domenica 8 marzo 2009

Un ministro straordinario.

Qualche giorno fa il Ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi si era fatto notare per un aspro giudizio sulla denuncia penale presentata contro Beppino Englaro: egli dichiarava di voler vivere in un Paese senza più guerre fra Guelfi e Ghibellini sul valore della vita; dichiarava "poco civile e per niente cristiano" il fatto che la Procura di Udine fosse costretta ad aprire un'inchiesta che coinvolge il padre di Eluana.

Solidarietà per un padre che aveva sofferto prima di dar corso all'autorizzazione che i Giudici gli avevano concesso?
C'è qualcosa di più: lo dimostra l'editoriale apparso su "Il Tempo":

"per venire al dibattito parlamentare sul disegno di legge italiano, io penso che in via di principio idratazione e alimentazione debbano essere sempre salvaguardate, salvo però nei casi in cui c'è il rischio che pur non essendo un trattamento terapeutico, la stessa idratazione e alimentazione finiscano per coincidere con una forma di accanimento terapeutico, perché intraprese nell'irragionevole ostinazione di mantenere artificialmente in vita un malato che altrimenti sarebbe destinato a morire."

Ecco la proposta: una regola e un'eccezione: l'eccezione sarebbe costituita dai casi in cui in mancanza di alimentazione artificiale il malato sarebbe destinato a morire.
Abbiamo capito bene? Ci sono dei malati che, se togli loro nutrizione e idratazione non muoiono? Veramente anche i sani, senza mangiare o bere, muoiono ...
Forse il Ministro si è spiegato male: a quali casi intende riferirsi?
Lo dimostra un altro passaggio:

"piuttosto che continuare a fare del caso Englaro il cardine o il paradigma di una nuova normativa che per forza di cosa finirebbe per rivelarsi inapplicabile, credo sarebbe molto più auspicabile cercare di raggiungere insieme un punto di equilibrio che mantenga extra legem vicende rare e straordinarie come quella di Eluana."

Il caso di Eluana Englaro sarebbe "raro e straordinario"? Ma non si era parlato di 5.000 persone in stato vegetativo persistente? Il Ministro propone di autorizzare per essi l'interruzione dell'alimentazione e idratazione artificiale!
E chi decide in questi casi? Si dirà: ovviamente il soggetto che ha lasciato dichiarazioni anticipate di volontà ...
Il Ministro ha un'altra idea:

"In tal caso, a decidere se sospendere il protocollo di idratazione e alimentazione dovrà essere non l'astratto comma della legge, bensì il consulto tra i familiari del malato e i medici curanti, e una loro decisione comune presa al di fuori del clamore pubblico".

Voilà! Come il finale di uno spettacolo di un prestigiatore, la volontà del paziente (il famoso art. 32 della Costituzione ...) scompare!
Decidano i medici e i familiari: siano loro a dire se il paziente deve morire o no.
E, mi raccomando: acqua in bocca, nessun "clamore pubblico" ...

Signori e signore: ecco a voi l'eutanasia dei disabili!

Il Ministro Bondi - probabilmente non essendo troppo informato stando dietro ai monumenti storici e ai quadri - si è aggiornato trovandosi un consigliere:

"ho parlato ieri a lungo con il signor Englaro per ascoltare le sue ragioni e per comprendere il suo cammino di sofferenza, uno sforzo che è proprio di qualsiasi cristiano".

Ecco: il quadro è un po' più chiaro ...

Giacomo Rocchi



27 commenti:

  1. Riporto un vostro passaggio:
    "Ecco la proposta: una regola e un'eccezione: l'eccezione sarebbe costituita dai casi in cui in mancanza di alimentazione artificiale il malato sarebbe destinato a morire.
    Abbiamo capito bene? Ci sono dei malati che, se togli loro nutrizione e idratazione non muoiono? Veramente anche i sani, senza mangiare o bere, muoiono ...".
    QUI C'E' UN GIOCO DI PAROLE:
    IL BERE è un atto VOLONTARIO, CHE FANNO ANCHE GLI ANIMALI INFERIORI CON UN CERVELLO MINIMO; L'IDRATAZIONE ARTIFICIALE, MEDIANTE SONDINO DIRETTAMENTE NELLO STOMACO, CON PREPARATI EQUILIBRATI FARMACEUTICI, DOSATI SCIENTIFICAMENTE, E' COSA ARTIFICIALE E TECNOLOGICA,CHE SI FA ANCHE CON LE PIANTE.

    E qui ricordiamo le frasi di Paolo VI: "NON SIGNIFICA UTILIZZARE TUTTE LE TECNICHE DI SOPRAVVIVENZA CHE OFFRE UNA SCIENZA INSTANCABILMENTE CREATRICE".

    Ho letto l'intervento illuminante di Giulio Ancona sul vostro post "Effetto domino".

    Alessia Carnevale.

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  2. Cambierebbe qualcosa per lei, sig. Rocchi, se invece che conseguenza del consulto tra parenti e medico, la decisione di interrompere il trattamento con il sondino dipendesse dalla decisione espressa dal paziente in un suo precedente testamento biologico? (diamo per scontato, per un attimo, che i nostri legislatori accreditino il popolo italiano della capacità di usare il proprio cervello).
    Giuseppe Gianquinto

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  3. Cambierebbe, e molto: ma, sig. Gianquinto, l'articolo di Bondi è rivelatore di un aspetto molto importante - come lo è stato il caso Englaro: che quella della scelta del paziente è, in realtà, un paravento, una foglia di fico per nascondere la decisione di dare via libera all'eutanasia dei disabili a prescindere dalla loro volontà.
    La cosa sorprendente, sig. Gianquinto, è che Lei vuole parlar d'altro: c'è un politico influente che parla di soppressione di disabili senza il loro consenso e Lei sposta subito il mirino sulla rilevanza del consenso ...
    Mi dica se è d'accordo sulla soppressione dei disabili senza loro consenso.
    Giacomo Rocchi

