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domenica 13 settembre 2009

Curare i bambini? Un problema morale/ 1



Nel precedente post abbiamo ironizzato sulla ricerca di "valutazioni etiche razionali" che il Master di Bioetica dell'Università di Pisa effettua sul tema del rapporto tra uomo e animali (meglio: tra uomo e animali "non umani" ...).

Ma, si sa, i Master di Bioetica sono tanti: e così quello promosso dall'Università La Sapienza di Roma (sì, l'ateneo che non ha fatto parlare Benedetto XVI e ha accolto nell'Aula Magna il colonnello Gheddafi ...) insiste sul tema dell'etica e propone un incontro il 24 settembre.

La relazione della prima sessione? Serenella Pignotti (Terapia Intensiva Neonatale, Ospedale Meyer Firenze), «Rianimazione dei grandi prematuri e dilemmi morali».
Ecco: curare i bambini fa sorgere problemi morali ...

La questione della rianimazione dei neonati prematuri, benché riguardi complessivamente un numero di bambini assai limitato, è in realtà un tema assai importante che vale la pena di riassumere.
I neonati prematuri hanno - in questa società - il triste privilegio di richiamare su di sé sia i ragionamenti sull'aborto, sia quelli sull'eutanasia: sì, perché - bisogna chiarirlo fin da subito - sono in molti a volerli morti nel maggior numero possibile.

Come sappiamo la mentalità abortista fa leva sul bambino nascosto: del bambino non si deve parlare alla donna che è in difficoltà per la gravidanza (o semplicemente non vuole proseguire la stessa), non si deve farle vedere le ecografie (abbiamo visto la decisione del Giudice americano) per il rispetto della sua privacy; ma di bambino non si deve parlare nemmeno nelle leggi che ne permettono la soppressione (di qui l'acronimo IVG: è un po' diverso dire che, in un anno, sono stati uccisi 150.000 bambini oppure che sono state eseguite 150.000 IVG ...).

L'aborto diventa un fatto evanescente: non c'è più sangue, non c'è più la vittima, la donna talvolta non pernotta nemmeno una notte in ospedale.

Questo permette alla società di disinteressarsi di quanto accade; ma facilita enormemente la diffusione di una mentalità di rifiuto del bambino malato, con handicap, con sindrome di Down ecc.: è diventato un ragionamento comune - lo dicono le statistiche ministeriali - quello secondo cui, se le diagnosi prenatali hanno un esito sfavorevole (magari danno soltanto una probabilità di patologia), l'aborto è una soluzione inevitabile, anzi è un rimedio socialmente obbligatorio.

Chi è il neonato prematuro?
E' un bambino la cui nascita, per cause naturali, è anticipata rispetto al termine consueto; è un bambino che, se non ci fosse stato il parto anticipato, sarebbe stato soggetto alla legge sull'aborto.
Il neonato prematuro è uno scandalo: è lo stesso bambino che sta nascosto nel ventre materno - la nascita non ne muta affatto la natura! - ma è davanti ai nostri occhi.
Quali problemi morali possono nascere da questa situazione?
Per qualcuno il problema "morale" (sic!) sembra essere uno solo: se lo potevamo uccidere prima che nascesse, come facciamo ad ucciderlo anche dopo che è nato?

Giacomo Rocchi


venerdì 3 ottobre 2008

Bioetica e realtà: un conflitto?

Leonardo De Chirico del Centro studi di etica e bioetica di Padova, in preparazione di un incontro che si terrà a Padova, così riflette:

"Sull'aborto si sono iniziati a delineare i fronti della discussione bioetica che si sono poi ritrovati anche su altri problemi etici. Si può dire che l'aborto abbia avuto una funzione d'apripista e di orientamento la cui portata è andata ben oltre la questione specifica.
A distanza di trent'anni si può fare qualche osservazione critica.

Ad esempio, la discussione ha erroneamente fatto pensare che la bioetica si risolve nell'essere pro-vita o pro-scelta. Il dibattito ha dato l'impressione che ci fossero due grandi opzioni: una a tutela della vita nascente, l'altra a sostegno dei diritti della donna, e che fossero radicalmente contrapposte. Così facendo, ha male instradato il dibattito bioetico, riducendolo ad un conflitto tra valori con la v maiuscola e diritti assoluti, ed impoverendolo rispetto alla complessità delle situazioni concrete".


NON AVEVAMO CAPITO NIENTE!
Pensavamo che l'aborto fosse l'uccisione di un bambino, una situazione davvero molto concreta; pensavamo che per evitare di uccidere un bambino occorresse negare alla donna il diritto di farlo, ovviamente aiutandola in tutti i modi ad accogliere suo figlio ...

SIAMO DEI SEMPLICISTI!
Le situazioni sono sempre complesse, i valori hanno sempre la v minuscola e i diritti non sono mai assoluti ...


De Chirico prosegue:
"l'aborto non si risolve nell'opposizione pro-vita contro pro-scelta.

Serve un altro paradigma che valorizzi la vita e le scelte all'interno di una triangolazione tra valori di riferimento, responsabilità dei soggetti coinvolti e situazioni diverse che via via si presentano. "


Voi avete capito di che paradigma si tratta?

I bambini abortiti sarebbero più contenti se la loro uccisione fosse frutto di una triangolazione?

Il paradigma servirà a dire che - almeno qualche volta! - la donna non deve abortire?


De Chirico conclude:
"Come l'aborto ha avuto un ruolo formativo nella bioetica contemporanea, così può avercelo per una sua riforma".


La riforma della bioetica sarà nel senso di allontanarsi dalla realtà?

All'incontro (25 ottobre alle ore 15 a Padova) parteciperà Massimo Reichlin dell'Università Vita-salute San Raffaele di Milano.