Questo strumento nasce per evidenziare iniziative, idee, provocazioni, approfondimenti, a difesa della vita, dal concepimento naturale alla morte naturale.
domenica 27 novembre 2011
Educazione vs legislazione: riflettiamo ancora
Un prolife intransigente, in Italia, non ha amici: forse perché molti di quelli che, come lui, vogliono difendere la vita, fanno finta di non conoscerlo e sembrano ignorare le sue prese di posizione (che pure cerca di argomentare); ma quando alza un po' la voce e fa polemica, gli dicono che non è il modo di fare, che avresti potuto parlare direttamente con lui, e che - diamine! - ne viene fuori un quadro non bello, che figura ci facciamo ...
Un prolife intransigente, in Italia, non conta nulla: non ha niente da perdere, finanziamenti da ottenere, cariche da conquistare o da mantenere; è fuori dai "giochi importanti", non partecipa ai gruppi che contano, non conosce le dinamiche dei gruppi ufficiali: insomma, non conosce il contesto.
Un prolife intransigente si occupa anche di leggi: non perché gli piaccia particolarmente, ma perché sa che una legge ingiusta ha permesso l'uccisione di milioni di bambini innocenti e un'altra consente la morte programmata di decine di migliaia (per ora) di embrioni; sa che queste leggi nascondono la loro essenza dietro proclami ipocriti; sa che queste leggi fanno "cultura"; teme che altre leggi permetteranno l'uccisione di altre persone ... Ma questo occuparsi di leggi lo rende ancora più scostante, spigoloso, talvolta petulante ("viene a parlarci di quel certo comma ... non gli basta che al primo articolo abbiamo piazzato: "La vita è indisponibile?").
Insomma: un caso pietoso! Sempre a ripetere: "valori non negoziabili!", "leggi ingiuste!", "bambini uccisi!"; sempre a puntualizzare, precisare, dissentire ...
Fatto questo quadro, torniamo a parlare dei due articoli di Carlo Bellieni sulla Bussola Quotidiana e, perché no?, dei nostri due commenti, che hanno suscitato qualche reazione negativa. Che Bellieni non sia stato un esempio di chiarezza, sembra confermarlo l'articolo di Francesco Agnoli ("Le leggi e la cultura") che vi abbiamo segnalato: Agnoli sostiene che per capire il contenuto "occorre fare uno sforzo: contestualizzare"; poi interpreta un "non detto" di Bellieni: "Non ha neppure scritto, ma certi sottintesi si possono intuire, che la legge in questione oggi, quella sul testamento biologico, non è poi così opportuna". Insomma, per capire fino in fondo cosa voleva dire Bellieni, ci volevano sforzo e intuizione ...
Affronteremo subito il contenuto dei due articoli: prima, però, una domanda: perché l'articolo di Bellieni è coraggioso? Agnoli premette: "Carlo Bellieni è uno dei 5 membri del Direttivo di Scienza e Vita". Quindi - se ho capito bene - l'articolo sarebbe coraggioso perché l'autore avrebbe fatto intendere il suo fastidio rispetto all'invito a Bersani/Casini/Alfano, avrebbe sottolineato che "certamente c'è dell'altro"; ma lo avrebbe fatto concludendo il suo articolo con l'affermazione che "dal convegno di Scienza e Vita coi politici usciamo rafforzati" e ricordando che "oggi nella Chiesa c'è chi dialoga sapientemente di leggi con gli Alfano, Bersani, Casini", contrapponendo piuttosto il contenuto della seconda giornata del Convegno di Scienza e Vita (quella in cui "le associazioni locali di S&V hanno mostrato cosa sia il lavoro quotidiano, la bellezza e l'eroismo di chi cura e la bellezza e l'eroismo di chi viene curato") alla prima (quella in cui erano intervenuti i politici).
Mah ... tempo fa abbiamo sentito rumore di porte sbattute in Scienza e Vita. (Comunque: se esprimere il dissenso rispetto a S&V e ai vertici della CEI su scelte "laiche" significa essere coraggiosi, qualcuno potrebbe considerarci degli eroi ...).