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  4. Io non mi sottraggo alla sua domanda, sig. Rocchi. Sono per il rispetto della volontà delle persone (e, per favore, non mi porti sul caso Englaro, dove dovremmo discutere per ore sulle modalità con cui è stata presunta giudizialmente la volontà del paziente. Credo che la discussione in sede legislativa non riguardi più la povera Eluana, ma il futuro di 60 milioni di italiani). Ora lei non si sottragga alla mia. E' da rispettare o no la volontà di un cittadino che rifiuti il sondino?
    Grazie per una sua risposta chiara.
    Giuseppe Gianquinto

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  5. M lasci dire, sig. Gianquinto, che Lei non ha affatto risposto.
    Lei dice che è "per il rispetto della volontà delle persone". Le ipotesi sono tre:
    a) una persona ha detto: fatemi tutto l'accanimento terapeutico possibile;
    b) una persona ha detto: non voglio accanimento terapeutico;
    c) una persona non ha detto nulla.
    Bondi risolve il terzo caso - una persona non ha detto nulla e si trova in stato vegetativo persistente - nel senso che i medici e i familiari possono decidere di farlo morire.
    Non solo: lei avrà letto la bozza Calabrò: proprio sull'accanimento terapeutico viene stabilito il divieto assoluto, anche se la volontà del paziente è stata espressa a favore del massimo delle cure possibili (caso a): e, in effetti, a leggere Bondi, egli non accenna affatto alla volontà del soggetto che si trova nella stessa condizione di Eluana: quindi si disinteressa della sua volontà e dice: i medici e i familiari, nel silenzio, decidono cosa fare.
    E allora: Lei non ha risposto con una "risposta chiara", per usare le sue parole.
    Io dico che Bondi esprime con sufficiente chiarezza un'idea chiara: i soggetti in stato vegetativo persistente non hanno diritto alla vita, medici e familiari (e ovviamente, se non sono d'accordo tra loro, i giudici) possono decidere di ucciderli in relazione alla loro disabilità. Esattamente come ha fatto Beppino Englaro con sua figlia.
    Lei è d'accordo?
    Giacomo Rocchi

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  6. Quanto, poi, alla sua domanda, la invito a cliccare su "testamento biologico" in questo stesso post: troverà tutti i post sul tema, qualcuno lo potrà certamente saltare (ad esempio, se non le interessa, quelli sulla polemica con il card. Bagnasco), ma in molti troverà delle riflessioni sulla autodeterminazione che il testamento biologico (non) garantisce.
    Penso di avere in quei post ampiamente risposto alla sua domanda: ovviamente "risposta chiara" non può significare, io credo, "risposta secca non motivata".

    Giacomo Rocchi

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  7. Per quel che mi riguarda, sig. Rocchi, le dico chiaramente che NON sono assolutamente d'accordo con il pensiero di Bondi, per come lei l'ha interpretato (sono peraltro convinto che se sentissimo Bondi al riguardo, da buon politico non si riconoscerebbe nella sua interpretazione).
    A mio parere un'interpretazione di buon senso e nello spirito degli artt.2 e 32 della Costituzione (i principi generali
    della parte I sono ancora attualissimi) nel privato contesto paziente-famiglia-medico, basterebbe a risolvere, caso per caso (perchè siamo tutti diversi l'uno dall'altro) il problema.
    Chiunque abbia studiato giurisprudenza sa bene che la legge non può disciplinare tutto, ed in certi campi opportunamente
    dovrebbe fare un passo indietro. Per fare un esempio, in un contesto più leggero, il concetto di "comune senso del pudore" non è stato disciplinato dal legislatore degli anni 30, e nel tempo la giurisprudenza (non la legge) l'ha adattato alla mutata sensibilità sociale. Nel caso del c.d.
    "fine vita" la cornice giuridica costituzionale ed il supporto degli articoli del c.p. sono già sufficienti a regolare la materia, evitando le "derive eutanasiche" tanto temute da qualcuno. Del resto l'esigenza di una legge è nata solo per una evidente prova di forza di questo governo in
    conseguenza del caso Englaro, e ne porta le stimmate.
    Ma una legge che imponga il sondino di Stato a mio parere ha la stessa valenza criminogena di una legge che permetta alla
    famiglia di bypassare la volontà di un paziente. Io sono, credo nello spirito della Costituzione, per il rispetto della dignità e volontà delle persone, esplicitata. Nei casi dubbi si dovrebbe fare ricorso ad un giudice che accerti tale volontà, anche presuntivamente, con una seria istruttoria.
    Necaso il dubbio permanga, si dovrebbe negare il permesso al distacco del sondino. Ma in caso positivo, si dovrebbe rispettare la volontà del paziente, senza penosi sit-in
    davanti alle ambulanze. Aggiungo peraltro che rispettare la dignità di un disabile non significa soltanto mantenerlo in vita. Ho visto personalmente e sentito testimonianze di disabili scaricati letteralmente da un ospedale all'altro e trattati in modo vergognoso, tra lenzuola intrise d'urina e
    piaghe di decubito aperte, "assistiti" da infermieri cinici ed indifferenti. Lasciamo stare ora il caso Englaro, pace all'anima sua, e pensiamo al futuro di 60 milioni di
    Italiani. Io auspico che coloro che, ridotti in SVP, rifiutino il sondino, fossero accompagnati con dignità alla morte e che coloro i quali desiderano essere mantenuti
    comunque in vita fossero trattati con rispetto e dignità, cosa che spesso non succede. E' chiedere troppo?
    Spero di aver risposto esaurientemente alle sue domande. Io aspetto ancora una risposta diretta alla mia (rinviarmi ad altri post non è elegante, e poi non ci vuole un grande sforzo. Basta dire un SI o un NO). La saluto.
    Giuseppe Gianquinto

