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mercoledì 18 gennaio 2012

Educati dalla legge sull'aborto?/4




“Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti”(Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, 3).
Continuiamo a commentare i numeri dell'aborto in Italia, stimolati dall'intervento di Piero Gheddo che, escludendo ogni abolizione della legge 194 e auspicando la sua "rigorosa applicazione", sostiene che "all'estero stanno molto peggio" e che "gli aborti sono in diminuzione". Abbiamo visto che Gheddo sposa la tesi secondo cui con l'aiuto economico e quello psicologico gli aborti diminuirebbero.


Dopo aver parlato dell'aborto delle minorenni, parliamo, allora, dell'aborto eugenetico, motivato dalla malattia o dalle malformazioni (effettive o temute) del bambino. Abbiamo già menzionato il bellissimo articolo di Carlo Valerio Bellieni sull'eliminazione delle bambine con sindrome di Turner: la motivazione di quegli aborti è lucidamente indicata dall'Autore: "quanto è fragile l’uomo della società post-moderna, tutto infervorato nel culto della perfezione fisica e nella fobia delle malattie".
Vediamo allora un po' di numeri: nel 1983 la percentuale di aborti volontari eseguiti oltre le 12 settimane era pari allo 0,7% del totale, oggi la percentuale giunge al 2,9% (quattro volte di più); il Ministro della Salute osserva che "a differenza delle interruzioni di gravidanza entro i 90 giorni, quelle effettuate dopo tale termine riguardano nella gran parte dei casi gravidanze interrotte in seguito a risultati sfavorevoli delle analisi prenatali".


La legge 194 in questo caso risulta particolarmente "moderna": già nel 1978 - quando le tecniche di diagnosi prenatale erano molto meno sviluppate - prevedeva come possibile l'uccisione del bambino dopo i novanta giorni "quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". Suggeriva, quindi, che la malattia (reale o temuta) del bambino comportasse un pericolo per la madre; e soprattutto, che la "soluzione" fosse l'uccisione del bambino malato (o temuto tale). D'altro canto, ad essere messa in pericolo poteva essere anche la "salute psichica" (e cioè, il completo benessere fisiopsichico). Che voi sappiate, a qualche donna che, conosciuta la malattia del figlio ha chiesto di abortire, è stato risposto negativamente perché non c'era pericolo per la sua salute psichica?


Bellieni fa cultura ed educazione, e fa bene; ma non pensa che una legge che vietasse l'aborto eugenetico aiuterebbe la sua opera? Non è che - come sembra ritenere Benedetto XVI - "le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili ... si oppongono all'educazione dei giovani e al futuro dell'umanità"? E Gheddo, che pensa di questa parte della legge: non dobbiamo abolire nemmeno questa?


Le cosa da dire non sono finite.


Giacomo Rocchi

mercoledì 11 gennaio 2012

Educazione e leggi sull'aborto



Benedetto XVI, ancora una volta, riprende il tema delle leggi ingiuste che permettono l'aborto. Lo fa nell'ambito di un tema molto sentito in questo periodo nell'ambito del mondo cattolico:
"L’educazione è un tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro di tutta la società. Essa, perciò, costituisce un compito di primaria importanza in un tempo difficile e delicato. Oltre ad un obiettivo chiaro, quale è quello di condurre i giovani ad una conoscenza piena della realtà e quindi della verità, l’educazione ha bisogno di luoghi. Tra questi figura anzitutto la famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo con una donna. Questa non è una semplice convenzione sociale, bensì la cellula fondamentale di ogni società. Pertanto, le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità. Il contesto familiare è fondamentale nel percorso educativo e per lo sviluppo stesso degli individui e degli Stati; di conseguenza occorrono politiche che lo valorizzino e aiutino così la coesione sociale e il dialogo. È nella famiglia che ci si apre al mondo e alla vita e, come ho avuto modo di ricordare durante il mio viaggio in Croazia, «l’apertura alla vita è segno di apertura al futuro». In questo contesto dell’apertura alla vita, accolgo con soddisfazione la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che vieta di brevettare i processi relativi alle cellule staminali embrionali umane, come pure la Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che condanna la selezione prenatale in funzione del sesso.
Più in generale, guardando soprattutto al mondo occidentale, sono convinto che si oppongano all’educazione dei giovani e di conseguenza al futuro dell’umanità le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili."


