Ugo Ruffolo, in un articolo comparso sul Quotidiano nazionale il 15 novembre, commenta il discorso del Papa ai medici cattolici nel
quale è stato evocata l'obiezione di coscienza.
Ruffolo
invoca la laicità dello Stato occidentale per giungere ad affermare: "Il
diritto all'obiezione è un'eccezione"; ma, in realtà, molto più banalmente, usa la
forza della legge (la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale e la
legge 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza): l'obiezione è
ammessa solo nei limiti di legge che, per di più, devono essere interpretati in
maniera restrittiva, così da evitare applicazioni "lassiste", come
quelle che pretendono di riconoscere l'obiezione anche ai farmacisti per la
vendita della cd. "pillola del giorno dopo".
Ruffolo sembra
aver dimenticato del tutto l'origine degli Stati democratici, sorti dopo la
Seconda guerra mondiale, causata da Stati totalitari che nessuna libertà di
coscienza riconoscevano.
Sarà un caso che la Convenzione Europea dei Diritti
dell'Uomo (1950) proclami solennemente che "ogni persona ha diritto alla
libertà di pensiero, di coscienza e di religione" (art. 9), come del resto
fa anche la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948)? Sembra
proprio di no, se leggiamo un passo della sentenza della Corte Europea dei
diritti dell'Uomo (Caso Ercep contro Turchia, decisione del 22/11/2011): "Ciò che è
protetto dall'Articolo 9 della Convenzione, la libertà di pensiero, di
coscienza e di religione, è uno dei fondamenti di una "società
democratica" ai sensi della Convenzione (…) Si tratta del pluralismo, conquistato a caro prezzo nel corso dei
secoli e da cui dipende il tipo di società. (…) il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura sono le
caratteristiche di una società democratica".
E allora: il riconoscimento dell'obiezione di
coscienza è un'eccezione in uno Stato
democratico o, piuttosto, uno degli elementi distintivi della natura democratica dello Stato?
Nemmeno la Corte Costituzionale italiana ha mai
avuto dubbi sulla risposta: "A
livello dei valori costituzionali, la protezione della coscienza individuale si
ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili
riconosciuti e garantiti all'uomo come singolo, ai sensi
dell'art. 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una
piena ed effettiva garanzia di questi ultimi senza che sia stabilita una
correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata
dell'uomo con se stesso che di quelli costituisce la base spirituale-culturale
e il fondamento di valore etico-giuridico" (Corte Cost., sent. n.
467 del 1991).
In altre parole: l'obiezione di coscienza è garantita nel nostro
Paese in base ai Principi Fondamentali della Costituzione e riconosciuta come
diritto inviolabile.
A me non sembra proprio che, come sostiene Ruffolo,
"circoscrivere l'obiezione sia essenziale in una società ormai
pluriconfessionale e plurietnica": vuole forse dire che, visto il
pluralismo etico, le libertà fondamentali devono essere ridotte? Piuttosto è su
questo punto che si misurerà la capacità della nostra società e delle nostre istituzioni
di mantenere la loro natura democratica
e tollerante: cioè di restare,
appunto, una società laica, che non
fa della legge una nuova religione!
E allora: davvero si vuole negare ai farmacisti il
diritto di esercitare la propria scienza e coscienza nella vendita di preparati
che possono avere effetti abortivi, in un Paese come il nostro in cui le
farmacie sono diffuse e numerose su tutto il territorio nazionale e per un
preparato che deve essere assunto entro 72 ore? Davvero si vogliono punire, in
un modo o nell'altro, i medici e gli infermieri che rifiutano di partecipare
alle pratiche abortive, in un Sistema sanitario che – come dimostra ampiamente
la Relazione del Ministro della Salute – garantisce l'esecuzione
dell'intervento a tutte le donne che lo chiedono entro due o tre settimane?
Ruffolo è mosso dal "culto dei diritti
umani" o dal furore ideologico e dall'intolleranza?
Giacomo Rocchi
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