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  8. La domanda del Sig. Giacomo Rocchi (è d'accordo sulla soppressione dei disabili senza loro consenso?) è fatta correttamente, ed è giusto rispondegli correttamente, distinguendo i casi di Eluana e i casi di Testamento biologico futuro (ovviamente restano fuori i casi attuali di assenza della volontà dell’ammalato, precedenti alla manifestazione scritta delle proprie volontà).
    1) Se Eluana avesse potuto prevedere che era NECESSARIO UN BIOTESTAMENTO per non rimanere più in stato vegetativo persistente, lo avrebbe fatto? ……………….. Il padre, conoscendola, ha ritenuto di si, e in quanto Tutore nominato dal tribunale, ha chiesto ed ottenuto nei vari gradi di giudizio, una sentenza favorevole.
    2) Oggi, moltissimi stanno già facendo testamento biologico, e concordo nel rispettare la loro volontà, se si è nelle condizioni di vita vegetativa persistente, MA LA MAGGIORANZA PARLAMENTARE VUOLE FARE UNA LEGGE CHE NON TENGA CONTO DELLA LORO VOLONTA’, giocando sui concetti di BERE e di Idratazione, come evidenziato nel primo post.
    3) ARRIVIAMO ALLA DOMANDA DIRETTA DEL SIG. ROCCHI: Nessuno è d’accordo con la soppressione dei disabili senza il loro consenso (quando costoro hanno o avevano la facoltà di esprimere un testamento). Tutte le proposte dell’opposizione parlamentare vanno in questo senso: RISPETTO DELLA VOLONTA’ DEI SINGOLI.
    4) Nei casi attuali di assenza della volontà dell’ammalato, precedenti alla manifestazione scritta delle proprie volontà, UNA LEGGE RETROATTIVA sarebbe ingiusta, e si dovrebbe seguire lo stesso percorso caso per caso, E LA SOLUZIONE DI BONDI (in questi soli casi specifici) non è da scartare.

    DOPO AVER RISPOSTO ALLA DOMANDA DEL SIG. ROCCHI, è doveroso fare una distinzione tra DISABILI (con un minimo di consapevolezza) e CORPI IN STATO VEGETATIVO IRREVERSIBILE (al pari di un organo ibernato, in attesa di trapianto).

    Francesca Gervasi

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  9. Per Giuseppe Gianquinto.
    Ribadisco che non basta un si o un no per rispondere alla sua domanda. Quanto alla poca eleganza del rinvio ad altri post: non mi riconosco nel concetto di eleganza da Lei proposto, il rinvio aveva un senso perché il tema della autodeterminazione era trattato ampiamente e mostrava, a mio parere, come il testamento biologico non garantisca affatto tale autodeterminazione.
    Cerco di chiarire, sinteticamente, il mio pensiero (anche se il richiamo al post resta valido).
    1) Non contesto affatto il diritto del soggetto cosciente di rifiutare terapie proposte dal medico, anche se tale rifiuto può portare alla sua morte: questo, ovviamente, dal punto di vista giuridico, lasciando ad altri le considerazioni morali;
    2) questo rifiuto vale, nel caso del paziente cosciente, anche quanto all'inserimento degli strumenti di nutrizione o idratazione artificiale;
    3) ciò corrisponde al contenuto dell'art. 32 della Costituzione così come è stato ripetutamente interpretato dalla Cassazione e ha un senso perché inserito nell'alleanza terapeutica medico - paziente, nella quale la manifestazione di volontà giunge in un momento in cui la necessità della terapia (o dell'alimentazione artificiale) è attuale, medico e paziente si sono adeguatamente confrontrati sulla natura della patologia, sulla necessità di cura, sulle alternative possibili, sulle prospettive di vita e di salute sia nel caso la terapia proposta sia accettata, sia nel caso venga rifiutata (si faccia il caso di un malato di cancro che è già stato sottoposto ad alcuni cicli di chemio terapia: il consenso (o il rifiuto) ad un nuovo ciclo sarà informato e consapevole perché medico e paziente avranno avuto la possibilità concreta di affrontare l'intera questione che il paziente sente nella sua carne.
    L'attualità della manifestazione di volontà (consenso o rifiuto) si inserisce, poi, nella situazione familare o amicale del paziente, che può essere sostenuto nella sua scelta dall'affetto e la vicinanza dei suoi cari. Le statistiche sulle richieste di suicidio assistito da parte dei malati gravi nei paesi dove tale pratica è consentita dimostrano come il senso di solitudine e di abbandono costituisca un motivo forte per rinunciare a vivere.
    Le dichiarazioni anticipate garantiscono tutto questo?

    Al prossimo commento

    Giacomo Rocchi

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  10. Per Giuseppe Gianquinto
    ... mi lasci, però, subito agguiungere che non è per niente postivo "lasciare stare Eluana Englaro, pace all'anima sua": si trtata della prima uccisione di una disabile autorizzata da Giudici dello Stato Italiano dopo l'abolizione della pena di morte, e non sarà certo facile archiviarla passando ad altro.

    Giacomo Rocchi

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  11. Carissimi,
    le ragioni per cui siamo contrari al suicidio, al suicidio assistito e all'omicidio, ossia i tre temi in discussione sotto il 'cappello' dell'ambiguo termine di eutanasia, sono prettamte razionali e basate su semplici ragionamenti ed osservazioni.
    Non è un dogma dire che l'omicidio è un male, eppure matematica e scienza non vengono incontro nel capirlo.
    Allo stesso modo non è un dogma riconoscere che lo stupro sessuale di una persona è male per chi lo compie, per chi lo subisce e per la società intera. La scienza e la matematica non aiutano a capirlo, la ragione e la buona volontà sì.
    L'eutanasia, o soppressione di un essere umano al fine di terminare la sofferenza è altrettanto un male, semplicemente un male per chi la subisce, per chi la compie e per la società intera. Non è un dogma, è semplicemente ed onestamente un principio ragionevole, a difesa del singolo e a difesa del bene della società intera.
    Un amico.
    Giovanni

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  12. Dice Giovanni Ceroni:
    Non è un dogma, è semplicemente ed onestamente un principio ragionevole, a difesa del singolo e a difesa del bene della società intera.