Se le leggi di aborto si "oppongono all'educazione dei giovani e di conseguenza al futuro dell'umanità", quale è il compito dei prolife? Tentare di abrogare quelle leggi.
Ma quale è lo scopo di questa battaglia?
Evidentemente non solo salvare la vita dei bambini di cui la legge di aborto avrebbe permesso l'uccisione, ma contribuire "all'educazione dei giovani e al futuro dell'umanità".

Chi segue questo post ha conosciuto la "polemichetta" nata dal commento ad articoli di Carlo Valerio Bellieni (Educazione vs. legislazione?). Bellieni, in un bellissimo articolo su Il Sussidiario sull'l'utilizzo a scopo di aborto delle tecniche di diagnosi prenatale, insiste sul tema del deficit della capacità educativa: "Già, perché è vero che gli “strumenti” sono neutri, ma se vengono usati in un momento di fragilità non lo sono più. E quanto è fragile il periodo della gravidanza… e quanto è fragile l’uomo della società post-moderna, tutto infervorato nel culto della perfezione fisica e nella fobia delle malattie. E si noti che ho volutamente usato un esempio “soft”, per non irritare nessuno, ma le conseguenze finali che abbiamo illustrato all’inizio dell’articolo sono ben diverse da un mal di pancia.
Non pensate che, soprattutto chi dà consigli morali e si occupa di etica, magari preoccupato per il numero di aborti, ma purtroppo poco dal clima culturale che precede e circonda gli aborti stessi (dunque in deficit di capacità educativa), dovrebbe riflettere?"


Scrivevo in qualche post precedente: "Non sto sostenendo che l'educazione (soprattutto quella cristiana) non serva: ma che l'esistenza di leggi ingiuste nell'ordinamento civile ostacola e a volte impedisce una corretta educazione".


Benedetto XVI sembra avere una chiara idea della complessità e doverosità dell'azione necessaria: occorre educare - soprattutto tramite la famiglia - e occorre eliminare le leggi diseducative, che "impediscono l'educazione dei giovani e il futuro dell'umanità".



Chissà se l'azione prolife diretta ad abrogare queste leggi (e, quando necessario, ad ostacolare l'approvazione di altre leggi ingiuste) troverà cittadinanza anche nel mondo cattolico ...


Giacomo Rocchi

domenica 27 novembre 2011

Educazione vs legislazione: riflettiamo ancora

Un prolife intransigente è inevitabilmente un rompiscatole. Quando i sottosegretari dicono che gli aborti sono diminuiti, salta su a ricordare i sei milioni di bambini uccisi con l'aborto legale e con quello clandestino e gli embrioni eliminati con le "pillole che uccidono"; quando un quotidiano cattolico magnifica i successi di una tecnica particolare di fecondazione in vitro, ricorda il numero di embrioni morti o congelati che conseguono anche a questa tecnica; quando gli ambienti cattolici ufficiali spingono per l'approvazione di una legge che proclama l'inviolabilità della vita, sostiene pubblicamente che si va verso l'eutanasia legale e che si rischia di ripetere il caso Englaro ...
Un prolife intransigente, in Italia, non ha amici: forse perché molti di quelli che, come lui, vogliono difendere la vita, fanno finta di non conoscerlo e sembrano ignorare le sue prese di posizione (che pure cerca di argomentare); ma quando alza un po' la voce e fa polemica, gli dicono che non è il modo di fare, che avresti potuto parlare direttamente con lui, e che - diamine! - ne viene fuori un quadro non bello, che figura ci facciamo ...
Un prolife intransigente, in Italia, non conta nulla: non ha niente da perdere, finanziamenti da ottenere, cariche da conquistare o da mantenere; è fuori dai "giochi importanti", non partecipa ai gruppi che contano, non conosce le dinamiche dei gruppi ufficiali: insomma, non conosce il contesto.
Un prolife intransigente si occupa anche di leggi: non perché gli piaccia particolarmente, ma perché sa che una legge ingiusta ha permesso l'uccisione di milioni di bambini innocenti e un'altra consente la morte programmata di decine di migliaia (per ora) di embrioni; sa che queste leggi nascondono la loro essenza dietro proclami ipocriti; sa che queste leggi fanno "cultura"; teme che altre leggi permetteranno l'uccisione di altre persone ... Ma questo occuparsi di leggi lo rende ancora più scostante, spigoloso, talvolta petulante ("viene a parlarci di quel certo comma ... non gli basta che al primo articolo abbiamo piazzato: "La vita è indisponibile?").
Insomma: un caso pietoso! Sempre a ripetere: "valori non negoziabili!", "leggi ingiuste!", "bambini uccisi!"; sempre a puntualizzare, precisare, dissentire ...

