martedì 7 ottobre 2008

Dal diritto di morire al dovere di morire




Perché le dichiarazioni della baronessa Warnock sono così interessanti?


Nel passo in cui ella sostiene il diritto di essere aiutati a morire di coloro che sono colpiti da una sofferenza insopportabile, si nota una vera e propria improvvisa deviazione di rotta: alla Warnock non pare interessare tanto questo caso, ma un altro: quello di chi si sente un "fardello per la famiglia e per lo Stato" e vuole disperatamente morire; o meglio: di chi "è" un fardello per la famiglia e lo Stato.

Il fatto che determinate persone siano un peso per la famiglia e la società sembra un dato acquisito nel discorso della Warnock: "Se sei un demente, stai logorando la vita della gente – la vita della tua famiglia – e stai sprecando le risorse del Servizio Sanitario Pubblico". Già nel 2004 la Warnock affermava: "Se andassi in una casa di riposo, sarebbe un terribile spreco di denaro che la mia famiglia potrebbe usare molto meglio."

Sono davvero distanti le due ipotesi? La prima una condizione soggettiva (il paziente che non sopporta il dolore) e la seconda una oggettiva (il demente che è un peso per la famiglia e per la società)?
Sembra di no: in realtà affermare l'opportunità di uccidere malati sofferenti che chiedono la morte significa implicitamente ritenere questi malati inutili, non degni di vivere. Per usare le stesse parole della Warnock: un malato che sta soffrendo indicibilmente non sta forse logorando la vita della gente e della sua famiglia, non sta forse costringendo chi lo cura a sprecare le risorse del Servizio Sanitario Pubblico?

Se dai il tuo "via libera" a che qualcuno muoia - sia che lo voglia, sia che non lo voglia - vuol dire che non lo ritieni degno di vivere.

Ma la lucida follia della baronessa propone un nuovo e ancor più sorprendente cambio di rotta: i malati inutili non devono avere solo il diritto di morire; devono piuttosto sentire il dovere di morire: "non c’è nulla di veramente sbagliato nel sentire di avere il dovere di farlo tanto nell’interesse degli altri quanto nell’interesse proprio".

Di che tipo di dovere si tratta? Morale o legale? La parola usata dalla Warnock - duty - non chiarisce il dilemma, perché in inglese è usato sia per indicare un'obbligazione morale (to do one's duty, fare il proprio dovere) che un obbligo legale (tanto che viene usato anche per indicare le tasse: esiste, fra l'altro, la death duty, l'imposta di successione ...).
In prima battuta l'indicazione sembra verso un obbligo morale: già nel 2004 ella aveva scritto che "in altri contesti, sacrificarsi per la propria famiglia sarebbe considerato un bene. Non vedo cosa ci sia di orribile nella motivazione di non voler essere un fastidio via via crescente"; anche nell'intervista del 2008 sembra mettere l'accento su quello che la persona prova, sul sentimento.

Ma il salto è breve e inevitabile: come si fa a negare che l'obbligo sia anche giuridico quando lo spreco per la società è invece ritenuto un dato oggettivo, reale (e non soltanto percepito dal malato)? E quando - soprattutto - si sostiene che il danno che il malato che si ostina a non morire colpisce non solo i suoi affetti familiari, ma lo Stato e la società?

Ma se l'obbligo di morire è di natura giuridica, esiste un corrispondente diritto ad uccidere in capo dello Stato. La spietata baronessa ne è consapevole: "la direzione verso cui si andrà in futuro – lo dico piuttosto brutalmente – è che avrai la possibilità di abbattere, di eliminare gli altri".

Con quali strumenti si raggiungerà questo obbiettivo? Lo vedremo nei prossimi commenti.

Giacomo Rocchi

1 commento:

  1. Uccidere prima della nascita e prima della morte naturale.
    Esseri umani contro esseri umani.
    Esseri umani forti che massacrano esseri umani indifesi.
    La civiltà dell'orrore è iniziata.
    La realtà è peggiore del più macabro racconto horror.

    RispondiElimina