domenica 20 settembre 2009

Curare i bambini? Un problema morale/ 3




Come valutare l'episodio inglese riportato nel post precedente? Un neonato nato prematuramente è stato lasciato morire dal personale sanitario perché era nato alla 21a settimana + 5 giorni di gravidanza: solo se i bambini nascono dopo 22 settimane di gravidanza, infatti, le linee guida in uso permettono di sottoporli a terapia intensiva e, quindi di tentare di salvarne la vita.

Partiamo da un'osservazione che potrebbe apparire secondaria: quella dell'incertezza in ordine alla data di inizio della gravidanza; tutti sanno che questa data non può essere stabilita in maniera assolutamente esatta ... si poteva forse escludere che, in quel caso, la gravidanza fosse iniziata due giorni prima rispetto alla data individuata dai medici, e, quindi, avesse raggiunto le 22 settimane?

Accostiamo a questa prima osservazione un'altra: le differenze nello sviluppo tra i vari bambini, sia prima che dopo la nascita. Si tratta anche questo di un dato di comune esperienza: così come, dopo la nascita, non tutti i bambini di sei mesi hanno la stessa corporatura, si comportano nello stesso modo ecc., così anche prima della nascita lo sviluppo degli organi (ad esempio: dell'apparato polmonare) non è un dato matematico; se è vero che i problemi di sviluppo polmonare sono comuni ai bambini nati prematuramente, ma non si può affermare - nessuno lo afferma - che, prima di una certa data, sicuramente lo sviluppo non permette la sopravvivenza, mentre dopo tale data, sicuramente la terapia intensiva avrà effetto.

Due osservazioni di buon senso per esclamare, rispetto al caso inglese: dovevate provare ad assistere e curare quel bambino! Magari, dopo i primi tentativi, sarebbe risultato chiaro che essi erano inutili, ma prima si doveva provare!

Bellieni - il noto neonatologo di Siena - osserva che, se negli anni passati l'atteggiamento dei medici nei confronti dei neonati prematuri fosse stato questo, l'enorme progresso nei risultati non ci sarebbe mai stato: ancora morirebbero bambini nati alla 30a settimana ...


Ma gli specialisti della rianimazione neonatale avevano una "spinta" in più: il bambino era lì, già nato, e andava salvato! Era un uomo che rischiava di morire e che il medico poteva - doveva! - salvare, senza occuparsi di cosa fosse accaduto prima, delle difficoltà della gravidanza, dei dubbi della madre se abortire o meno, della situazione familiare, delle patologie cui il bambino era affetto ...

Da un medico non ci si aspetta questo?

Non più: in Inghilterra classificano i neonati a seconda della settimana di sviluppo - tu sì ... tu no (non ricorda l' "accoglienza" ad Auschwitz narrata da Levi?) - e stabiliscono che alcuni sono "persone", altri sono "non persone", "feti" che, benché nati, si deve far finta che non lo siano, bisogna ricacciare indietro, nella landa dove tutto è possibile: la gravidanza intesa come luogo dove il bambino può essere ucciso sempre.

Solo in Inghilterra? Un documento approvato nel 2006 a Firenze (del gruppo di lavoro faceva parte la d.ssa Serenella Pignotti, quella che parlerà alla Sapienza dei "dilemmi morali" che sorgono nella rianimazione dei neonati prematuri), proponeva di distinguere i neonati per età gestazionale e, per i bambini nati alla 22a settimana (quelli che, in Svezia, sopravvivono nel 10% dei casi se sottoposti a terapia intensiva) dava questa indicazione: "Al neonato devono essere offerte le cure confortevoli, salvo in quei casi del tutto eccezionali che mostrassero capacità vitali significative".

Lasciamoli morire ...

Giacomo Rocchi

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