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giovedì 2 maggio 2013

VIOLENZA SULLE DONNE O VIOLENZA SULLE PAROLE?

La Consulta di Bioetica organizza per il 3 e il 4 maggio 2013 un Convegno a Novi Ligure dal titolo: "C'eravamo tanto amati? Le varie dimensioni della violenza sulle donne". Come potevamo attenderci da un organismo di quel genere, tra le varie "dimensioni" della "violenza sulle donne" è compresa anche l'obiezione di coscienza dei sanitari all'aborto.
Dopo l'introduzione di Maurizio Mori, una tavola rotonda su "istantanee di violenza contemporanea" vedrà la partecipazione di un giurista sul tema "L'obiezione di coscienza come forma di violenza: limiti giuridici"; ma il tema diventa centrale nella prima sessione del 4 maggio, introdotta da una Lectio Magistralis di Carlo Flamigni, cui seguirà la Tavola Rotonda dal titolo: "L'obiezione di coscienza come forma di violenza?"
In essa Antonella Ficorilli parlerà del tema "L’attuale appello alla coscienza e il suo configurarsi come violenza sulle donne, le loro scelte morali e la possibilità di accedere ai servizi pubblici". A quanto risulta dal titolo della relazione, l'unico difensore dell'obiezione di coscienza sarà Mario Riccio ...

La Consulta di Bioetica gioca con le parole: l'obiettore di coscienza non esercita alcuna violenza sulle donne che intendono abortire, non avendo con esse alcun rapporto; piuttosto si rifiuta di partecipare al massacro di tantissime bambine e di tanti bambini che una legge ingiusta consente. L'obiezione di coscienza, silenziosamente, contrappone a chi urla la consapevolezza che l'aborto uccide un essere umano vivente, che tale uccisione non è mai una soluzione per le donne in difficoltà per una gravidanza e che, anzi, esso si trasforma in una violenza sulle donne che lo subiscono - anche se lo hanno scelto, come la legge permette.
Non sappiamo quale sarà il contenuto della Lectio Magistralis di Carlo Flamigni. Suggeriamo all'illustre medico si rispondere ad una domanda, tra le tante: quante donne sono morte di aborto legale in Italia dall'entrata in vigore della legge 194? Nel libro "Nascere e morire: quando decido io?", a cura di Gianni Baldini e Monica Soldano, Firenze University Press, 2011, Flamigni scrive che
"le reali complicazioni degli aborti chirurgici in realtà non le conosce nessuno ... Dunque, mancano i dati relativi alle gravidanze extrauterine non diagnosticate, alle perforazioni dell'utero, alle flogosi tardive, alle conseguenze di interventi eseguiti per sinechie intrauterine e così via. Resta poi il miracolo delle anestesie, che non fanno danni solo alle donne che abortiscono". 
In un altro passo Flamigni (insieme a Corrado Melega, coautore dell'articolo) riporta un dato, apparso su una autorevole rivista scientifica, secondo cui la mortalità da aborto chirurgico è pari a 0,6 per 100.000 aborti legali; il dato americano dal 1994 al 1999 si aggirava ad una donna morta su 80.000 - 120.000 casi di aborto chirurgico legale.
E allora: se la media è di una donna morta ogni 100.000 aborti legali e se gli aborti legali dal 1978 ad oggi sono stati 6.000.000, sono morte 60 donne? E quante per l'anestesia praticata (ancora molto diffusa, come indicano le statistiche ministeriali)? Qualcuno ne ha saputo qualcosa in questi anni?
Siamo convinti che Carlo Flamigni parlerà anche di questa violenza sulle donne.

Nel frattempo, la Consulta di Bioetica potrebbe riflettere anche sul precipizio verso cui ci spingono coloro che vogliono limitare o negare l'obiezione di coscienza dei sanitari: negando la realtà dell'aborto - l'uccisione di un bambino - essi pretendono di sindacare sulla coscienza di ciascuno e di imporre ai medici di uccidere: lo Stato totalitario compare all'orizzonte, quello stato in cui la singola persona umana - che sia un bambino o un medico - non conta nulla e deve soccombere di fronte al volere della maggioranza.
La violenza sulle parole è il primo passo per la violenza sulle persone. 