Ma appunto: passiamo al contenuto dei due articoli e dei nostri commenti. Un dato è chiaro: né Bellieni, né i nostri commenti hanno mai affermato che servono solo le leggi o, al contrario, solo la battaglia culturale. Nel primo commento scrivevamo: "In definitiva: serve davvero una nuova evangelizzazione; serve alzare la voce - come fa egregiamento Bellieni - per mostrare le conseguenze negative delle presunte conquiste etiche; ma serve - e tanto - anche una battaglia a viso aperto contro l'ingiustizia delle leggi (prima fra tutte l'iniqua legge sull'aborto)".
In nessun punto del nostro commento abbiamo fatto dire a Bellieni (i cui articoli integrali sono stati richiamati con l'apposito link e dei quali ampi passi sono stati riportati letteralmente) cose che non aveva detto: abbiamo però sottolineato che nel pensiero di Bellieni (ovviamente quello espresso nell'articolo, non quello sottinteso) era evidente una scala di priorità (prima l'educazione e la fede, poi le leggi) e, insieme, una visione che tiene distinte le due questioni, tanto da poter affidare a "pochi" la questione legislativa. In altre parole: la sottovalutazione della efficacia culturale (positiva o negativa) delle leggi, giuste o ingiuste; e insieme la negazione della valenza culturale delle battaglie per le leggi giuste o contro le leggi ingiuste. Nell'articolo del 12/10/2011 ("Bioetica e morale, cristiani normlizzati") vi era una frase davvero significativa: "sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all'ufficialità delle leggi". Certo: una frase che ribadiva che "per rendere etica una società si passa anche dalle leggi" (come Bellieni scrive nel secondo articolo), ma che raffigurava la legge come qualcosa di "ufficiale", per la quale il lavoro di "perfezionare" sembra vano ("forse i buoi sono già scappati") e di cui comunque Bellieni non è particolarmente interessato (come indica il fatto che di leggi - ed in particolare del progetto di legge sulle DAT - non ne parla, tanto che il suo pensiero sul punto si deve intuire: "invece").
Il prolife intransigente ha fretta, sente l'urgenza: sarà forse vero, come ritiene Francesco Agnoli, che "in una società profondamente corrotta le leggi buone non sono applicabili, mentre in una società sana certe leggi disumane non nascono" e che "non potremmo mai sconfiggere, così, con una bacchetta magica, l'aborto legale" senza rieducare ai valori del "pudore, fedeltà, senso dell'onore, della responsabilità, della famiglia, del peccato"; ma è difficile rinunciare ad una battaglia di popolo per salvare - anche con la legge civile - la vita di quei bambini che ogni giorno vengono soppressi o di quegli embrioni che vengono prodotti; o per impedire che quei neonati o quegli anziani vengano fatti morire nel futuro.
Una battaglia di popolo, sì (e qui siamo proprio d'accordo con Bellieni nel valutare l'invito ai VIP della politica): come fu quella del referendum contro la legge 194 e prima ancora quella per l'approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare del Movimento per la Vita che raccolse milioni di firme. Il fatto è che far comprendere al popolo l'ingiustizia e l'ipocrisia di certe leggi, svelare quello che esse davvero permettono, coinvolgerlo nella battaglia democratica su di esse, non è affatto tormentarlo con questioni formali: è una battaglia che fa cultura e mostra la malvagità di certi atti e la necessità di impedirli.
Bellieni vuole dare il suo contributo anche a questa battaglia?
Giacomo Rocchi
venerdì 25 novembre 2011
Educazione vs. legislazione /2
martedì 22 novembre 2011
Bellieni: Educazione vs legislazione?
