mercoledì 27 agosto 2014

La difesa della vita dopo la sentenza sulla fecondazione eterologa. 3/ Le ragioni del dibattito sull'approvazione di una legge. La scelta fatta nel 2004.

Verrebbe da dire: per fortuna che la telenovela è durata poco! Visto che il quadro che è emerso a partire da Ferragosto è chiaro e limpido, forse potremo davvero iniziare a pensare a cosa fare …

Cerchiamo, però, di trarre qualche considerazione da questo dibattito che, per la maggior parte, si è svolto all'interno del mondo cattolico e prolife, come si è visto senza alcuna efficacia reale.
Perché questa immediata e reiterata richiesta di una legge, accompagnata alla pretesa di sospendere gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale? Perché questo ritorno alle discussioni sull'Evangelium Vitae?

Reazioni del genere non vennero né in occasione della prima sentenza della Corte Costituzionale (la n. 151 del 2009, che eliminò il numero massimo di embrioni producibili per ogni ciclo, che la legge fissava in tre), né quando i giudici ordinari stabilirono ripetutamente che la diagnosi genetica preimpianto sugli embrioni prodotti era consentita dalla legge, né, ancora, quando l'allora Ministro della Salute Livia Turco modificò le Linee Guida consentendo anche la "diagnosi non osservazionale" sugli embrioni prodotti (cioè la diagnosi genetica preimpianto) ed equiparando alla sterilità di coppia l'essere l'uomo affetto da HIV (introducendo il principio che una coppia è sterile, e può quindi fare ricorso alla fecondazione artificiale, non solo se lo è oggettivamente, ma anche se uno dei componenti può trasmettere una malattia al partner o al figlio).
Erano tutti casi in cui il legislatore avrebbe potuto intervenire autorevolmente, per chiarire con un'interpretazione autentica la scelta manifestata all'epoca dell'approvazione della legge 40: eppure nessun tentativo venne fatto.

Il fatto è che la reazione veemente all'eliminazione del divieto di fecondazione eterologa è perfettamente coerente – si potrebbe dire: è un riflesso condizionato – alla scelta fatta per ottenere l'approvazione della legge 40: autorizzare la fecondazione in vitro omologa e vietare quella eterologa.
Tale scelta – come era stato ripetutamente sottolineato da coloro che successivamente fondarono il Comitato Verità e Vita – comportava consentire espressamente (meglio: riconoscere il diritto soggettivo ai richiedenti) e finanziare con i soldi dello Stato una pratica che determinava la creazione per la morte certa di innumerevoli embrioni (9 su dieci, 15 su venti: le statistiche sono impressionanti). Si inventò anche una giustificazione postuma: gli embrioni, una volta prodotti artificialmente, sono affidati alla natura e quindi essi muoiono naturalmente e non per mano dell'uomo, equiparando la loro strage al fenomeno degli aborti spontanei.
In sostanza: si preferì sorvolare sulla palese violazione del diritto alla vita degli embrioni prodotti derivante dalla fecondazione in vitro nonché sulla altrettanto palese violazione della loro dignità – che l'essere prodotti fa venire inevitabilmente meno – per soffermarsi su altre priorità, che sono quelle che ora riemergono. In sintesi quelle priorità potevano riassumersi – e furono riassunte durante la campagna per il referendum – nella difesa della famiglia e del diritto del figlio ad una famiglia.
Il diritto alla vita dell'embrione venne sancito rispetto a pratiche particolari sugli embrioni prodotti (sperimentazione, congelamento – che venne peraltro esplicitamente consentito – soppressione volontaria) ma rinunciando alla sua tutela a monte (divieto di produrre uomini artificialmente destinati con certezza a morire nella quasi totalità).

Sia ben chiaro: la linea ufficiale è ancora questa: l'iniziativa Uno di Noi mira a tutelare gli embrioni già prodotti e sopravvissuti e quindi presuppone la liceità della fecondazione in vitro e, quindi, la morte "spontanea" della maggioranza di essi; ancora una volta, viene riproposta implicitamente la distinzione tra soppressione volontaria dell'embrione e sua morte "naturale".

Nessun commento:

Posta un commento