Giacomo Rocchi

venerdì 17 agosto 2012

Eugenetica moderna


Il tentativo di far passare l'eugenetica come una possibilità accettabile è sempre più evidente.
Secondo il sentire comune l'eugenetica è abominevole perché è legata al nazismo. Infatti Hitler l'ha messa in pratica sopprimendo i deboli, poi gli indesiderabili, poi quelli che avrebbero avuto una vita non degna ed infine si trasformò nella Shoah. Ora però il capofila della Consulta di bioetica (che non è il Comitato Nazionale di Bioetica, organo consultivo del Governo) il neurologo Carlo Alberto Defanti, quello che accompagnò la povera Eluana Englaro alla tragica fine che conosciamo, sostiene che bisogna superare il tabù dell'eugenetica. Cioè ci si deve ragionare senza “dogmi” e “interdizioni”. La sua tesi è che le pratiche razziste e criminali non sarebbero la conseguenza dell'eugenetica in sé ma solo del venir meno delle garanzie liberali e democratiche dello Stato nazista. Oggi, dice Defanti nel suo libro “Eugenetica: un tabù contemporaneo”, l'eugenetica di Stato non si pone nel mondo occidentale  perché non ci sono totalitarismi. La medicina moderna mettendo a disposizione senza costrizioni i test genetici ripropone un'eugenetica moderna e liberale che può essere usata dai cultori della “libertà di scelta”. Naturalmente questa tesi è messa in discussione dai sostenitori della “sacralità della vita” che secondo Defanti non vogliono accettare “contraccezione, aborto, eutanasia” come scelta individuale. Come da sempre diciamo è stato proprio l'aborto ad aprire la strada delle “scelte individuali” garantite dallo Stato, che oggi arrivano anche alla cosiddetta “eugenetica liberale”.
L'argomento è diventato attuale perché nella zona di Padova da circa 12 anni si fa una campagna d'offerta del test genetico per scoprire la fibrosi cistica. Il risultato è che si sono effettuati migliaia di test per la fibrosi cistica e i bimbi nati con fibrosi cistica sono pochissimi, mentre in altre zone dove si propongono i  test solo ai parenti dei malati la fibrosi cistica è presente. La fibrosi cistica è una malattia congenita che due genitori portatori sani della mutazione sul gene 7 trasmettono una volta su quattro (per il 25 %) al bimbo. La malattia se diagnosticata nel neonato è controllabile  pur restando una malattia seria perché causa problemi soprattutto respiratori dato che il muco bronchiale è molto vischioso e si infetta facilmente.
L’eugenetica moderna elimina il feto con la fibrosi cistica  (o l’embrione sottoposto a diagnosi pre impianto positiva nella fecondazione artificiale) ma non la malattia perché la mutazione del gene 7 è possibile comunque.
I cultori dell’eugenetica liberale in uno Stato democratico la estenderebbero  anche ad altre malattie, e questo per loro sarebbe un progresso non coercitivo della medicina.
Quali malattie genetiche saranno accettate e quali no ?
Chi metterà il limite ?
I test genetici saranno a carico del Sistema Sanitario Nazionale ? (cioè pagati da tutti).
Ai genitori che accolgono un bimbo malato saranno negate le cure o fatte pagare ?
Avremo finalmente una società senza malattie congenite ?
Come si intuisce il vero progresso sta nel trovare la cura della malattia, ed è in questa direzione che dobbiamo indirizzare la vera medicina.

Gabriele Soliani

lunedì 9 luglio 2012

Davvero l'aborto non è un diritto in Italia? Risposta ad Assuntina Morresi \1

Il meritorio sito web dell'UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionali) http://www.uccronline.it/ ha avviato una campagna a difesa dell'obiezione di coscienza dei medici per contrapporsi all'attacco sempre più violento orchestrato dalla famigerata Consulta di Bioetica. La campagna si intitola: "L'obiettore è un buon medico" (mi permetterei di aggiungere: l'obiettore è un buon infermiere, un buon operatore socio-sanitario, un buon farmacista).
Consiglio vivamente di accedere a questo sito, davvero pieno di contenuti e fedele all'impegnativo nome che si è dato.