Fatto questo quadro, torniamo a parlare dei due articoli di Carlo Bellieni sulla Bussola Quotidiana e, perché no?, dei nostri due commenti, che hanno suscitato qualche reazione negativa. Che Bellieni non sia stato un esempio di chiarezza, sembra confermarlo l'articolo di Francesco Agnoli ("Le leggi e la cultura") che vi abbiamo segnalato: Agnoli sostiene che per capire il contenuto "occorre fare uno sforzo: contestualizzare"; poi interpreta un "non detto" di Bellieni: "Non ha neppure scritto, ma certi sottintesi si possono intuire, che la legge in questione oggi, quella sul testamento biologico, non è poi così opportuna". Insomma, per capire fino in fondo cosa voleva dire Bellieni, ci volevano sforzo e intuizione ...
Affronteremo subito il contenuto dei due articoli: prima, però, una domanda: perché l'articolo di Bellieni è coraggioso? Agnoli premette: "Carlo Bellieni è uno dei 5 membri del Direttivo di Scienza e Vita". Quindi - se ho capito bene - l'articolo sarebbe coraggioso perché l'autore avrebbe fatto intendere il suo fastidio rispetto all'invito a Bersani/Casini/Alfano, avrebbe sottolineato che "certamente c'è dell'altro"; ma lo avrebbe fatto concludendo il suo articolo con l'affermazione che "dal convegno di Scienza e Vita coi politici usciamo rafforzati" e ricordando che "oggi nella Chiesa c'è chi dialoga sapientemente di leggi con gli Alfano, Bersani, Casini", contrapponendo piuttosto il contenuto della seconda giornata del Convegno di Scienza e Vita (quella in cui "le associazioni locali di S&V hanno mostrato cosa sia il lavoro quotidiano, la bellezza e l'eroismo di chi cura e la bellezza e l'eroismo di chi viene curato") alla prima (quella in cui erano intervenuti i politici).
Mah ... tempo fa abbiamo sentito rumore di porte sbattute in Scienza e Vita. (Comunque: se esprimere il dissenso rispetto a S&V e ai vertici della CEI su scelte "laiche" significa essere coraggiosi, qualcuno potrebbe considerarci degli eroi ...).

