domenica 29 agosto 2010

Gli embrioni salvati sono quelli non prodotti artificialmente/ 3


Nei due precedenti post abbiamo visto come Le Relazioni al Parlamento del Movimento per la Vita e un articolo sul "Sì alla Vita" di luglio 2010 valutano gli effetti della legge 40: nell'affermare che la legge avrebbe salvato la vita di decine di migliaia di embrioni, non ci si riferisce ad embrioni già creati, ma alla mancata "produzione" di embrioni soprannumerari (cioè non destinati ad un immediato trasferimento nel corpo della madre); rispetto all'obiezione che, in base a questo criterio, una legge "giusta" avrebbe dovuto vietare del tutto la produzione artificiale di embrioni - poiché anche quelli trasferiti muoiono nella misura di nove su dieci - si distingue tra "uccisioni premeditate" e "morti di embrioni dovuti all'azione della natura".

Il divieto di congelamento degli embrioni presente nella legge 40 è uno dei punti di snodo della questione: nella prima Relazione, infatti, si affermava che "il congelamento uccide gli embrioni", sulla base delle statistiche sui cicli di fecondazione artificiale realizzati con embrioni congelati prima della legge.

A cosa serve il congelamento degli embrioni? Quando un embrione è prodotto in vitro, può sopravvivere in provetta soltanto poche ore: dopo, per impedirne la morte, o si tenta il trasferimento in utero oppure l'embrione deve essere congelato. Il congelamento, quindi, paradossalmente è, di fatto, l'unico mezzo per salvare la vita degli embrioni già prodotti.
Ciò è ammesso nelle stesse Relazioni del Movimento per la Vita: il Secondo Rapporto ammette che "(la crioconservazione) è necessaria quando vi sono concepiti che non possono essere immediatamente trasferiti in utero, proprio per un estremo tentativo di salvarne la vita".

Quindi c'è un "congelamento cattivo" e un "congelamento buono": in base alla finalità che ci si propone con il congelamento, l'azione sarebbe connotata da un dolo di premeditazione o da una - assolutamente opposta - volontà di salvare la vita dell'embrione.
E così scopriamo che, nonostante gli strali sulla pratica del congelamento, la legge 40 lo autorizza esplicitamente! Nel 2008 gli embrioni congelati sono stati 763 (non 257 come riferisce l'articolo sul Si alla Vita) e questo fa ritenere che, dal 2004 ad oggi, siano stati congelati almeno 3.000 embrioni.

Si dice: il congelamento è inevitabile quando sorge nella donna la sindrome da iperstimolazione ovarica, che rende impossibile il trasferimento (questo dovrebbe far pensare al concetto di "fecondazione artificiale": centinaia di donne ogni anno rischiano la morte perché si sottopongono a pratiche di questo tipo!).
Questo è vero solo in parte: nelle statistiche si legge anche la voce "paziente indisponibile": gli embrioni sono stati congelati perché la donna ne ha rifiutato il trasferimento e - ovviamente - ella non può essere obbligata a subirlo (anche perché potrebbe abortire subito dopo). E' il "classico" congelamento della fecondazione artificiale, effettuato per motivazioni più varie, diverse da un vero stato di necessità.

Quanto è stato insipiente il legislatore! oltre a permettere la fecondazione artificiale, ha legalizzato anche il congelamento; il "paletto" creato subito si è dimostrato fragile; e così, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha eliminato il limite dei tre embrioni, gli strumenti per far ripartire a pieno ritmo il meccanismo della fecondazione artificiale (produzione soprannumeraria, selezione degli embrioni con diagnosi genetica preimpianto, congelamento di quelli superflui) sono già disponibili!

Dagli embrioni effettivamente congelati in forza della legge 40, torniamo, allora, agli embrioni ipotetici "salvati" dal congelamento.
Davvero nei loro confronti vi era una premeditazione per la loro uccisione? Assolutamente no: gli embrioni - se fossero stati prodotti e se fossero stati congelati - sarebbero morti in gran quantità, uno su quattro nella fase di scongelamento e 19 su 20 dopo il trasferimento.

Qualche embrione sarebbe sopravvissuto e sarebbe diventato "bambino in braccio".

Chi produsse e congelò quegli embrioni, quindi, aveva lo stesso atteggiamento psicologico di chi fa fecondazione in vitro senza congelamento: sapeva che molti degli embrioni prodotti sarebbero morti, sperava che qualcuno diventasse bambino in braccio.

Giacomo Rocchi

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