mercoledì 26 giugno 2013

In piedi! Entra il Tribunale della coscienza dei medici e dei farmacisti!


L'avv. Marilisa D'Amico, su L'Unità (cliccando sul titolo si accede all'articolo) presenta la sua soluzione per quello che ritiene il problema dell'alto numero degli obiettori di coscienza all'aborto. 

Vediamo, intanto, come l'Autrice presenta il quadro normativo:
"Con la legge 194 del 1978, si è garantita la possibilità per la donna di interrompere la gravidanza, a certe condizioni, bilanciando il suo diritto alla salute, fisica e psichica, con il diritto alla vita del nascituro, che naturalmente dipende dalla scelta libera della donna circa il proprio futuro.La stessa legge garantisce, all’art. 9, il diritto dei medici di dichiarare la propria obiezione di coscienza, astenendosi dagli interventi abortivi, a certe condizioni"
Come vedete, l'avv. D'Amico usa due volte l'espressione "a certe condizioni": prima riferendosi al diritto della donna di abortire e poi a quello dei medici di dichiarare la propria obiezione di coscienza. 
Ma quali "condizioni" sussistono per la donna se il diritto alla vita del bambino "naturalmente dipende dalla scelta libera della donna"?Ma soprattutto: dove sono le "condizioni" per esercitare l'obiezione di coscienza nell'art. 9 della legge 194, se, per esercitare il diritto, il medico deve esclusivamente fare una dichiarazione?
E allora diciamolo chiaramente: il diritto della donna di abortire è, in realtà (fino al momento in cui sussiste la possibilità di vita autonoma del feto), incondizionato; e altrettanto incondizionato è il diritto dei sanitari all'obiezione di coscienza alle pratiche abortive (cioè a quelle specificamente e necessariamente dirette a provocare l'aborto). 

Il fatto è che l'avv. D'Amico vuole mantenere incondizionato il primo diritto, mentre vuole limitare il secondo.
E vediamo come: 
"La soluzione, a mio avviso, non sta nell’abolizione del diritto all’obiezione, e cioè dell’art. 9 della legge, come pure è chiesto da più parti, ma nella corretta e severa applicazione dello stesso: un esame serio delle motivazioni individuali; la necessità che l’obiezione sia limitata all’intervento strettamente abortivo e non alle attività collaterali, che per alcuni arrivano fino al farmacista che nega “la pillola del giorno dopo”, pure dietro prescrizione; una verifica a livello regionale della presenza in tutti gli ospedali di medici che applicano pienamente la legge". 

Avete capito bene: qualcuno (la D'Amico non dice chi: si propone Lei?) dovrà "seriamente esaminare le motivazioni individuali" del medico o dell'infermiere o del portantino che non vogliono contribuire all'uccisione dei bambini non ancora nati.
Come verrà condotto questo esame? Che domande verranno fatte al medico? 
Sarà ammesso all'obiezione di coscienza il medico che si limita a recitare il giuramento di Ippocrate? 
Si verificherà la situazione familiare del soggetto, la sua fede religiosa (se è un ateo potrà fare obiezione di coscienza?), il suo impegno politico? 
Si permetterà ad un medico che per anni ha eseguito aborti di fare obiezione di coscienza ("ma dottore, che problema c'è? Ne ha già fatti tanti ... non è mica che vuole prendersela comoda!")? 
E a un giovane laureato in medicina pronto a curare e ad aiutare le persone malate ("perché non ha fatto il dentista? Eppure lo sapeva che abortire è un diritto delle donne! Provi a ripetere con me: l'IVG tutela la salute fisica e psichica della donna ... coraggio, è semplice, provi a chiudere gli occhi e non guardare ...")?

Accanto a questo Tribunale della coscienza dei sanitari la Autrice pensa, ovviamente, a ben altri limiti, come l'obbligo di compimento delle attività "collaterali". Peccato che questo sia già previsto dalla legge e che all'Autrice interessa solo impedire l'obiezione di coscienza ai farmacisti alla pillola del giorno dopo. Interessante vedere il concetto di "collaterale" che ha l'avv. D'Amico: c'è un medico che fa la prescrizione per un preparato; questo preparato viene distribuito nelle farmacie: come fa ad essere "collaterale" la consegna del farmaco, se è un passaggio essenziale tra la prescrizione del medico e l'assunzione del preparato? 
Ovviamente la D'Amico non spiega per quale motivo il farmacista non possa esercitare la sua coscienza, ben consapevole che la "pillola del giorno dopo" (come quella "dei cinque giorni dopo") viene prescritta solo per impedire l'annidamento in utero dell'embrione (nel caso sia stato concepito) e quindi per farlo morire ...

Ma, in realtà, alla D'Amico interessa davvero un risultato: bandi di concorso riservati a non obiettori. 
Questa si chiama - banalmente - DISCRIMINAZIONE di un soggetto che ha esercitato un diritto riconosciuto dalla legge e garantito dalla Costituzione. Ma attenzione: significa anche che il medico che ha partecipato al concorso riservato ai non obiettori non potrà più obiettare per tutta la vita, pena il licenziamento.

Ma, dirà qualcuno, qualcosa bisogna pur fare! E' vero o no che l'alto numero degli obiettori rende quasi impossibile l'esercizio del diritto delle donne?
No: purtroppo non è affatto vero. Ma di questo parleremo nel prossimo post.

Giacomo Rocchi
 

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