L'UCCR ha intervistato, tra gli altri, Assuntina Morresi, che non ha mancato di riproporre la sua visione della legge 194. Riportiamo il passo (l'intervista completa è al seguente link: http://www.uccronline.it/2012/06/28/lobiettore-e-un-buon-medico-parla-assuntina-morresi/):

“Cosa ne pensa di questi tentativi di limitare la libertà del medico?” «L’attacco all’obiezione di coscienza serve per far passare l’idea che abortire è un diritto. Nella legge 194, invece, l’aborto non è considerato un diritto, ma l’ultima opzione possibile nel caso di una maternità rifiutata. Stiamo parlando del testo di legge, e non della percezione che invece si ha, dell’aborto. Attaccare l’obiezione di coscienza nei termini in cui si sta facendo in questi ultimi mesi significa affermare che chi obietta lede un diritto, quello di abortire.»

Il giudizio di Assuntina Morresi sulla legge 194 di legalizzazione dell'aborto è noto: "Una buona legge, una delle migliori leggi sull'aborto nel mondo" (Tempi, 29/11/2007).

Scopriamo, allora, che la giusta battaglia per la difesa di questo diritto fondamentale degli operatori sanitari, una battaglia da cui non ci si può astenere, rischia di nascondere i dissensi che all'interno del mondo cattolico italiano, e anche del mondo prolife, esistono. Farli venire alla luce in maniera razionale non dovrebbe certo  intimorire un sito che - giustamente - si richiama alla razionalità del cristianesimo.

Inizio da una domanda provocatoria: la battaglia per la difesa dell'obiezione di coscienza è un'azione a difesa della legge 194? A leggere Assuntina Morresi sembra proprio di si: questa legge, oltre ad essere "una delle migliori del mondo" e a permettere l'uccisione del bambino solo come "ultima opzione possibile", ha anche previsto il diritto all'obiezione di coscienza dei sanitari, mostrandosi, così illuminata, democratica, rispettosa delle opinioni di tutti e della libertà religiosa e di coscienza.
Quindi: Viva la 194?

Non è che la Morresi vede questa azione come una delle battaglie di retroguardia che hanno caratterizzato la parte prevalente della politica cattolica nell'ultimo decennio? Consentiamo la produzione in vitro dell'uomo pur di evitare il "far west della provetta" e la fecondazione eterologa; sosteniamo l'astensione al referendum sulla legge 40 per sommare ai nostri pochi voti la massa degli astensionisti; lottiamo contro l'aborto chimico (RU486) perché l'aborto chirurgico (cioè la macellazione del bambino, invece del suo avvelenamento) è più sicuro per la salute della donna; facciamo la legge sul testamento biologico che permetterà (anche se non si può dire) l'eutanasia, perché altrimenti la decidono i Giudici; e ora: fate pure gli aborti, ma lasciateci la libertà di non farli?

Oppure l'obiezione di coscienza deve essere vista come una previsione doverosa da parte di uno Stato che, nel 1978, aveva compiuto la scelta più abietta: permettere l'uccisione dei bambini innocenti?
Si può combattere per l'obiezione di coscienza dei sanitari senza ribadire che la legge che ha consentito di sterminare cinque milioni e mezzo di bambini è integralmente iniqua, è una "non legge" dal punto di vista del diritto naturale?

Ecco che quella frase lasciata cadere dalla Morresi nell'intervista all'UCCR non è per niente casuale. La frase è una presa di posizione implicita, ma "pesante": la legge 194 non si tocca, non si deve modificare: e ciò viene affermato chiaramente contro chi, nel mondo cattolico e prolife, non si stanca di ribadire la iniquità di questa legge, tanto da immaginare un'iniziativa referendaria.
Come è noto, questo è la posizione pregiudiziale per essere ammessi al tavolo del potere in Italia. Se parli di abolire la 194, sei fuori; se premetti che non intendi modificarla ... vieni, possiamo parlare e vedere cosa fare insieme.

Ecco perché, nel prossimo post, vedremo come, al contrario, sì: la legge 194 considera l'aborto volontario - cioè la volontaria soppressione di un essere umano - un diritto; anzi, un diritto pieno e potestativo, il cui esercizio è rimesso alla semplice volontà della donna.

Giacomo Rocchi