martedì 17 giugno 2014

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla fecondazione eterologa: che fare? 3. Una strategia di attacco contro la fecondazione artificiale.

Nei due precedenti post abbiamo visto che non è lecito dare il proprio appoggio ad una legge intrinsecamente malvagia che legittimasse la pratica della fecondazione artificiale seppur animati dalla buona intenzione di limitare i danni provocati dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha aperto all’eterologa sempre e comunque. 
Neppure in stato di necessità, cioè neppure se non ci fossero altre soluzioni percorribili.

Ora facciamoci questa domanda: di fronte a tale situazione creatasi dalla sentenza della Consulta, quali sono le strade lecite sotto il profilo morale per opporsi alla pratica ormai legale della eterologa? 
Appuntiamo che, per espressa decisione dei giudici, il Parlamento non deve intervenire sulla materia essendo già sufficienti le norme vigenti (semmai occorrerà aggiustare qualcosa nelle linee guida). Per quello che qui a noi interessa ciò significa che l’eterologa è già sin d’ora pratica legittima in ogni sua forma.

Dunque abbiamo escluso che il male si possa combattere legalizzandolo (v. anche legge 194). Non vale il brocardo: se il male è inevitabile almeno che lo si faccia bene. Il male mai si può compiere anche se minore.

Le soluzioni per arginare il male, tra le molte, potrebbero essere le seguenti. 
La prima: per gli operatori sanitari ricorrere all’obiezione di coscienza prevista dalla legge 40 (per gli interessati: non serve alcuna pratica aggiuntiva dato che l’obiezione di coscienza è valida per qualsiasi tecnica di fecondazione artificiale compresa quella eterologa).
In secondo luogo, sul piano giurisprudenziale, prendere esempio dai Radicali. All’indomani dalla batosta referendaria sulla legge 40 nel 2005 iniziarono ad intasare i tribunali di ricorsi per cambiare la legge e ci sono riusciti. Non si sono pianti addosso dicendo: “Con questa disfatta referendaria ormai tutto è perso e la partita sulla Fivet è chiusa”.
In terzo luogo occorre combattere la sentenza dei giudici sotto il profilo culturale – anche le azioni di carattere politico e giurisprudenziale possono assumere una veste culturale - ponendo la scure alla radice del problema, non cercando solo di sfrondare i rami più alti. Ciò significa che è doveroso ripetere in tutti i modi e in tutte le sale che è la stessa fecondazione artificiale ad essere una pratica iniqua.

Se la Corte costituzionale avesse aperto la porta alla sperimentazione sull’uomo, quale strategia sarebbe stata lecita sotto il profilo morale? Quella che contestava in radice tale provvedimento e si adoperava perché nella prassi non fosse applicata o quella che invocava una legge che confermasse il pronunciamento dei giudici? 
E a parte invertite: cosa avrebbero fatto i Radicali se la Consulta avesse ad esempio soppresso il divieto di imporre le cure, anche quelle salvavita? Avrebbero chiesto una legge per porre dei limiti oppure avrebbero criticato la decisione in radice?

Infine sul piano legislativo è necessario proporre disegni di leggi che mirino (solo) a limitare la portata lesiva della legge 40, attaccandola articolo per articolo. 
Si obietterà: “Proprio ora dopo la sentenza della Consulta? E’ da folli, da gente che non vive nella realtà! E’ fatica sprecata, non servirà a nulla e il disegno di legge finirà nel cestino della prima commissione che lo esaminerà!”. 
Tutto vero, ma per intanto si cambia la direzione dello scontro (e si fa opinione): non più stretti a catenaccio nella difesa della legge 40 per paura che cambi in peggio, ma tesi ad attaccare il nemico. In tal modo saranno i pro-choice ad essere costretti a difendere questa legge e non i cattolici.
Infatti tali derive della Consulta sono anche l’esito della posizione rinunciataria di ampi settori della cultura cattolica volti sempre, come accennato prima, alla difesa del male esistente – pensato ormai come realtà inestirpabile e irreversibile – e mai protesi all’attacco. 
Se chiedi cento magari dieci ottieni, ma se difendi il tuo dieci che ti tieni gelosamente stretto al petto vedrai che anche quel dieci ti verrà tolto. 
La storia sui principi non negoziabili ce lo insegna.


Tommaso Scandroglio

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