C. Casini, M. Casini, E. Traisci, M. L. Di Pietro, Il decreto della corte di Appello di Milano sul caso Englaro e la richiesta di una legge sul c.d. testamento biologico, In Medicina e Morale, 2008/4, 723:745
La sentenza sul caso Englaro impone l'adozione di una legge?
“Consideriamo l’argomento che accosta le decisioni dei giudici alla disciplina legislativa: bisogna sottolineare che il ruolo e la portata della giurisprudenza sono diversi da quelli della legge. Infatti, da un lato abbiamo una decisione che: a) per chi è veramente interessato (e solo per costui) presuppone l’attivazione talvolta faticosa e dispendiosa della “macchina giudiziaria”; b) vale concretamente per il singolo caso per il quale è richiesta; c) non incide sull’organizzazione sociale e di conseguenza non incide in modo determinante sulle relazioni giuridiche tra i consociati.
Dall’altro, invece, abbiamo una disciplina che: a) presuppone un dibattito parlamentare – un dibattito cioè che si svolge tra tutti i rappresentanti del popolo – la cui conclusione, pertanto, ha un’autorevolezza di gran lunga maggiore di quella di una decisione giudiziaria; b) vale per tutti: infatti la legge per sua natura è generale e astratta; c) incide sul tessuto sociale e relazionale in modo consistente. Non solo, ma se è vero che il giudice è soggetto solo alla legge, allora la legge incide in modo significativo anche sull’orientamento giurisprudenziale ...
E' necessaria una legge per evitare altri "casi Englaro"?
“Consideriamo l’argomento che accosta le decisioni dei giudici alla disciplina legislativa: bisogna sottolineare che il ruolo e la portata della giurisprudenza sono diversi da quelli della legge. Infatti, da un lato abbiamo una decisione che: a) per chi è veramente interessato (e solo per costui) presuppone l’attivazione talvolta faticosa e dispendiosa della “macchina giudiziaria”; b) vale concretamente per il singolo caso per il quale è richiesta; c) non incide sull’organizzazione sociale e di conseguenza non incide in modo determinante sulle relazioni giuridiche tra i consociati.
Dall’altro, invece, abbiamo una disciplina che: a) presuppone un dibattito parlamentare – un dibattito cioè che si svolge tra tutti i rappresentanti del popolo – la cui conclusione, pertanto, ha un’autorevolezza di gran lunga maggiore di quella di una decisione giudiziaria; b) vale per tutti: infatti la legge per sua natura è generale e astratta; c) incide sul tessuto sociale e relazionale in modo consistente. Non solo, ma se è vero che il giudice è soggetto solo alla legge, allora la legge incide in modo significativo anche sull’orientamento giurisprudenziale ...
E' necessaria una legge per evitare altri "casi Englaro"?
“Nella prospettiva di chi ritiene ingiusta la decisione di far morire Eluana di fame e di sete, è sicuramente necessaria una legge che tuteli in modo incondizionato il principio di indisponibilità della vita umana non solo dell’altrui, ma anche della propria se è ad altri che si chiede di porvi fine. Ebbene, questa legge c’è già: gli articoli 575, 579 e 580 del Codice Penale sanzionano rispettivamente l’omicidio, l’omicidio del consenziente e l’istigazione e l’aiuto al suicidio.”
Esiste un vuoto legislativo che una legge deve colmare?
“Si sente ripetere spesso che in materia vi è un “vuoto legislativo”. L’affermazione è falsa se vuol significare che nessuna norma giuridica regola i comportamenti collegati con la fine della vita. Su questo punto, non solo esistono già alcune leggi di riferimento, come quella sull’accertamento della morte (1993), sul trapianto di organi (1999), sull’amministrazione di sostegno (2004), ma la norma – di legge – c’è ed è chiara: è il divieto di cagionare (cosa, ovviamente diversa dall’accettare) la morte anche quando questa è richiesta e a prescindere dalle condizioni del richiedente (art. 579 del Codice Penale), perché la vita umana è un bene indisponibile”.
Dunque, fino al 2008, e precisamente fino al discorso del cardinale Angelo Bagnasco del settembre di quell’anno, i pro-life sostenevano le stesse cose oggi sostenute dal Comitato Verità e Vita. Di più: gli argomenti utilizzati da Casini non sono in alcun modo superati dagli eventi accaduti in questi tre anni. E allora: che cosa ha spinto il presidente del Movimento per la Vita Italiano a cambiare la sua posizione?
RispondiEliminaLa spiegazione per me è abbastanza semplice.
Casini è un eroparlamentare dell'UDC.
Nell'UDC Casini (Carlo) conta pochissimo.
Infatti, a sostegno di questa tesi, ci sono i fatti a parlare.
I fatti ci dicono che (durante le regionali) non ha potuto sostenere il pro life Cota, non ha potuto nemmeno dire nulla contro la pro-choice Bresso, ... e di conseguenza non ha potuto nemmeno dir nulla contro le DAT dopo Bagnasco.
La linea del partito glie lo impedisce.
Ed allora che fare?
Portare tutto il Movimento per la Vita sulla linea del Partito.... nella speranza forse un giorno di contare un po di più nell'UDC.
Ma i danni al Movimento restano.
Le incoerenze non potranno che moltiplicarsi.
Per rendere più credibile (e quindi più forte) l'MPV occorre la nuova gestione (se non subito come spero, ma quando per forza di cose, tra 10 o 20 anni, ci sarà) non soltanto che porti l'MPV a slegarsi dall'UDC (che ormai con i Finiani non ha più nulla di pro-life) ma anche recuperare i valori pro life ed in virtù dei quali fare marcia indietro sulle aperture laiciste come DAT e Legge 40 o "parti buone della 194".
Francesco