lunedì 15 dicembre 2008

Fivet inaccettabile per il credente? E' solo questione di fede?

Roberto Colombo, Direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare e Genetica Umana, Università Cattolica Milano, professore di Bioetica alla Pontificia Università Lateranense, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e della Pontificia Accademia per la Vita.

Nell'intervista rilasciata su Il Suddidiario.net Risponde alla domanda:

<<Secondo alcuni commentatori, il documento Dignitas personae, a differenza di Donum vitae, direbbe sì alla procreazione medicalmente assistita. E’ vero?
Si tratta di una lettura superficiale e distratta dei due testi della Congregazione per la Dottrina della Fede. Le “tecniche di aiuto alla fertilità” (o “cura dell’infertilità”, come le chiama anche Dignitas personae al n. 12 della Parte II) sono di diversa natura clinica. La medicina e la chirurgia non offrono solo la possibilità della fecondazione in vitro con trasferimento in utero degli embrioni (FIVET, ICSI ed altre procedure di manipolazione dei gameti e fecondazione extracorporea).
Come già Donum vitae aveva fatto, il nuovo documento distingue accuratamente tra «interventi che mirano a rimuovere ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale» (Parte II, n. 13: terapie farmacologiche, interventi di microchirurgia, ecc.), al fine di consentire una fecondazione nella sue sede fisiologica attraverso l’incontro dei gameti, dalle tecniche di fecondazione al di fuori del corpo femminile, quelle di cui si occupa estesamente - tra l’altro - le legge italiana n. 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Queste ultime, per il credente, restano moralmente inaccettabili, perché - come già aveva messo in luce Donum vitae - comportano «la dissociazione della procreazione dal contesto integralmente personale dell’atto coniugale»
>>
Sembrerebbe che la produzione di esseri umani in provetta sia inaccettabile solo dai credenti..
Ma possibile?

Eppure la Dignitas Personae, oggetto dell'intervista a Colombo, si rifà a tre principi naturali (e non a questioni dogmatiche o di credo religioso):
a) il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale; b) l'unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro; c) i valori specificamente umani della sessualità, che «esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore tra gli sposi»
Non basta quindi in primo luogo la ragione per riconoscere che l'80-90% di embrioni umani vengano sacrificati nei laboratori?
Non è sufficiente la ragione per vedere un immenso business sulle spalle delle madri e famiglie illuse?

1 commento:

  1. Hai colto nel segno: si tratta chiaramente di un tentativo "riduzionista"; il tentativo, cioè, di far passare il divieto esplicito delle tecniche di fecondazione artificiale come legato alla sola dissociazione tra atto coniugale e generazione; don Colombo sta bene attento a non citare i passaggi molto "pesanti" e molto concreti come quello che dice: "tutte le tecniche di fecondazione in vitro si svolgono di fatto come se l'embrione umano fosse un semplice ammasso di cellule che vengono usate, selezionate e scartate" e altre simili.
    Non c'è dubbio che il punto di partenza del ragionamento sia di tipo strettamente morale (appunto la dissociazione tra atto coniugale e concepimento): ma è anche vero che, proprio richiamandosi alla ragione e alla realtà, l'Istruzione va oltre e descrive con grande chiarezza la realtà della fecondazione artificiale.
    Temo che tentativi riduzionistici proseguiranno e che fra un po' di tempo qualcuno - Domenico Delle Foglie? - tenterà di nuovo di richiamare il "clima costruttivo" creatosi in occasione dell'approvazione della legge 40.
    Giacomo Rocchi

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