Così Beppino Englaro liquida (Il Venerdì di Repubblica, 27/7/2012) la domanda che l’intervistatore, nel fare riferimento alla morte della figlia Eluana, gli pone, riferendo che “alcuni polemisti parlano di eutanasia”.
Il cattivo maestro, che consapevolmente ha deciso di trasferire la decisione sulla vita di sua figlia “nella società”, merita di essere letto, per capire cosa davvero è avvenuto e cosa potrebbe avvenire.
Englaro richiama, senza spiegarlo, un concetto di “eutanasia”, che giudica una pratica cattiva (“è un reato”; detto da colui che si è rivolto ai giudici è sicuramente un giudizio negativo); non lo chiarisce, ma sostiene che ciò che ha fatto è una cosa tutta diversa.
Che si tratti di mistificazione, si comprende dalla pretesa di falsificare la realtà, accompagnata – ovviamente – dall’accusa agli altri di “ribaltare le cose”: infatti, secondo Beppino Englaro, i giudici della Cassazione “non l’hanno autorizzato ad uccidere” la figlia.
Diamo per scontato che il riferimento sia al complesso delle decisioni della Cassazione e della Corte d’appello di Milano (furono i giudici di Milano ad autorizzare l’Englaro a procedere, in attuazione della precedente sentenza della Cassazione), e domandiamoci: cosa hanno autorizzato i giudici? La risposta – è banale, ma le cose vere devono essere ricordate e ribadite – passa attraverso alcuni gradini.
Eluana Englaro era viva? Si.
Stava per morire per una malattia progressiva e incurabile e giunta alla fase terminale? No.
Era in grado di nutrirsi, dissetarsi e curarsi da sola? No.
C’era chi la nutriva, la dissetava, la curava? Si.
Beppino Englaro è stato autorizzato a sospendere nutrizione, idratazione e cure? Si.
I giudici avevano permesso ad altri di nutrirla, dissetarla e curarla? No.
Un uomo o una donna, in qualunque condizione si trovi, può sopravvivere senza nutrizione e idratazione? No.
E allora: come vogliamo chiamare l’autorizzazione data dalla Corte di Milano a Beppino Englaro? Vogliamo dire che i giudici hanno autorizzato il tutore a sospendere nutrizione e idratazione ad una disabile che non era in grado di nutrirsi e idratarsi da sola, permettendogli, altresì, di impedire ad altri di farlo, e ciò fino a quando fosse sopraggiunta la morte della figlia?
Diciamo pure così: ma se una persona ha in custodia un neonato o un disabile grave, lo chiude in una stanza che chiude a chiave e il neonato o il disabile muore, cosa ha fatto la persona che lo aveva in custodia? Lo ha ucciso.
I Giudici hanno autorizzato Beppino Englaro ad uccidere sua figlia e Beppino Englaro l’ha uccisa.
Partiamo dalla realtà dei fatti.
Ma l’uomo che è stato autorizzato, su sua richiesta, ad uccidere sua figlia, e che ha utilizzato questa autorizzazione, non è soddisfatto; come tutti sapevano avrebbe fatto, la butta in politica (anche spicciola: non è puntuale l’attacco al governatore della Lombardia?) per fare “una sorta di rivoluzione”: contrappone “inviolabilità della persona” alla “indisponibilità della vita”, spingendosi ad affermare che sulla persona della figlia “si sono accaniti oltre ogni decenza”, ma rifiutando di rispondere all’affermazione che la morte di Eluana Englaro sia avvenuta “di fame e di sete” (“Ma quale fame, e quale sete … Non sanno di cosa stanno parlando”: di che è morta, sig. Englaro, sua figlia?).
Si arriva, quindi, all’eutanasia. Comprendiamo che la legalizzazione di ciò che ha fatto Beppino Englaro e che vorrebbero fare i suoi epigoni passerà attraverso la criminalizzazione di una pratica, sostenendo che l’uccisione delle persone è cosa diversa.
Vedremo, allora, se davvero quella dell’Englaro è stata eutanasia e se è possibile distinguere tra le varie uccisioni delle persone.