La proposta di legge del senatore Umberto Veronesi, recita: "Ogni persona ha il diritto di redigere una dichiarazione, con atto datato e sottoscritto, ovvero con atto ricevuto da notaio o da avvocato, nella quale è espressa la propria volontà di essere o di non essere sottoposto ad alcuna cura, indicando eventualmente quali terapie effettuare e quali non effettuare, incluse l'alimentazione e l'idratazione artificiale, in caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile che costringa ad una esistenza vegetativa dipendente da apparecchiature o sistemi che impediscano una vita di relazione ... Medici e operatori sanitari sono tenuti a rispettare le volontà espresse anticipatamente dalla persona. Qualora il medico non condivida il principio del diritto al rifiuto delle cure, si astiene dal curare il malato, lasciando il compito assistenziale ad altri".
Abbiamo detto che una vera autodeterminazione del soggetto che rifiuta le cure può aversi soltanto se l'interessato: a) è pienamente capace di intendere e di volere e non affetto da alcuna forma di malattia mentale, o anche di patologia quale la depressione; b) è pienamente informato dello stato della sua malattia, delle prospettive di evoluzione, degli effetti prevedibili delle cure proposte e di quelli derivanti dalla mancanza delle cure; c) "sente" sul proprio corpo gli effetti della malattia; d) percepisce che la sua decisione di rifiutare le cure lo porterà a morte; e) è pienamente libero da ogni condizionamento esterno della sua volontà.
Circa quest'ultimo punto, si può forse ritenere che la drammaticità della decisione - "se rifiuto le cure morirò entro poco tempo" - in qualche misura (ma non del tutto) possa aiutare una decisione libera: di fronte all'alternativa tra la vita e la morte si dovrebbero mettere da parte i timori relativi ai rapporti con altre persone; ma questa osservazione, ovviamente, vale solo se la persona è matura, consapevole, non depressa, non dipendente da altri.
Il testamento biologico non rispetta nessuno dei requisiti che abbiamo appena detto.
Quanto alla piena capacità di intendere e di volere della persona che lo redige, Veronesi non ne fa alcun cenno: prevede solo che l'atto sia datato e sottoscritto e propone, come alternativa non vincolante, la redazione davanti ad un avvocato o ad un notaio (modalità che, di per sé, non garantisce affatto una piena capacità); ma anche il progetto del senatore Ignazio Marino non si occupa per niente del problema: tralascia il ricorso ad un avvocato o ad un notaio e si limita a richiedere che l'atto sia "scritto per intero, datato e sottoscritto dal soggetto interessato", precisando che "la data deve contenere l'indicazione del giorno, mese ed anno". Che dire, poi, del progetto (di stampo radicale) della senatrice Poretti? Esso prevede che la dichiarazione anticipata di trattamento possa essere redatta da "ogni persona capace e maggiore di 14 anni", quindi anche da ragazzi adolescenti, limitandosi a pretendere la presenza di due testimoni ...
Non solo, quindi, è del tutto tralasciata la tematica di atti redatti da soggetti incapaci (eppure il codice civile, articolo 591, prevede l'impugnazione di testamenti redatti dai soggetti - anche non interdetti - che erano incapaci di intendere e di volere al momento in cui espressero le volontà testamentarie), ma è omessa del tutto la questione delle condizioni psicologiche - ad esempio: depressione - presenti nel momento in cui le dichiarazioni anticipate di trattamento furono stilate.
Quanto alla effettiva informazione in ordine alla malattia, alle sue conseguenze e a quelle del rifiuto della terapia, manca del tutto: non solo dal punto di vista strettamente intellettuale (non è previsto, fra l'altro, alcun colloquio con un medico: ma è la relazione medico-paziente che pone le basi del consenso informato!), ma soprattutto da quello della effettiva percezione del proprio stato. Riguardiamo il modulo preparato da Umberto Veronesi:
e comprenderemo che la comprensione della situazione futura ed eventuale che viene sollecitata nei confronti di chi dovrebbe firmare l'atto è del tutto superficiale: è un'ipotesi vaga, descritta non scientificamente ("malattia che costringe ...", "sistemi artificiali che impediscono una normale vita di relazione") e molto, molto lontana.
Insomma: è facile firmare un atto di questo genere, perché non si sente sulla propria carne la decisione e l'evento è considerato altamente improbabile.
L'ultima questione - che è davvero preoccupante - è quella della effettiva libertà nel redigere il testamento biologico: la affronteremo nel prossimo post.
Giacomo Rocchi
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