Ma appunto: passiamo al contenuto dei due articoli e dei nostri commenti. Un dato è chiaro: né Bellieni, né i nostri commenti hanno mai affermato che servono solo le leggi o, al contrario, solo la battaglia culturale. Nel primo commento scrivevamo: "In definitiva: serve davvero una nuova evangelizzazione; serve alzare la voce - come fa egregiamento Bellieni - per mostrare le conseguenze negative delle presunte conquiste etiche; ma serve - e tanto - anche una battaglia a viso aperto contro l'ingiustizia delle leggi (prima fra tutte l'iniqua legge sull'aborto)".
In nessun punto del nostro commento abbiamo fatto dire a Bellieni (i cui articoli integrali sono stati richiamati con l'apposito link e dei quali ampi passi sono stati riportati letteralmente) cose che non aveva detto: abbiamo però sottolineato che nel pensiero di Bellieni (ovviamente quello espresso nell'articolo, non quello sottinteso) era evidente una scala di priorità (prima l'educazione e la fede, poi le leggi) e, insieme, una visione che tiene distinte le due questioni, tanto da poter affidare a "pochi" la questione legislativa. In altre parole: la sottovalutazione della efficacia culturale (positiva o negativa) delle leggi, giuste o ingiuste; e insieme la negazione della valenza culturale delle battaglie per le leggi giuste o contro le leggi ingiuste. Nell'articolo del 12/10/2011 ("Bioetica e morale, cristiani normlizzati") vi era una frase davvero significativa: "sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all'ufficialità delle leggi". Certo: una frase che ribadiva che "per rendere etica una società si passa anche dalle leggi" (come Bellieni scrive nel secondo articolo), ma che raffigurava la legge come qualcosa di "ufficiale", per la quale il lavoro di "perfezionare" sembra vano ("forse i buoi sono già scappati") e di cui comunque Bellieni non è particolarmente interessato (come indica il fatto che di leggi - ed in particolare del progetto di legge sulle DAT - non ne parla, tanto che il suo pensiero sul punto si deve intuire: "invece").
Il prolife intransigente ha fretta, sente l'urgenza: sarà forse vero, come ritiene Francesco Agnoli, che "in una società profondamente corrotta le leggi buone non sono applicabili, mentre in una società sana certe leggi disumane non nascono" e che "non potremmo mai sconfiggere, così, con una bacchetta magica, l'aborto legale" senza rieducare ai valori del "pudore, fedeltà, senso dell'onore, della responsabilità, della famiglia, del peccato"; ma è difficile rinunciare ad una battaglia di popolo per salvare - anche con la legge civile - la vita di quei bambini che ogni giorno vengono soppressi o di quegli embrioni che vengono prodotti; o per impedire che quei neonati o quegli anziani vengano fatti morire nel futuro.
Una battaglia di popolo, sì (e qui siamo proprio d'accordo con Bellieni nel valutare l'invito ai VIP della politica): come fu quella del referendum contro la legge 194 e prima ancora quella per l'approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare del Movimento per la Vita che raccolse milioni di firme. Il fatto è che far comprendere al popolo l'ingiustizia e l'ipocrisia di certe leggi, svelare quello che esse davvero permettono, coinvolgerlo nella battaglia democratica su di esse, non è affatto tormentarlo con questioni formali: è una battaglia che fa cultura e mostra la malvagità di certi atti e la necessità di impedirli.
Bellieni vuole dare il suo contributo anche a questa battaglia?

Giacomo Rocchi

venerdì 25 novembre 2011

Educazione vs. legislazione /2



Francesco Agnoli interviene sull'articolo di Carlo Bellieni che abbiamo commentato con il post precedente. Cliccate sul titolo e sarete indirizzati all'articolo.



Riprenderemo il tema nei prossimi giorni.



Giacomo Rocchi

martedì 22 novembre 2011

Bellieni: Educazione vs legislazione?




Sulla Bussola Quotidiana Carlo Bellieni ritorna sul tema dell'educazione e della necessità di fare buone leggi (cliccando sul titolo si accede all'articolo). Già in un precedente articolo, che avevamo commentato sul post "I contenuti della battaglia prolife", scriveva: "I cristiani sono stati assimilati, magari consolati da qualche legge che fa ancora da argine alle derive in campo bioetico; ma mentre perfezioniamo le leggi, forse i buoi sono già scappati, e sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all’ufficialità delle leggi".
Nell'articolo di oggi, a commento del Convegno di Scienza e Vita che ha visto la presenza di politici nazionali, la riflessione si approfondisce e i toni diventano più forti. Viene chiamato esplicitamente in causa il fronte prolife:



