capacità educativa), dovrebbe riflettere?"


Scrivevo in qualche post precedente: "Non sto sostenendo che l'educazione (soprattutto quella cristiana) non serva: ma che l'esistenza di leggi ingiuste nell'ordinamento civile ostacola e a volte impedisce una corretta educazione".


Benedetto XVI sembra avere una chiara idea della complessità e doverosità dell'azione necessaria: occorre educare - soprattutto tramite la famiglia - e occorre eliminare le leggi diseducative, che "impediscono l'educazione dei giovani e il futuro dell'umanità".



Chissà se l'azione prolife diretta ad abrogare queste leggi (e, quando necessario, ad ostacolare l'approvazione di altre leggi ingiuste) troverà cittadinanza anche nel mondo cattolico ...


Giacomo Rocchi

domenica 27 novembre 2011

Educazione vs legislazione: riflettiamo ancora

Un prolife intransigente è inevitabilmente un rompiscatole. Quando i sottosegretari dicono che gli aborti sono diminuiti, salta su a ricordare i sei milioni di bambini uccisi con l'aborto legale e con quello clandestino e gli embrioni eliminati con le "pillole che uccidono"; quando un quotidiano cattolico magnifica i successi di una tecnica particolare di fecondazione in vitro, ricorda il numero di embrioni morti o congelati che conseguono anche a questa tecnica; quando gli ambienti cattolici ufficiali spingono per l'approvazione di una legge che proclama l'inviolabilità della vita, sostiene pubblicamente che si va verso l'eutanasia legale e che si rischia di ripetere il caso Englaro ...
Un prolife intransigente, in Italia, non ha amici: forse perché molti di quelli che, come lui, vogliono difendere la vita, fanno finta di non conoscerlo e sembrano ignorare le sue prese di posizione (che pure cerca di argomentare); ma quando alza un po' la voce e fa polemica, gli dicono che non è il modo di fare, che avresti potuto parlare direttamente con lui, e che - diamine! - ne viene fuori un quadro non bello, che figura ci facciamo ...
Un prolife intransigente, in Italia, non conta nulla: non ha niente da perdere, finanziamenti da ottenere, cariche da conquistare o da mantenere; è fuori dai "giochi importanti", non partecipa ai gruppi che contano, non conosce le dinamiche dei gruppi ufficiali: insomma, non conosce il contesto.
Un prolife intransigente si occupa anche di leggi: non perché gli piaccia particolarmente, ma perché sa che una legge ingiusta ha permesso l'uccisione di milioni di bambini innocenti e un'altra consente la morte programmata di decine di migliaia (per ora) di embrioni; sa che queste leggi nascondono la loro essenza dietro proclami ipocriti; sa che queste leggi fanno "cultura"; teme che altre leggi permetteranno l'uccisione di altre persone ... Ma questo occuparsi di leggi lo rende ancora più scostante, spigoloso, talvolta petulante ("viene a parlarci di quel certo comma ... non gli basta che al primo articolo abbiamo piazzato: "La vita è indisponibile?").
Insomma: un caso pietoso! Sempre a ripetere: "valori non negoziabili!", "leggi ingiuste!", "bambini uccisi!"; sempre a puntualizzare, precisare, dissentire ...

