martedì 1 novembre 2011

Il cardinale Bagnasco e il "diritto di tutti alla vita"\5

Abbiamo commentato nel precedente post il discorso del Cardinal Bagnasco al Convegno di Todi, sottolineando il riferimento finale alle "mediazioni volenterose" operate o tentate sui valori non negoziabili che "di fatto" conducono alla loro negazione.
Quella del Presidente della CEI era soltanto un'argomentazione di carattere culturale o poteva applicarsi anche all'azione politica e legislativa? Benché si sia trattato di discorso di altissimo profilo culturale e religioso, il Cardinale non si è certo tirato indietro rispetto alla concretezza della politica e delle sue scelte, più volte facendo riferimento alle leggi. In primo luogo nel ribadire che "esiste un terreno solido e duraturo, che è quello dei principi o valori essenziali e nativi, quindi irrinunciabili non perché non si debbano argomentare ma perché, nel farlo e nel legiferare, non possono essere intaccati in quanto inviolabili, inalienabili e indivisibili"; poi nello stigmatizzare che "nella sfera culturale si rivendica la più assoluta autonomia delle scelte morali, e nella sfera legislativa si formulano leggi che prescindono dall’etica naturale, come se tutte le concezioni della vita fossero equivalenti"; infine nel sottolineare, in un passaggio davvero mirabile, l'incidenza dei "codici" sul costume di un popolo: "E, invero, la presa in carica dei più poveri e indifesi non esprime, forse, il grado più vero di civiltà di un corpo sociale e del suo ordinamento? E non modella la forma di pensare e di agire – il costume – di un popolo, il suo modo di rapportarsi nel proprio interno, di sostenere le diverse situazioni della vita adulta sia con codici strutturali adeguati, sia nel segno dell’attenzione e della gratuità personale? Questo insieme di atteggiamenti e di comportamenti propri dei singoli, ma anche della società e dello Stato, manifesta il livello di umanità o, per contro, di cinismo paludato, di un popolo e di una nazione".

Non era, quindi, abusiva la conclusione del nostro commento, quando indicavamo due testi legislativi come esempi di "mediazioni volenterose": la legge 40 sulla fecondazione artificiale e il progetto di legge sulle DAT.

Sulla legge 40, davvero - almeno nell'ambito cattolico - non dovrebbe essere necessario spendere molte parole, vista la premura di tanti commentatori nel ribadire che si tratta di una "legge imperfetta", di una "legge non cattolica", perché la fecondazione artificiale "per i cattolici" è illecita, e così via. L'obbiettivo proclamato all'epoca - eliminare il "far west" della provetta - conteneva nella stessa formulazione il compromesso (la "mediazione volenterosa") - perché presupponeva la previa rinuncia a vietare la fecondazione extracorporea: una tecnica che aveva mostrato tutta la sua malvagità e contrarietà alla natura umana nei suoi esercizi estremi ("utero artificiale", commistione di geni umani e animali, embrioni umani inseriti in femmine di animali), in quelli intermedi (clonazione umana, soppressione di embrioni per ricerche scientifiche, banche del seme), ma anche nella pratica abituale (congelamento di embrioni; diagnosi genetica preimpianto, selezione degli embrioni a scopo eugenetico, maternità surrogata, "mamme nonne", fecondazione eterologa, genitori omosessuali). Il percorso parlamentare, per di più, registrò (inevitabilmente?) sconfitte su questioni importanti (esplicitamente ammesse dai proponenti) ed infine i "paletti" su altre questioni furono disegnati in modo da essere facilmente travolti od aggirati.

Benché il mondo cattolico sia stato mobilitato per difendere questa legge (anche in questo caso con una tattica compromissoria: utilizzare l'astensione fisiologica nei referendum per impedire il raggiungimento del quorum, cosicché oggi non si può nemmeno sostenere fino in fondo che il popolo italiano ha confermato la legge 40, soprattutto dopo il successo "vero" dell'ultimo referendum), i suoi risultati - in termini di vite umane perse e di cultura del popolo - sono sotto gli occhi di tutti.

Ma anche la proposta di legge sulle DAT è chiaramente una (più o meno) "volenterosa mediazione", come vedremo nel prossimo post.

Giacomo Rocchi

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