Nel caso dell’utilizzo degli embrioni umani nei primi giorni di vita per scopi sperimentali – pratica su cui i sostenitori della teoria del “pendio scivoloso” hanno spazio nell’evocare mostri alla Frankenstein portati alla nascita in laboratorio – permettendo agli scienziati di tenere un embrione vivo nel laboratorio per 14 giorni non implica logicamente che essi lo terranno vivo per un periodo superiore. Tenere un embrione vivo in laboratorio per un periodo più lungo di 14 giorni dalla fertilizzazione è stato previsto essere un reato: e nessuno che lavora nel campo del’embriologia vorrebbe incorrere in una sentenza che lo condanna alla reclusione. La sua carriera sarebbe finita".
Questo strumento nasce per evidenziare iniziative, idee, provocazioni, approfondimenti, a difesa della vita, dal concepimento naturale alla morte naturale.
venerdì 17 ottobre 2008
fecondazione in vitro, aborto, eutanasia
Nel caso dell’utilizzo degli embrioni umani nei primi giorni di vita per scopi sperimentali – pratica su cui i sostenitori della teoria del “pendio scivoloso” hanno spazio nell’evocare mostri alla Frankenstein portati alla nascita in laboratorio – permettendo agli scienziati di tenere un embrione vivo nel laboratorio per 14 giorni non implica logicamente che essi lo terranno vivo per un periodo superiore. Tenere un embrione vivo in laboratorio per un periodo più lungo di 14 giorni dalla fertilizzazione è stato previsto essere un reato: e nessuno che lavora nel campo del’embriologia vorrebbe incorrere in una sentenza che lo condanna alla reclusione. La sua carriera sarebbe finita".
mercoledì 15 ottobre 2008
All'inizio era il pre-embrione
In prima battuta, sembra un cambiamento benigno e diretto a salvare vite. I bambini nati così prematuramente devono essere sottoposti a cure intensive e, se sopravviveranno, molto probabilmente in larga misura avranno danni cerebrali. I genitori e gli specialisti, nella maggior parte dei casi, dedicano loro stessi a mantenerli in vita, se è possibile. Medici e infermieri hanno sempre odiato eseguire aborti tardivi e il pensiero che il feto abortito possa sopravvivere deve rendere l’aborto ancora più odioso".
venerdì 10 ottobre 2008
La terza via
giovedì 9 ottobre 2008
A cosa serve il testamento biologico?
martedì 7 ottobre 2008
Dal diritto di morire al dovere di morire
lunedì 6 ottobre 2008
Il dovere di morire
Contrariamente a quanto possa far pensare la fotografia la baronessa Mary Warnock non si dedica soltanto a passeggiare nel giardino della sua villa, ma, come ha fatto per tanti anni, lancia i suoi proclami sulle principali questioni bioetiche, sulla vita e sulla morte.
Non vi fate distrarre dalla sua aria pacifica, e ascoltatela:
"Se sei un demente, stai logorando la vita della gente – la vita della tua famiglia – e stai sprecando le risorse del Servizio Sanitario Pubblico (...)
Sono assolutamente, del tutto d’accordo con l’argomento che se la sofferenza è insopportabile, allora qualcuno dovrebbe fornire un aiuto a morire, ma sento che c’è un argomento più ampio: se qualcuno vuole assolutamente, disperatamente morire perché è un fardello per la propria famiglia o per lo stato, penso che anche a lui dovrebbe essere permesso di morire. (...)
In questo periodo ho scritto un articolo per una rivista norvegese dal titolo: “Il dovere di morire?” (A Duty to die?), dove ho sostenuto che non c’è nulla di veramente sbagliato nel sentire di avere il dovere di farlo tanto nell’interesse degli altri quanto nell’interesse proprio. (...)