    Questa è una sua legittima interpretazione, che purtroppo non corrisponde con altre legittime interpretazioni.

    Non confondiamo però la matematica = teoria dogmatica, con le scienze fisiche = sempre approssimate ed ancora incerte, valide solo nel loro ambito e non quando si estrapolano.

    Sandro Cuzzupè

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  13. L'OMICIDIO è l'uccisione di una persona viva (non si può uccidere due volte una persona, o uccidere una persona morta: concetto regolato anche dalla legge).
    Perchè vi rifiutate di accettare le opinioni di altri nel ritenere una persona in stato vegetativo irreversibile, senza funzioni cerebrali di coscienza, una persona morta, di cui vegeta solo il corpo?

    Umberto Orsini

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  14. Per Umberto Orsini

    Molto interessante impostare il discorso sull'uccisione degli uomini nell'ottica delle "opinioni": siccome io ritengo che quell'uomo non sia vivo ... tu non puoi impedirmi di ucciderlo!

    Ovviamente, rispetto a queste opinioni, Verità e Vita è molto più rispettosa dell'ordinamento giuridico che, banalmente, definisce la vita e la morte solo in relazione alla cessazione del battito cardiaco o alla cd. morte cerebrale (che, per l'ennesima volta deve essere ripetuto, non ha niente a che fare con lo stato vegetativo persistente).

    Insomma: il sig. Orsini vuole mano libera nell'uccidere chi vuole: rispettate le sue opinioni!

    Giacomo Rocchi

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  15. Allora per coerenza dovete anche rispettare le leggi sull'aborto, e non solo quelle che vi fanno comodo.
    La legge che definisce oggi la cessazione del battito cardiaco come indice di morte della persona sarà presto modificata, in base al progresso scientifico, al pari della vostra "solo speranza" di modificare quella sull'aborto.

    Umberto Orsini

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  16. Due cittadini, uguali di fronte alla legge (art.3 Cost.). Il primo soffre del morbo di Parkinson, ad uno stadio che compromette gravemente la sua autonomia e lo costringe a muoversi con la carrozzina ed alimentarsi con il sondino. Costui, dopo un lungo periodo di degenza, avendo ancora la lucidità per esprimere la propria volontà, pur potendo vivere in quella condizione per molto tempo ancora, ritiene, a suo insindacabile giudizio, che tale condizione non sia per lui più sostenibile. Chiede pertanto ai medici di dimetterlo, e si reca a casa sua dove, dopo breve agonia e circondato dall’affetto di chi gli vuole bene, muore.
    Il secondo cittadino subisce un grave incidente stradale, che lo riduce in stato vegetativo permanente. Questo cittadino ha lasciato un documento scritto, vistato da un notaio e da testimoni, in cui attesta, nel caso fosse ridotto in stato vegetativo permanente, che non vuole essere sottoposto ad alcun trattamento, inclusa l’alimentazione e idratazione forzata, che ne prolunghi la vita in quello stato. I genitori, nella disperata speranza che la condizione di SVP regredisca, aspettano a far valere il documento, ma dopo qualche anno, ormai rassegnati, lo presentano ai medici. L’uomo viene accompagnato a casa sua dove, dopo breve agonia, e circondato dall’affetto dei propri cari, muore. Qualcuno mi spiega che differenza c’è, dal punto di vista giuridico, tra le due manifestazioni di volontà? Forse che la prima appartiene ad un cittadino di serie A e la seconda ad un cittadino di serie B?
    La differenza tra la prima manifestazione di volontà e la seconda dovrebbe rinvenirsi unicamente nella modalità, essendo indubbia, a mio parere, la perfetta identità delle stesse dal punto di vista giuridico, così come dovrebbe essere concezione di buon senso che un cittadino ridotto in SVP non debba diventare né proprietà dello Stato, né dei medici, che invece dovrebbero essere tenuti a rispettare le volontà di un essere umano, anche se non espresse “de visu” ma in un testamento biologico.
    Il caso della povera Eluana ha scatenato però un clima isterico e di furore mistico/ideologico, che è il presupposto peggiore per elaborare una norma così delicata, in un contesto che richiederebbe il massimo equilibrio delle diverse posizioni etiche e soprattutto il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione.
    La bozza Calabrò, ispirata ad una pura ideologia assolutista, tradotta dal linguaggio giuridico all’italiano corrente, dice pressappoco così: “Noi rappresentanti del popolo (va bene, non ci avete eletto direttamente, ma che quisquilie sono...), divinamente illuminati dal Vaticano e dalla nostra Superiore concezione della VERITA’ (volete sapere cos’è la VERITA’? Ma quella che vi diciamo noi, fidatevi), forti del nostro potere maggioritario, nel caso in cui per vostra malasorte, cittadini italiani, vi ritrovaste a vegetare permanentemente in un letto, vi obbligheremo a rimanere in quello stato fino a quando la tecnologia ed il sondino potranno mantenervi in vita. Sappiate che ci importa poco della vostra sofferenza, ancor meno delle tribolazioni e dei patimenti che vorreste evitare ai vostri familiari, e per nulla della vostra concezione di dignità personale (e poi non lo sapete che il relativismo è peccato?). Il vostro parere contrario non ci interessa, anche se espresso per iscritto. Ricordatevi che per la “Nostra” legge la vostra espressa e documentata volontà è solo orientativa, nella sostanza non conta un c….”
    Forse, per pudore, la formula suddetta sarà trascritta nel testo della Legge in maniera più velata e composta ma, salvo un ravvedimento dell’ultima ora, la forma non ne muterà la sostanza.
    Quindi non si preoccupi troppo delle parole in libertà del ministro Bondi, sig. Rocchi. Le posizioni assolutistiche espresse dall’attuale maggioranza di governo sono molto vicine alla sua idea di VERITA’. Invece le posizioni di coloro che, opponendosi in maniera trasversale a detto atteggiamento, difendono il diritto individuale di poter scegliere il proprio destino biologico, senza la pretesa di imporlo ad altri, sono sbrigativamente liquidate come relativismo nichilista, se non come volontà eutanasica tout court. I valori etici che sono a fondamento di detta posizione sono concepiti come valori deboli, destinati a soccombere rispetto ai valori forti figli di un Bene Assoluto. Si finge in realtà di non vedere il punto cruciale del problema; ovvero la madornale differenza esistente tra prevaricatori e prevaricati.
    I primi non tollerano che nelle scelte etiche relative alla sfera dei diritti individuali, ogni cittadino possa decidere sulla propria vita, in prima persona.
    I sostenitori dello “Stato Etico”, che per sua natura è portato a negare qualunque forma di autodeterminazione dell’individuo, antepongono a qualunque dialettica sempre una morale di parte (la loro), e quando una maggioranza di governo glielo consente, la impongono con la forza a tutti. Costoro dimenticano che in una democrazia compiuta, i diritti fondamentali della persona non possono essere totalmente asserviti alla visione etica di una sola parte, anche se questa visione è maggioritaria e largamente condivisa (e non è detto peraltro che su temi etici ciò che è maggioritario nel parlamento lo sia nel sentimento popolare. Vedasi l’esito dei referendum su aborto e divorzio in periodi di DC imperante). I cosiddetti “diritti inalienabili“ sono garantiti, nelle moderne Costituzioni, anche alle minoranze estreme, intendendo per minoranza persino il singolo individuo.
    Gli integralismi religiosi ed i sistemi totalitari, privi per loro natura di una visione relativista, esigono ed impongono, soprattutto in campo etico, società uniformate su valori espressi unicamente da una maggioranza o da un gruppo ristretto che detiene il potere, secondo una visione apodittica del giusto e della verità. In una vera democrazia invece la libertà dell’individuo è riconosciuta e si consolida se ciascuno assume consapevolezza della parzialità del proprio punto di vista, e se le leggi emanate, valide per tutti, non dimenticano di valorizzare la dignità dell’individuo nelle sue molteplici espressioni.
    Giuseppe Gianquinto