Nell'articolo di oggi, a commento del Convegno di Scienza e Vita che ha visto la presenza di politici nazionali, la riflessione si approfondisce e i toni diventano più forti. Viene chiamato esplicitamente in causa il fronte prolife:
"Alfano, Bersani e Casini e Scienza e Vita: un colloquio in cui è chiaro che la società vuole etica e che loro lo capiscono; che per rendere etica una società si passa anche dalle leggi (...) Ora è il caso di domandarci se questo basta. Cioè se quello che davvero occorre alla gente è solo il dialogo con i vertici della politica. E se davvero basta fare “buone leggi” per fare crescere un popolo. Probabilmente c’è dell’altro. Certamente c’è dell’altro. Perché fare buone leggi non serve a niente se la gente è convinta che siano leggi cattive e i maitre à penser finiscono per mostrarle come una soverchieria. (...) Insomma: non basta fare gli autovelox per ridurre i morti sulle autostrade: bisogna educare. I primi cristiani non si misero a chiedere all’Imperatore che facesse
una legge per vietare i giochi omicidi nei circhi, o l’infanticidio: semplicemente costruirono una cultura che non li prevedeva, che mostrava che erano bestialità. San Benedetto costruì l’Europa non domandando ai barbari di smettere di fare stragi, ma costruendo i monasteri, rendendo l’Europa disseminata di luoghi di salvezza. (...) San Benedetto e San Paolo non rifuggivano dai politici di allora; e anche oggi nella Chiesa c’è chi direttamente dialoga sapientemente di leggi con gli Alfano, Bersani, Casini. Ma
c’è anche chi, inoltre, costruisce cultura, chi mostra al popolo la bellezza della vita, chi crea case famiglia, luoghi d’accoglienza, banchi alimentari, e vuole rendere questo cultura; questa è ora la strada da aprire".
Sono riflessioni importanti che devono essere prese in considerazione. A queste Bellieni aggiunge altre che riguardano la sproporzione delle forze in campo:
"Già, i maitre à penser sono quelli che contano sui giornali, in TV, quelli che
danno il “la” all’opinione pubblica, quelli che fanno la cultura di un popolo. E
con la loro artiglieria, il fronte pro-life cosa oppone? Siamo di fronte ad
un’asimmetria, ad un braccio di ferro fatto tra un omone di due metri e un bambino (anche se il bambino apparentemente non è sprovveduto e disarmato, il che visti gli esiti è anche peggio). Da una parte l’artiglieria pesante dei massmedia, dei Vip (dalle soubrette ai presentatori Tv: ricordate le cento facce di Vip che campeggiavano sulla copertina di un settimanale alle soglie del referendum sulla legge 40 invitando a votare SI?); dall’altra… qualcosa che evidentemente non incide sulla cultura, sul modo di decidere della gente"
E allora veniamo alle leggi e alla battaglia sulle leggi: Bellieni dice che fare buone leggi può risultare inutile: è inutile anche abrogare le leggi ingiuste, che permettono i massacri degli innocenti? Se l'obbiettivo è quello di ridurre il numero degli innocenti uccisi o lasciati morire (è questo l'obbiettivo dei movimenti prolife, come per un medico è quello di salvare la vita dei suoi pazienti), vietare l'aborto volontario ed abrogare l'iniqua legge che lo permette a semplice richiesta è davvero inutile? E vietare la fecondazione extracorporea ed abrogare l'ingista legge che la consente, ridurrebbe il numero degli embrioni morti o congelati o sottoposti a diagnosi preimpianto?
Bellieni, poi, mostra di non credere che davvero la legge possa "fare cultura", cioè contribuire in maniera rilevante (anche se non esclusiva) a permeare la mentalità del popolo; temo che sottovaluti la questione. Non sto sostenendo che l'educazione (soprattutto quella cristiana) non serva: ma che l'esistenza di leggi ingiuste nell'ordinamento civile ostacola e a volte impedisce una corretta educazione.
