Analizziamo la frase dell’on. Buttiglione per comprenderne pienamente la portata.
Colpisce, in primo luogo, il riferimento a un disegno di Dio di affidare il bambino alla madre: sorprende che – in un’aula parlamentare, dove si dovrebbero approvare le leggi conformemente alla Costituzione – un componente faccia discendere direttamente dal proprio essere “bigotto” un orientamento relativo alla regolamentazione dell’aborto: perché è questo che Buttiglione fa.
Si tratta, però, chiaramente di un artificio dialettico – a dire la verità particolarmente sgradevole: se Buttiglione intende richiamarsi al suo essere cattolico, vuole forse rinnegare con questa sua frase l’insegnamento della Chiesa che definisce l’aborto come “abominevole delitto” e sottolinea che esso contribuisce gravemente alla diffusione di una mentalità contro la vita, minacciando pericolosamente una giusta e democratica convivenza sociale? O vuole forse respingere la sua grave responsabilità di parlamentare cattolico di rendere a tutti chiara e nota la sua opposizione ad una legge abortista e di non permettere che le sue iniziative o il suo voto vengano interpretati come “adesione ad una legge iniqua”?
Buttiglione se ne guarda bene: richiama, come si è detto, Dio, il Papa, i Vescovi ma, si potrebbe dire, ad colorandum, per darsi un’aria (niente di nuovo, si potrebbe osservare: di parlamentari democristiani che hanno accuratamente aggirato le proprie responsabilità nelle leggi contro la vita continuando a proteggersi dietro lo scudocrociato ne abbiamo visti tanti …).
“Difendere il bambino in contrapposizione alla madre è giusto, ma impossibile”.
Due sottolineature sono necessarie: chi mette in contrapposizione madre e bambino? Cosa è giusto e cosa impossibile?
La contrapposizione tra madre e figlio non è affatto frutto di chi vuole che l’aborto volontario sia vietato e punito: al contrario è proprio il nucleo delle legislazioni abortiste, che hanno voluto scindere il destino della donna da quello del suo bambino in nome di diritti della prima ritenuti prevalenti su quelli del secondo; ma questa scissione porta in sé – come la sentenza della Corte Costituzionale del 1975 dimostra chiaramente – la negazione dell’essere il bambino “persona”, “vero uomo”. Una legislazione che vieta e punisce l’aborto volontario (salva l’applicazione delle scriminanti comuni) non contrappone affatto madre e bambino: permette a tutti – madre, padre e società – di considerare il bambino nella sua dignità umana, di difenderlo prima della nascita e di accoglierlo con amore dopo il parto.
Ma Buttiglione ritiene, comunque, che la penalizzazione dell’aborto sia giusta: attenzione! Qui il parlamentare – filosofo – giurista si riferisce proprio alle leggi, richiamando la distinzione tra leggi giuste e leggi ingiuste, inique.
Cosa significa, allora, affermare che una legge giusta (e quindi che il Parlamento ha il dovere di approvare) è nello stesso tempo impossibile? Buttiglione si riferisce all’impossibilità di raggiungere una maggioranza parlamentare che approvi una riforma della legge 194 oppure all’inefficacia di una legge che vieti e punisca l’aborto volontario rispetto all’obbiettivo di difendere i bambini?
Certo egli ha ben chiaro anche il primo aspetto: nell’illustrare la mozione alla Camera egli osservava che “su questo tema esiste, credo, un consenso di fondo del popolo italiano che, mentre non vuole la punizione della donna e del medico e mentre ritiene che la decisione di abortire vada rispettata, tuttavia non ritiene che si possa imporre ad una donna di abortire e che si possa utilizzare l'aborto come strumento sistematico di controllo delle nascite”.
Quanto conta, nel ragionamento di Buttiglione, questo essere minoranza, questa fatica di dover ripetere inascoltato concetti giusti ma rifiutati, di dover avanzare proposte destinate ad essere respinte?
Conta tantissimo: e lo dimostra la constatazione che egli non spiega affatto per quale motivo una legge che punisce l’aborto volontario sarebbe inefficace a salvare tante vite umane e, quindi, a ridurre il numero complessivo degli aborti.
Buttiglione lo fa intendere senza spiegare perché: e questo, per colui che il giornalista definisce “il più colto tra i politici italiani”, significa che cerca di ingannarci, vuole far credere che il suo atto di fede (che vedremo subito dopo) sulla bontà della legge 194 dipenda dall’inefficacia di una regolamentazione diversa dell’aborto, mentre, in realtà, egli consapevolmente si arrende sperando, così, di ritagliarsi uno spazio politico superando la conventio ad excludendum che colpisce tutti coloro che la verità la dicono per intero.
Basta, quindi, proclamazione del diritto alla vita: invece di proclamare sui tetti la verità riflettiamo “su come sia possibile difendere questo piuttosto puntando sul rafforzamento dell'alleanza originaria, naturale, tra madre e bambino, che tentando di difenderlo senza la madre, o peggio, contro la madre”.
Già, rifletta, onorevole Buttiglione: e provi a spiegare in che modo un’alleanza – quindi un rapporto tra due soggetti con pari dignità – viene rafforzata dalla regola per cui uno dei due – in qualunque momento, per qualunque motivo – può in ogni caso uccidere l’altro …
Questa non è un’alleanza: questo è un rapporto – come lucidamente spiega l’on. Turco nel passo sopra riportato – in cui uno dei due (la donna) non solo ha il potere di uccidere l’altro, ma ha il potere di riconoscergli o negargli la dignità di persona; il bambino non è più riconosciuto tale, la sua “vita biologica” non conta.
