martedì 8 settembre 2009

Buttiglione cerca di spiegarsi



Abbiamo a lungo commentato l'iniziativa di Rocco Buttiglione al Parlamento italiano: le nostre preoccupazioni non erano certamente isolate, tanto che è stata rilasciata un'ampia intervista alla rivista della Catholic family & Human right institute di New York nella quale egli ha cercato di spiegare il senso della sua iniziativa.

Riportiamo stralci dell'intervista (il link collega a quella integrale in inglese): ognuno può valutare le parole del parlamentare e giudicare se corrispondono al senso dell'iniziativa. I corsivi sono nostri.
L'interpretazione della recente storia italiana:
"In Italia c’è stato un referendum sull’aborto nel 1981 e noi pro-life abbiamo perso, 68% contro 32. E’ stata una sconfitta terribile. Deve capire che la situazione in Italia era molto diversa rispetto agli Stati Uniti. Qui l’aborto è stato imposto al popolo americano dalla Corte Suprema nella sentenza Roe contro Wade. Il popolo non ha mai votato per l’aborto. In Italia il popolo ha scelto liberamente per l’aborto, una sconfitta tremenda per la causa della vita. Negli anni successivi c’è stata una grande battaglia e la situazione è migliorata. Giovanni Paolo II ha avuto un grande impatto sulla cultura. Abbiamo avuto un referendum sulla bioetica un paio d’anni fa, sulla fecondazione assistita e la ricerca sugli embrioni, e abbiamo vinto, cosa che nessuno si aspettava. A dire il vero non siamo stati noi a vincere ma lo Spirito santo. Ora noi sappiamo però, che se tenessimo un altro referendum sull’aborto perderemmo. Non malamente come nel 1981, ma perderemmo comunque"

In sintesi, il significato dell'iniziativa:
"In alcune parti del mondo, in Cina in particolare, l’aborto è imposto e c’è bisogno di un permesso del governo per avere un secondo figlio. Ma anche in altre parti dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina vediamo madri che vengono ricattate: programmi che dicono: “Ti diamo pane, ma solo se accetti di abortire”. E questi sono programmi svolti dalle agenzie dell’ONU, che pure tali programmi finanziano. Così l’idea è: perché non cerchiamo una risoluzione dell’ONU che chieda il bando dell’uso dell’aborto forzato? Si tratterebbe di una risoluzione che potrebbe unire sia i pro-life che i pro-choice. Perché ciò che accade in Cina è contro sia il bambino sia la scelta. La madre vuole difendere la vita del bambino, ma la libertà di scelta è distrutta così come la vita del bambino."

Le preoccupazione dei prolife:
"so che c’è una battaglia negli Stati Uniti intorno alla vita, e non voglio fare nulla che danneggi i pro-life in questa battaglia. Quindi voglio parlare anche con loro e avere il loro sostegno. Voglio anche rassicurare tutti i pro-life che non stiamo cedendo sulla vita di un solo bambino. Non stiamo facendo scambi, accettando la morte di un certo numero di bambini per salvare le vite di certi altri. Questo non è ciò che stiamo facendo, e non rinunciamo ai nostri principi. "

La ricerca di un terreno comune con i pro-choice:
"Io sono dell’idea “Ma perché no?”. Posso capire che si possa essere contro il compromesso, dove uno inizia a dire che alcuni aborti sono male mentre altri sono bene. Questo sarebbe completamente inaccettabile. Ma noi non stiamo facendo questo. Quello che accadrà è che rispetto ad alcuni aborti – quelli forzati – entrambe le parti sono d’accordo nel considerarli un male. Per quanto riguarda tutti gli altri aborti, noi continueremo a dire che sono un male, mentre l’altra parte dirà che sono accettabili. Noi abbiamo combattuto l’un contro l’altro prima e continueremo a combattere dopo.Peraltro credo che la nostra posizione nei paesi occidentali sarà rafforzata dall’iniziativa di condanna dell’aborto forzato, perché essa rende più evidente che il feto non è parte del corpo della donna, e rende chiaro che l’aborto è un male morale. Non è perseguito pubblicamente, ma è un male morale. In questo senso penso che l’iniziativa rafforzi la nostra posizione, anche sa da un punto di vista legale non cambia nulla."

L'uso della sanzione penale per vietare l'aborto:
"Io non ho detto che è stato sbagliato cercare di difendere i diritti del bambino con l’uso del codice penale. Non ho detto questo. La vita del bambino deve essere difesa con tutti i mezzi possibili. Con il codice penale? Sì, naturalmente, con il codice penale dove questo è possibile. Ma oggi in Italia questo non è possibile, quindi dobbiamo affidarci ad altri mezzi. Dobbiamo renderci conto che non abbiamo il consenso per mettere fuorilegge l’aborto. Ma un altro punto è che abbiamo confidato troppo nel passato sulla sanzione penale. Questo è solo un elemento nella strategia per la difesa della vita, ma non l’unico elemento. E ripeto, se noi non rimuoviamo le cause che portano così tante donne ad abortire, non vinceremo mai la nostra battaglia contro l’aborto. Non vinceremo la battaglia contro l’aborto confidando solo sulla sanzione penale".

La strategia:
"Dobbiamo capire che la battaglia per la vita deve essere adattata alle diverse culture a e alle situazioni socio-politiche. In Italia speriamo che tra 10-15 anni – se facciamo la cosa giusta oggi - possiamo avere una maggioranza per la vita che non abbiamo oggi.Perciò, se sei in un paese dove la maggioranza delle persone è pro-life, adotti una strategia. Ma in paesi dove sei in minoranza, devi fare alleanze. L’ideale è avere una protezione legale per difendere la vita del figlio, e buone politiche per le madri."

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