venerdì 5 novembre 2010

Vittoria per la scienza e la vita ... e qualche riflessione


La notizia del ritorno a casa di Angelica, una bambina nata a 22 settimane di gravidanza, del peso alla nascita di 550 grammi (ora pesa tre chili e mezzo), dopo quasi sei mesi di terapia intensiva all'Umberto I di Roma riempie di gioia.

La scienza e la medicina hanno unito i loro sforzi, insieme all'amore per quella bambina, e la battaglia - a quanto dicono i medici - è stata vinta!

Quando si tratta di salvare una vita - anche la più piccola e debole - non si possono lesinare sforzi, capacità, denaro.

Si può essere polemici anche in questa occasione?
Si deve.

Qualche anno fa una commissione ministeriale nominata dall'allora Ministro della Salute on. Livia Turco e presieduta dalla sen. Maura Cossutta proponeva - nero su bianco - che "tra 22+0 e 22+6 settimane al neonato devono essere offerte solo le cure compassionevoli, salvo in quei casi, del tutto eccezionali, che mostrassero capacità vitali": non valeva la pena di rianimare ...

Ma anche le dichiarazioni del neonatologo Mario De Curtis, della Pediatria dell'Umberto I, effettuate quasi come una excusatio non petita, lasciano qualche ombra:
"All'Umberto I l'assistenza ai grandi prematuri viene avviata e mantenuta
valutando le loro condizioni cliniche ed evitando ogni accanimento terapeutico:
Angelica non presentava alterazioni neurologiche tali da far prevedere una
possibile disabilità
"
(la dichiarazione virgolettata su Repubblica Roma).

Quale è il criterio seguito per decidere se iniziare e proseguire la rianimazione dei bambini prematuri?
Si rianimano tutti i bambini che hanno una possibilità concreta di sopravvivenza oppure quelli che, oltre a poter sopravvivere, non rischiano di essere disabili?

I bambini prematuri che possono sopravvivere per merito della terapia intensiva ma per i quali si può prevedere una possibile disabilità non vengono rianimati?

Giacomo Rocchi




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