Fatto questo quadro, torniamo a parlare dei due articoli di Carlo Bellieni sulla Bussola Quotidiana e, perché no?, dei nostri due commenti, che hanno suscitato qualche reazione negativa. Che Bellieni non sia stato un esempio di chiarezza, sembra confermarlo l'articolo di Francesco Agnoli ("Le leggi e la cultura") che vi abbiamo segnalato: Agnoli sostiene che per capire il contenuto "occorre fare uno sforzo: contestualizzare"; poi interpreta un "non detto" di Bellieni: "Non ha neppure scritto, ma certi sottintesi si possono intuire, che la legge in questione oggi, quella sul testamento biologico, non è poi così opportuna". Insomma, per capire fino in fondo cosa voleva dire Bellieni, ci volevano sforzo e intuizione ...
Affronteremo subito il contenuto dei due articoli: prima, però, una domanda: perché l'articolo di Bellieni è coraggioso? Agnoli premette: "Carlo Bellieni è uno dei 5 membri del Direttivo di Scienza e Vita". Quindi - se ho capito bene - l'articolo sarebbe coraggioso perché l'autore avrebbe fatto intendere il suo fastidio rispetto all'invito a Bersani/Casini/Alfano, avrebbe sottolineato che "certamente c'è dell'altro"; ma lo avrebbe fatto concludendo il suo articolo con l'affermazione che "dal convegno di Scienza e Vita coi politici usciamo rafforzati" e ricordando che "oggi nella Chiesa c'è chi dialoga sapientemente di leggi con gli Alfano, Bersani, Casini", contrapponendo piuttosto il contenuto della seconda giornata del Convegno di Scienza e Vita (quella in cui "le associazioni locali di S&V hanno mostrato cosa sia il lavoro quotidiano, la bellezza e l'eroismo di chi cura e la bellezza e l'eroismo di chi viene curato") alla prima (quella in cui erano intervenuti i politici).
Mah ... tempo fa abbiamo sentito rumore di porte sbattute in Scienza e Vita. (Comunque: se esprimere il dissenso rispetto a S&V e ai vertici della CEI su scelte "laiche" significa essere coraggiosi, qualcuno potrebbe considerarci degli eroi ...).

Ma appunto: passiamo al contenuto dei due articoli e dei nostri commenti. Un dato è chiaro: né Bellieni, né i nostri commenti hanno mai affermato che servono solo le leggi o, al contrario, solo la battaglia culturale. Nel primo commento scrivevamo: "In definitiva: serve davvero una nuova evangelizzazione; serve alzare la voce - come fa egregiamento Bellieni - per mostrare le conseguenze negative delle presunte conquiste etiche; ma serve - e tanto - anche una battaglia a viso aperto contro l'ingiustizia delle leggi (prima fra tutte l'iniqua legge sull'aborto)".
In nessun punto del nostro commento abbiamo fatto dire a Bellieni (i cui articoli integrali sono stati richiamati con l'apposito link e dei quali ampi passi sono stati riportati letteralmente) cose che non aveva detto: abbiamo però sottolineato che nel pensiero di Bellieni (ovviamente quello espresso nell'articolo, non quello sottinteso) era evidente una scala di priorità (prima l'educazione e la fede, poi le leggi) e, insieme, una visione che tiene distinte le due questioni, tanto da poter affidare a "pochi" la questione legislativa. In altre parole: la sottovalutazione della efficacia culturale (positiva o negativa) delle leggi, giuste o ingiuste; e insieme la negazione della valenza culturale delle battaglie per le leggi giuste o contro le leggi ingiuste. Nell'articolo del 12/10/2011 ("Bioetica e morale, cristiani normlizzati") vi era una frase davvero significativa: "sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all'ufficialità delle leggi". Certo: una frase che ribadiva che "per rendere etica una società si passa anche dalle leggi" (come Bellieni scrive nel secondo articolo), ma che raffigurava la legge come qualcosa di "ufficiale", per la quale il lavoro di "perfezionare" sembra vano ("forse i buoi sono già scappati") e di cui comunque Bellieni non è particolarmente interessato (come indica il fatto che di leggi - ed in particolare del progetto di legge sulle DAT - non ne parla, tanto che il suo pensiero sul punto si deve intuire: "invece").
Il prolife intransigente ha fretta, sente l'urgenza: sarà forse vero, come ritiene Francesco Agnoli, che "in una società profondamente corrotta le leggi buone non sono applicabili, mentre in una società sana certe leggi disumane non nascono" e che "non potremmo mai sconfiggere, così, con una bacchetta magica, l'aborto legale" senza rieducare ai valori del "pudore, fedeltà, senso dell'onore, della responsabilità, della famiglia, del peccato"; ma è difficile rinunciare ad una battaglia di popolo per salvare - anche con la legge civile - la vita di quei bambini che ogni giorno vengono soppressi o di quegli embrioni che vengono prodotti; o per impedire che quei neonati o quegli anziani vengano fatti morire nel futuro.
Una battaglia di popolo, sì (e qui siamo proprio d'accordo con Bellieni nel valutare l'invito ai VIP della politica): come fu quella del referendum contro la legge 194 e prima ancora quella per l'approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare del Movimento per la Vita che raccolse milioni di firme. Il fatto è che far comprendere al popolo l'ingiustizia e l'ipocrisia di certe leggi, svelare quello che esse davvero permettono, coinvolgerlo nella battaglia democratica su di esse, non è affatto tormentarlo con questioni formali: è una battaglia che fa cultura e mostra la malvagità di certi atti e la necessità di impedirli.
Bellieni vuole dare il suo contributo anche a questa battaglia?

