domenica 5 febbraio 2012

LEGGI INIQUE: tutela della razza - "tutela della maternità"

Tra il settembre e il novembre del 1938, lo stato unitario italiano, si dotò di leggi sulla tutela della razza, escludendo dalla vita pubblica tutti gli ebrei, decretandone di fatto la morte civile. Quella fisica sarebbe venuta poco dopo per mano tedesca, attraverso l'apparato nazista. Quelle leggi rappresentano per lo stato unitario, a 150 anni dalla sua fondazione, un abominio; sono la prova idelebile di un atto infamante.

Nel maggio del 1978, lo stato unitario divenuto repubblicano si è dotato di una legge che discrimina gli uomini sulla base del loro svilpuppo fisico, nonché in ragione delle malattie di cui sono portatori. Questa legge si chiama 194/78 ed ha introdotto quello che, dotta giurisprudenza, individua come diritto all'aborto.

E' un dato non contestato, presso i biologi, che la vita dell'uomo inizia con il concepimento e seguendo un ritmo costante passa attraverso diverse fasi di sviluppo che si susseguono, sino alla morte.

Lo Stato che autorizza la madre a sopprimere la vita del bimbo che è in lei entro il terzo mese di gravidanza e in caso di malformazioni del piccolo entro il sesto mese di gravidanza, opera una chiara discriminazione nella tutela della vita umana. Sino al sesto mese di vita intrauterina è possibile sopprimere una vita umana senza patire alcuna conseguenza, anzi è lo stato che finanzia la soppressione della vita.

Di quale colpa si è macchiata quella vita umana che ha iniziato il suo sviluppo nel grembo materno, a seguito di un atto d'amore, per essere eliminata ?

Nessuna colpa, così come non avevano colpe gli ebrei, gli zingari, i minorati mentali e fisici e gli omosessuali che il nazonalsocialismo ha sterminato, se non quella di non essere ritenuti degni di vivere dal potere del momento. La morte dell'innocente per mano del violento pare essere una costante nella storia dell'uomo, ciò che sorprende, però, è il fatto che, come all'epoca delle leggi raziali in pochi si opposero all'abominio, anche oggi pochi sono coloro che si oppongono alla violenza dell'atto abortivo, per tutelare la vita di quei figli rifiutati dalle loro madri.

Pietro Brovarone

mercoledì 1 febbraio 2012

Quale battaglia contro la legge 194? Abrogazione e battaglia culturale



Riceviamo e pubblichiamo:


Anche se mi ha sorpreso l’autorevolezza e il prestigio delle firme cattoliche che hanno recentemente sostenuto, commentando gli effetti perversi della abominevole eversiva legge 194 sull’aborto libero, una sua non ben definita “integrale applicazione” quale alternativa preferibile ad una azione di abrogazione, non posso tuttavia dimenticare che una proposta del genere non è nuova. Già nel 2008 la prospettò l’allora Segretario della CEI, e ne dette notizia persino l’OSSERVATORE ROMANO.
Mi limito qui ad osservare che una richiesta di applicare finalmente una legge dopo trent’anni di funzionamento è quantomeno, come dire? tardiva. Nessuno ha mai protestato? E chi avrebbe dovuto – e dovrebbe – applicarla e non lo ha fatto? Siamo seri! La proposta, in realtà, ha un solo significato: raccomandare la rinuncia ad una iniziativa di tipo politico-legislativo, cioè ad un confronto nell’agone della politica. Discutibile, come qualunque scelta di tattica politica. Mi sembra incontestabile che se una legge è integralmente iniqua sarebbe giusto che venisse integralmente abrogata. Il disegno che circola in questi giorni, di un referendum abrogativo è quindi comprensibile, e apprezzabile proprio perché fa diretto appello al popolo sovrano, alla gente. Secondo me, però, non basta: ci vuole anche, al posto della legge abortista, una normativa che nei confronti del gesto abortivo tuteli sapientemente anche e soprattutto il diritto alla vita.
Forse qualcuno ricorda che un tentativo del genere fu attuato durante la discussione e subito dopo l’approvazione della legge. A quella che fu una battaglia gestita praticamente da partiti e schieramenti politici, non ha fatto seguito in tutti questi anni un continuo e robusto impegno culturale dello stesso tipo, mirato agli stessi obiettivi. Forse il tempo è venuto per una presa di coscienza?
Perché allora non rivisitare il clima di quella battaglia per la vita e la giustizia? Ecco un piccolo repertorio. Chi c’era, ricorda.
1. “La legge 22 maggio 1978 n. 194, introduttiva dell’aborto in Italia, nega (…) in radice i principi fondamentali su cui si regge il sistema costituzionale italiano. Essa infatti (…) nella sostanza nega la vita umana negando il diritto alla vita del nascituro, e nega il valore sociale della maternità subordinandola a una scelta privata, individuale, insindacabile di una persona sola: la gestante.” (Gianfranco Garancini . Su: OSSERVATORE ROMANO, 11/10/1978). Essa attribuisce “alla libertà della donna l’aberrante facoltà di decidere in termini unicamente individualistici, al di fuori e contro ogni responsabilità verso il ‘diritto’ del nascituro”. (Istruzione pastorale della CEI 16/12/1978: LA COMUNITA’ CRISTIANA E L’ACCOGLIENZA DELLA VITA UMANA NASCENTE. .Par.III 17.). Una attribuzione – a ben vedere – gravemente ingiuriosa verso la superiore dignità della personalità femminile.
2. “Diritto di aborto. Negato a parole e con foga dagli abortisti, esso emerge con assoluta chiarezza da una lettura seria della legge. (…) nei primi tre mesi di gravidanza ogni donna può abortire a sua volontà. Nessun controllo è possibile.” (Contributo del MOVIMENTO PER LA VITA. Carlo CASINI (Magistrato), Francesco CIERI (Avvocato).).
3. “Dunque la legge ha introdotto un diritto di aborto che prima non esisteva”. (Carlo CASINI. Diritto alla vita e ricomposizione civile. Ed. ARES, Milano.2001, Pag. 297).
4. “Consapevoli della loro responsabilità, i legislatori non devono sentirsi dispensati dal dovere morale (…) sopratutto di spingere verso un suo (della legge abortista) superamento. Ciò è tanto più urgente quanto più manifestamente ingiusta è la legge emanata”. (Istruzione pastorale CEI: Par. 52).
5. “Rientra nell’impegno più propriamente politico dei cristiani (…): c) operare per un superamento della legge attuale (…) con norme totalmente rispettose del diritto alla vita”. (Ivi Par. 51).
6. Per quanto riguarda la tesi secondo la quale “il consultorio e la struttura socio-sanitaria devono aiutare la donna ”, ecco una risposta autorevole: dal momento che “tutte le attività previste dagli artt. 4 e 5 della legge possono essere svolte da consultori e strutture socio-sanitarie soltanto se la gestante si rivolge a loro, risulta chiaro che si rivolgerà loro soltanto chi non vuole abortire: chi vuole abortire mette fuori giuoco tutto l’apparato predisposto per la tutela sociale (…) ricorrendo al medico di fiducia”. (G. Garancini: C.S.).
7. “… ogni convinto difensore dell’uomo, ogni comunità di accoglienza non può rassegnarsi di fronte ad una legge che tradisce così profondamente i valori su cui tutto l’ordinamento poggia. Di conseguenza l’obiettivo di eliminare la legge abortista (…) deve proporsi come espressione di amore per l’uomo.” (Cfr. Contributo MOVIMENTO PER LA VITA; C.Casini).

SI’ dunque alla abrogazione e sostituzione della legge infame. Con ogni mezzo legittimo, referendum incluso. Ma nella consapevolezza che l’obiettivo di superare la “accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge, segno evidente di una pericolosa crisi morale”, richiede, dopo trent’anni di dilagante cultura di morte, un profondo, vasto, ostinato impegno culturale, che coinvolga tutte le realtà e forze sociali. Mi sembrano perciò validissime e promettenti le proposte portate recentemente all’attenzione dell’opinione pubblica, che sollecitano appunto, in vari modi, quella che da alcuni viene definita “una battaglia culturale contro l’aborto”. Una “battaglia” che alla valorizzazione delle meraviglie della vita umana pensata, accolta, accompagnata nel fertile ambito di una stabile famiglia, non manchi di aggiungere, nel quadro di una lungimirante educazione delle giovani generazioni, la denunzia e la stigmatizzazione di tutto l’orrore disumano della legalizzazione del massacro dei non nati e delle sue conseguenze sociali.
Una “battaglia” che riguarda tutti e ciascuno. Il mondo cattolico in particolare, laici e vescovi. Non è priva di rilievo la sollecitazione all’impegno rivolta in particolare a questi ultimi su di una rivista di area cattolica, con i toni di una malinconica constatazione che trenta anni di “giornate per la vita” non abbiano avuto “alcuna incidenza culturale nella Chiesa e nella società”. Troppo severi e pessimisti?
Una “battaglia culturale” che non può evitare il coinvolgimento della politica, da subito. Sono perfettamente consapevole che “spesso, in politica, si sceglie la strada possibile, anziché la migliore, ma che ci vuole il coraggio di non imboccare tutte le strade teoricamente percorribili”, come osserva il Card. Bertone. E sono convinto che è indispensabile resistere all’inevitabile tentativo di sequestro politico e dei partiti su temi scottanti; come questo, che coinvolge il cuore stesso del patto costituzionale. Perché, con le parole dello stesso card. Bertone, è urgente “superare la logica dell’utile e dell’immediato, (…) nonché il pragmatismo oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso su valori umani essenziali, quale inevitabile accettazione di un presunto male minore”.
SPERIAMO!!!


Battista Di Venta
Sollicciano (FI)