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  17. Per Giuseppe Gianquinto
    Quello che pensa il sen. calabrò nel presentare la sua proposta di legge io non lo conosco (vedo che, invece, lei è certo sull'ideologia del senatore); devo anche dire la verità, non mi interessa particolarmente perché, da tecnico, sono abituato ad analizzare le norme sotto il profilo oggettivo, della loro applicazione, prescindendo dalle intenzioni dei legislatori.
    Lei continua a considerare il caso Eluana come un caso a sé, di cui non si dovrebbe tenere conto nella discussione attualmente in corso: io ribadisco che non si tratta affatto di un caso eccezione riguardante la "povera Eluana", sia pure perché i soggetti in stato vegetativo sono migliaia.
    Poiché Lei evoca lo stato totalitario ed etico e l'integralismo religioso, scendiamo allora all'analisi del diritto positivo, attualmente vigente.
    Due norme del codice penale - artt. 579 e 580 - puniscono chi provoca la morte di un uomo su sua richiesta o lo aiuta a suicidarsi. pensi che la giurisprudenza pretende che la richiesta di essere ucciso da parte della vittima sia attuale e permanga fino alla fine: nel caso contrario chi lo uccide risponde di omicidio volontario (art. 575 c.p.).
    Se io, in un testamento biologico, chiedessi a mia moglie, nel caso mi trovassi in stato vegetativo, di sparami un colpo in testa in modo da morire velocemente e senza dolore (oppure di iniettarmi una dose super di sedativi) e se mia moglie obbedisse a questo mio desiderio, sarebbe punita a titolo di omicidio volontario.
    In altre parole il principio dell'indisponibilità della vita umana è già vigente nel nostro ordinamento - come del resto ribadito anche dalle sentenze della Cassazione sul caso Englaro - e non sarebbe certo introdotto dalla legge che si sta approvando.
    E allora la sua domanda sulla differenza giuridica tra i due casi non ha una risposta per niente scontata: mi sa dire perché mia moglie dovrebbe andare in carcere per ventun anni se mi spara un colpo in testa e un medico che non mi mette il sondino oppure smette di utilizzarlo (facendomi morire con maggiore dolore e magari essendo costretto anche a sedarmi) dovrebbe essere premiato?
    Giacomo Rocchi

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  18. vorrei dire al signor Rocchi: ma semmai ci dovesse essere una legge che permettesse a ciascuno di esprimere le proprie volontà anticipate sul fine vita, tramite un testamento biologico, qualcuno potrebbe mai obbligare lei o chiunque altro non lo voglia, a porre fine alla sua vita? cosa teme, il proliferare di testamenti falsi? o che si possa sopprimere qualcuno che non abbia espresso tale volontà? e perchè?
    o piuttosto teme che la possibilità di scegliere sul proprio fine vita possa portare a pericolose (per lei e per la chiesa) prese di coscienza sulla fallacità della vostra supposta "verità"? Il suo problema sta scritto già nel nome di questo Comitato: la pretesa arrogante di essere custodi della verità. Io sono ateo, non riconosco la vostra verità, e voglio potere scegliere sulla mia vita terrena, che per me è l'unica esistente.