Giacomo Rocchi

venerdì 25 novembre 2011

Educazione vs. legislazione /2



Francesco Agnoli interviene sull'articolo di Carlo Bellieni che abbiamo commentato con il post precedente. Cliccate sul titolo e sarete indirizzati all'articolo.



Riprenderemo il tema nei prossimi giorni.



Giacomo Rocchi

martedì 22 novembre 2011

Bellieni: Educazione vs legislazione?




Sulla Bussola Quotidiana Carlo Bellieni ritorna sul tema dell'educazione e della necessità di fare buone leggi (cliccando sul titolo si accede all'articolo). Già in un precedente articolo, che avevamo commentato sul post "I contenuti della battaglia prolife", scriveva: "I cristiani sono stati assimilati, magari consolati da qualche legge che fa ancora da argine alle derive in campo bioetico; ma mentre perfezioniamo le leggi, forse i buoi sono già scappati, e sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all’ufficialità delle leggi".
Nell'articolo di oggi, a commento del Convegno di Scienza e Vita che ha visto la presenza di politici nazionali, la riflessione si approfondisce e i toni diventano più forti. Viene chiamato esplicitamente in causa il fronte prolife:



"Alfano, Bersani e Casini e Scienza e Vita: un colloquio in cui è chiaro che la società vuole etica e che loro lo capiscono; che per rendere etica una società si passa anche dalle leggi (...) Ora è il caso di domandarci se questo basta. Cioè se quello che davvero occorre alla gente è solo il dialogo con i vertici della politica. E se davvero basta fare “buone leggi” per fare crescere un popolo. Probabilmente c’è dell’altro. Certamente c’è dell’altro. Perché fare buone leggi non serve a niente se la gente è convinta che siano leggi cattive e i maitre à penser finiscono per mostrarle come una soverchieria. (...) Insomma: non basta fare gli autovelox per ridurre i morti sulle autostrade: bisogna educare. I primi cristiani non si misero a chiedere all’Imperatore che facesse
una legge per vietare i giochi omicidi nei circhi, o l’infanticidio: semplicemente costruirono una cultura che non li prevedeva, che mostrava che erano bestialità. San Benedetto costruì l’Europa non domandando ai barbari di smettere di fare stragi, ma costruendo i monasteri, rendendo l’Europa disseminata di luoghi di salvezza. (...) San Benedetto e San Paolo non rifuggivano dai politici di allora; e anche oggi nella Chiesa c’è chi direttamente dialoga sapientemente di leggi con gli Alfano, Bersani, Casini. Ma
c’è anche chi, inoltre, costruisce cultura, chi mostra al popolo la bellezza della vita, chi crea case famiglia, luoghi d’accoglienza, banchi alimentari, e vuole rendere questo cultura; questa è ora la strada da aprire".
Sono riflessioni importanti che devono essere prese in considerazione. A queste Bellieni aggiunge altre che riguardano la sproporzione delle forze in campo:
"Già, i maitre à penser sono quelli che contano sui giornali, in TV, quelli che
danno il “la” all’opinione pubblica, quelli che fanno la cultura di un popolo. E
con la loro artiglieria, il fronte pro-life cosa oppone? Siamo di fronte ad
un’asimmetria, ad un braccio di ferro fatto tra un omone di due metri e un bambino (anche se il bambino apparentemente non è sprovveduto e disarmato, il che visti gli esiti è anche peggio). Da una parte l’artiglieria pesante dei massmedia, dei Vip (dalle soubrette ai presentatori Tv: ricordate le cento facce di Vip che campeggiavano sulla copertina di un settimanale alle soglie del referendum sulla legge 40 invitando a votare SI?); dall’altra… qualcosa che evidentemente non incide sulla cultura, sul modo di decidere della gente"