Se tu hai delle direttive anticipate con le quali designi qualcuno ad agire nel tuo interesse e per tuo conto nel caso che tu diventi incapace, penso che in questo caso ci sia una speranza che il tuo rappresentante possa dire che tu non vorresti vivere in quella condizione e così possa tentare di aiutarti a morire. (...)
Credo che la direzione verso cui si andrà in futuro – lo dico piuttosto brutalmente – è che avrai la possibilità di abbattere, di eliminare gli altri"
Sorpresi?
Molti si sono scandalizzati di queste affermazioni che la baronessa Warnock - che le ha rilasciate ad una rivista della Chiesa di Scozia che le ha volentieri pubblicate (la rivista Life and Work del mese di ottobre presenta così l'intervista: "A Duty to Die? Profile of Baroness Mary Warnock, in which the chair of the government's human fertilisation and embryology committee reveals some provocative opinions on such hot potatoes as euthanasia, mercy killing and cloning."), ma non si può negare un pregio alla baronessa: quella di parlare chiaro!
Commenteremo nei prossimi post queste parole; ma intanto qualcuno potrebbe aver sentito una lontana eco a leggere il cognome Warnock; non sarà mica ...
Sì, la baronessa Warnock era la presidente del famoso Comitato Warnock che, quando la tecnica della fecondazione in vitro era ancora agli albori, coniò il termine "pre-embrione", per definire l'embrione nei primi 14 giorni di vita e consentire allo stesso un trattamento diverso rispetto a quello dovuto nel periodo successivo.
Un caso che una tale autorità nel campo della fecondazione in vitro si spenda in quello dell'eutanasia? Credo proprio di no: toccheremo anche questo tema.
Giacomo Rocchi
venerdì 3 ottobre 2008
Bioetica e realtà: un conflitto?
"Sull'aborto si sono iniziati a delineare i fronti della discussione bioetica che si sono poi ritrovati anche su altri problemi etici. Si può dire che l'aborto abbia avuto una funzione d'apripista e di orientamento la cui portata è andata ben oltre la questione specifica.
A distanza di trent'anni si può fare qualche osservazione critica.
Ad esempio, la discussione ha erroneamente fatto pensare che la bioetica si risolve nell'essere pro-vita o pro-scelta. Il dibattito ha dato l'impressione che ci fossero due grandi opzioni: una a tutela della vita nascente, l'altra a sostegno dei diritti della donna, e che fossero radicalmente contrapposte. Così facendo, ha male instradato il dibattito bioetico, riducendolo ad un conflitto tra valori con la v maiuscola e diritti assoluti, ed impoverendolo rispetto alla complessità delle situazioni concrete".
NON AVEVAMO CAPITO NIENTE!
Pensavamo che l'aborto fosse l'uccisione di un bambino, una situazione davvero molto concreta; pensavamo che per evitare di uccidere un bambino occorresse negare alla donna il diritto di farlo, ovviamente aiutandola in tutti i modi ad accogliere suo figlio ...
SIAMO DEI SEMPLICISTI!
Le situazioni sono sempre complesse, i valori hanno sempre la v minuscola e i diritti non sono mai assoluti ...
De Chirico prosegue:
"l'aborto non si risolve nell'opposizione pro-vita contro pro-scelta.
Serve un altro paradigma che valorizzi la vita e le scelte all'interno di una triangolazione tra valori di riferimento, responsabilità dei soggetti coinvolti e situazioni diverse che via via si presentano. "
Voi avete capito di che paradigma si tratta?
I bambini abortiti sarebbero più contenti se la loro uccisione fosse frutto di una triangolazione?
Il paradigma servirà a dire che - almeno qualche volta! - la donna non deve abortire?
De Chirico conclude:
"Come l'aborto ha avuto un ruolo formativo nella bioetica contemporanea, così può avercelo per una sua riforma".
La riforma della bioetica sarà nel senso di allontanarsi dalla realtà?