    Rosario Gulino

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  19. Temo che effettivamente si possano sopprimere coloro che non hanno liberamente e consapevolmente espresso tale volontà: non l'hanno, del resto, già fatto con Eluana Englaro?
    Il nostro Comitato - che non è un'associazione religiosa - (ma, mi lasci dire, non credo che le parole verità e menzogna siano di appannaggio esclusivo dei religiosi ...) vuole tutelare il diritto di tutti gli uomini dal concepimento fino alla morte naturale. Il rifiuto del testamento biologico deriva proprio da questo nostro scopo statutario.
    Ma, caro Gulino, provi a rileggersi il post, e vedrà che Bondi ha sostenuto che i soggetti in stato vegetativo persistente bisogna poterli uccidere senza che l'abbiano chiesto ...
    Giacomo Rocchi

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  20. Credo che ci siano delle vie di mezzo tra l'obbligo di essere sottoposti a cure non desiderate e l'eutanasia non richiesta. Una via di mezzo è proprio la possibilità di scegliere sulla propria vita. Nel caso Englaro, la cassazione aveva accertato la volontà della donna. A meno che lei non pensi che la verità cattolica sia superiore a quella stabilita da tre gradi di giudizio. Ma d'altronde il vaticano ritiene, neanche tanto velatamente, che la legge di dio sia sopra quella degli uomini. Mi permetta di essere dubbioso su questo. E in ogni caso, negli ospedali ogni giorno muoiono centinaia di persone per interruzione delle cure inutili, con l'approvazione dei parenti, che magari hanno più diritto di chiunque altro a decidere per i loro cari. L'idratazione e la nutrizione artificiale sono cure, così come lo è la ventilazione artificiale, visto che sostituiscono funzioni fisiologiche non più funzionanti, come lo è la dialisi, o il pacemaker e quant'altro. Ognuno deve essere libero di rifiutarle, senza che questo possa influenzare la libertà di chi la pensa diversamente, di poterne usufruire. Non vedo perchè io possa rifiutare il pacemaker o la dialisi e non il sondino! Riguardo poi alla tutela della vita (come la intendete voi) dal concepimento alla morte naturale ci sarebbe molto da dire. Innanzitutto che significa morte naturale? Eluana Englaro sarebbe morta di morte naturale 17 anni fa, era la sua cosiddetta vita ad essere artificiale! La mia morte naturale avviene proprio nel momento in cui io posso rifiutare il sondino! altrimenti è l'impedimento della morte naturale, non la sua tutela. Poi sul concetto cattolico di tutela della vita ci sarebbe veramente da discutere. Un'istituzione che ritiene che un embrione appena formato abbia più diritto di esistere di una madre di nove anni che per metterlo al mondo rischia di morire, per di più vittima di stupro, non merita il mio rispetto. Il colmo, poi, è che lo stupratore non è stato scomunicato, mentre i suoi genitori e i medici che hanno voluto salvarle la vita e l'esistenza, invece sì.
    Lei dice che la vostra organizzazione non è religiosa? solo le religioni parlano di verità, cioè di dogma. Io non ho nessuna verità da imporre agli altri, voglio solo la libertà per me stesso, e non voglio imporre le mie scelte agli altri.

    Rosario Gulino

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  21. "Nel caso Englaro, la cassazione aveva accertato la volontà della donna": al contrario la Cassazione ha permesso a Beppino Englaro di ricavare la volontà presunta - non espressa - della figlia sulla base del suo "quadro personologico": guardi che è assolutamente pacifico - e scritto a chiare lettere sia nella sentenza della Cassazione che nel decreto della Corte d'Appello di Milano - che Eluana non ha mai chiesto di essere uccisa nel caso si fosse trovata in stato vegetativo persistente. Non c'è, quindi, bisogno di una "verità cattolica": basta leggere i provvedimenti.

    "negli ospedali ogni giorno muoiono centinaia di persone per interruzione delle cure inutili, con l'approvazione dei parenti, che magari hanno più diritto di chiunque altro a decidere per i loro cari": rifiuto l'idea che il parente - il genitore, il figlio - abbia lo ius vitae ac necis sul congiunto, come nel mondo antico. Deve decidere: è per il rispetto dell'autodeterminazione del paziente o per permettere ad altri di decidere su quando un determinato soggetto deve essere lasciato morire?

    Quanto al rifiuto del sondino: lei non ha affatto risposto alle mie obiezioni circa la distinzione tra il rifiuto attuale da parte di un paziente pienamente consapevole e cosciente e adeguatamente informato dal medico (rifiuto che, anche quanto alla nutrizione, è già previsto dal codice deontologico dei medici) e il testamento biologico: non ha risposto al mio esempio della moglie che mi inietta il sedativo; non ha osservato alcunché in ordine alla mancata disponibilità del diritto alla vita già sancito dagli artt. 579 e 580 c.p., né ha toccato il tema della libertà morale di chi fa il testamento biologico, della mancanza di un rapporto terapeutico tra lui e il medico al momento in cui lo redige, della mancata informazione medica in cui si trova nel momento in cui lo redige: insomma, fa finta che un malato grave che, sentendosi avvicinare il momento della morte, rifiuta ulteriori cure dopo un'ampia riflessione sia la stessa cosa del ragazzino cui viene rappresentata la possibilità di un trauma cranico per incidente stradale in motorino ... Il primo caso è diretta e stretta applicazione dell'art. 32 della Costituzione, l'altro altro non è che disposizione della propria vita a distanza di anni, quando (invece) se fosse attuale sarebbe inefficace!