Una domanda a Bellieni: quando si impegna a rianimare e curare un neonato prematuro, ha in mente la cultura che circonda questa "categoria" di pazienti oppure vuole soltanto salvare la vita del suo piccolo paziente? La battaglia prolife non si giustifica soltanto con lo scopo di "fare cultura", di cambiare la mentalità della gente: essa è doverosa innanzitutto per lo scopo di salvare la vita di quei bambini che stanno per essere uccisi, di quegli embrioni che stanno per essere prodotti e congelati, di quei disabili che potrebbero essere lasciati morire di fame e di sete o non curati. Abbiamo in mente ciascuno dei sei milioni di bambini abortiti, così come abbiamo cercato di salvare la vita di una disabile, Eluana Englaro!

E allora veniamo alle leggi e alla battaglia sulle leggi: Bellieni dice che fare buone leggi può risultare inutile: è inutile anche abrogare le leggi ingiuste, che permettono i massacri degli innocenti? Se l'obbiettivo è quello di ridurre il numero degli innocenti uccisi o lasciati morire (è questo l'obbiettivo dei movimenti prolife, come per un medico è quello di salvare la vita dei suoi pazienti), vietare l'aborto volontario ed abrogare l'iniqua legge che lo permette a semplice richiesta è davvero inutile? E vietare la fecondazione extracorporea ed abrogare l'ingista legge che la consente, ridurrebbe il numero degli embrioni morti o congelati o sottoposti a diagnosi preimpianto?

Bellieni, poi, mostra di non credere che davvero la legge possa "fare cultura", cioè contribuire in maniera rilevante (anche se non esclusiva) a permeare la mentalità del popolo; temo che sottovaluti la questione. Non sto sostenendo che l'educazione (soprattutto quella cristiana) non serva: ma che l'esistenza di leggi ingiuste nell'ordinamento civile ostacola e a volte impedisce una corretta educazione.
Quale è l'esito della posizione di Bellieni rispetto al tema delle leggi giuste e ingiuste? Posso esprimere una sensazione? La questione viene delegata ad altri; altri si occuperanno dei rapporti con i politici; e - poiché la delega è totale e gli "altri" sono stati scelti all'interno della Chiesa - le loro azioni sono per definizione giuste ("nella Chiesa c'è chi dialoga sapientemente di leggi"). L'atto di fede di Bellieni in questi politici cattolici sembra assoluto, tanto che ancora la legge 40 (quella che afferma: "è consentita la procreazione medicalmente assistita" e che poteva invece statuire: "è vietata la fecondazione extracorporea"...) è presa come punto di riferimento. E' sicuro Bellieni che quel dialogo sulle leggi sia sapiente? Davvero sulle leggi che possono permettere o vietare l'uccisione di embrioni, bambini e pazienti, egli vuole lavarsene le mani?
Giacomo Rocchi