"Alfano, Bersani e Casini e Scienza e Vita: un colloquio in cui è chiaro che la società vuole etica e che loro lo capiscono; che per rendere etica una società si passa anche dalle leggi (...) Ora è il caso di domandarci se questo basta. Cioè se quello che davvero occorre alla gente è solo il dialogo con i vertici della politica. E se davvero basta fare “buone leggi” per fare crescere un popolo. Probabilmente c’è dell’altro. Certamente c’è dell’altro. Perché fare buone leggi non serve a niente se la gente è convinta che siano leggi cattive e i maitre à penser finiscono per mostrarle come una soverchieria. (...) Insomma: non basta fare gli autovelox per ridurre i morti sulle autostrade: bisogna educare. I primi cristiani non si misero a chiedere all’Imperatore che facesse
una legge per vietare i giochi omicidi nei circhi, o l’infanticidio: semplicemente costruirono una cultura che non li prevedeva, che mostrava che erano bestialità. San Benedetto costruì l’Europa non domandando ai barbari di smettere di fare stragi, ma costruendo i monasteri, rendendo l’Europa disseminata di luoghi di salvezza. (...) San Benedetto e San Paolo non rifuggivano dai politici di allora; e anche oggi nella Chiesa c’è chi direttamente dialoga sapientemente di leggi con gli Alfano, Bersani, Casini. Ma
c’è anche chi, inoltre, costruisce cultura, chi mostra al popolo la bellezza della vita, chi crea case famiglia, luoghi d’accoglienza, banchi alimentari, e vuole rendere questo cultura; questa è ora la strada da aprire".
Sono riflessioni importanti che devono essere prese in considerazione. A queste Bellieni aggiunge altre che riguardano la sproporzione delle forze in campo:
"Già, i maitre à penser sono quelli che contano sui giornali, in TV, quelli che
danno il “la” all’opinione pubblica, quelli che fanno la cultura di un popolo. E
con la loro artiglieria, il fronte pro-life cosa oppone? Siamo di fronte ad
un’asimmetria, ad un braccio di ferro fatto tra un omone di due metri e un bambino (anche se il bambino apparentemente non è sprovveduto e disarmato, il che visti gli esiti è anche peggio). Da una parte l’artiglieria pesante dei massmedia, dei Vip (dalle soubrette ai presentatori Tv: ricordate le cento facce di Vip che campeggiavano sulla copertina di un settimanale alle soglie del referendum sulla legge 40 invitando a votare SI?); dall’altra… qualcosa che evidentemente non incide sulla cultura, sul modo di decidere della gente"



Una domanda a Bellieni: quando si impegna a rianimare e curare un neonato prematuro, ha in mente la cultura che circonda questa "categoria" di pazienti oppure vuole soltanto salvare la vita del suo piccolo paziente? La battaglia prolife non si giustifica soltanto con lo scopo di "fare cultura", di cambiare la mentalità della gente: essa è doverosa innanzitutto per lo scopo di salvare la vita di quei bambini che stanno per essere uccisi, di quegli embrioni che stanno per essere prodotti e congelati, di quei disabili che potrebbero essere lasciati morire di fame e di sete o non curati. Abbiamo in mente ciascuno dei sei milioni di bambini abortiti, così come abbiamo cercato di salvare la vita di una disabile, Eluana Englaro!

E allora veniamo alle leggi e alla battaglia sulle leggi: Bellieni dice che fare buone leggi può risultare inutile: è inutile anche abrogare le leggi ingiuste, che permettono i massacri degli innocenti? Se l'obbiettivo è quello di ridurre il numero degli innocenti uccisi o lasciati morire (è questo l'obbiettivo dei movimenti prolife, come per un medico è quello di salvare la vita dei suoi pazienti), vietare l'aborto volontario ed abrogare l'iniqua legge che lo permette a semplice richiesta è davvero inutile? E vietare la fecondazione extracorporea ed abrogare l'ingista legge che la consente, ridurrebbe il numero degli embrioni morti o congelati o sottoposti a diagnosi preimpianto?

Bellieni, poi, mostra di non credere che davvero la legge possa "fare cultura", cioè contribuire in maniera rilevante (anche se non esclusiva) a permeare la mentalità del popolo; temo che sottovaluti la questione. Non sto sostenendo che l'educazione (soprattutto quella cristiana) non serva: ma che l'esistenza di leggi ingiuste nell'ordinamento civile ostacola e a volte impedisce una corretta educazione.
Quale è l'esito della posizione di Bellieni rispetto al tema delle leggi giuste e ingiuste? Posso esprimere una sensazione? La questione viene delegata ad altri; altri si occuperanno dei rapporti con i politici; e - poiché la delega è totale e gli "altri" sono stati scelti all'interno della Chiesa - le loro azioni sono per definizione giuste ("nella Chiesa c'è chi dialoga sapientemente di leggi"). L'atto di fede di Bellieni in questi politici cattolici sembra assoluto, tanto che ancora la legge 40 (quella che afferma: "è consentita la procreazione medicalmente assistita" e che poteva invece statuire: "è vietata la fecondazione extracorporea"...) è presa come punto di riferimento. E' sicuro Bellieni che quel dialogo sulle leggi sia sapiente? Davvero sulle leggi che possono permettere o vietare l'uccisione di embrioni, bambini e pazienti, egli vuole lavarsene le mani?
Giacomo Rocchi