    Giacomo Rocchi

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  22. caro signor Rocchi, lei dice che la deontologia professionale dei medici impone oggi la possibilità di rifiutare il sondino naso-gastrico, ma intanto la proposta di legge in discussione prevede l'obbligo del sondino anche per i pazienti coscienti e capaci di intendere e di volere. Il testamento biologico vuole proprio evitare i problemi e gli abusi che possono essere compiuti ai danni di pazienti non più in grado di decidere per sè. Il testamento biologico potrebbe anche evitare che i parenti decidano di interrompere le cure, se la volontà espressa per iscritto lo impedisce. Se Eluana Englaro avesse redatto un testamento biologico, magari le sue volontà esplicite sarebbero state più chiare. In ogni caso, la mia volontà espressa per iscritto davanti a un notaio riguarda solo me e non crea pericoli ad altre persone. Lei è libero di decidere quello che vuole per sè. Quello che non accetto è una legge che decida anche per me! Quanto a sua moglie che la uccide su sua richiesta, credo che in nessuno stato dove esista l'eutanasia sia prevista una tale possibilità. Si tratta semplicemente di regolamentare la questione. Quello che mi stupisce del suo pensiero, è che lei non ha vie di mezzo: per lei esistono solo il divieto assoluto di disporre della propria vita oppure la libertà di uccidere liberamente chiunque! Delle modalità per redigere un testamento biologico e della necessaria informazione per farlo correttamente si potrebbe discutere. Il problema è che dagli ambienti cattolici arriva il netto rifiuto dell'idea che la vita umana possa essere un bene appartenente alla persona. Ma io confido nel fatto che una tale posizione ideologica porterà a una legge semplicemente incostituzionale, in quanto lesiva dei diritti inalienabili della persona.

    Rosario Gulino

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  23. Inoltre lei, signor Rocchi, non mi ha risposto su cosa intende lei per "tutela della vita dal concepimento alla morte naturale" nè su cosa intende per morte naturale. Dal dibattito che si è instaurato non si riesce affatto a capire quale sia la vostra proposta per affrontare praticamente il problema del fine vita. Come fareste voi a dare gli stessi diritti decisionali a chi è in grado di esprimersi e a chi non lo è più? Qual'è per voi il limite dell'accanimento terapeutico? Come definite la morte naturale se oggi le techiche mediche sono in grado di mantenere attive le funzioni viscerali del corpo nonostante tutto? Qual è la vostra proposta? utilizzare tutte le techiche a nostra disposizione per torturare inutilmente i pazienti, soprattutto quelli che non possono rifiutarsi? Qual è la soluzione, se non quella di accertare in qualche modo la volontà individuale, sia di chi può esprimersi che di chi non può più?

    Rosario Gulino

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  24. "Dal dibattito che si è instaurato non si riesce affatto a capire quale sia la vostra proposta per affrontare praticamente il problema del fine vita".
    Le domande sono tante, cercherò di rispondere prescindendo dai continui rinvii alla "verità cattolica" che Lei fa (ho già precisato tante volte il punto che mi sembra di cativo gusto insistere).
    Il concetto di vita e di morte sono oggettivi: sono, non a caso, scientificamente e anche normativamente determinati (morte cardiaca o cerebrale). Il concetto di accanimento terapeutico è, attualmente un dettato deontologico che si vuole trasformare in un dettato normativo: esso presuppone una valutazione dell'opera del medico in ordine alla futilità ed efficacia delle terapie (o accertamenti diagnostici) che vengono irrogate ad un determinato paziente. Dal punto di vista normativo il divieto di accanimento terapeutico ha un senso solo se collegato allo stato di paziente terminale del soggetto, affetto da una patologia inguaribile e mortale il conseguenza della quale il processo del morire si è messo in moto in modo irreversibile (tale processo è riconoscibile dal medico) con l'evento morte che si presenta imminente. In questo caso continuare ad effettuare accertamenti o ad erogare terapie diverse dalle cure palliative significa violare la dignità del malato, significa impedirgli di "morire in pace". La letteratura scientifica riferisce che, in certi casi di pazienti terminali, talvolta anche la nutrizione costituisce accanimento terapeutico, perché l'organismo rifiuta il cibo che, quindi, produce l'effetto opposto.
    Solo in questi limiti oggettivi - che ovviamente lasciano ampio spazio alla discrezionalità tecnica del medico: la medicina non è matematica - ha un senso un divieto vincolante di accanimento terapeutico.
    Il criterio, invece, non può che essere solo deontologico in relazione a diverse condizioni del paziente: certo, il medico non deve mai dare cure inutili, eccessi di accertamenti diagnostici e così via; ma porre in via normativa il divieto di accanimento erapeutico - diagnostico così ampio significa cancellare l'alleanza terapeutica medico - paziente e rendere il medico esecutore delle volontà altrui e controllato dai Giudici.
    In nessun modo, poi, il concetto di accanimento terapeutico può essere definito in relazione ai desideri di cura o di terapia del paziente e tanto meno dei suoi familiari. Nessuno nega la rilevanza del consenso da parte del paziente cosciente e consapevole e il suo diritto, una volta che sia debitamente informato, di rifiutare terapie che gli vengono proposte; ma, in mancanza di questo consenso o rifiuto espresso, consapevole e attuale, il medico deve potersi muovere in piena scienza e coscienza per la salute e la vita del paziente.
    Che ne pensa del parere del Consiglio Superiore di Sanità secondo cui quello su Piergiorgio Welby non era accanimento terapeutico?
    Giacomo Rocchi

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  25. "Come definite la morte naturale se oggi le techiche mediche sono in grado di mantenere attive le funzioni viscerali del corpo nonostante tutto?"
    La domanda, secondo me, è "suggestiva" e, quindi, posso rispondere con difficoltà. Quella su Piergiorgio Welby non era accanimento terapeutico, così come quello su Eluana Englaro: dire che la medicina è in grado di mantenere attive le funzioni viscerali vale anche per gli antibiotici; temo che la domanda presupponga che, in mancanza di coscienza, il soggetto merita di morire. La morte naturale è, appunto, un fenomeno naturale che in nessuno dei due casi si era messo in atto (a meno che rinneghiamo - quanto al caso di Eluana Englaro - tutta la medicina d'urgenza: perché davvero, in quel primo mese, i rianimatori Le salvarono la vita ... fecero accanimento terapeutico?).
    Quando questo fenomeno si mette in moto e quando la morte è ormai imminente diventa "artificiale" prolungare la vita di qualche ora o di qualche giorno a costo di eccessi terapeutici o diagnostici (ad esempio: operazioni chirurgiche). In questa situazione - quando il paziente è ancora consapevole - non vi è dubbio che la discrezionalità del medico che sopra ho richiamata è aiutata e indirizzata anche da quello che il paziente esprime, desidera, spera: anche nel morire (come dimostrano gli hospice) c'è la possibilità di un'alleanza terapeutica tra medico e paziente per far sì che la medicina serva non più a far sopravvivere ad ogni costo il malato morente, ma ad accompagnarlo degnamente alla morte.