Quale è l'esito della posizione di Bellieni rispetto al tema delle leggi giuste e ingiuste? Posso esprimere una sensazione? La questione viene delegata ad altri; altri si occuperanno dei rapporti con i politici; e - poiché la delega è totale e gli "altri" sono stati scelti all'interno della Chiesa - le loro azioni sono per definizione giuste ("nella Chiesa c'è chi dialoga sapientemente di leggi"). L'atto di fede di Bellieni in questi politici cattolici sembra assoluto, tanto che ancora la legge 40 (quella che afferma: "è consentita la procreazione medicalmente assistita" e che poteva invece statuire: "è vietata la fecondazione extracorporea"...) è presa come punto di riferimento. E' sicuro Bellieni che quel dialogo sulle leggi sia sapiente? Davvero sulle leggi che possono permettere o vietare l'uccisione di embrioni, bambini e pazienti, egli vuole lavarsene le mani?
Giacomo Rocchi
P.S.: L'infanticidio fu vietato per legge per la prima volta dall'imperatore Costantino; il divieto per legge fu rafforzato dall'imperatore Giustiniano. Costantino vietò per legge anche i giochi gladiatori (il divieto fu reso definitivo da Onorio)
venerdì 18 novembre 2011
Perché l'obiezione di coscienza è un problema?
giovedì 10 novembre 2011
"180" Movie - Da pro-choice a pro-life in qualche manciata di secondi
Questo meraviglioso mini 'film' di 33 minuti fa riflettere, emoziona, e insegna che le nuove generazioni sono spesso solo 'senza verità'.
Per attivare i sottotitoli è sufficiente premere il tasto CC come da figura e scegliere 'italiano'.
Buona visione.
martedì 8 novembre 2011
Equilibrismi sulla pelle dei bambini
Ebbene: le statistiche dimostrerebbero che gli immigrati indiani e cinesi hanno portato importato in Italia questa pratica. In particolare, tra gli immigrati cinesi regolari, il rapporto tra neonati maschi e neonati femmine è di 109 a 100 se si tratta del secondo figlio e di 119 a 100 se si tratta del terzo figlio; rapporto che, per gli immigrati indiani, è di 116 a 100 per il secondo figlio e di 137 a 100 per il terzo figlio. Poiché si tratta di numeri nettamente difformi dal rapporto "naturale" tra maschi e femmine (105 maschi nati per ogni 100 femmine), si intravede in essi l'eliminazione delle bambine non desiderate.
Partiamo dalla conclusione del giornalista: "Le divisioni sul tema dell'aborto tra credenti e non credenti qui non c'entrano nulla. Si tratta piuttosto di impedire che nelle nostre città si manifesti la forma più orribile di relativismo culturale: quella che ci fa chiudere un occhio quando una bambina non nasce".
Questo - diciamolo esplicitamente - altro non è che moralismo: abbiamo deciso - il popolo italiano ha deciso! - di chiudere tutti e due gli occhi sulle centinaia di migliaia di bambini - maschi e femmine - massacrati con l'aborto, permesso a prescindere da qualunque motivazione; non c'è, quindi, nessun occhio da chiudere ancora! Piuttosto sarebbe il momento di riaprirli tutti e due e prendere coscienza di quanto avviene da più di 30 anni in Italia!
Si noti che Polito usa due termini "forti": "orribile", ma non si riferisce all'uccisione volontaria del bambino ... ; e "relativismo culturale": e su quest'ultimo termine si potrebbe ridere (o piangere) e parlare a lungo. Ci dica Polito quali sono i principi morali e culturali che non possono essere considerati "relativi"; uno di questi è forse il seguente: "si possono sempre uccidere i bambini prima della nascita, tranne il caso in cui si tratti del secondo o del terzo figlio, di sesso femminile, e l'uccisione avvenga perché i genitori vogliono concepire un altro figlio maschio"?
E quale sarebbe la "battaglia legislativa da ingaggiare al più presto" invocata nell'articolo? Polito vorrebbe che la Polizia convocasse le immigrate straniere incinte del secondo e del terzo figlio, si facesse mostrare le ecografie per verificare se il figlio è femmina, le interrogasse sulle intenzioni in ordine ad un possibile aborto e, soprattutto, che lo Stato impedisse a quelle donne di abortire, magari con sanzioni penali?
