venerdì 29 aprile 2011

Teologia parlamentare



Nel nostro Paese, la formazione delle leggi è fondata sul sistema del bicameralismo perfetto: la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (articolo 70 della Costituzione) e, fino a quando entrambe le Camere non approvano il medesimo testo, nessuna legge viene in essere. Di qui la "navetta", vale a dire i progetti di legge che si trasferiscono dalla Camera al Senato o dal Senato alla Camera e continuano questo trasferimento fino a quando si raggiunge l'approvazione definitiva.

Perché questo sistema? Evidentemente i nostri Padri Costituenti ritenevano che esso fosse la garanzia di una deliberazione più meditata e, quindi, potesse aiutare ad approcvare leggi migliori e più giuste.


Credo che essi non immaginassero che, diversi decenni dopo, sarebbe stato teorizzato l'obbligo morale per i parlamentari di una Camera di non modificare il testo approvato dall'altro ramo del Parlamento.

Mauro Cozzoli, ordinario di Teologia Morale nella Pontificia Università Lateranense, approfondendo l'attacco ai "supercattolici" sferrato da Domenico Delle Foglie, teorizza proprio questo (su Avvenire del 28/4/2011): dando atto che si diffondono "dichiarazioni, più insistenti che convincenti, avverse alla legge", stigmatizza la logica ispiratrice del "tutto o niente": "o una legge del parlamento garantisce in modo casistico e massimalistico il bene, o a essa è da preferire il vuoto legale, la non legge".

Cozzoli - come ormai da tempo si usa fare contro i "supercattolici" - brandisce l'insegnamento della Chiesa, nel caso specifico una Nota dottrinale della Congregazione per la dottrina della Chiesa del 2002. Vediamo il passaggio citato e la lettura che ne dà l'illustre teologo:


"L'insegnamento della Chiesa rileva che ci sono esigenze etiche
fondamentali e irrinunciabili
e, al tempo stesso, considera la loro
mediazione nella concretezza della realizzazione e nella diversità
delle circostanze operative
, con esplicito riferimento alla mediazione
legislativa. In tali esigenze è in gioco l'essenza dell'ordine morale, che
riguarda il bene integrale della persona
. Come tali non ammettono
deroghe, eccezioni o compromesso alcuno.
Nel contempo la loro codificazione
in legge dello Stato è suscettibile di una molteplicità di enunciazioni e
accentuazioni, più o meno inclusive di casi, aspetti e variabili, con cui la
mediazione al concreto dei beni più elevati, soprattutto in politica, deve
misurarsi. Le attività politiche - osserva la Nota - mirano volta
per volta alla realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale
in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben
determinato
."

Fin qui tutto bene: non si ricava certo da questi passaggi la difesa delle "leggi che producono il danno minore" fatta da Delle Foglie una settimana orsono! Nessuna deroga, nessuna eccezione, nessun compromesso!

Ma i teologi moralisti sanno leggere tra le righe! E così Cozzoli, dall'ultima frase della Nota citata, accusa quelli che Delle Foglie definisce "supercattolici" di "arretrare in una difesa astorica e apolitica di beni e valori", astraendosi dal contesto, rifuggendo dalla complessità e dalle sfide del reale concreto" e (ovviamente!) richiudendosi in un "fortino".

Da questo "fortino" questi sventurati non fanno altro che denunciare i "buoni" (in questi articoli ci sono sempre i buoni e i cattivi): coloro che "nell'agone della politica cercano pazientemente, giorno dopo giorno, di ottenere la migliore copertura legale possibile di beni inalienabili, come la vita di una persona. Con questo non si toglie nulla all'inviolabilità del bene, ma lo si rende concretamente esigibile e tutelabile".


Fermiamoci qui e torniamo al bicameralismo perfetto: un progetto di legge è stato approvato da un ramo del Parlamento, il Senato, dopo una lunga gestazione. Che devono fare i deputati? E il cittadino cattolico che assiste al dibattito parlamentare? E' permesso criticare questo progetto (che attualmente, non ha nessuna efficacia né valore) e chiederne la modifica? E' permesso "volere di più dalla legge"? è permesso richiamare, per sostenere la necessità di modifiche, il bene del diritto alla vita? Oppure questa è una "difesa oltranzista" (supercattolica?) del bene e, per di più, "indice di insipienza illusoria"?

E ancora: i politici impegnati nelle mediazioni dell'agone della politica, non li abbiamo eletti noi? Abbiamo il diritto di giudicarli e indirizzarli? O ci dobbiamo fidare di loro (o meglio: per Cozzoli ci dobbiamo fidare dei Senatori ...) e stare zitti?


Il messaggio dell'illustre teologo morale è chiaro: "accontentiamoci!", perché "la legge (in realtà il progetto di legge approvato al Senato) tutela sufficientemente i due beni in atto: la vita dell'ammalato e la libertà di questi e del medico".

Ancora una volta abbiamo letto bene: il progetto non tutela quei beni senza "deroghe, eccezioni o compromesso alcuno"; li tutela "sufficientemente" (altri direbbero: "produce il danno minore"...).


Ma cosa vogliamo di più? Cosa importa se, nello stesso numero di Avvenire il professor Alberto Gambino, proseguendo nella critica del progetto di legge approvato al Senato, indica diverse "zone grigie, senza tutela effettiva"? E se tra queste, ad esempio, indica l'inserimento della categoria dei soggetti "in stato di fine vita", che rischia di "disattendere la motivazione più profonda della legge: evitare che le persone in stato di lunga e, forse, irreversibile degenza postulino minori esigenze di cura rispetto a quelle degli altri paziente"?

Che importa - in definitiva - all'illustre teologo moralista se la legge produrrà effetti diversi - addirittura opposti - da quelli proclamati? Se anziani disabili, pazienti in stato di incoscienza, neonati prematuri non saranno curati in forza delle regole dettate da quella legge?

Il modello - richiamato espressamente - è quello dell'approvazione della legge 40 sulla fecondazione artificiale: che importa all'illustre teologo moralista se centinaia di migliaia di embrioni sono morti e moriranno nell'applicazione di quella legge?

I cattivi sono quelli che vogliono "dichiararsi immuni da complicità con la legge e accusare di correità chi l'appoggi"!



Giacomo Rocchi


P.S. Non sono un esperto ... ma mi chiedo: che lavoro è quello del teologo moralista?

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