    Giacomo Rocchi

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  26. io penso semplicemente che nessuno si debba mettere al di sopra del paziente, nel decidere sulla sua vita, neanche il medico! é chiaro che il medico deve sempre decidere in scienza e coscienza, ma non può mai imporre una cura a un paziente. Cosa ne penso della decisione del consiglio superiore di sanità sul caso Welby? Penso che non possono essere i medici a stabilire se quello era o no accanimento terapeutico. Welby, che tra l'altro era cosciente e capace di comunicare, lo considerava tale, e questo conta. In quel caso era chiara la sua volontà. Allora lei pensa che avrebbero dovuto continuare a imporgli delle cure che lui considerava torture? é questo che io non sopporto: l'idea che il medico, o peggio il politico debbano decidere sulla nostra pelle, anche contro le volontà espresse esplicitamente. Il testamento biologico poi, serve solo a equiparare le capacità di decisione di chi può esprimersi e di chi non può più. Ma mi sembra inutile continuare a discutere con lei di testamento biologico, se lei continua a sostenere che addirittura nemmeno chi può esprimere esplicitamente la sua volontà potrà mai decidere alcunchè su quello che per lui è accanimento terapeutico.
    Nessuno dice di voler vietare normativamente l'accanimento terapeutico. Continuo a ripetere che ognuno dovrebbe poter scegliere SOLO per sè, verbalmente se possibile, oppure per iscritto. La mia posizione, e quella di tutti i laici mi sembra su questo piuttosto chiara. La ripeto: le cure devono essere impostate sul rapporto medico-paziente, salva la possibilità di rifiutare qualunque tipo di cura dopo consenso informato. Qualora non si sia in grado di esprimersi, un eventuale testamento biologico dovrebbe essere fatto valere, al di sopra delle decisioni dei medici e dei familiari. Tutto il dibattito su quello che è per me o per lei la morte naturale, o su quello che è per me o per lei l'accanimento terapeutico, mi sembra veramente inutile, e non porta da nessuna parte, proprio perchè ognuno la pensa diversamente. E quindi, ognuno deve poter esprimere le sue idee, ma SOLO riguardo alla propria vita. Io non voglio imporre l'eutanasia non richiesta a nessuno!! Ripeto: voglio solo poter decidere per me! E questo non nuoce a nessuno!

    Rosario Gulino

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  27. "Ma mi sembra inutile continuare a discutere con lei di testamento biologico, se lei continua a sostenere che addirittura nemmeno chi può esprimere esplicitamente la sua volontà potrà mai decidere alcunchè su quello che per lui è accanimento terapeutico."
    Io però, avevo appena scritto che: "Nessuno nega la rilevanza del consenso da parte del paziente cosciente e consapevole e il suo diritto, una volta che sia debitamente informato, di rifiutare terapie che gli vengono proposte; ma, in mancanza di questo consenso o rifiuto espresso, consapevole e attuale, il medico deve potersi muovere in piena scienza e coscienza per la salute e la vita del paziente".
    Come sempre: se Lei ritiene inutile continuare a discutere ... faccia come crede.
    Io penso che la pretesa di ampliare il concetto di accanimento terapeutico e di interpretarlo in senso soggettivo (ciascuno può decidere quando la cura che gli viene erogata è accanimento terapeutico) sia solo un modo per impedire ai medici di svolgere il proprio lavoro in scienza e coscienza. Esiste già - siamo d'accordo su questo - il diritto (articolo 32 Costituzione) a rifiutare le cure che vengono proposte dal medico, dopo un'adeguata informazione: perché sovrapporre questo concetto molto più ampio?

    "Ripeto: voglio solo poter decidere per me! E questo non nuoce a nessuno!": temo che Lei si illuda. Non è affatto un caso che la proposta di legge attualmente in discussione in realtà preveda casi di decisioni di altri sui pazienti in stato di incoscienza e addirittura vieti l' "accanimento terapeutico" (non definito) perfino se il paziente lo ha chiesto. Lei pensa davvero che il nucleo delle proposte sia quella di far rispettare la volontà per il futuro? Tutto dimostra il contrario: sia il testo della proposta, sia la possibilità prevista da alcuni (ad esempio: Poretti) di far firmare le DAT ai quattordicenni!, sia le previsioni sui tutori e genitori quanto alle cure agli interdetti e ai figli minori, sia le esperienze degli altri paesi - tutto indica che la direzione è quella luminosamente indicata da Beppino Englaro: soppressione dei disabili (o degli anziani negli ospizi, o dei malati di Alzhaimer, o dei neonati prematuri con rischio di disabilità, o dei pochi bambini down sopravvissuti alla diagnosi prenatale e all'aborto eugenetico ecc.) a prescindere dalla loro volontà o in base a volontà espressa non liberamente e non consapevolmente.

    La invito a ripercorrere le motivazioni della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sul caso Pretty contro Regno Unito: in quel caso la Corte spiega che il divieto di omicidio del consenziente (anche di malati di SLA come la Pretty, che morì poco dopo) ha una giustificazione nella tutela dei soggetti deboli e fragili; e questa, d'altro canto, è la motivazione dell'esistenza delle norme penali degli artt. 579 e 580 del codice penale.

    La saluto,

    Giacomo Rocchi

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