domenica 28 settembre 2008

Bagnasco/Dichiarazioni libere?

Come si è osservato, Bagnasco ritiene che il valore vincolante delle dichiarazioni debba derivare dalla loro forma "certa", ma non fa cenno né alla libertà di coloro che le rendono, né alla informazione che gli stessi devono avere al momento di effettuarle; sembra che le dichiarazioni valgano di per sé, come si deduce da un altro passo, in cui, in negativo, il cardinale descrive come "esito agghiaccciante" la morte procurata a "gruppi di malati non in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per sé stessi", dove si stenta a capire se l'aggettivo "agghiacciante" sia legato alla morte procurata in sé o al fatto che sia procurata a coloro che non hanno espresso la loro volontà in forma certa.

Che la volontà di un malato debba seguire ad una corretta e completa informazione sulla sua patologia, sugli esiti prevedibili, sulle cure che possono essere prestate e sui relativi rischi e benefici, è dato acquisito: ma da molti si osserva che le dichiarazioni anticipate impediscono una effettiva informazione, che è possibile solo quando il soggetto si trova in quella determinata situazione e deve adottare una decisione che avrà effetti immediatamente successivi.

Ma dichiarazioni non informate rischiano anche di non essere libere: il soggetto che le rende - ad esempio: l'anziano che inizia a presentare problemi di salute e che si sente di peso ai suoi familiari - può essere indotto a rinunciare per il futuro a determinate terapie per motivazioni diverse da quelle strettamente personali e intime che si presentano durante la malattia (ad esempio, un malato di cancro che rinuncia ad un ulteriore ciclo di chemioterapia, ben conoscendo sia gli effetti di tale cura, sia le conseguenze della sua rinuncia). Come si giungerà a far rendere dichiarazioni ad anziani che scivolano verso la demenza? Chi - e come - li convincerà? Chi - e come - spiegherà loro davvero il significato della loro disposizione?

Entrano, quindi, sulla scena altre persone, di cui Bagnasco non parla: eppure sembra che egli sia consapevole che non è tutto così semplice, quando chiede che le dichiarazioni siano "inequivocabili" ed "esplicite". Si tratta, più che di una indicazione, di un auspicio: ogni dichiarazione avente valore giuridico è interpretabile e - come secoli di controversie testamentarie e contrattuali dimostrano - quella di redigere una dichiarazione che non lascia dubbi è una illusione; e questo, come è ovvio, vale ancora di più per dichiarazioni rese per il futuro nella previsione di una determinata malattia, situazione in cui è impossibile prevedere esattamente tutte le variabili, tutte le cure possibili e così via.
Non è infatti un caso che tutte le proposte di legge sul testamento biologico prevedano degli "interpreti ufficiali" delle volontà del malato: previsione presentata come uno strumento per far rispettare fino in fondo le sue volontà ma che, in fondo, altro non è che l'affermazione del potere di altri soggetti di decidere se e quando e come una persona deve essere lasciata morire.

Perché - ricordiamolo - l'approdo che i fautori dell'eutanasia hanno in mente è questo: decidere della morte di altri - che siano malati incoscienti, che siano neonati prematuri con rischio di handicap, che siano anziani che "non si decidono a morire" - sulla base di una valutazione della qualità della vita di questi soggetti, della loro "inutilità" per il genere umano.

Giacomo Rocchi

1 commento:

  1. Molto interessante, si dimostra ulteriormente la pericolosità enorme di queste sinistre 'aperture'.
    I pro-morte sbavano per poter inculcare sempre meglio il principio di disponibilità della vita umana. Purtroppo le dichiarazioni anticipate di fine vita (living will o testamento biologico) vanno proprio in quella direzione....

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