sabato 4 settembre 2010

Gli embrioni salvati sono quelli non prodotti artificialmente/ 5


Si è visto come le Relazioni del Movimento per la Vita al Parlamento e l'articolo sul Sì alla Vita del luglio 2010 considerino la morte degli embrioni prodotti artificialmente dopo il trasferimento nel corpo della donna:
"E' ben vero che anche se tutti gli embrioni artificialmente generati sono
trasferiti in utero, le percentuali di nascita sono così modeste da far
giudicare le intere tecniche, in quanto tali, poco attente al valore della vita
nel momento stesso in cui si autopresentano come un servizio alla vita. Ma
una volta che gli embrioni sono trasferiti in utero essi sono affidati alla
natura. Molti muoiono anche nel caso di fecondazione naturale e comunque manca
un programmazione diretta e premeditata della distruzione di nuovi esseri
umani
" (Prima Relazione al Parlamento).

Due punti emergono: in primo luogo la morte degli embrioni viene valutata non come evento in sé, ma in base all'elemento psicologico di chi procede alla fecondazione artificiale. Per fare una similitudine si può pensare ad un'inondazione disastrosa che provoca migliaia di vittime in conseguenza di un evento metereologico inaspettato; si potrà dire: "non è colpa di nessuno", ma si aggiungerà, comunque: "è una tragedia". Certamente ci si chiederà: "poteva essere evitata? e in che modo?"
Il secondo aspetto è la contrapposizione tra "artificiale" e "naturale": le tecniche di fecondazione artificiale sono interpretate come se la loro funzione cessasse al momento del trasferimento degli embrioni; dopo sembra "tutto naturale", tanto che si propone il parallelo tra mancato attecchimento degli embrioni concepiti artificialmente e di quelli concepiti naturalmente. Sì, perché (dice la stessa Relazione) gli embrioni concepiti in vitro "sono letteralmente nelle mani dell'uomo e le mani dell'uomo devono proteggerli"; ma, appunto, quando sono trasferiti, sono "affidati alla natura", l'uomo non può nulla.
L'articolo del Sì alla Vita afferma che "l'artificio termina con la immissione del concepito in utero".

Si tratta di un quadro che, scientificamente e statisticamente, è del tutto errato (si potrebbe dire: "artificioso"). E' un dato acquisito che la maggior parte degli embrioni trasferiti - ricordiamo che prima 1 su 10 era morto in provetta - muore per mancato attecchimento: ma ciò discende dalla mancanza di quel dialogo - quel "cross-talk" - che si instaura tra l'embrione subito dopo il concepimento e il corpo della madre e che prosegue durante il viaggio che porta il primo nell'utero materno. Il corpo della madre "accoglie" il figlio perché "lo conosce" già da qualche giorno, ha già "parlato" con lui.
L'embrione concepito in vitro non viene affatto trasferito in un "ambiente naturale", ma in un luogo a lui sconosciuto (e che non lo conosce); un luogo che, non a caso, può cambiare (maternità surrogata). Ambiente che artificialmente i tecnici tentano - la maggior parte delle volte inutilmente - di far somigliare a quello naturale con la somministrazione alla donna di sostanze varie.
Nell'articolo sul Sì alla Vita del luglio 2010 si avanza timidamente un'interpretazione diversa: gli embrioni non attecchirebbero perché "probabilmente indeboliti dall'artificiosità delle manovre subite": giustificazione che non regge (se non per gli embrioni più deboli che i protocolli della fecondazione in vitro consiglierebbero di non trasferire e che invece la legge impone di trasferire pur nella quasi certezza del loro mancato attecchimento ...) alla luce delle conoscenze scientifiche, ma che è diretta, ancora una volta, a "dare la colpa" a quanto avvenuto prima.

Il riferimento agli embrioni generati per fecondazione naturale che muoiono perché non attecchiscono, poi, da una parte è del tutto generico (perché, in realtà, nessuno sa quante volte ciò avviene), dall'altra confonde il quadro: stiamo parlando della morte degli embrioni prodotti con la fecondazione artificiale, che sono soggetti diversi (lo dice la stessa legge 40) da altri embrioni!

L'embrione prodotto artificialmente, quindi, viene trasferito innaturalmente in un ambiente per lui innaturale e, quindi, in nove casi su dieci muore. Ma che la situazione rimanga artificiale anche nei rari casi in cui uno riesce ad attecchire è dimostrato dalla percentuale di aborti spontanei. La Relazione ministeriale 2010 riferisce di 1.698 aborti spontanei nel 2008, pari al 20,8% delle gravidanze e aggiunge che la percentuale di aborti spontanei nelle gravidanze naturali (il Ministro usa proprio questo termine, facendo comprendere che le altre sono gravidanze artificiali...) è pari al 9,7% delle gravidanze: meno della metà!

Embrioni affidati alla natura? Che dire, allora, dei 76 bambini (pari allo 0,9% delle gravidanze) prodotti con la fecondazione artificiale e abortiti volontariamente in forza della legge 194?
Si potrebbe dire: ma anche i bambini concepiti naturalmente possono essere abortiti volontariamente; si dimenticherebbe di ricordare che la legge 40 (che avrebbe "salvato" la vita di numerosi embrioni) si è premurata di "far salva" la legge sull'aborto ...

Tireremo le conclusioni delle nostre considerazioni fatte in questo e nei precedenti post nell'ultimo intervento.

Giacomo Rocchi

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