P.S.: L'infanticidio fu vietato per legge per la prima volta dall'imperatore Costantino; il divieto per legge fu rafforzato dall'imperatore Giustiniano. Costantino vietò per legge anche i giochi gladiatori (il divieto fu reso definitivo da Onorio)

sabato 5 novembre 2011

I contenuti della battaglia prolife



Carlo Valerio Bellieni, sulla Bussola Quotidiana, il 12 ottobre si chiedeva: "Dove sono finiti i cristiani?" (cliccando sul titolo si accede all'articolo). L'Autore descrive la reazione dei cristiani di fronte alle nuove sfide della bioetica: un disastro, una completa omologazione e si chiede: "Perché questa rassegnazione, mentre invece il mondo scientifico alza la voce per mostrare le conseguenze negative di tante presunte “conquiste etiche”?" Stranamente ad essere attaccati, però, sono soprattutto coloro che sembrano "baloccarsi" di leggi: "I cristiani sono stati assimilati, magari consolati da qualche legge che fa ancora da argine alle derive in campo bioetico; ma mentre perfezioniamo le leggi, forse i buoi sono già scappati, e sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all’ufficialità delle leggi".

Ho scritto al Direttore della Bussola Quotidiana questa lettera:
Gentile Direttore,
leggo l'articolo di Carlo Bellieni in data odierna, "Bioetica e morale, cristiani normalizzati". Ho sempre apprezzato Bellieni nei suoi scritti; e, aggiungo, concordo con lui sulla "normalizzazione" dei cristiani (o meglio: di molti cristiani) nel campo bioetico. Ma quanto contano le "leggi ingiuste" in questa normalizzazione? Bellieni dà un preciso criterio di priorità: "sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all'ufficialità delle leggi"; quasi che l'incidenza della legislazione civile sulla cultura e sull'educazione del nostro popolo (e soprattutto del popolo cristiano) sia irrilevante. Non è così.

Prendiamo come esempio proprio la legge 40 sulla fecondazione in vitro: Bellieni la ritiene una delle "leggi che fa da argine alle derive in campo bioetico"? Una legge che ha "sdoganato" presso il popolo quelle pratiche di fecondazione in vitro, rendendole un diritto soggettivo per quasi tutti gli adulti che intendono avere un figlio per vie non naturali; una legge che non pone un limite ai tentativi, una legge che, già nella previsione iniziale (poi ulteriormente allargata dalla Corte Costituzionale) prevedeva la produzione di tre embrioni, dando per scontato che almeno due dei tre fossero destinati a morire; una legge che prevedeva espressamente casi di congelamento degli embrioni; una legge che non vietava espressamente la diagnosi genetica preimpianto ... potremmo continuare. Come stupirsi, allora, se, nel giro di pochi anni, il ricorso alle tecniche di fecondazione in vitro è massicciamente aumentato e che l'età degli aspiranti genitori sia andata a salire? E' stata proprio quella legge - che ipocritamente dichiarava di attribuire diritti agli embrioni, ma che ne permetteva la produzione, la morte programmata, il congelamento, il sezionamento, il tutto a spese dello Stato - a contribuire a rompere ogni argine culturale e morale nei confronti di queste tecniche antiumane.

Quindi - se Bellieni vuole riferirsi anche all'attualità - la battaglia che piccoli gruppi, soprattutto cattolici o di cattolici, fanno contro il progetto di legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento - battaglia che non emerge soprattutto perché gli organi di stampa cattolici non lo permettono - non è affatto un tentativo di "perfezionare le leggi, quando i buoi sono già scappati": essa è mossa, piuttosto, dalla convinzione (fondata sull'esperienza) che anche questa legge aprirà un'altra breccia nel cuore del nostro popolo (e anche di quello cristiano) e contribuirà ad una accettazione sempre più ampia delle pratiche eutanasiche.

In definitiva: serve davvero una nuova evangelizzazione; serve alzare la voce - come fa egregiamente Bellieni - per mostrare le conseguenze negative delle presunte "conquiste etiche"; ma serve - e tanto - anche una battaglia a viso aperto contro l'ingiustizia delle leggi (prima fra tutte l'iniqua legge sull'aborto); è una battaglia che ha una grande valenza morale e culturale, perché riafferma la verità tutta intera, senza tacere e senza cedere a compromessi.

Giacomo Rocchi