Colpisce, in primo luogo, il riferimento a un disegno di Dio di affidare il bambino alla madre: sorprende che – in un’aula parlamentare, dove si dovrebbero approvare le leggi conformemente alla Costituzione – un componente faccia discendere direttamente dal proprio essere “bigotto” un orientamento relativo alla regolamentazione dell’aborto: perché è questo che Buttiglione fa.
Si tratta, però, chiaramente di un artificio dialettico – a dire la verità particolarmente sgradevole: se Buttiglione intende richiamarsi al suo essere cattolico, vuole forse rinnegare con questa sua frase l’insegnamento della Chiesa che definisce l’aborto come “abominevole delitto” e sottolinea che esso contribuisce gravemente alla diffusione di una mentalità contro la vita, minacciando pericolosamente una giusta e democratica convivenza sociale? O vuole forse respingere la sua grave responsabilità di parlamentare cattolico di rendere a tutti chiara e nota la sua opposizione ad una legge abortista e di non permettere che le sue iniziative o il suo voto vengano interpretati come “adesione ad una legge iniqua”?
Buttiglione se ne guarda bene: richiama, come si è detto, Dio, il Papa, i Vescovi ma, si potrebbe dire, ad colorandum, per darsi un’aria (niente di nuovo, si potrebbe osservare: di parlamentari democristiani che hanno accuratamente aggirato le proprie responsabilità nelle leggi contro la vita continuando a proteggersi dietro lo scudocrociato ne abbiamo visti tanti …).
“Difendere il bambino in contrapposizione alla madre è giusto, ma impossibile”.
Due sottolineature sono necessarie: chi mette in contrapposizione madre e bambino? Cosa è giusto e cosa impossibile?
La contrapposizione tra madre e figlio non è affatto frutto di chi vuole che l’aborto volontario sia vietato e punito: al contrario è proprio il nucleo delle legislazioni abortiste, che hanno voluto scindere il destino della donna da quello del suo bambino in nome di diritti della prima ritenuti prevalenti su quelli del secondo; ma questa scissione porta in sé – come la sentenza della Corte Costituzionale del 1975 dimostra chiaramente – la negazione dell’essere il bambino “persona”, “vero uomo”. Una legislazione che vieta e punisce l’aborto volontario (salva l’applicazione delle scriminanti comuni) non contrappone affatto madre e bambino: permette a tutti – madre, padre e società – di considerare il bambino nella sua dignità umana, di difenderlo prima della nascita e di accoglierlo con amore dopo il parto.
Ma Buttiglione ritiene, comunque, che la penalizzazione dell’aborto sia giusta: attenzione! Qui il parlamentare – filosofo – giurista si riferisce proprio alle leggi, richiamando la distinzione tra leggi giuste e leggi ingiuste, inique.
Cosa significa, allora, affermare che una legge giusta (e quindi che il Parlamento ha il dovere di approvare) è nello stesso tempo impossibile? Buttiglione si riferisce all’impossibilità di raggiungere una maggioranza parlamentare che approvi una riforma della legge 194 oppure all’inefficacia di una legge che vieti e punisca l’aborto volontario rispetto all’obbiettivo di difendere i bambini?
Certo egli ha ben chiaro anche il primo aspetto: nell’illustrare la mozione alla Camera egli osservava che “su questo tema esiste, credo, un consenso di fondo del popolo italiano che, mentre non vuole la punizione della donna e del medico e mentre ritiene che la decisione di abortire vada rispettata, tuttavia non ritiene che si possa imporre ad una donna di abortire e che si possa utilizzare l'aborto come strumento sistematico di controllo delle nascite”.
Quanto conta, nel ragionamento di Buttiglione, questo essere minoranza, questa fatica di dover ripetere inascoltato concetti giusti ma rifiutati, di dover avanzare proposte destinate ad essere respinte?
Conta tantissimo: e lo dimostra la constatazione che egli non spiega affatto per quale motivo una legge che punisce l’aborto volontario sarebbe inefficace a salvare tante vite umane e, quindi, a ridurre il numero complessivo degli aborti.
Buttiglione lo fa intendere senza spiegare perché: e questo, per colui che il giornalista definisce “il più colto tra i politici italiani”, significa che cerca di ingannarci, vuole far credere che il suo atto di fede (che vedremo subito dopo) sulla bontà della legge 194 dipenda dall’inefficacia di una regolamentazione diversa dell’aborto, mentre, in realtà, egli consapevolmente si arrende sperando, così, di ritagliarsi uno spazio politico superando la conventio ad excludendum che colpisce tutti coloro che la verità la dicono per intero.
Basta, quindi, proclamazione del diritto alla vita: invece di proclamare sui tetti la verità riflettiamo “su come sia possibile difendere questo piuttosto puntando sul rafforzamento dell'alleanza originaria, naturale, tra madre e bambino, che tentando di difenderlo senza la madre, o peggio, contro la madre”.
Già, rifletta, onorevole Buttiglione: e provi a spiegare in che modo un’alleanza – quindi un rapporto tra due soggetti con pari dignità – viene rafforzata dalla regola per cui uno dei due – in qualunque momento, per qualunque motivo – può in ogni caso uccidere l’altro …
Questa non è un’alleanza: questo è un rapporto – come lucidamente spiega l’on. Turco nel passo sopra riportato – in cui uno dei due (la donna) non solo ha il potere di uccidere l’altro, ma ha il potere di riconoscergli o negargli la dignità di persona; il bambino non è più riconosciuto tale, la sua “vita biologica” non conta.
Giacomo Rocchi
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