All'incontro (25 ottobre alle ore 15 a Padova) parteciperà Massimo Reichlin dell'Università Vita-salute San Raffaele di Milano.
giovedì 2 ottobre 2008
ABORTO, UN MANUALE PER AGGIRARE LEGGI CHE LO VIETANO
L'International Planned Parenthood Federation (IPPF, Federazione Internazionale per la Pianificazione Genitoriale), fornitore di aborti su scala mondiale di cui è co-fondatrice l'omonima Federazione che ha base negli Stati Uniti, ha recentemente pubblicato un prontuario per aiutare le "Associazioni socie" affliliate e gli attivisti del diritto all'aborto a raccapezzarsi in mezzo alle leggi sull'aborto di tutto il mondo.
In più, questa pubblicazione di 87 pagine guida a come "promuovere la rimozione delle restrizioni" sull'aborto, ad esempio col sostenere che i trattati internazionali vanno interpretati in senso ampio per poter superare le leggi nazionali.
Il manuale, intitolato “Accesso all'aborto sicuro: Uno strumento per valutare gli ostacoli legali e di altra natura,” sostiene che la legittimazione dell'aborto sul piano internazionale "si trova in numerosi trattati internazionali ed altri strumenti" oltre che nelle leggi internazionali consuetudinarie, che sono leggi non di trattati "che sono stabilite in base alle pratiche e ai credi delle nazioni", e si evolvono nel tempo.
Un diagramma dettagliato elenca gli articoli di "importanti trattati, alleanze, convenzioni, dichiarazioni e programmi d'azione che trattano dell'aborto."
Tuttavia nessuno dei trattati o convenzioni elencati, che sono legalmente vincolanti per gli stati che li ratificano, menziona il termine aborto. I trattati sono documenti negoziati da stati sovrani, in molti dei quali all'epoca della ratifica vigeva il divieto di abortire. Nei casi in cui non viene specificato nulla al riguardo, si intende che i trattati lascino intatte le leggi interne delle nazioni che li ratificano, in accordo con i tradizionali principi interpretativi.
Fra le affermazioni fatte dalla IPPF vi che è il linguaggio riguardante il "diritto alla vita" nella International Covenant on Civil and Political Rights (Convenzione internazionale sui diritti civili e politici), secondo cui "“Ogni essere umano ha il diritto innato alla vita," in realtà esigerebbe un diritto all'aborto.
L'IPPF offre una lettura similmente ampia rispetto ai documenti non vincolanti. Ad esempio, l'IPPF interpreta il termine “salute riproduttiva,” quale è adottata nel non-vincolante Programma d'Azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo svilupppo, uscito dalla Conferenza delll'ONU al Cairo nel 1994, come termine che include l'aborto. Pur ammettendo che l'aborto "non è menzionato" in relazione a questa frase, l'IPPF afferma che "può essere interpretata come inclusiva del diritto ad abortire", e individua l'opposizione a questa interpretazione a paesi come gli Stati Uniti e il “Vaticano”.
Il linguaggio nel documento stesso del Cairo indica una interpretazione più limitata però. Il paragrafo 7.24 afferma che gli “Stati dovrebbero fare dei passi appropriati per aiutare le donne ad evitare l'aborto, che in nessun caso va promosso come metodo di pianificazione familiare.”
Allo stesso modo anche il parafrago 8.25 sembra minare la pretesa di usare il documento per imporre un "diritto all'aborto" sugli stati sovrani. "Qualunque misura o cambiamento relativo all'aborto all'interno del sistema sanitario può essere determinato solo a livello nazionale o locale, secondo la procedura legislativa nazionale.”
L'IPPF, insieme alle sue tante filiali nazionali, è uno dei più grossi fornitori di aborti nel mondo. L'anno scorso ha ricevuto oltre $115 milioni in sussidi da parte di singole nazioni, della Commissione europea, delle agenzie dell'ONU come la United Nations Population Fund (UNFPA), e da fondazioni varie, compresa la Fondazione Bill & Melinda Gates.
Fonte Svipop