Il fatto è che la legge 194 permette questa pratica, come afferma, a denti stretti, l'articolo: "Dove sono dunque finite le bambine mancanti, le «missing girls»? Fino a qualche tempo fa venivano soppresse con l' infanticidio, cioè dopo la nascita, o uccise dalla negligenza deliberata dei genitori. Ma da quando c'è un accesso sempre più facile alla diagnosi prenatale del sesso, attraverso amniocentesi ed ecografia, e all'interruzione assistita della gravidanza, il nuovo sistema di selezione di massa è l'aborto (...) Se si ricorre alla villocentesi, che può essere fatta anche alla decima settimana, non è infatti escluso che le bambine siano abortite nelle pieghe della 194 e nelle strutture pubbliche. Se invece è l' ecografia a rivelare il sesso, c' è da sospettare aborti tardivi e clandestini".
lunedì 7 novembre 2011
Il decoro e la dignità degli infermieri
In due post dell'ottobre e del novembre 2010 ("Citazioni e strategie" e "Volontari buoni e volontari cattivi") abbiamo visto come Valter Boero, del Movimento per la Vita di Torino, riteneva evidentemente "divisive" le condotte del Celsi, mostrando a "La Repubblica" tutta la sua "correttezza" e anche un po' di disprezzo ("Né tantomeno andiamo a pregare al mattino presto davanti al Sant'Anna come fanno alcuni di loro").
sabato 5 novembre 2011
I contenuti della battaglia prolife
Gentile Direttore,
leggo l'articolo di Carlo Bellieni in data odierna, "Bioetica e morale, cristiani normalizzati". Ho sempre apprezzato Bellieni nei suoi scritti; e, aggiungo, concordo con lui sulla "normalizzazione" dei cristiani (o meglio: di molti cristiani) nel campo bioetico. Ma quanto contano le "leggi ingiuste" in questa normalizzazione? Bellieni dà un preciso criterio di priorità: "sarebbe il caso di riprendere ad educare invece di pensare solo all'ufficialità delle leggi"; quasi che l'incidenza della legislazione civile sulla cultura e sull'educazione del nostro popolo (e soprattutto del popolo cristiano) sia irrilevante. Non è così.
giovedì 3 novembre 2011
Il cardinale Bagnasco e il "diritto di tutti alla vita"\6
Forse una "mediazione volenterosa"; certo non un provvedimento che "garantisce la vita di tutti", soprattutto dei nostri fratelli più deboli e senza voce!
martedì 1 novembre 2011
Il cardinale Bagnasco e il "diritto di tutti alla vita"\5
Quella del Presidente della CEI era soltanto un'argomentazione di carattere culturale o poteva applicarsi anche all'azione politica e legislativa? Benché si sia trattato di discorso di altissimo profilo culturale e religioso, il Cardinale non si è certo tirato indietro rispetto alla concretezza della politica e delle sue scelte, più volte facendo riferimento alle leggi. In primo luogo nel ribadire che "esiste un terreno solido e duraturo, che è quello dei principi o valori essenziali e nativi, quindi irrinunciabili non perché non si debbano argomentare ma perché, nel farlo e nel legiferare, non possono essere intaccati in quanto inviolabili, inalienabili e indivisibili"; poi nello stigmatizzare che "nella sfera culturale si rivendica la più assoluta autonomia delle scelte morali, e nella sfera legislativa si formulano leggi che prescindono dall’etica naturale, come se tutte le concezioni della vita fossero equivalenti"; infine nel sottolineare, in un passaggio davvero mirabile, l'incidenza dei "codici" sul costume di un popolo: "E, invero, la presa in carica dei più poveri e indifesi non esprime, forse, il grado più vero di civiltà di un corpo sociale e del suo ordinamento? E non modella la forma di pensare e di agire – il costume – di un popolo, il suo modo di rapportarsi nel proprio interno, di sostenere le diverse situazioni della vita adulta sia con codici strutturali adeguati, sia nel segno dell’attenzione e della gratuità personale? Questo insieme di atteggiamenti e di comportamenti propri dei singoli, ma anche della società e dello Stato, manifesta il livello di umanità o, per contro, di cinismo paludato, di un popolo e di una nazione".