venerdì 28 novembre 2008

Testamento biologico e autodeterminazione


I fautori del testamento biologico - o delle Dichiarazioni anticipate di trattamento - propongono un ragionamento apparentemente lineare: se il malato ha il diritto di rifiutare le cure e anche di rifiutare la nutrizione o idratazione, fino a lasciarsi morire, la volontà della persona espressa in precedenza deve poter valere nel caso in cui il soggetto si trovasse, in futuro, in una condizione di incapacità di esprimere le proprie volontà; il testamento, quindi, sarebbe lo strumento per rendere esercitabile sempre il diritto di ciascuno di rifiutare terapie e cure nel caso in cui ritenga la propria condizione contraria alla dignità personale.
La questione è davvero così semplice?

Il diritto a rifiutare terapie e nutrizione presuppone alcune condizioni. In primo luogo non lo può esercitare chi non è pienamente capace di intendere e di volere: non a caso esiste l'istituto del Trattamento sanitario obbligatorio con il quale determinate terapie vengono irrogate coattivamente a soggetti che le rifiutano.
Il problema della piena capacità di comprendere e di decidere adeguatamente, in realtà, è molto più ampio rispetto alle ipotesi dei malati di mente o con turbe di tipo psichiatrico: nel caso di malati gravi e inguaribili, infatti, ha influenza decisiva per la richiesta di non essere curati la depressione, intesa nel senso di vera e propria patologia: uno studio olandese pubblicato nel 2005 e relativo alle condizioni dei malati che chiedevano l'eutanasia ha dimostrato che, tra i pazienti depressi, il 44% aveva chiesto l'eutanasia, mentre la percentuale dei non depressi che aveva avanzato la richiesta si fermava al 15%; quindi un rischio 4,1 volte maggiore (già uno studio russo aveva riportato analoghi risultati).

Rispetto ad un paziente che chiede di non essere più curato ma che presenta una sindrome di stato depressivo, il medico non potrà evidentemente dare corso alla richiesta, ma dovrà (dovrebbe ...) dapprima tentare di curare la depressione: ma i medici sono adeguatamente preparati ad affrontare questi stati dei loro malati? E le decisioni dei medici dipendono anche dalle convinzioni personali in ordine all'eutanasia? Un altro studio dimostra che le richieste di eutanasia provenivano in maggiore misura dai pazienti di medici che erano favorevoli all'eutanasia ...

Solo un paziente pienamente capace al momento della decisione di rifiutare terapie salvavita può esprimere una volontà pienamente informata: può, infatti, comprendere quale è la condizione attuale in cui si trova - il dolore, le disabilità - e misurare la sua capacità di affrontarla; può ricevere e capire le spiegazioni del medico sulle prospettive future, sia nel caso di erogazione della terapia, sia nel caso opposto; può quindi pienamente comprendere il percorso verso la morte che dovrà affrontare a partire dal momento del rifiuto.
Alla luce di questa piena comprensione - sia intellettiva, sia basata su quanto già il malato sente nel suo corpo - la decisione di rifiutare la cura - quindi la decisione di andare verso la morte - diventerà possibile ma, insieme, verrà vissuta nella sua portata piena: se non mi curo adesso, morirò entro un breve lasso di tempo ... quanti di noi saremmo in grado di prendere una decisione di questo tipo?

Questo non basta ancora per ritenere che una eventuale decisione di rifiutare una terapia salvavita adottata da un malato pienamente capace di intendere, di comprendere e pienamente informato sia in ogni caso libera, sia quindi davvero frutto dell'autodeterminazione del soggetto: il malato, infatti, potrebbe essere costretto a rifiutare le cure o, molto più banalmente, indotto al rifiuto da coloro che lo circondano; non è davvero un caso che, nello stesso studio già ricordato, i due fattori che inducevano i pazienti a chiedere la morte, oltre alla depressione, erano stati individuati nella maggiore percezione di essere divenuto un peso per gli altri e in una minore coesione familiare. Detto in parole brutali: nessun malato grave chiede di morire se ha intorno a sé una famiglia unita che non lo fa sentire un peso e un ostacolo.

La vera autodeterminazione richiede questi presupposti e questa vera libertà. Ma i fautori del testamento biologico o delle dichiarazioni anticipate di trattamento cosa prevedono per garantire la stessa autodeterminazione?

1 commento:

  1. La vita è sempre solo un dono, l'autodeterminazione come concetto legale può solo far del male al singolo e alla società in quanto non aiuta mai ad arrivare ad una morte naturale, anzi serve solo -anche surrettiziamente- a portare a morte anticipata.
    Si tratta quindi di un metodo per far digerire l'eutanasia. Non crediamo che l'apertura ad un concetto ingannevole apra solo alla dolce morte. La morte ingiusta arriverà a malati di mente, a depressi cronici, a persone in coma, a bambini malati etc...
    La morte di persone come la Schindler in america si è consumata in diversi giorni di stenti e di agonia, quanti di questi nostri fratelli dovranno soffrire per l'egoismo di questa società dalla democrazia totalitaria?

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