P.S.: L'infanticidio fu vietato per legge per la prima volta dall'imperatore Costantino; il divieto per legge fu rafforzato dall'imperatore Giustiniano. Costantino vietò per legge anche i giochi gladiatori (il divieto fu reso definitivo da Onorio)

sabato 5 novembre 2011

I contenuti della battaglia prolife



Carlo Valerio Bellieni, sulla Bussola Quotidiana, il 12 ottobre si chiedeva: "Dove sono finiti i cristiani?" (cliccando sul titolo si accede all'articolo). L'Autore descrive la reazione dei cristiani di fronte alle nuove sfide della bioetica: un disastro, una completa omologazione e si chiede: "Perché questa rassegnazione, mentre invece il mondo scientifico alza la voce per mostrare le conseguenze negative di tante presunte “conquiste etiche”?" Stranamente ad essere attaccati, però, sono soprattutto coloro che sembrano "baloccarsi" di leggi: "I cristiani sono stati assimilati, magari consolati da qualche legge che fa ancora da argine alle derive in campo bioetico; ma mentre perfezioniamo le leggi, forse i buoi sono già scappati, e sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all’ufficialità delle leggi".

Ho scritto al Direttore della Bussola Quotidiana questa lettera:
Gentile Direttore,
leggo l'articolo di Carlo Bellieni in data odierna, "Bioetica e morale, cristiani normalizzati". Ho sempre apprezzato Bellieni nei suoi scritti; e, aggiungo, concordo con lui sulla "normalizzazione" dei cristiani (o meglio: di molti cristiani) nel campo bioetico. Ma quanto contano le "leggi ingiuste" in questa normalizzazione? Bellieni dà un preciso criterio di priorità: "sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all'ufficialità delle leggi"; quasi che l'incidenza della legislazione civile sulla cultura e sull'educazione del nostro popolo (e soprattutto del popolo cristiano) sia irrilevante. Non è così.

Prendiamo come esempio proprio la legge 40 sulla fecondazione in vitro: Bellieni la ritiene una delle "leggi che fa da argine alle derive in campo bioetico"? Una legge che ha "sdoganato" presso il popolo quelle pratiche di fecondazione in vitro, rendendole un diritto soggettivo per quasi tutti gli adulti che intendono avere un figlio per vie non naturali; una legge che non pone un limite ai tentativi, una legge che, già nella previsione iniziale (poi ulteriormente allargata dalla Corte Costituzionale) prevedeva la produzione di tre embrioni, dando per scontato che almeno due dei tre fossero destinati a morire; una legge che prevedeva espressamente casi di congelamento degli embrioni; una legge che non vietava espressamente la diagnosi genetica preimpianto ... potremmo continuare. Come stupirsi, allora, se, nel giro di pochi anni, il ricorso alle tecniche di fecondazione in vitro è massicciamente aumentato e che l'età degli aspiranti genitori sia andata a salire? E' stata proprio quella legge - che ipocritamente dichiarava di attribuire diritti agli embrioni, ma che ne permetteva la produzione, la morte programmata, il congelamento, il sezionamento, il tutto a spese dello Stato - a contribuire a rompere ogni argine culturale e morale nei confronti di queste tecniche antiumane.

Quindi - se Bellieni vuole riferirsi anche all'attualità - la battaglia che piccoli gruppi, soprattutto cattolici o di cattolici, fanno contro il progetto di legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento - battaglia che non emerge soprattutto perché gli organi di stampa cattolici non lo permettono - non è affatto un tentativo di "perfezionare le leggi, quando i buoi sono già scappati": essa è mossa, piuttosto, dalla convinzione (fondata sull'esperienza) che anche questa legge aprirà un'altra breccia nel cuore del nostro popolo (e anche di quello cristiano) e contribuirà ad una accettazione sempre più ampia delle pratiche eutanasiche.

In definitiva: serve davvero una nuova evangelizzazione; serve alzare la voce - come fa egregiamente Bellieni - per mostrare le conseguenze negative delle presunte "conquiste etiche"; ma serve - e tanto - anche una battaglia a viso aperto contro l'ingiustizia delle leggi (prima fra tutte l'iniqua legge sull'aborto); è una battaglia che ha una grande valenza morale e culturale, perché riafferma la verità tutta intera, senza tacere e senza cedere a compromessi.

Giacomo Rocchi