sabato 14 agosto 2010

Sulla pelle dei neonati


Ricordate il pediatra che, nel marzo 1998, scandalizzò tutti sostenendo, in un convegno all'Ospedale dei bambini Meyer di Firenze, che "i neonati non sono persone"? Il dr. Gianfranco Vazzoler sostenne che "I feti, i neonati, gli infanti, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in uno stato vegetativo permanente, costituiscono esempi di non persone umane. Tali entità fanno parte della specie umana, ma non sono persone", giungendo ovviamente alla conclusione che "Alcuni neonati sono neurologicamente e fisicamente così compromessi da essere impossibilitati irreversibilmente ad acquisire il loro potenziale di conquista dei diritti. Non potranno mai diventare persone e quindi il loro migliore interesse non sta nel perseguire la vita".


La questione dei neonati prematuri - per i quali la rianimazione spesso ha successo, anche se essi rischiano di riportare disabilità anche gravi - ha trovato una soluzione decisa in Olanda: lì (ovviamente dopo aver riempito una serie di documenti con firme, timbri ecc.) si fanno morire.


Ma anche in Italia la spinta verso la loro uccisione è forte. Nel 2007 un gruppo di lavoro ministeriale istituito dall'allora Ministra Livia Turco propose di distinguere i neonati in base alla settimana di gestazione: 22 settimane: nessun tentativo; 23 settimane: la decisione di proseguire nelle cure deve essere "condivisa" dai genitori (che, cioè devono essere d'accordo) e "non può prescindere dalla valutazione dei dati di mortalità e disabilità riportati in letteratura riferiti alla propria area": in altre parole, se le previsioni di handicap sono forti, si può decidere di non rianimare.


Il Consiglio Superiore di Sanità aveva bocciato questa linea: No ad una rigida divisione per settimane di gestazione e, soprattutto, "In caso di conflitto tra le richieste dei genitori e la scienza e coscienza dell’ostetrico neonatologo, la ricerca di una soluzione condivisa andrà perseguita nel confronto esplicito ed onesto delle ragioni esibite dalle parti, tenendo in fondamentale considerazione, la tutela della vita e della salute del feto e del neonato": quindi un neonato deve essere curato e fatto vivere anche se i genitori non sono d'accordo e anche se si prevedono delle disabilità.

Un medico deve salvare la vita al paziente, non può "pesare" la qualità della sua vita futura prima di decidere se curarlo!


Ebbene: il progetto di legge sulle Dichiarazioni Anticipate di trattamento (il cd. progetto Calabrò) prevede che, senza il consenso dei genitori, i medici non possano erogare terapie ai minori. Anche in caso di pericolo di vita per il neonato, i genitori potranno rifiutare il consenso. Il neonatologo non potrà salvare la vita del neonato e lo dovrà lasciare morire.


Qualche domanda si pone:

- il dr. Vazzoler aveva forse ragione?

- è giusto far morire i neonati prevedendo che, nel loro futuro, avranno un qualche handicap?

- è giusto far decidere i genitori sulla vita e la morte dei loro bambini?

- come mai una norma del genere è inserita in un progetto di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento?

- come mai le forze che sostengono quel disegno di legge non parlano di questo (e di altri) argomenti?


Giacomo Rocchi

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