giovedì 4 settembre 2014

Nostalgia del far west

Il Servizio di Informazione Religiosa diretto da Domenico Delle Foglie pubblica una consistente anticipazione di un articolo del vescovo di Torino, mons. Nosiglia, che sarà pubblicato sul settimanale diocesano.
Il titolo del servizio, si potrebbe osservare, è tutto un programma:

ETEROLOGA E ADOZIONI GAY: MONS. NOSIGLIA (TORINO), “EVITARE IL FAR WEST”

Ebbene sì! Quel "far west" da tanti evocato all'epoca dell'approvazione della legge 40, quell'immagine selvaggia che aveva permesso di serrare le fila, di approvare la legge di legalizzazione della fecondazione in vitro e di convincere gli italiani ad andare al mare, invece di votare al referendum radicale, sta per tornare!

Come potrebbe Domenico Delle Foglie tralasciare questo pericolo? Ora finalmente si potrà ricominciare a dire "cattivo!" ai riottosi, a censurare, a stabilire chi è dentro e chi è fuori dalla Chiesa! Ora si potrà smettere di parlare del disastro annunciato e puntualmente realizzatosi nei dieci anni di vigenza della legge 40: abbiamo un nuovo orizzonte: partiamo!

Vediamo come mons. Nosiglia argomenta la sua affermazione:
"Ora, dopo la sentenza della Corte costituzionale del 9 aprile scorso che ha dichiarato illegittimo il divieto dell’eterologa, è doveroso che al più presto vengano date norme sicure che regolamentino la questione su tutto il territorio nazionale per evitare il far west, le derive eugenetiche e l’instaurarsi di un subdolo mercato procreativo animato dalla logica del figlio a tutti i costi”.
C'è quindi, un "prima" e un "dopo": e il discrimine è la sentenza della Corte Costituzionale sull'eterologa; "prima", evidentemente non esistevano derive eugenetiche e la legge 40 impediva "la logica del figlio a tutti i costi".
Interessante è l'obiettivo perseguito: "regolamentare la questione su tutto il territorio nazionale"; il vescovo di Torino si preoccupa che in Puglia le coppie vengano trattate diversamente da quanto avviene nella sua Regione?

Il fatto è che 
"La generazione di una persona non può essere confusa con la produzione di un oggetto fatto a dimensione dei propri bisogni e della propria insaziata sete di genitorialità”, come afferma mons. Nosiglia, e che "e il concepito non può essere voluto come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l’oggetto di una tecnologia scientifica".
Giusto! 
Esattamente il vescovo di Torino sottolinea che questa osservazione "vale già per la fecondazione omologa, cioè per la procreazione artificiale realizzata con i gameti dei coniugi"
ma aggiunge: 
"A maggior ragione risulta ineludibile per la fecondazione eterologa, ottenuta mediante l’incontro di gameti di almeno un donatore estraneo alla coppia. Così si priva il nascituro della relazione filiale con le sue origini parentali e c’è il rischio di ostacolare la maturazione della sua identità personale”. 
Cosa fare, allora? Abbiamo visto che mons. Nosiglia, all'inizio dell'intervista, chiede l'approvazione di una legge nazionale. Di quale contenuto e con quale finalità?
Qui è la domanda dell'intervistatore ad indicare le finalità della legge: "Che cosa si potrebbe fare per favorire vie diverse dall’eterologa alle coppie sterili che desiderano un figlio?"
La risposta è la seguente: 
"La sofferenza degli sposi che non possono avere figli o che temono di mettere al mondo un figlio con problemi di handicap, è una sofferenza che tutti debbono comprendere e adeguatamente considerare. Da parte degli sposi il desiderio di un figlio è naturale:esprime la vocazione alla paternità e alla maternità inscritta nell’amore coniugale. Tuttavia “il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, ‘il più grande’ e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori”. È quindi “molto opportuno favorire maggiormente le adozioni e pubblicizzare anche la possibilità per le donne gravide che, per i più diversi motivi, non si sentono nella condizione adatta ad allevare un figlio, di consentirne l’adozione, come è già previsto nell’ordinamento italiano”.
Tutto qui? Nessun divieto, ovviamente: solo la promozione dell'adozione.

Abbiamo parlato del "prima" e del "dopo": mons. Nosiglia pare tuttavia dimenticare le centinaia di migliaia di embrioni prodotti e inevitabilmente morti; le decine di migliaia di quelli prodotti e congelati; le migliaia di quelli sottoposti a sezionamento mediante la diagnosi genetica preimpianto; le centinaia di quelli prodotti, trasferiti in utero e poi abortiti volontariamente; i bambini nati con malformazioni derivanti dall'essere stati prodotti con la fecondazione artificiale; i milioni di euro che le coppie disperate hanno versato dopo che la legge 40 ha legalizzato queste tecniche; i soldi pubblici spesi per finanziare la fecondazione in vitro; le migliaia di donne bombardate da ormoni e i numerosissimi casi di sindrome da iperstimolazione ovarica; le coppie distrutte dal reiterato ricorso ai cicli di fecondazione artificiale ...

Il far west sta per arrivare oppure - anche se in modo più asettico, ufficiale, autorevole, statale - siamo rimasti nella stessa prateria dove scorrazzano cow boy e indiani anche in questo decennio?

Non sarà, forse, il momento di dire che la produzione artificiale dell'uomo deve essere sempre vietata?
Giacomo Rocchi

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