sabato 3 settembre 2011

Testamento biologico: il progetto approvato alla Camera/6




Così come per i tutori e gli amministratori di sostegno, anche per i genitori dei minori il progetto prevede un potere di decisione sulle terapie necessarie ai figli davvero enorme.
Vediamo anche questo aspetto e tiriamo le fila di questa regolamentazione sul "consenso informato", da alcuni salutata come un grande passo in avanti ma che, in realtà, fa intravedere ombre davvero scure.

Anche la disciplina sul consenso informato al trattamento sanitario dei minori è stata modificata alla Camera dei Deputati. L’articolo 2 comma 7 ora recita: “Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la potestà parentale o la tutela dopo avere attentamente ascoltato i desideri e le richieste del minore. La decisione di tali soggetti è adottata avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della vita e della salute psicofisica del minore”. Anche per i minori è stato cancellata la previsione della necessità di ricorrere al giudice tutelare in caso di mancato consenso. Inoltre – a differenza degli interdetti – non viene richiamata la disciplina delle dichiarazioni anticipate di trattamento.
Il quadro che ne esce – a prescindere dalle intenzioni dei parlamentari che hanno proposto le modifiche – è preoccupante. La norma, in sostanza, dice: decidono i genitori (tranne i casi di urgenza, che valgono anche per i minori); non pone limiti alle decisioni che essi possono prendere; non prevede in alcun modo che i medici possano disapplicare le decisioni dei genitori.
L’unico vincolo a queste decisioni è l’obbligo per i genitori di adottarle avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della vita e della salute psicofisica del minore: ma, non essendo stabilita l’inefficacia del loro rifiuto di terapie salvavita, non sorge nemmeno il conseguente obbligo per i medici di eseguirle ugualmente.
Se la norma non stabilisce un sistema di controllo efficace sulle decisioni, è inutile (e ingannevole) stabilire limiti o criteri per chi le deve adottare; pensiamo al regime dell’aborto volontario nei primi 90 giorni stabilito dalla legge 194: in teoria la legge permette l’aborto solo in certi casi, ma, in realtà, l’aborto è permesso sempre, perché la legge non permette alcun controllo sulla decisione della donna.
Non sorprenda questa insistenza sull’eutanasia dei minorenni: l’uccisione dei neonati prematuri a rischio di disabilità è teorizzata ed attuata in molti Paesi (si ricordi il tristemente famoso “Protocollo di Groningen”); la strada più semplice per introdurla nel nostro Paese è quella di attribuire ai genitori (adeguatamente consigliati da certi medici: “potrebbe sopravvivere, ma forse resterebbe handicappato …”) la decisione finale sulla prosecuzione delle terapie intensive neonatali.

Ecco, in definitiva, che quel principio del consenso informato, apparentemente principio di buon senso, declinato in concreto, non apre spiragli, ma piuttosto rischia di spalancare porte a decisioni eutanasiche prese da legali rappresentanti di incapaci (spesso su suggerimento di certi medici).




Giacomo Rocchi

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