Tra il settembre e il novembre del 1938, lo stato unitario italiano, si dotò di leggi sulla tutela della razza, escludendo dalla vita pubblica tutti gli ebrei, decretandone di fatto la morte civile. Quella fisica sarebbe venuta poco dopo per mano tedesca, attraverso l'apparato nazista. Quelle leggi rappresentano per lo stato unitario, a 150 anni dalla sua fondazione, un abominio; sono la prova idelebile di un atto infamante.
Nel maggio del 1978, lo stato unitario divenuto repubblicano si è dotato di una legge che discrimina gli uomini sulla base del loro svilpuppo fisico, nonché in ragione delle malattie di cui sono portatori. Questa legge si chiama 194/78 ed ha introdotto quello che, dotta giurisprudenza, individua come diritto all'aborto.
E' un dato non contestato, presso i biologi, che la vita dell'uomo inizia con il concepimento e seguendo un ritmo costante passa attraverso diverse fasi di sviluppo che si susseguono, sino alla morte.
Lo Stato che autorizza la madre a sopprimere la vita del bimbo che è in lei entro il terzo mese di gravidanza e in caso di malformazioni del piccolo entro il sesto mese di gravidanza, opera una chiara discriminazione nella tutela della vita umana. Sino al sesto mese di vita intrauterina è possibile sopprimere una vita umana senza patire alcuna conseguenza, anzi è lo stato che finanzia la soppressione della vita.
Di quale colpa si è macchiata quella vita umana che ha iniziato il suo sviluppo nel grembo materno, a seguito di un atto d'amore, per essere eliminata ?
Nessuna colpa, così come non avevano colpe gli ebrei, gli zingari, i minorati mentali e fisici e gli omosessuali che il nazonalsocialismo ha sterminato, se non quella di non essere ritenuti degni di vivere dal potere del momento. La morte dell'innocente per mano del violento pare essere una costante nella storia dell'uomo, ciò che sorprende, però, è il fatto che, come all'epoca delle leggi raziali in pochi si opposero all'abominio, anche oggi pochi sono coloro che si oppongono alla violenza dell'atto abortivo, per tutelare la vita di quei figli rifiutati dalle loro madri.
Pietro Brovarone
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