mercoledì 24 settembre 2008

Bagnasco/La necessità di una legge

Ogni parola della prolusione del Cardinal Bagnasco che ha dato il nulla osta ad una legge "sul fine vita" è ponderata e scelta con cura: il Presidente della CEI ha voluto dire certe cose, ha inteso dare alcune indicazioni, ma ha deciso di fermarsi ad un certo punto.

Si tratta di un discorso che merita, quindi, un'analisi che faccia comprendere quali sono le premesse e quali gli obbiettivi indicati.


Prendiamo l'avvio dai motivi per cui una legge sarebbe necessaria: si fa riferimento alla vicenda di Eluana Englaro, si ricorda che la sua condizione "interessa circa altri duemila cittadini sparsi per il territorio nazionale" e si punta l'attenzione contro le sentenze pronunciate: "Non è questa la sede per richiamare l'iter abbastanza complesso che, rendendo questo caso emblematico, ha nel contempo evidenziato la nuova situazione venutasi a determinare in seguito a pronunciamenti giurisprudenziali che avevano inopinatamente aperto la strada all'interruzione legalizzata del nutrimento vitale, condannando in pratica queste persone a morte certa".

Il giudizio sul merito delle sentenze è quindi severo: riecheggiando alcuni commenti che si erano levati quando la Corte d'Appello di Milano aveva autorizzato la interruzione della nutrizione ad Eluana, il Cardinal Bagnasco ne denuncia la natura di sentenze di condanna a morte.


Il passaggio che ci interessa è immediatamente successivo: perché queste sentenze rendono necessaria una legge? Bagnasco motiva così: "Si è imposta, così, una riflessione nuova da parte del Parlamento nazionale, sollecitato a varare (...) una legge sul fine vita che - questa l'attesa - riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita ... Dichiarazioni che (...) non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell'alimentazione e dell'idratazione, universalmente riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie".


Qualcosa non torna: le sentenze vengono criticate perché condannano a morte Eluana oppure perché lo fanno in assenza di dichiarazioni inequivocabili?

Se il problema è che in Italia una condanna a morte di una persona non può essere pronunciata, il contenuto di una legge dovrebbe essere: "è vietato interrompere nutrizione o idratazione o terapie sanitarie, se l'interruzione provoca la morte del paziente; chi lo fa è responsabile di omicidio o di omicidio del consenziente se l'interruzione risponde ad una richiesta del malato".


Non sembra che Bagnasco segua questa linea di pensiero; sembra piuttosto che fondi il suo "progetto di legge" ideale sulla distinzione tra nutrizione/idratazione da una parte e terapie sanitarie dall'altra: mentre dichiarazioni anticipate del paziente che chiedesse per il futuro l'interruzione della nutrizione o idratazione non avrebbero alcun effetto, quelle concernenti l'interruzione di terapie sanitarie dovrebbero essere efficaci.

Insomma: una dichiarazione anticipata di Eluana che chiedesse di non essere nutrita non verrebbe rispettata; ma se la vita di Eluana dipendesse anche dall'erogazione di terapie sanitarie, queste dovrebbero essere interrotte se le dichiarazioni fossero inequivocabile e rese in forma certa ed esplicita ...


Due considerazioni si impongono.

1. Non vi è nessun collegamento tra la sentenza sull'Englaro e la legge che Bagnasco auspica, perché, anche se Eluana avesse potuto rendere dichiarazioni, il cardinale avrebbe - giustamente - condannato la sua uccisione mediante la sospensione della nutrizione; la sentenza Englaro è, quindi, solo un pretesto per regolare situazioni diverse da quelle dei malati in stato vegetativo persistente: per salvare i duemila concittadini in quello stato si acconsente a regolare il "fine vita" di altre persone.

2. Si afferma implicitamente un principio: le persone, in qualche misura, hanno la disponibilità della propria vita e possono disporne con dichiarazioni aventi efficacia giuridica che - sempre in qualche misura - dovranno essere rispettate. Lo Stato dovrà uccidere alcune persone che hanno reso determinate dichiarazioni.

Vedremo poi quali conseguenze avrà questo principio.


Giacomo Rocchi

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