giovedì 15 gennaio 2009

La fecondazione artificiale uccide anche le donne

Notizia diffusa dalla Agenzia AGI:

"Palermo, 14 genn. - I medici della Ginecologia dell’Istituto materno infantile di Palermo avrebbero provocato la morte di una donna di Sciacca (Agrigento), A.A.. E’ quanto emerso oggi nel dibattimento in cui otto imputati rispondono di omicidio colposo e due di loro (il primario e l’aiuto) anche di falso: il processo e’ in corso davanti al giudice monocratico della prima sezione del Tribunale di Palermo Daniela Vascellaro. Nell’udienza di oggi sono stati ascoltati i consulenti della Procura, i professori Vittorio Fineschi e Carmine Nappi, che hanno parlato di ‘gravi colpe e manifestazioni di negligenza professionale’ da parte dei sanitari, fra i quali ci sono il primario dell’Imi, (...), e il suo ex aiuto (...). A.A., sottoposta alla fecondazione assistita e colpita da sindrome da iperstimolazione ovarica, secondo i due esperti sarebbe stata sostanzialmente abbandonata a se stessa. La donna, seguita a Bologna, era rientrata a Sciacca. Mori’ a Palermo il 18 aprile 2004. Per cercare di evitare conseguenze penali (...) e (...) avrebbero falsificato la sua cartella clinica."

Fatto assai triste ma significativo: la procreazione "medicalmente assistita" (così la legge 40 la denomina, qualificandola per l'assistenza medica che viene prestata alla donna e agli embrioni) è, in realtà, molto brutalmente - ma molto più realisticamente - fecondazione "artificiale", che va contro le regole della natura.
Le vittime di questa artificialità le conosciamo: le migliaia di embrioni destinati alla morte certa, ma anche - per fortuna in misura molto minore - le coppie, soprattutto le donne, sottoposte a pratiche quanto meno naturali possibile.

La sindrome da iperstimolazione ovarica è la tipica malattia conseguente alla fecondazione artificiale: la donna, prima di subire il prelievo degli ovociti da fecondare, viene colpita da un bombardamento ormonale che, in certi casi, non la lascia indenne nemmeno fisicamente (tralasciando le conseguenze psicologiche).
La Relazione del Ministro della Salute riferisce che, nell'anno 2007, il 3,7% dei cicli di inseminazione semplice (pari a 1.108 casi) sono stati sospesi per eccesso di risposta alla stimolazione ovarica; sempre nell'inseminazione semplice vi sono stati quell'anno 36 casi di iperstimolazione ovarica severa e altri 21 casi in cui si sono presentate complicanze.
Quanto alle tecniche di fecondazione in vitro, in 885 casi non si è proceduto al prelievo degli ovociti dopo la stimolazione ovarica per eccessiva risposta della donna; in 192 casi gli ovociti prelevati sono stati congelati e non trasferiti perché la donna correva il rischio di iperstimolazione ovarica severa; in altri 265 casi ad essere congelati sono stati gli embrioni già prodotti in vitro, sempre perché la donna correva lo stesso rischio; le complicanze effettivamente verificatesi sono state 303, di cui 161 casi di sindrome da iperstimolazione ovarica e gli altri suddivisi tra sanguinamento ed infezioni.

Sempre per restare alle conseguenze sulla salute fisica della donna non bisogna dimenticare le gravidanze ectopiche conseguenti alla fecondazione in vitro (120 casi nel 2007), gli aborti spontanei (1.246 casi nel 2007), le morti intrauterine (34 casi nel 2007). Nell'inseminazione semplice vi sono stati 456 aborti spontanei, 6 morti intrauterine e 51 gravidanze ectopiche.

In definitiva: in un solo anno 197 donne hanno subito la malattia che (a quanto pare) provocò la morte della donna di Sciacca di cui parla la notizia di agenzia; complessivamente 360 donne hanno subito complicanze di carattere medico; altre 1.913 donne hanno intrapreso una gravidanza che si è interrotta spontaneamente (in alcuni casi sicuramente anche con gravi rischi di carattere fisico). Le donne ritenute dagli stessi medici correre un certo rischio di contrarre la sindrome da iperstimolazione ovarica (tanto da interrompere ogni trattamento) sono state 2.450.

Ma la legge non tutelava i diritti di tutti i soggetti coinvolti?

Giacomo Rocchi

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