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giovedì 31 marzo 2011

I dubbi di Michele Aramini/Una legge "giusta"?


A leggere il titolo dell'articolo apparso su "Avvenire" del 26/3/2011, Michele Aramini appare arruolato nell'esercito compatto che fa capo ad Avvenire e che invoca a gran voce l'immediata approvazione del progetto di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento.


Una legge "giusta" è il titolo dell'articolo, che richiama alcuni passaggi dell'articolo:


"Le leggi debbbono essere giuste: sono tali quando realizzano e incrementano i diritti veri della persona umana e non ogni tipo di richiesta, anche se questa per nobilitarsi si fa chiamare diritto ... nella materia di cui si discute la legge per essere giusta deve garantire il diritto a vivere. Più precisamente essa deve tutelare l'interesse e il diritto della persona a vivere fino al termine naturale della propria esistenza".

In un passo successivo Aramini accenna al tema delle decisioni sulle persone deboli:


"Altro elemento importante perché la legge sia giusta sono le disposizioni volte a tutelare le persone più deboli e al mantenimento delle decisioni del fine vita nell'ambito delle scelte di interesse pubblico. E' proprio l'ambito pubblico, con il suo favor vitae, che permette di proteggere il valore della vita di tutti, fino al suo termine naturale, mentre lo scivolamento nell'ambito privato affiderebbe il fine vita alle scelte più arbitrarie".


Se si rilegge per intero l'articolo, però, ci si accorge che Aramini non afferma affatto che quel progetto di legge sia "giusto", che cioè risponda ai criteri da lui indicati; per di più l'Autore è consapevole che
"l'eutanasia rimane l'obbiettivo reale di alcuni tra quelli che avrebbero voluto una legge capace di introdurla in Italia, magari solo in alcuni casi, in modo da rompere la presunzione della vita che regge oggi il nostro ordinamento, legittimando più tardi interventi legislativi più forti in suo favore".
E allora: Aramini sa che la battaglia vera che si sta combattendo alla Camera dei Deputati è la battaglia sull'eutanasia; sa che il diritto alla vita o si difende interamente o non lo si difende per niente, perché, una volta caduta la presunzione a favore della vita dell'ordinamento, la breccia è destinata ad allargarsi. Cosa pensa davvero Aramini di questo progetto? Lo spiega in un articolo su "La Bussola Quotidiana", quotidiano on line:
"Considerando ciò che è accaduto alla legge 40, che è stata fatta oggetto di una sistematica opera di smantellamento dei punti qualificanti, sia attraverso il rimando alla Consulta sia attraverso singole sentenze di tribunali c’è da essere preoccupati sul destino della nuova legge sulle Dat".
E soprattutto:
"Penso che la legge sia necessaria per bloccare ogni possibile deriva eutanasica. Piuttosto si deve avere la preoccupazione di produrre un testo di qualità, semplice, chiaro che non presti il fianco a interpretazioni incerte o opposte. Visto che il testo dovrà tornare al Senato, vale la pena di revisionarlo proprio in questa luce, al fine di fornire disposizioni facilmente comprensibili e univoche".
In definitiva: dando per scontato che i "cattivi" sono certi magistrati, il progetto di legge è scritto in modo tale da permettere interpretazioni favorevoli all'eutanasia!

Occorre riscriverlo!


Giacomo Rocchi


P.S. Avvenire avrebbe pubblicato un articolo del genere?

sabato 23 ottobre 2010

Una scomoda verità


Torniamo sul precedente post riguardante la lettera dei vescovi polacchi sulla fecondazione artificiale e sul modo con cui la stessa è stata presentata nell'articolo del 7/10/2010 su "Avvenire".

Due premesse sono doverose: la prima è che il titolo dell'articolo ("La Polonia cerca la 'sua' legge 40") non è automaticamente attribuibile al giornalista (Lorenzo Shoepflin); la seconda è che - salvo che ce ne siano sfuggiti - si tratta dell'unico articolo apparso sul quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana che riguarda la dura presa di posizione di quella polacca.

Cosa dicono di nuovo di vescovi polacchi?
Per chi ha letto la Dignitas Personae sostanzialmente nulla: la critica serrata alle tecniche di fecondazione artificiale in sé e la sottolineatura della loro abortività intrinseca - cioè del fatto che la stragrande maggioranza di embrioni prodotti muoiono inevitabilmente: hanno, quindi, un destino segnato - sono scritte nero su bianco in quel documento così autorevole; come stupirsi, quindi, che i vescovi polacchi lo ripropongano e giungano alle conseguenze inevitabili (la scomunica latae sententiae: peraltro bisogna ricordare che il riferimento ad essa non è contenuta nel documento, ma è stata fatta in un'intervista)?
(Ma in questo blog il 14/12/2008 si segnalava che una sintesi del documento vaticano apparso sul sito del Movimento per la Vita erano scomparsi proprio i riferimenti a questa abortività)

Non possiamo nascondere un dato: all'interno del mondo cattolico - che dovrebbe essere il più favorevole ad una difesa della vita umana intransigente - sulla fecondazione artificiale la frattura è nettissima tra chi è favorevole ed esercita tali tecniche e chi - come i vescovi polacchi - le respinge. Questa frattura è apparsa chiaramente in questo periodo, a seguito dell'assegnazione del premio Nobel a Edwards, il "padre" della provetta.

Leggiamo l'intervista a Eleonora Porcu - presentata come un medico che da 35 anni fa questo lavoro - su Avvenire dello stesso giorno:
"Agli albori di questa tecnica, c’era comunque un percorso quasi
'naturale'
, durante il quale una sola tappa veniva deviata per prendere la
strada del laboratorio. Dalle origini a oggi c’è stata senza dubbio una
filiazione di applicazioni delle tecniche a situazioni ai limiti dell’aspetto
terapeutico, fino a spingersi a ciò che io considero un rischio di
aberrazione e degenerazione, come la clonazione umana, l’utilizzo in modo
indiscriminato di gameti e utero, addirittura con sfruttamento delle persone, in
particolare della donne
. Mi riferisco al business dell’utero in affitto in
Paesi come l’India".
Richiesta di esprimere le valutazioni etiche, la d.ssa Porcu afferma:
"Ecco allora problemi etici enormi, tra cui quello della soppressione degli
embrioni in soprannumero".

Ecco che viene presentata una fecondazione artificiale buona, addirittura naturale (sic!) e una cattiva: e il cattivo è colui che sopprime volontariamente gli embrioni in soprannumero, o addirittura fa clonazione o sfrutta le donne del terzo mondo. Chi, come la d.ssa Porcu, da 35 anni produce migliaia di embrioni destinati a morte certa, ha il diritto di fare la morale ai lettori del quotidiano cattolico (come è noto, la d.ssa Porcu non è l'unica cattolica a operare nella fecondazione in vitro ...).

Ma anche Michele Aramini, in un articolo nello stesso giornale del 7/10/2010, è attento a distinguere:
"C’è un altro lato della medaglia che non si vuole assolutamente guardare:
si sono generati 4 milioni di bambini, pagando il prezzo di molti milioni di
loro fratelli che sono stati sacrificati programmaticamente per arrivare a
questo scopo.
(...) Dobbiamo però interrogarci sulle scelte di medici e
genitori che hanno fatto nascere la vita dalla morte. E si trattava sempre di
loro figli, tra i quali hanno magari fatto una scelta, non si sa con
quale autorità. Che i genitori, con l’aiuto dei medici, decidano quale dei
propri figli debba vivere o morire
è una condizione che dovrebbe ripugnare
alla coscienza di ogni persona"
Ancora una volta il vero problema sembra essere quello della selezione degli embrioni, non dell'abortività intrinseca delle tecniche. E, infatti, in un passaggio successivo Aramini sostiene che
"... dobbiamo segnalare uno svilimento tremendo per il valore della vita umana.
Svilimento che ha preso le mosse dal 1978, quando i congelatori hanno
cominciato a riempirsi di embrioni soprannumerari che non servivano più
. Da
allora la sperimentazione distruttiva sugli embrioni è diventata prassi comune, rendendo sempre più normale l’idea che si tratti di semplice materiale
biologico
".
Vedete? lo "svilimento del valore della vita umana" non deriva dal fatto che gli embrioni vengono prodotti, non è conseguenza delle tecniche di fecondazione artificiale ... deriva dalla sovrapproduzione, dal congelamento, dalla distruzione volontaria degli embrioni.
Ancora una volta ci viene proposta una parte buona della fecondazione artificiale e una parte cattiva.
Del resto: guardate la posizione dell'articolo di Shoepflin nella pagina di E' Vita del 7/10/2010 e vedete come è sovrastato da quello, cui viene data ben maggiore importanza, in cui Angela Merkel afferma: "No alla diagnosi sugli embrioni".

Certo: su Avvenire appaiono anche le posizioni radicali: Giacomo Samek Lodovici scrive, nello stesso numero che
"... ci sono diverse ragioni laiche per biasimare moralmente la Fivet, che
risulta inaccettabile pur producendo alcuni bambini: infatti il fine non
giustifica il mezzo. Il presupposto (...) di buona parte del seguente discorso è
che il concepito è un essere umano a tutti gli effetti, dunque ha una dignità
incomparabile. (...) Ora, per ogni nato la Fivet comporta la morte di un numero
enorme di embrioni, in quanto le sue percentuali di successo sono bassissime: su
100 embrioni prodotti, almeno 80 sono destinati a morire subito a quasi. La
morte degli embrioni dopo i concepimenti naturali è provocata dalla natura, non
da una tecnica dell’uomo, come avviene con la Fivet"
e nella stessa pagina Roberto Colombo menziona il numero degli embrioni morti dopo il trasferimento in utero.

Ci si chiede, però, se sia opportuno tacere su questa frattura. Nel prossimo post rifletteremo sull'influenza che l'esistenza legge 40 in Italia ha su questa situazione.

Giacomo Rocchi